Scansati, CERN: sta tornando la fisica “da bancone”

Scansati, CERN: sta tornando la fisica “da bancone”
Cortesia RIKEN

Esperimenti di precisione realizzabili in normali laboratori di fisica possono offrire indizi sulla “nuova fisica” necessaria a risolvere i problemi lasciati aperti dal modello standard, ai quali i grandi e costosissimi acceleatori di particelle non sono ancora riusciti a dare una soluzione. Forse nessuno conosce l’elettrone come il fisico Gerald Gabrielse. Una volta ne ha tenuto uno intrappolato per dieci mesi per misurare la dimensione del suo magnete interno. Quando scomparve, lo cercò per due giorni prima di accettare che se ne era andato. Dopo un po’ di tempo, dice,”ti appassioni alle tue particelle”. E Gabrielse ha avuto molto tempo per appassionarsi all’elettrone. Da più di 30 anni, ha messo al lavoro sofisticate trappole elettromagnetiche e laser per rivelare i segreti della particella, sperando di trovare i primi indizi di ciò che va oltre il modello standard della fisica delle particelle, la teoria fondazionale del campo, consolidata ma incompleta.

Raffigurazine della tecnica di misurazione della sfericità dell’elettrone adottata dai ricercatori del JILA. (Cortesia Baxley/JILA)

Eppure, per molti di quegli anni, sembrava che il suo lavoro fosse oscurato da quello negli impianti ad alta energia come il Large Hadron Collider (LHC), l’acceleratore di particelle da 5 miliardi di dollari e con una circonferenza di 27 chilometri situato nei pressi di Ginevra. “C’ è stato un tempo in cui non erano molte le persone che facevano questo tipo di cose, e mi chiedevo se la mia fosse la scelta giusta”, dice. Dai margini della fisica, Gabrielse inizia ora improvvisamente ad avvicinarsi alle luci della ribalta. La Northwestern University a Evanston, Illinois, sta per aprire un primo istituto di ricerca dedicato alla fisica delle particelle su piccola scala, e lui ne sarà il direttore-fondatore.

La mossa segnala un cambiamento nella ricerca di una nuova fisica. I ricercatori hanno sognato di trovare particelle subatomiche che potessero aiutarli a risolvere alcuni dei problemi fisici più spinosi rimasti. Ma sei anni di dati di LHC non sono riusciti a produrre una rilevazione definitiva di qualcosa di inaspettato.

Sempre più fisici si muovono nella direzione di Gabrielse, con allestimenti modesti che possono trovare posto in normali laboratori universitari. Invece di metodi basati sulla forza bruta, come la collisione di particelle, questi sperimentatori delle basse energie usano tecniche di precisione per cercare deviazioni straordinariamente sottili in alcuni dei parametri fondamentali della natura. La minima discrepanza potrebbe indicare la strada per il futuro del settore.

Persino ricercatori legati a lungo alla fisica delle alte energie stanno cominciando a interessarsi agli esperimenti a basse energie per cercare di guardare oltre il modello standard. Se emergessero degli indizi, potrebbero indicare la strada per spiegare i misteri della materia oscura e dell’energia oscura, che insieme costituiscono circa il 95 per cento dell’universo. “Questa è una sorta di spostamento tellurico di come pensiamo di fare fisica”, dice Savas Dimopoulos, fisico teorico alla Stanford University in California.

Sfera schiacciata
Per certi versi, questi esperimenti su piccola scala sono un ritorno alla fisica delle particelle di un tempo.

Gabrielse si è ispirato in particolare a un esperimento del 1956 del fisico Chien-Shiung Wu. In un laboratorio di quello che ora è il National Institute of Standards and Technology degli Stati Uniti a Gaithersburg, in Maryland, Wu trovò un modello spaziale asimmetrico di come gli atomi radioattivi di cobalto-60 emettono elettroni. Quel risultato, insieme al lavoro teorico, confermò che due particelle scoperte quasi un decennio prima erano in realtà una stessa cosa. E contribuì anche a consolidare la foducia nel fiorente quadro teorico per le particelle fondamentali dell’universo e per la maggior parte delle sue forze fondamentali, che presto si sarebbe evoluto nel modello standard.

Ma la fisica si stava già muovendo verso macchinari sperimentali più grandi e più costosi. Sostenuti dal prestigio e dal fiume di denaro ottenuti nel dopoguerra, e dalla previsione che nelle collisioni ad alta energia sarebbero emerse nuove particelle, i fisici continuarono a proporre acceleratori di particelle sempre più potenti e costosi. E li ottennero: a Stanford, al Fermilab vicino a Batavia, in Illinois, al CERN vicino a Ginevra e altrove. Quark, muoni, neutrini e infine il bosone di Higgs sono stati scoperti così. Il modello standard era completo.

Eppure, come descrizione dell’universo, il modello standard è incompleto. Non spiega, per esempio, perché l’antimateria e la materia non siano state create in parti uguali all’inizio dell’universo. In tal caso, si sarebbero annientate a vicenda, lasciando un vuoto senza nulla.

Il modello standard non dice niente neppure sulla materia oscura che sembra legare le galassie tra loro, o sull’energia oscura che sta allontanando l’universo a un ritmo accelerato. “Mi piace definire il modello standard il grande trionfo e la grande frustrazione della fisica moderna”, dice Gabrielse. Da un lato, dice, permette ai fisici di prevedere alcune quantità “con una precisione inconcepibile”. Dall’altro, abbiamo un buco che possiamo guidare attraverso l’universo”.

Il lavoro di Gabrielse, che cattura e ispeziona particelle a bassissime energie, lo ha portato in una struttura più piccola del CERN per cercare le differenze tra materia e antimateria. Lui e i suoi colleghi hanno ottenuto la misura più precisa di una grandezza fisica: la “dimensione” del magnete interno dell’elettrone, o spin.

Ma nell’ultimo decennio uno dei suoi principali obiettivi è stato determinare la forma dell’elettrone.

Anche se di solito è visto come un semplice punto dotato di carica negativa, l’elettrone potrebbe celare delle complessità. Se venissero violate alcune simmetrie della natura – regole che dicono che l’universo si comporta allo stesso modo anche in caso di vari capovolgimenti – la carica dell’elettrone non avrebbe una distribuzione perfettamente sferica. Le particelle virtuali che fanno costantemente capolino dentro e fuori l’esistenza distorcerebbero la distribuzione complessiva della carica, schiacciandone leggermente la forma e conferendole quello che i fisici chiamano momento di dipolo elettrico, o EDM. (si veda l’infografica di Nature)

Il modello standard predice un piccolo schiacciamento, così piccolo – dice Gabrielse – che “di fatto non c’è alcuna speranza che venga misurato nel corso della mia vita”. Ma alcune teorie postulano particelle non ancora rilevate che potrebbero rendere l’EDM dell’elettrone circa un miliardo di volte più grande.

Molte di queste teorie rientrano in una classe chiamata supersimmetria, un’estensione del modello standard che potrebbe spiegare perché la massa del bosone di Higgs è più piccola del previsto, e potrebbero unificare le forze elettromagnetica, debole e forte nel primo universo. Potrebbero anche rivelare la natura della materia oscura.

I tentativi di misurare l’EDM dell’elettrone risalgono a più di quattro decenni fa. I fisici hanno approfittato del fatto che un elettrone con un EDM può ruotare, o subire una precessione attorno a un campo elettrico, tracciando un loop. Più forte è il campo elettrico, più veloce e facilmente rilevabile è la precessione.

Ma le complicazioni abbondano. I fisici sperimentali non possono lavorare con elettroni solitari perché un forte campo elettrico li indurrebbe a schizzare via. Fortunatamente, atomi e molecole bloccano efficacemente gli elettroni sul posto – e possono produrre campi elettrici interni più forti del più forte campo prodotto in laboratorio. Poiché gli atomi e le molecole assorbono la luce a frequenze specifiche, i ricercatori possono usare i laser per intrappolarli e raffreddarli, e spingere i loro elettroni interni in diverse configurazioni.

A metà degli anni 2000, varie generazioni di esperimenti basati su queste tecniche avevano tracciato il limite superiore delle dimensioni dell’EDM dell’elettrone, ma non al livello che avrebbe rivelato l’influenza delle particelle previste dalla supersimmetria o da altre estensioni del modello standard.

Uno di questi esperimenti era stato condotto presso la Yale University a New Haven, in Connecticut, dal fisico David DeMille e dai suoi colleghi, usando ioni di tallio. Ma DeMille stava esaurendo le idee per ottenere una maggiore precisione nel suo esperimento, che richiedeva una disposizione sempre più bizantina di laser, camere a vuoto e criogenia accuratissimamente calibrati.

Una svolta arrivò nel 2008, quando due teorici del JILA, un istituto di ricerca a Boulder, in Colorado, riferirono che l’ossido di torio molecolare aveva un campo elettrico interno circa 1000 volte superiore a quello del tallio, che avrebbe reso molto più facile osservare un effetto di precessione nei suoi elettroni. Circa nello stesso periodo, Gabrielse – che allora era alla Harvard University – aveva concluso un lungo studio e aveva deciso di dedicarsi alla sfida del dipolo dell’elettrone. Parlò con John Doyle, anch’egli fisico alla Harvard University, che aveva inventato un nuovo modo per realizzare fasci mirati di molecole fredde e lente. Anche DeMille aveva contattato Doyle, e i tre decisero di unire le forze. Nel 2009, l’esperimento del terzetto, denominato Advanced Cold Molecule Electron EDM, o ACME, ricevette una sovvenzione di 6,2 milioni di dollari per 5 anni dalla National Science Foundation degli Stati Uniti.

esperimenti
Trappola ionica placcata oro usata dai ricercatori del JILA per misurare la sfericità dell’elettrone, o momento di dipolo elettrico (EDM).

Caccia alla precessione
Il gruppo ha così creato un laboratorio ad Harvard. Gabrielse ha lavorato per rendere più stabili e precisi i laser del team – otto in totale. Doyle si è concentrato sulla produzione di fasci di alta qualità di migliaia di molecole di ossido di torio. E DeMille ha progettato un sistema per allineare le molecole e proteggerle dalle interferenze esterne.

Nell’esperimento un campo elettrico creato in laboratorio orienta le molecole di ossido di torio. Una coppia di laser imposta quindi la direzione di rotazione di un elettrone all’interno di ogni molecola in modo che sia perpendicolare al campo elettrico interno della molecola, e un campo magnetico viene usato per produrre lo spin della particella. Se l’elettrone ha un EDM, questo si aggiungerà o sottrarrà leggermente a tale rotazione. Dopo circa un millisecondo, la luce laser polarizzata che rimbalza dalle molecole rivela fino a che punto gli elettroni sono stati nteressati dalla precessione. L’esperimento viene poi ripetuto con gli orientamenti delle molecole invertiti, e questo dovrebbe invertire la direzione di precessione dovuta a un EDM. Quanto maggioree è la differenza nell’angolo di precessione, tanto maggiore è l’EDM.

All’ inizio del 2014, i ricercatori hanno riferito di non aver trovato prove di un EDM nella loro configurazione, che era sensibile a una differenza angolare di circa 100 miliardesimi di grado. Ciò ha spinto verso il basso il limite superiore dell’EDM elettronico di più di un fattore 10, a 8,7 × 10^-29 in unità di centimetri moltiplicati per la carica dell’elettrone. Se un elettrone avesse le dimensioni della Terra – e la Terra fosse una sfera perfetta – il limite corrisponderebbe allo spostamento da un polo all’ altro di un frammento di materiale di circa 20 nanometri di spessore.

Il team di ACME ha sostenuto che il risultato ha grandi implicazioni per le teorie che vanno oltre il modello standard, escludendo molte ipotetiche particelle supersimmetrich in un range energetico sondato dall’LHC. Ma alcuni teorici sostengono che molte delle teorie rimaste – supersimmetriche e di altro tipo – prevedono un EDM elettronico più piccolo di quelli esclusi dal team ACME. Gabrielse trova sempre più artificiose le teorie superstiti. “I teorici sono bravi “, dice. “Ogni volta che escludiamo qualcosa, cercano comunque di farla franca”.

ACME non è solo in questo sforzo. Dopo aver vinto nel 2001 il premio Nobel per aver creato una nuova fase della materia chiamata condensato di Bose-Einstein, il fisico del JILA Eric Cornell ha collaborato con Jun Ye, sempre del JILA, per cercare un EDM. Invece di manipolare le molecole mentre passano in un fascio, come fa ACME, Cornell e Ye hanno deciso di usare un campo elettrico rotante per intrappolare ioni molecolari con grandi campi interni, producendo precessioni elettroniche rivelabili più facilmente. DeMille definisce l’idea “brillante e tutt’altro che ovvia”.

Cornell dovette fermarsi per un po’ quando nel 2004 perse un braccio a causa di una fascite necrotizzante. Ma questo gli ha dato lo spunto per una battuta che ripete spesso: “La sua manica sinistra è vuota, così dice sempre: ‘Se c’è qualcuno che si intende di asimmetria, sono io'”, racconta il suo ex collega di laboratorio Chris Monroe.

Dopo un decennio di progettazione e affinamento di quello che Cornell definisce un “esperimento su due banconi” (perché occupa due banconi del suo laboratorio), lui e i suoi colleghi hanno finalmente pubblicato i primi risultati l’anno scorso, restringendo di un fattore 1,5 il limite di ACME del 2014. “Non mi sarei imbarcato nell’impresa se avessi capito quanto sarebbe stato difficile”, dice ora Cornell.

Ora i ricercatori sono vicini a nuovi risultati su EDM. I fisici ACME hanno aumentato di un fattore 400 il numero di molecole che possono inviare nel loro apparato sperimentale. Si aspettano che questo e altri affinamenti migliorino la precisione dell’esperimento di un fattore dieci, permettendo loro di andare a caccia di effetti al di là della gamma di energia di LHC. Il team JILA si sta anche preparando a esperimenti destinati a superare la portata di LHC. E i ricercatori dell’Imperial College di Londra, che detenevano un precedente record di misurazione dell’EDM dell’elettrone, hanno in programma esperimenti con molecole di monofluoruro di itterbio raffreddate al laser; sperano che il loro test sia 1000 volte più preciso del primo test di ACME.

L’elettrone non è l’unico spiraglio della fisica a basse energie da cui guardare al mondo al di là del modello standard. Alcuni fisici sono alla ricerca di EDM nei neutroni o in atomi che, come l’elettrone, potrebbero rivelare una violazione di una delle simmetrie della natura. Altri stanno adattando una tecnologia completamente diversa per usarla in fisica fondamentale: gli orologi atomici. Le frequenze delle radiazioni assorbite ed emesse dagli atomi che compongono questi orologi dipendono solo da alcune costanti fondamentali della natura. Una leggera deviazione di queste frequenze potrebbe dare sostegno a teorie che cercano di spiegare perché la gravità è molto più debole delle altre forze dell’universo.

La capacità di testare questa idea è rimasta fuori portata fino ai primi anni 2000, quando i ricercatori hanno sviluppato orologi atomici che operano nella gamma ottica dello spettro elettromagnetico invece che in quella delle microonde. Le loro frequenze più alte hanno fatto sì che il tempo potesse essere campionato a una velocità molto più elevata, permettendo la creazione di orologi così precisi da perdere o guadagnare meno di un secondo in un arco di tempo pari all’età dell’universo.

Da allora i ricercatori hanno usato i dati di questi orologi per cercare cambiamenti nel rapporto tra le masse dell’elettrone e del protone e nella costante di struttura fine, un parametro fondamentale che regola l’intensità dell’interazione elettromagnetica. Altri, su proposta di Asimina Arvanitaki, fisica teorica al Perimeter Institute for Theoretical Physics a Waterloo, in Canada, stanno usando gli orologi per cercare sottili oscillazioni che potrebbero essere create da un ipotetico candidato a materia oscura chiamato assione, o da una particella correlata.

Finora, queste indagini non hanno prodotto alcuna nuova fisica. Ma mostrano che una generazione più giovane di fisici sta infondendo nuove idee nel campo, dice Dimopoulos, già supervisore della Arvanitaki per il suo dottorato. “Ci sono molte idee teoriche che sono state, in un certo senso, trascurate perché tutti si concentravano su LHC e gli acceleratori”, dice.

Nessuno si aspetta che questi esperimenti da bancone sostituiscano gli acceleratori di particelle. Ma potrebbero guidare i fisici verso la giusta gamma di energie per uno studio più dettagliato. Attualmente la comunità dei fisici che lavorano con gli acceleratori sospetta che serva più energia di quella per cui è stato progettato l’LHC, ma non è chiaro quale energia sarebbe sufficiente. I risultati di esperimenti a basse energie potrebbero influenzare una decisione multimiliardaria su un prossimo grande acceleratore, e questo ha aumentato la pressione sui ricercatori che lavorano nella fisica “da tavolo”. “Dobbiamo fare quasi tutto con una cura superiore a quella tipica degli esperimenti di fisica atomica standard”, dice DeMille.

Gabrielse nutre grandi speranze nel prossimo esperimento del team e nel lavoro al suo centro alla Northwestern, che sarà inaugurato quest’anno. Ma non può fare promesse. “Stiamo cercando di prendere all’amo un pesce la cui forma, colore, velocità e bocca sono del tutto sconosciuti”.

Gabriel Popkin/ Nature

(L’originale di questo articolo è stato pubblicato su Nature il 10 gennaio 2018. Traduzione ed editing a cura di Le Scienze. Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati.)

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