Sumeri, Anunnaki e Nibiru

Sumeri, Anunnaki e Nibiru

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Le prime tracce della cultura sumerica furono scoperte nel 1840 dall’archeologo inglese Henry Austin Layard. Layard si trovava in Iraq per eseguire scavi presso Mossul, allo scopo di riportare alla luce la biblica Ninive, capitale dell’impero assiro. La città doveva il suo splendore al re Sanherib, di cui la Bibbia riporta che fu costretto da un Angelo a ritornare in patria a causa dell’assedio di Gerusalemme. I tesori dell’arte assira, riportati alla luce durante quegli scavi, sono oggi esposti al British Museum di Londra.

Tra di essi monumentali bassorilievi raffiguranti il re a caccia, in battaglia e mentre riceve ambasciatori stranieri. Ma il rinvenimento più importante sono le centinaia di tavolette di argilla, spesso non più grandi del palmo di una mano, ricche di informazioni sulla cultura fiorente a quel tempo fra il Tigri e l’Eufrate. La maggior parte di esse proviene dalla “biblioteca” di Assurbanipal, un successore di Sanherib. Assurbanipal, coltissimo sovrano del VII secolo a.c., aveva ordinato ai suoi scribi di raccogliere tutti i testi che nel suo regno erano stati tramandati dal passato, di trascriverli e, dove fosse necessario, anche tradurli.

Un primo interrogativo con cui si sono scontrati gli storici riguarda proprio l’origine dei Sumeri. Questo popolo appare improvvisamente attorno al 3800 a.C. con la sua progredita e raffinata cultura. Senza nessun apparente periodo d’inizio e successivi stadi di evoluzione, i Sumeri possedevano già una cultura e delle precise conoscenze scientifiche. Nel 1956 il sumerologo Noah S. Kramer nel suo libro From the Tablets of Sumer elencò alcune delle “intuizioni” di questo popolo: le prime scuole, le prime leggi e riforme sociali, la prima cosmologia.

È probabile che disponessero di una flotta commerciale d’alto mare e di una rete di canali artificiali fra il Tigri e l’Eufrate, usata per il trasporto e l’irrigazione dei campi coltivati. Inventarono la fornace, e con le tegole e i mattoni che producevano erigevano la Ziggurat, un edificio con diversi piani che può essere considerato il primo grattacielo della storia. Questo edificio era adibito a tempio e a osservatorio per i sacerdoti, che a quell’epoca erano anche astronomi. Forse serviva anche al riparo durante le grandi inondazioni.

L’ultimo piano era la “dimora degli dèi”, il sancta sanctorum, posto così in alto e orientato in modo che gli déi potessero vederlo e raggiungerlo quando volessero. La religione dei Sumeri era politeista. Gli dei, immortali e per lo più personificazioni di forze naturali, erano numerosissimi. Tra essi emergevano il dio del cielo (Anu), dell’aria (Enlil) e dell’acqua (Enki), e la triade astrale Nannar, Utu, Inanna, personificazioni della Luna, del Sole e della stella Venere. Il termine sumerico che significa divinità, dingir, aveva il senso primitivo di epifania celeste: “Luminoso, brillante” (dingir si traduceva in accadico ellu, “luminoso”, “brillante”).

L’ideogramma che esprimeva la parola “divinità” (pronunciata dingir) era lo stesso di quello corrispondente alla parola “cielo” (e in questo senso si pronunciava ana, anu). Il segno grafico è un geroglifico rappresentante una stella. Con la pronuncia an(a), an(u), il geroglifico significa trascendenza spaziale propriamente detta: “alto, essere alto”. Ma lo stesso segno an serve anche a esprimere “il cielo piovoso” e, per estensione, la pioggia.

All’inizio, quindi, l’idea di divinità, come nelle gran parti dei culti primitivi, era fondata sulle ierofanie celesti (“alto”, “lucente”, “brillante”, “cielo”, “pioggia”). Ben presto, però, queste ierofanie si staccarono dall’intuizione della divinità come tale e si concentrarono intorno ad una divinità personificata, Anu, che esprimeva il cielo col proprio nome.

Questa divinità comparve nella storia attorno al IV millennio a.c.: Anu divenne così parte del pantheon sumero e in seguito di quello babilonese. Come gli altri dèi celesti, cessò col tempo di rappresentare una parte di capitale importanza. Almeno in tempi storici, Anu era un dio alquanto astratto; il suo culto non era molto diffuso; era raramente invocato nei testi religiosi, e non figurava nei “nomi teofori”.

Non era un dio creatore come il Marduk babilonese; non si conoscono statue di Anu, e questo sembra una conferma della sua inattualità nel culto e nella vita babilonese dei tempi storici. La sua sede naturale era cielo; il suo palazzo, posto nel punto più elevato della volta celeste, non fu raggiunto dalle acque del diluvio.

Il suo tempio di Uruk si chiamava E-an-na, “Casa del cielo”. In cielo Anu sedeva in trono, con tutti gli attributi della sovranità: scettro, diadema, copricapo e bastone.

Era il Sovrano per eccellenza e le insegne della sua regalità erano fonte e giustificazione dell’autorità monarchica; simbolicamente il potere del re derivava direttamente da Anu, per questo lo invocavano soltanto i sovrani e non i sudditi.

Nel Codice di Hammurabi (antico codice di leggi scritto attorno al XVIII sec. a.C. da Hammurabi, re della prima dinastia di Babilonia) Anu è invocato come “re degli Anunnaki“, e i suoi epiteti più comuni sono il shame; “dio del Cielo”, ab shame, “padre dei Cieli”, shar shame, “re dei Ciéli”. Le stelle formano il suo esercito, perché Anu, in quanto sovrano universale, era un dio guerriero. La sua festa principale coincideva con l’inizio dell’anno nuovo, e quindi con la creazione del mondo. Col tempo però la festa dell’anno nuovo fu consacrata dai babilonesi a Marduk, dio più giovane (la sua ascesa risale al tempo di Hammurabi, verso il 2150 a.c.), più dinamico (lotta col mostro marino Tiamat e lo uccide), e soprattutto dio creatore (creò il mondo dal corpo di Tiamat).

Le interpretazioni di Zecharia Sitchin

Il nome accadico Anunnaki vuol dire “Coloro che dal Cielo sono venuti sulla Terra”. Secondo Zecharia Sitchin il “cielo” degli Anunnaki cui si riferiscono i testi sumerici, detto Ni.bi.ru, era il “pianeta del transito”, il “centro del cielo”, cioè un pianeta del nostro Sistema Solare.

Sitchin è uno studioso ben noto a chi segue la cosiddetta archeologia spaziale: è nato in Russia ma è cresciuto in Palestina, e qui ha acquisito una completa padronanza della lingua ebraica antica e moderna, studiando in modo approfondito le lingue semitiche ed europee, l’Antico Testamento, la storia e l’archeologia del Medio Oriente. In particolare, ha compiuto ricerche sul mito di Gilgamesh e sui racconti biblici.

Gilgamesh è un re semi leggendario di Uruk (quinto re della I dinastia, forse realmente esistito attorno al 2600 a.C.), la sua leggenda ha dato luogo a una serie di poemi; nel corso del II millennio a.c., gli scribi accadici ne hanno fatto un’epopea in dodici canti, il cui soggetto è la ricerca illusoria dell’immortalità. Uno degli episodi, quello concernente il Diluvio con il personaggio di Utnapishtim, presenta notevoli analogie col racconto del Diluvio biblico.

Nei testi sumerici scritti in grafia cuneiforme si trovano altre cronache affini ai racconti biblici come, ad esempio, la creazione dell’uomo. La prima colonia di Sumer fu la città E.ri.du, nome che significa letteralmente “Casa costruita lontano”, essa sorgeva su una collina eretta artificialmente alla foce dell’Eufrate, in mezzo alla edinu, che significa “pianura”, o anche E.din, “Patria dei Giusti”, da cui deriva “Eden”, biblico nome del giardino paradisiaco, prima dimora terrestre dell’uomo.

Le teorie di Sitchin sono esposte in una serie di libri facenti parte di un vasto progetto editoriale, iniziato nel 1976 e denominato The Earth Chronicles (Cronache della Terra).

Come molti sostenitori della paleoastronautica, Sitchin è convinto che opere come La Bibbia, L’epopea di Gilgamesh, le iscrizioni reali degli Accadi e dei Sumeri, debbano essere considerate come vere e proprie documentazioni storico-scientifiche; e da questi testi ne ricava che la nascita e lo sviluppo della vita sulla Terra sarebbe stata guidata da esseri extraterrestri. Nella Bibbia questi esseri vengono chiamati col nome di Nephilim (o Nefilim, dalla parola ebraica Nafal, “caduti”) che significa “coloro che sono scesi (o caduti) sulla Terra dal Cielo”, mentre nella lingua degli Accadi questi esseri diventano gli Anunnaki, che letteralmente significa “coloro che sono venuti sulla Terra”. Gli Anunnaki avrebbero avuto un ruolo importante nella veloce evoluzione della civiltà umana e in particolare di quella sumerica.

I signori di Nibiru, sin dall’antichità, sarebbero scesi sulla Terra per sfruttare le risorse minerarie del nostro pianeta. All’inizio furono inviate delle sonde automatiche per verificare l’abitabilità del nostro mondo. Quando il pianeta Nibiru giunse nel punto della sua orbita più vicino alla Terra fu inviata una prima spedizione umana capeggiata da Enlil, un nome che ricorre spesso nella mitologia dei Sumeri. I luoghi scelti furono la Valle del Nilo, la Valle dell’Indo e la Mesopotamia.

Il sottosuolo mesopotamico, in particolare, era ricco di petrolio ed era possibile ottenere combustibile e fonti di energia per le strutture installate; il terreno pianeggiante favoriva la costruzione di veri e propri campi di atterraggio. I “visitatori” fondarono le prime città e costruirono dei veri e propri luoghi di lavorazione dei prodotti minerari a loro utili.

Secondo Sitchin i nomi delle prime città sumeriche rivelano la funzione del Sumer come territorio di scambio o come base per le operazioni a terra degli “Dèi” e degli “dèi minori”: Bad.Tibira era il “luogo luminoso dove viene lavorato il minerale grezzo”; La.ra.ak (“Luce splendente da vedere”) era un fuoco sempre acceso come un faro, sul quale si orientavano le navi spaziali in fase di atterraggio; Sippar (“Città degli Uccelli”) era l’aeroporto spaziale; Shu.rup.pak (“Luogo del massimo benessere”) era il centro della medicina. Enlil stesso fondò Nibru.ki (“posto di Nibiru sulla Terra”) come sede di rappresentanza.

Alcuni ritrovamenti archeologici hanno contribuito ad accrescere il mistero. A Tell-Brak, un sito preistorico sul fiume Khabur, sono state recuperate dalla cosiddetta “piattaforma di mattoni grigi” del Tempio degli Occhi centinaia di piccole statuette di alabastro. Le statuette, chiamate “Divinità Occhio”, sono caratterizzate da uno strano cappello affusolato, mentre altre sembrano essere madri con bambino. La forma vagamente umanoide di alcune di queste statue ha alimentato la fantasia dei sostenitori della paleoastronautica. Rappresentazioni di extraterrestri divinizzati?

Le “Divinità Occhio” sarebbero la sintesi di un culto legato ad esseri supremi che lo stesso Sitchin vede come personaggi dotati di pesanti tute spaziali oppure come oggetti assimilabili ai moderni satelliti terrestri. Nel suo libro La Genesi, Sitchin afferma che durante la missione degli Anunnaki sulla Terra, alcune unità rimanevano in orbita ad occuparsi della navetta spaziale, oltre che ad osservare dall’alto ciò che avveniva sul pianeta. Il termine sumero che li definisce è Igi.gi, e significa “coloro che osservano e vedono”.

I “visitatori” però non erano venuti sulla Terra soltanto per osservarla. Consideravano molto utile e prezioso l’oro e cominciarono ad estrarne in gran quantità soprattutto in Africa (nell’odierno Zimbabwe). Con il passare del tempo le operazioni di raccolta diventavano sempre più faticose. Accadde che gli Anunnaki smisero di prendere ordini dai signori di Nibiru e decisero di ammutinarsi.

Fu così che per alleggerire il lavoro decisero di creare una razza di lavoratori sfruttando forme di vita già presenti sulla Terra. All’inizio cercarono di effettuare incroci tra diverse specie. Infine, il grande passo fu compiuto: in una zona dell’Africa orientale viveva un ominide dall’aspetto scimmiesco che sembrava, più di ogni altra creatura, predisposto a essere modificato geneticamente. Un ovulo di ominide femmina venne fecondato con il seme di un Anunnaki, dando origine a una creatura ibrida detta “Lulu”, ovvero “il misto”.

Tale creatura fu chiamata Adama, ovvero il “venuto dalla terra”, e da essa ebbe origine il genere umano. Sitchin ritiene che le cronache sumeriche riportino la storia della creazione dell’uomo in modo corretto, sia dal punto di vista del tempo che del luogo. Dopo di ciò ebbe inizio “il Regno degli Dèi” sulla “Terra dei due Fiumi” con la fondazione di Eridus, circa 428.000 anni fa. Per 144.000 anni, pari a 40 rivoluzioni dell’orbita di Nibiru, gli Anunnaki avevano sopportato il pesante lavoro che i signori di Nibiru imponevano loro di fare, prima di ribellarsi.

Ciò significa che il “Lulu” è apparso sulla Terra circa 280.000 anni fa, “al di là di Ab.zu”, cioè a nord dello Zimbabwe. Ed è precisamente a quell’epoca e in quella regione dell’Africa Orientale che i paleoantropologi fanno risalire la comparsa dello Homo Sapiens sulla Terra.

All’inizio gli uomini venivano impiegati come lavoratori nelle miniere e laddove fosse necessaria la forza manuale. In seguito, gli Anunnaki diedero loro un’istruzione sommaria e informazioni concernenti il pianeta Nibiru. Agli uomini fu anche concesso di costruire dei villaggi di capanne disposti intorno alle basi aliene.

Gli uomini si diffusero ben presto su tutta la Terra ma questa proliferazione preoccupò gli Anunnaki, che si trovarono impreparati a gestire i problemi derivanti da una simile mole di popolazione. A modificare gli eventi in modo inaspettato giunse una catastrofe ricordata in tutte le mitologie del mondo come il Diluvio Universale. Sitchin ipotizza che la causa di quest’evento fu, al termine dell’ultima glaciazione cioè circa 13.000 anni fa, uno slittamento della massa di ghiaccio delle calotte polari che provocò un’ondata tale da sommergere interi paesi costieri e l’entroterra di numerosi continenti.

Tutto ciò che gli Anunnaki avevano costruito venne distrutto nell’arco di pochi mesi durante quella gigantesca inondazione. Gli alieni non fecero alcunché per salvare l’umanità, limitandosi a mettere in salvo loro stessi decollando a bordo delle astronavi.

Se le cose stanno così, dove sono oggi gli Anunnaki? Le loro visite avrebbero luogo ogni 3.600 anni, cioè ogni volta che Nibiru, nel percorrere la sua lunghissima orbita, si avvicina maggiormente alla Terra.

Se esiste, si tratta di un pianeta che descrive un’orbita irregolare e il cui punto più vicino al Sole si trova tra Marte e Giove. Prendendo come partenza la data del Diluvio (all’epoca Nibiru si sarebbe trovavo in un punto abbastanza vicino alla Terra), calcolata attorno all’11600 a.C., tenendo conto dei passaggi già avvenuti attorno l’8000 e il 4400 a.C., il prossimo passaggio si avrebbe attorno all’anno 2800. Il pianeta, dopo aver raggiunto nell’anno 1000 il punto più lontano dal Sole, avrebbe già percorso più della metà del viaggio di avvicinamento alla Terra.

Per Sitchin il fenomeno degli UFO è da collegare alla normale attività di controllo e osservazione dei messaggeri degli Anunnaki (probabilmente dei robot o delle biomacchine che guidano questi oggetti), che vigilano sulla Terra in attesa del ritorno dei loro padroni. Secondo Sitchin sarebbero questi gli Angeli descritti nel Vecchio Testamento; questi esseri sono spesso chiamati anche “Guardiani” o “Malachim”, che in ebraico significa “messaggeri”. A sostegno di questa teoria fa notare la somiglianza di alcune statuette raffiguranti i Malachim, eseguite circa 5500 anni fa dalle popolazioni mesopotamiche, con i cosiddetti “grigi”, gli alieni macrocefali più frequentemente descritti dai testimoni UFO.

Sorprendenti conoscenze

Sitchin si è impegnato anche nel cercare negli scritti sumerici “tracce” di quelle conoscenze che gli Anunnaki avrebbero dato agli umani. A suo avviso, la descrizione della battaglia cosmica tra Nibiru e le altre divinità del pantheon sumerico riportata sui testi cuneiformi deve essere considerata come la cronaca mitizzata della formazione del nostro Sistema Solare e dell’ingresso in esso del pianeta Nibiru.

Trattandosi di un pianeta dotato di orbita retrograda (cioè di senso contrario al movimento degli altri pianeti), Nibiru avrebbe sconvolto l’assetto originale del Sistema Solare. Passando nei pressi di Nettuno, un’escrescenza si sarebbe staccata da Nibiru per diventare Tritone, una delle lune di Nettuno, che infatti ha un’orbita retrograda rispetto agli altri satelliti. Lo sconvolgimento generato dal transito di Nibiru vicino Urano ha dato vita alle quattro lune del pianeta. Nibiru poi è impattato con alcuni satelliti contro Tiamat, un pianeta posto tra Marte e Giove.

Quest’impatto avrebbe frantumato una parte della superficie di Tiamat, generando la cintura degli asteroidi, e scaraventando la restante parte di Tiamat con il suo satellite, Kingu (la Luna), in procinto di divenire pianeta (nei libri di Sitchin, Nibiru viene indicato come il “dodicesimo pianeta” perché tiene conto anche di Tiamat e della Luna), verso un’orbita più vicina al Sole, dando vita all’attuale sistema Terra-Luna.

Per i sostenitori delle tesi di Sitchin, la “prova” che i Sumeri conoscessero i pianeti del Sistema Solare è un’incisione su un sigillo cilindrico accadico risalente al 2400 a.C. e conservato nel Museo di Stato di Berlino. Sul sigillo vi è una raffigurazione del Sistema Solare, con il Sole circondato dai pianeti nella giusta successione e dimensione, con in più Tiamat e il misterioso Nibiru.

Va ricordato che i pianeti più lontani sono stati scoperti solo negli ultimi tre secoli: nel 1781 da Herschel (Urano), nel 1846 da Galle (Nettuno), e nel 1930 da Tombaugh (Plutone). Ma questi tre pianeti sono presenti sul sigillo cilindrico dei Sumeri e rappresentati nei loro scritti con una certa precisione. Urano era chiamato Kakkab Schanamma (cioè il pianeta-gemello, in quanto gemello di Nettuno), Nettuno era detto Hum.ba, che vuol dire “pianeta dalla vegetazione di palude”, o En.ti.masch.sig che significa “pianeta dalla luminosa vita verde”.

La curiosità è che queste antiche descrizioni sono coerenti con le immagini inviate sulla Terra dalla sonda spaziale Voyager 2. Le fotografie relative a Urano mostrano un pianeta dalla colorazione verde-azzurra. Come appurato dalle analisi compiute dalla NASA, tale aspetto è causato dal nucleo solido del pianeta, rivestito di uno spessissimo strato di idrogeno e ammoniaca.

Anche le immagini di Nettuno mostrano un mondo verde-azzurro, simile a Urano come un suo “gemello”, probabilmente strutturato allo stesso modo: un nucleo centrale avvolto in una spessa coltre di metano. Chi poteva aver dato quelle informazioni ai Sumeri? Spiegazioni più semplici possono venirci incontro senza dover ricorrere ad interventi extraterrestri. Gli storici ritengono che i sigilli cilindrici dei Sumeri fossero i precursori dei moderni rotocalchi e che venissero usati nelle scuole e nelle università di Sumer, tutte rette da sacerdoti, per moltiplicare i loro modelli scientifici e le raffigurazioni dei loro simboli. In effetti, sul sigillo conservato al Museo di Berlino insieme ai corpi celesti, sono raffigurati anche un semidio e un sacerdote che venerano il dio Enlil, sacrificandogli due capre.

Uomini-pesce

Zecharia Sitchin non è stato il primo ad aver parlato di interventi di esseri extraumani nel passato. Altri ricercatori famosi, in tempi non sospetti, hanno parlato di “tracce” di alieni nei sigilli sumeri. Intelligent Life in the Universe è un libro dell’astronomo russo Iosif Shklovskii, pubblicato una prima volta nel 1962 e poi integrato nella versione in inglese dall’astronomo Carl Sagan. In quest’opera gli autori suggeriscono che vi sia stato un contatto fra esseri umani e una civiltà non-umana sulle rive del Golfo Persico, forse in prossimità dell’antica città sumera di Eridu.

Si sarebbe trattato di esseri sovrumani, evocanti nell’aspetto uomini in tuta subacquea, anche se Shklovskii e Sagan ne ipotizzano un’origine celeste. Tutto ciò ci introduce ad altre leggende mesopotamiche, riguardanti stavolta esseri per metà pesce e metà uomini, a volte descritti anche come “animali senzienti”: gli Apkallu. Di questi esseri parlano diversi antichi cronisti. Beroso, sacerdote babilonese del dio Bel-Marduk (vissuto nel III sec. a.C.), aveva accesso a incisioni cuneiformi e pittografiche (su cilindri, tavolette e pareti dei templi) risalenti a migliaia d’anni prima. In alcune di esse trovò notizie di un animale dotato di raziocinio, chiamato Oannes: il suo corpo era come quello di un pesce, ma, essendo un anfibio, nascondeva sotto la testa di pesce un’altra umana e sotto la coda dei piedi.

Anche la sua voce ed il linguaggio che usava erano articolati e umani. Secondo la leggenda, Oannes parlava con l’uomo durante il giorno ed erudiva gli uomini sulle lettere, le scienze ed ogni genere di arte. Aveva insegnato loro a costruire case, a fondare i templi, a compilare le leggi, a conoscere i principi delle cognizioni geometriche.

Quando tramontava il Sole, l’essere si tuffava di nuovo nel mare ed attendeva tutta la notte nelle profondità marine. Anche Abideno, discepolo di Aristotele (III sec. a.C.), parlando dei re Sumeri menziona questi esseri usciti dal mare. Apollodoro di Atene, erudito ateniese (II sec. a.C.) riferisce di diverse manifestazioni di questi esseri usciti dalle acque del Golfo Persico: sotto il regno di Amennon il Caldeo “apparve il Musarus Oannes, l’Annedotus”, che significa “l’abominevole Oannes il repellente”; sotto il regno di Euedoreschus apparve invece un personaggio di nome Odacon.

Si possono tracciare analogie con altre tradizioni che descrivono personaggi dalle caratteristiche molto simili agli Apkallu: in America i Maya adoravano un essere anfibio che chiamavano “Uaana”, la cui traduzione è “colui che risiede nell’acqua”; a Rodi troviamo i Telchini, divinità anfibie dotate di poteri magici; la tribù “Dogon” del Mali adorava il Nommo, un essere superiore dal corpo di pesce, propiziatore di tutta la loro cultura, che tornò fra le nuvole all’interno di un uovo rovente…

Anche nei Sumeri, quindi, accanto ad una componente “celeste” è rintracciabile una mitologia “acquatica”. Per i sostenitori della paleoastronautica ambedue i miti sono, in realtà, riferibili ad esseri alieni deformati dalla visione culturale dell’epoca. E per avvalorare la loro tesi, evidenziano il fatto che la descrizione dei mezzi con cui questi esseri emergevano dal mare ricorda i moderni sommergibili o navi spaziali in grado di divenire mezzi anfibi…

Gli oggetti “Transnettuniani”

Negli anni Novanta la scoperta dei primi pianeti extrasolari non ha distolto gli astronomi dall’esplorazione del Sistema Solare. Non sono mancate certo le sorprese, ad esempio nel 2000 sono stati scoperti nuovi satelliti di Saturno. Si tratterebbe di satelliti “irregolari”, così detti perché la loro orbita intorno al pianeta è instabile. Questa caratteristica, assieme alla grande distanza a cui si trovano (circa 15 milioni di chilometri dal pianeta), fa pensare che non abbiano avuto origine dalla nube di polveri e gas che circondava Saturno all’epoca della formazione del pianeta, come è accaduto ai satelliti regolari, ma che siano stati catturati nella sua orbita in un secondo momento.

Senza dubbio un’altra importante successo astronomico è la scoperta di piccoli corpi celesti ai confini del Sistema Solare. Gli astronomi li hanno denominati “oggetti transnettuniani” (o “plutinos”) perché ruotano oltre Nettuno, anche se superano, e alcuni di molto, pure l’orbita di Plutone. Il primo, grande circa 192 Km. e battezzato “QB.1”, fu scoperto nel 1992. Solo nel 2000 ne sono stati scoperti 134.

L’opinione ricorrente tra gli astronomi è che questi oggetti, sconosciuti fino a qualche anno fa, siano dei pezzi di ghiaccio che una volta erano associati alle comete e formerebbero la cosiddetta “Cintura di Kuiper” (il nome è dell’astronomo olandese Gerard Kuiper che l’ha teorizzata), dalla quale provengono le comete di “corto periodo”. Quelle di “lungo periodo”, come ad esempio la famosa di Halley che compare a gli occhi terrestri ogni 76 anni, sono originate dalla “Nube di Oort”, una regione più lontana rispetto alla “Cintura di Kuiper”. La maggior parte di questi asteroidi si è spostata poco dalla posizione in cui si trovavano alle origini del Sistema Solare.

A tali distanze il ghiaccio non somiglia a quello delle comete in avvicinamento al Sole. In realtà alcuni di loro, soggetti a qualche migrazione, diventano delle comete di breve periodo e il punto più lontano della loro orbita si colloca dopo Giove. Gli “oggetti transnettuniani” scoperti sinora hanno una dimensione media intorno ai cento chilometri.

Si ipotizza l’esistenza di circa 7000 corpi di taglia superiore alla media indicata, mentre sembrerebbero più numerosi, circa un milione, quelli più piccoli. Negli ultimi mesi del 2000 un team di astronomi americani ne ha scoperto uno grande tra i 300 e i 700 km.

Questo mini Plutone impiega circa 243 anni a compiere il giro completo intorno al Sole, da cui dista più di 4 miliardi di chilometri. Un’altra idea che si è fatta strada tra gli astronomi è che lo stesso Plutone debba essere considerato un “oggetto transnettuniano”, e con il suo diametro di 2400 chilometri è il più grande del gruppo dei “plutinos”.

Alcuni anni fa l’Unione astronomica internazionale propose di cancellarlo dalla lista dei pianeti e di declassarlo al ruolo di asteroide. Se lo stesso Plutone rischia di perdere la qualifica di pianeta, sembra essere divenuta più scarsa la possibilità di trovare il mitico decimo pianeta. Si potrebbe arrivare a ipotizzare che Nibiru sia un “oggetto transnettuniano” e non un vero e proprio pianeta?

Certamente i “plutinos” non hanno le caratteristiche del pianeta descritto da Sitchin, ovvero quelle di un pianeta più grande della Terra, e con una fonte di energia autoprodotta o forse addirittura prodotta artificialmente dagli stessi suoi abitanti! Se un pianeta del genere esistesse veramente i telescopi di oggi, che riescono a captare questi piccoli oggetti all’estremità del nostro Sistema Solare, dovrebbero rilevarlo prima o poi.

A meno che non si parli anche in questo caso di cover-up. Secondo i sostenitori delle idee di Sitchin, la scoperta di Nibiru sarebbe già avvenuta da anni ma è stata tenuta sotto silenzio per evitare le destabilizzanti conseguenze derivanti da una rivelazione ufficiale… Ipotesi decisamente molto debole. In mancanza di elementi convincenti a favore della sua esistenza, per la maggior parte degli scienziati e delle persone comuni, “il pianeta degli Anunnaki” resta soltanto uno dei tanti miti prodotti dalla letteratura dell’archeologia spaziale.