Se questa è scienza…

Il Giornale Online
L'archeologia (termine derivato dal greco Αρχαιολογια composizione di αρχαιοζ archàios “antico” e λογοζ, lògos = “discorso” o “studio”) è una sotto-disciplina dell'antropologia (dal greco Ανθρωπολογια, composto da ανθρωποζ, ànthropos = “uomo” e λογοζ, lògos = nel senso di “studio”), lo studio degli esseri umani.

Gli archeologi studiano infatti il passato umano. Secondo i testi di archeologia si tratta di una scienza. Questo dovrebbe significare che gli archeologi adottano il severo metodo scientifico, sia quando conducono studi e ricerche sul terreno, sia quando interpretano i reperti trovati. Per il momento, accettiamo tale premessa.
Vorrei prendere per un attimo in considerazione “la spiegazione” che l'archeologia è una scienza.
Non dovremmo chiederci, prima: cos'è la Scienza?

Nei dizionari c'è una spiegazione identica e unica per il termine “scienza”; tuttavia, le varie definizioni possono essere riassunte in questi termini: Scienza è la sistematica osservazione e classificazione dei fenomeni naturali, in modo da imparare da essi e poterli considerare principi generali. In pratica la Scienza definisce una serie di percorsi specifici da intraprendere con una sequenza di ipotesi e di test (onde trarre le conclusioni), che il vero studio scientifico deve includere. Premesso che, per essere considerato scientifico, esso dovrebbe soddisfare il quadruplice criterio di essere:

1 ) verificabile;
2) falsificabile (finché non si può qualificare definitivamente un'ipotesi come teoria scientificamente valida, questa deve essere almeno falsificabile o confutabile. In altre parole si potrebbe dire che il concetto di “piramide=tomba” che discuteremo tra poco, è un'ipotesi che doveva essere investigata, per determinare se all'interno c'erano state o no mummie. Infatti, come vedremo, fu falsificata, in quanto nessuna mummia fu mai trovata nelle piramidi);
3) riproducibile;
4) sottoposto a revisione finale.

Per valutare le peculiarità scientifiche dell'Archeologia, mi si permetta ora di considerare un ben noto manufatto e l'ipotesi usata per spiegarlo. Gli egittologi asseriscono che le piramidi furono costruite come tombe dei faraoni. Questa affermazione è verificabile? Si, infatti molte squadre archeologiche hanno cercato resti umani nelle piramidi, anche se nessuna mummia reale é stata trovata al loro interno. Da un punto di vista prettamente scientifico, sembrerebbe ovvio, secondo il criterio scientifico, dover scartare l'ipotesi che le piramidi fossero tombe.

In questo caso, la prova fu ripetuta un centinaio di volte senza che il risultato cambiasse. In nessuna delle piramidi furono trovati resti umani e nemmeno tracce di humus. Se chimici, geologi e biologi in una loro indagine scientifica si fossero scontrati con un risultato così negativo, sarebbero stati costretti ad abbandonare la loro ipotesi. Gli archeologi, invece, hanno preferito ignorare gli imbarazzanti esiti dei loro test e sostenere di aver localizzato sarcofagi in ogni complesso piramidale.

Inoltre, dichiarando che i sarcofagi erano stati rubati dai tombaroli, presentando un'altra idea non dimostrabile riuscirono a proteggere efficacemente le loro ipotesi e le loro conclusioni dai requisiti di verificabilità scientifica.

Aggiunsero anche un ulteriore elemento non dimostrabile: le urne litiche rettangolari trovate nelle piramidi erano sarcofagi, a complemento della loro tesi originale secondo cui le piramidi erano tombe. Nondimeno, come si è visto, la loro premessa non era stata mai provata e, infatti, era stata falsificata. Questa serie di sviluppi, tuttavia, non costrinse gli egittologi a rivedere le loro teorie.

Ci sono dati a sufficienza per dubitare delle caratteristiche scientifiche dell'archeologia, e farci supporre che non dovrebbe essere considerata una scienza da studiare sui libri di testo! Per quanto riguarda le piramidi egizie, si può concedere che la raccolta dei dati, gli scavi e gli esami siano stati scientifici, ma le interpretazioni risultanti e le conclusioni, chiaramente, non lo sono state. Possiamo accettarle, al massimo, come postulato…

Ad ogni modo, prima di saltare alle conclusioni, esaminiamo ulteriori riscontri probatori. Ci sono testimonianze che documentano che alcuni cosiddetti sarcofagi [per i quali è possibile dimostrare che sono stati] scoperti intatti, non contenevano i resti del Faraone… Le cronache dell'VIII sec. riportarono che quando, nell'82O d.C., il califfo di Bagdad Al Mamoun penetrò con i suoi uomini nella Grande Piramide e con loro si arrampicò al suo interno fino a entrare nella Camera del Re, non trovò alcunché nel “sarcofago”, ne tesori di alcun tipo da nessuna parte. La piramide era vuota.

II volume esterno del “sarcofago”, un blocco unico scavato dall'interno, è esattamente il doppio di quello interno. Una precisione davvero stupefacente, considerata la tecnologia dell'epoca: l'archeologo Flinders Petrie dichiarò che |'unico strumento per ottenere un risultato del genere, sarebbe stata una sega circolare in bronzo tempestata di diamanti, da far ruotare attorno ad un albero di trasmissione mediante lacci.

Qualche anno fa, l'ing. Christopher Dunn, esperto tra l'altro della lavorazione del granito, dichiarò più esplicitamente che per realizzarlo fu usato un trapano ultrasonico 500 volte più veloce di quelli moderni, e scoprì che la tecnica ultrasonica era riscontrabile anche in altri particolari presenti nell'area di Giza, come negli stipiti del Tempio a Valle nei pressi della Sfinge, dove sono evidenti le trapanazioni tubolari con speciale tecnica “a smeriglio”.

A questo punto vorrei aggiungere un'osservazione superflua, ma determinante per capire fino a che punto può spingersi l'oscurantismo degli egittologi: chiunque sa che per conservare a lungo del materiale deperibile bisogna scongiurare gli effetti degradanti dell'acqua e dell'aria. La mummificazione praticata dagli antichi Egizi dimostra che questo concetto era conosciuto, poiché era alla base di tutta l'operazione; tuttavia, nella camera dove sarebbe stata tumulata la mummia sarebbero stati predisposti due cunicoli rituali i quali, conducendo aria all'interno, avrebbero di fatto reso inutile tutto il lavoro degli imbalsamatori…

Un altro caso più recente riguarda la piramide di Sekhemkhet, successiva a quella più famosa “a gradoni” di Djoser, nella necropoli di Saqqara.

Non fu mai ultimata, e fu intenzionalmente ricoperta di sabbia. Le mura perimetrali che circondavano il cortile della piramide andarono completamente distrutte, e oggi è possibile intuire come doveva essere stata tutta la struttura solo in base alle ricostruzioni mappali segnate dagli archeologi che l'hanno potuta studiare. Fu individuata casualmente nel 1952 dall'archeologo che all'epoca dirigeva i lavori nella necropoli di Saqqara: il dr. Muhammad Zakaria Goneim, che cominciò a riportarla alla luce e la chiamò Piramide Sepolta.

Stranamente, al contrario della piramide, la struttura sotterranea era invece a uno stadio di lavori avanzatissimo, e la camera principale conteneva un'arca rettangolare scavata da un unico blocco di alabastro. L'archeologo aveva anche trovato una stanza piena di oggetti d'oro, elemento di prova che nessuno era mai entrato prima. Questa sua scoperta lo convinse che nessuno avesse preceduto la sua investigazione. Convinto che nel sarcofago ci fosse una mummia, e di conseguenza di poter provare la teoria della tomba, organizzò un grande evento mediatico per il momento dell'apertura. I fotografi erano pronti a scattare, mentre il sarcofago si apriva di fronte a un pubblico ammutolito. Ma quando finalmente fu aperto, dentro non c'era nulla. Non c'era la mummia e nemmeno una traccia che fosse mai stato seppellito qualcuno. Era semplicemente vuoto.

I suoi “colleghi” non trovarono altro di meglio che accusarlo del furto di molti preziosi reperti d'oro da un negozio, polverizzando così la prova che la tomba fosse inviolata… Fu umiliato pubblicamente, arrestato e incriminato. Alla fine, non potendo più sopportare le ingiuste accuse, si uccise gettandosi nel Nilo. Per quanto riguarda il “sarcofago”, l'assoluta perfezione del taglio sembra ottenuta più con strumenti al laser che con presunti arnesi di rame; il tipo di chiusura a scorrimento laterale a una delle due estremità è anomalo; benché fosse sigillata, l'arca era completamente vuota…

Non si parla mai della presenza degli altri 132 vani rettangolari, pressoché uguali, sistemati a pettine e a distanza regolare, lungo un perimetro a forma di U, in posizione più esterna rispetto all'area ricoperta dalla piramide sovrastante…
Sotto il complesso funerario di Djoser sono stati scoperti ben 400 “ambienti”, ma nemmeno di questi si parla mai…
Gli egittologi insegnano che la Grande Piramide fu costruita con forza muscolare, martelli di pietra, corde, slitte di legno e rampe di mattoni crudi. Nella migliore delle ipotesi scientifiche, questa è una tesi marginale che non può essere dimostrata. Per farlo, dovremmo replicare l'originale. Esistono invece i risultati di molti test su piccola scala, condotti da egittologi, che sono serviti unicamente a confutare le loro argomentazioni…

Per esempio, verso la metà degli anni '90, gli egittologi decisero di accettare la “sfida” e provare che con quegli attrezzi primitivi e con quei metodi avrebbero potuto scavare, sollevare e mettere uno sull'altro macigni di molte tonnellate per costruire le piramidi e gli obelischi. L'egittologo Mark Lehner formò una squadra di massimi esperti, incluso un “mastro” scalpellino al quale fu dato il compito di scavare un blocco di 35 tonnellate che sarebbe dovuto servire per fare un obelisco.
Dopo aver scavato il blocco usando attrezzi di pietra, lo avrebbero trasportato con una slitta di legno fino al luogo prestabilito. Quindi, dopo aver dimostrato che gli egizi avrebbero potuto usare un sistema di rampe per raddrizzarlo, lo avrebbero fatto scivolare nel buco precedentemente scavato.

L'impresa finì con una cocente sconfitta. Dopo avere tentato ogni tipo di imbroglio possibile, il mastro scalpellino ammise l'impossibilità di scavare il blocco con i rudimentali arnesi a disposizione. La squadra fece allora giungere sul posto l'attrezzatura moderna per scavare il blocco, poi saltò i due passi successivi e caricò l'obelisco in un autocarro dal fondo piatto.

Benché l'esperimento avesse oramai perso valore, continuarono nel tentativo di alzare l'obelisco, ma senza successo…
Ecco un esperimento serio che, con tutte le variabili possibili, riuscì solo a dimostrare l'opposto di quello che intendeva.
Dopo diversi anni la squadra volle tentare di nuovo. Questa volta sollevarono l'obelisco a modo loro, ma saltarono completamente le fasi preliminari (scavo e trasporto). I problemi riscontrabili nell'egittologia moderna sono causati dal fatto che si tende sistematicamente a ignorare l'evoluzione culturale antropologica.

Vorrei fare una semplice domanda: che fine hanno fatto tutte le piccole piramidi “di pietra”, costruite prima di quelle dei complessi dell'Antico Regno? La tecnologia procede perfezionandosi, partendo dal piccolo e/o semplice al grande e/o complesso. Non succede mai il contrario: è una regola riscontrabile in ogni forma di cultura e di società organizzata. Imhotep, l'architetto della piramide a gradoni di Saqqara, non costruì la prima piramide: riuscì solo a imitare, con mattoni al posto di pietre, quella costruita dagli antichi dèi venuti dal cielo…

La Grande Piramide di Giza ha da sempre polarizzato su di se l'attenzione di molti, che si continuano a chiedere come è stata costruita, con quali tecniche, ecc. Questa attenzione di fatto oscura il “vero mistero”, che è l'assenza di prove su come gli egizi impararono le abilità necessarie di architettura, ingegneria, lavorazione delle pietre ecc., assolutamente indispensabili per costruire un edificio megalitico come quello. Sarebbe logico che il panorama egiziano fosse costellato di piramidi più piccole e più semplici, costruite prima dell'Antico Regno, nell'Egitto predinastico… mentre invece questo “modello” è proprio quello che troviamo nei registri storico-archeologici della fine dell'Antico Regno. Non trovandolo nell'Egitto predinastico si violano le regole dell'evoluzione culturale.

Gli architetti, gli scalpellini e gli ingegneri sono sempre stati istruiti e addestrati da mentori che a turno hanno insegnato le loro specifiche abilità attraverso generazioni di prove ed errori. Non si nasce maestri! Eppure non esiste alcuna traccia di questo processo nell'Egitto predinastico che dovrebbe precedere, secondo la versione egittologia classica, la costruzione del complesso di Giza… A dire il vero, gli egittologi non hanno mai messo in risalto il problema cruciale di cui ho appena parlato, né sembrano rendersi conto che le attuali conoscenze e le nuove tecnologie imporrebbero l'umiltà di riconoscere la totale mancanza di prove scientifiche per le loro teorie.

Invece, paradossalmente, continuano a fare dichiarazioni come se le avessero. Questa insostenibile situazione dovrebbe essere presentata a un'autorità scientifica seria e autorevole per la revisione, come ad esempio l'Accademia delle Scienze. Si suppone, infatti, che l'Archeologia sia al servizio del mondo intero, e che la sua finalità sia quella di produrre la “conoscenza” acquisita (con il presupposto che lo sia stata scientificamente), per determinare la verità storica…

Un'altra funzione cruciale, da includere nell'esame di questa pretesa disciplina scientifica, riguarda l'interpretazione dei reperti. Infatti, dopo avere scavato, catalogato e studiato i manufatti, gli archeologi tentano di interpretarli, cercando di fornire ritratti particolareggiati delle vite quotidiane, dei pensieri e delle credenze religiose di questa o quella civiltà. Il processo di interpretazione è spesso una presunzione, e sfida la metodologia scientifica. E l'unica possibile prova in appoggio alla teoria “piramide=tomba” è il sarcofago trovato nella piramide…
Comunque, anche quello è solo un'interpretazione.

In assenza di prove, gli egittologi ricorsero fin dall'inizio ad argomenti che spiegarono perché non ne fossero mai state trovate. Misero in rilievo le loro interpretazioni, che erano soggettive. Se fossero stati trovati resti nei “sarcofagi” la tesi sarebbe potuta passare al livello di “teoria scientifica”. Ma così com'è, la nozione di “piramide=tomba” è semplicemente un'opinione e le opinioni non hanno alcun peso scientifico.

Un altro caso che dovrebbe mettere in chiaro una volta per tutte quanto assurda sia l'archeologia odierna, e soprattutto come sia abilmente manovrata, è quello annoso e controverso sulla datazione della Sfinge. II geologo americano Robert Schoch, su invito dell'egittologo indipendente John Antony West, studiò il complesso della Sfinge all'inizio degli anni '90 e concluse che la sua erosione era dovuta senza ombra di dubbio ad un lunghissimo periodo di piogge torrenziali. Il che significa, al di la di ogni opinione personale, che deve essere stata per forza costruita migliaia di anni prima dell'epoca stabilita dagli egittologi, in quanto semplicemente per trovare un'era climatica di quel tipo in quella regione, bisogna risalire ad almeno 6-8.000 anni fa, quando la Piana di Giza era un'area dalla vegetazione lussureggiante…

Schoch presentò le sue scoperte alla Association of American Geologists nel 1991: metodi e risultati furono ritenuti “scientifici”, e un gran numero di geologi concordarono con essi. Poi, nel 1992, fu invitato a un dibattito con l'egittologo Mark Lehner e il geochimico K. Lal Guari presso l'Accademia delle Scienze. Durante il dibattito, Lehner “sparò” che all'epoca presunta da Robert Schoch non esistevano culture in grado di costruire un complesso del genere. Gli scienziati presenti avrebbero potuto obiettare, ma nessuno lo fece… Aveva qualcosa a che fare con la geologia, la questione scientifica? No.

Ma facendo emergere questo problema, l'attenzione generale è stata distolta dai “veri” problemi in discussione. Il risultato é stato messo in stallo, come le ipotesi su cosa possa aver provocato l'erosione. Se ci fosse o no, 8.000 anni fa, una civiltà in grado di edificare costruzioni di quel tipo, in ambiente conservatore nessuno vuole scoprirlo. Vengono adottate tattiche che oramai ci sono familiari, perché le abbiamo incontrate più volte durante questa discussione: quando si trovano davanti all'evidenza che distrugge o getta seri dubbi sulle loro idee, gli archeologi trovano il modo di eclissare l'evidenza.

In realtà, sono le stesse tattiche che la Chiesa usò un tempo per controllare il processo di pensiero della società, onde adattarle, attraverso sistematiche epurazioni, unicamente a quei modelli che riflettessero i dogmi tradizionali. In questo modo fu possibile accusare chiunque di eresia, solo per aver fatto domande “scomode” o per aver proposto idee “blasfeme”, come quella che la Terra girava intorno al Sole…

Oggi siamo davanti a un fenomeno molto atteso: archeologi, storici e scienziati stanno divenendo più individualisti, investigatori, arroganti e perfino aggressivi, quando scoprono che si tenta di tenere sotto controllo il processo di pensiero del largo pubblico. In questi anni gli archeologi hanno sferrato aspri attacchi contro alcune interpretazioni “alternative”. Grossi nomi come Graham Hancock, Zecharia Sitchin, Robert Bauval, John Antony West, David Icke e molti altri liberi pensatori, ricercatori indipendenti e storici alternativi, sono stati etichettati come falsi archeologi, falsi scienziati, falsi storici o visionari. Archeologi e storici hanno così trasformato la storia del pianeta in una partita di calcio. Possiedono e controllano il campo, e per questo non ci possiamo aspettare che le regole siano applicate correttamente.

La stessa cosa fanno le superpotenze e le religioni: esercitano il potere e tengono sotto scacco la popolazione mondiale, soggiogandone le menti con dogmi camuffati da false verità, con segreti militari (es. Area 51) e con le conclusioni di certe pseudo-scienze. La storia della genesi umana non deve assolutamente essere resa nota! II nostro pianeta è stato, al tempo in cui i creatori della specie umana avevano costruito le piramidi, la “nursery” dell'umanità. Le razze umane sono il risultato di un'alta tecnologia genetica mediante la quale siamo stati “fatti” a loro immagine e somiglianza, dopo vari esperimenti non sempre di successo.

Gli dèi, come li chiamavamo quando vivevano sulla Terra, continuano a monitorarci arrivando al nostro pianeta attraverso corridoi spazio-temporali che consentono loro di “piegare” le distanze e dirigersi verso qualunque “mondo” orbitante intorno a questo o quel Sole. Hanno lasciato le loro “impronte” ovunque, e molte prove, ma le religioni e taluni governi (incluso il Vaticano), oggi come ieri le nascondono ossessivamente. Non perché siano convinti che gli UFO non esistono, ma anzi, proprio perché sanno chi sono i loro passeggeri…

Non possono permettere che tutte le loro menzogne saltino fuori! Non possono accettare l'idea di perdere il potere su di noi, perché così facendo non potrebbero più tenerci “schiavi”. Quando qualcuno parla, o scrive, dei rettiliani, dei grigi, o di altri tipi di alieni, parla di Sirio, di Venere, delle Pleiadi, di Orione e di altri pianeti ancora, parla delle razze da cui discende la nostra. Sono più di una e per questo noi terrestri siamo così somaticamente assortiti!
Ci vuole tanto a capirlo?

Negli ultimi anni sta succedendo qualcosa di nuovo: si sta formando un numero sempre maggiore di persone senza scrupoli dogmatici le cui menti sono “aperte”. Ovviamente vengono ostacolate o messe in condizione di non “nuocere” (tecnica preferita dalla CIA). Nella migliore delle ipotesi, le loro affermazioni e le loro prove sono messe in ridicolo pubblicamente, a vantaggio di traballanti ipotesi idiote, messe in piedi da qualche egittologo… Ecco perché io, ritornando al titolo di questo articolo, ritengo che l'Egittologia non sia una Scienza, ma una sotto-disciplina dell'antropologia. Per usare una metafora, potrei dire che gli egittologi conservatori usano le fionde fornite loro dalle autorità, per difendere le loro idee.

A loro volta, non si rendono conto di essere manipolati…
Da un vecchio proverbio: “Chi vive in case di vetro non dovrebbe mai lanciare sassi”…
Daniela Bortoluzzi

Nota sull'autrice
Daniela Bortoluzzi è da oltre 40 anni una ricercatrice indipendente. Pubblica articoli su varie riviste, e gestisce la rubrica “Icone di Verità” su www.edicolaweb.net. Recentemente ha pubblicato il libro “Alla ricerca dei Libri di Thot” (Eremon Edizioni).

Tratto dalla rivista Nexus Magazine (edizione italiana) N. 63
Fonte: associazionesaras.it

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