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Il Giornale Online6 Aprile 2007

Intervista al fisico belga Auguste Messeen

di Maurizio Baiata

L'intervista che segue è stata realizzata a San Marino nel 1997. Il Prof. Messeen è un fisico dell'Università cattolica di Lovanio. Fu lui a studiare, per conto della Reale Aeronautica Militare del Belgio e della SOBEPS, le tracce radar degli avvistamenti sul Belgio.

Dall’Ottobre 1989 a tutto il 1990, in Belgio vennero registrate centinaia di rapporti di oggetti luminosi, spesso descritti come enormi e forma triangolare. I jet supersonici F-16 dell’Aeronautica Belga 16 inseguirono gli intrusi, simultaneamente tracciati dai radar di bordo degli aerei e di terra. Il Governo Belga cooperò completamente con gli inquirenti UFO civili, una mossa senza precedenti nella storia. Il Capo Operazioni della Reale Forza Aerea Belga, il Colonnello Wilfred De Brouwer (oggi General Maggiore e vice capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica) organizzò un’unità speciale perché lavorasse con la Gendarmeria per indagare sugli avvistamenti.

Fra le migliaia di testimoni c’erano molti militari e agenti di polizia, piloti, scienziati ed ingegneri. L’ondata (flap) fu documentata dalla Società Belga per lo Studio dei Fenomeni Spaziali (SOBEPS), organizzazione privata di Brussels, che pubblicò due volumi sull’ondata OVNI in Belgio. Spero di aver contribuito a sfatare la leggenda degli aerei sperimentali e dei prototipi segreti americani che svolazzarono sul Belgio fra l'89 e il 1990.

Maurizio Baiata: Quale è la sua situazione, essendo lei uno scienziato accedemico, impegnato nelle ricerche su un fenomeno non convenzionale, non accademico quale quello degli UFO?

Auguste Messen: Certamente non lo è, ma è quello che succede. Ed è cominciato 25 anni fa, quando iniziai ad interessarmene, scoprii cose straordinarie, che nessuno sembrava capire. Come scienziato, mi sentii in dovere di approfondire gli studi su quanto avevo scoperto. Avevo diversi esempi di cose non ancora capite e degne di essere studiate, incoraggiando scienziati più giovani ad impegnarsi perché se c’è qualcosa da capire, allora bisogna lavorarci sopra.

M.B.: Lei ritiene che gli scienziati più giovani debbano fare riferimento ad un diverso approccio di coscienza, o di conoscenze alternative a quelle tradizionali, per affrontare l’argomento UFO

A.M.: Mi scusi, ma non capisco la domanda.

M.B.: Mettiamola diversamente: quando ci si imbarca in questi studi, lo si fa, secondo lei, per motivazioni ed esigenze culturali, o solo per curiosità specifica?

A.M.: Io cominciai ad occuparmene spinto dalla domanda che mi pose uno dei miei figli, allora aveva tredici anni: “Cosa c’è di vero a proposito dei dischi volanti?”. Gli risposi che non lo sapevo, e questo mi spinse a volerli studiare. All’epoca in Belgio era stato appena pubblicato un libro, seguito da diversi articoli su pubblicazioni scientifiche, che riguardava la propulsione.

Lessi tutto e la mia prima reazione fu che nessuna di quelle analisi e le relative conclusioni, fossero giuste e, se non lo erano, restavano però i fatti. Mi misi allora alla ricerca di altre possibilità, in base alle evidenze, perché la prima cosa da fare è conoscere i fatti. Una teoria può essere costruita solo su questa premessa. E devi farlo secondo una metodologia strettamente scientifica. L’ho seguita sin dall’inizio delle mie ricerche. L’ho applicata propriamente e non ho mai avuto alcuna difficoltà con i miei colleghi.

M.B.: Quando ebbe inizio il flap ufologico in Belgio alla fine degli anni Ottanta, lei venne coinvolto nelle ricerche da subito, o qualche tempo dopo?

A.M.: Dall’inizio e interrogai, posso dirlo, la Gendarmeria sin dalla prima osservazione e questo fu molto importante, perché le persone avevano avvistato gli stessi oggetti nel giro di due ore. Interrogando i testimoni, trovai delle persone che non volevano rivelare la propria identità, ma che mi parlarono sinceramente, c’erano molti testimoni e non erano stati influenzati da nessuno. Erano testimonianze importanti, perché immediate.

Durante la prima serata, quella del 29 Novembre 1989, erano state registrate circa 25 osservazioni tutte da una regione relativamente piccola, e molte persone avevano visto e descritto qualcosa che era sconosciuto. Com’era possibile che così tante persone avessero semplicemente immaginato la stessa cosa nello stesso momento?

Era impossibile. Mi convinsi subito che era qualcosa di reale, anzi un flap eccezionalmente importante, a quel punto volevo sapere cosa fosse accaduto sui radar. Non fu semplice, ma ottenni quelle informazioni dirette dall’aeroporto civile, da due stazioni di terra militari e da quello che i jet F-16 avevano acquisito sui radar durante lo “scramble”. Tutto doveva essere analizzato, ma era difficile, perché in quel momento nessuno capiva nulla di quello che era accaduto. Scrissi un rapporto e il resto è storia.

M.B.: Cosa spinse il generale De Brouwer, allora colonnello, ad indire una conferenza stampa, così importante e senza precedenti?

A.M.: Prima di tutto, De Brouwer era di mente aperta. All’inizio del flap lo contattai, non aveva raggiunto ancora il grado di generale, ed era già a capo di tutte le operazioni. Di mente analitica, mi impressionò favorevolmente il suo approccio aperto, teso alla ricerca della verità. Gli dissi che non potevamo perdere un’occasione simile, senza guardare seriamente a quello che era accaduto sui radar. Dopo aver analizzato i dati, mi rivolsi al Ministero della Difesa.

Non avevano capito molto, ma non importa, perché l’importante era che per la prima volta delle autorità, un ministero e alti esponenti dell’Aeronautica, avessero deciso di lavorare congiuntamente, nell’analizzre l’accaduto, con mente aperta anche se critica. Questo spero rappresenti un esempio incoraggiante per le altre Nazioni, perché è ciò che dovevamo e dobbiamo fare.

M.B.: Un suo specifico incarico riguardò l’analisi delle tracce radar. Cosa ne scaturì?

A.M.: Dal momento che ero stato io a chiedere di analizzarle, e che vi avevo riscontrato qualcosa che nessuno sembrava aver capito, approfondii le ricerche, ricombinando tutte le informazioni ottenute e collegandole, cinetiche, meteorologiche, lavoro duro ma interessante. I fenomeni spiegabili con cause naturali li avevo individuati, ma c’erano due tracce non identificate

Che risultavano davvero inspiegate, lo sottolineo. Un punto importante è che se si studia un fenomeno ed è quello che feci io, e si scopre qualcosa – come è generalmente accaduto nel campo degli UFO – allora questo qualcosa va divulgato e la verità deve essere detta.

M.B. Le pongo ora una domanda delicata. Sa qualcosa dei tracciati radar di Ustica? È uno dei momenti più importanti nella storia degli incidenti aerei accaduti in Italia e ci si chiede cosa videro realmente i radar americani e della Nato, e perché le registrazioni radar che mostrano le tracce ufficiali non siano state consegnate alle competenti autorità italiane.

A.M.: Prima di tutto la prassi prevede di non fornire le informazioni a persone competenti del campo, questo con noi scienziati non viene fatto. Questa è politica, non è un atteggiamento scientifico. Il secondo punto è che, per quanto riguarda i rilevamenti radar, possono esistere molte tracce o effetti computerizzati che possono confondere.

A volte si tratta di erronee interpretazioni, in altri casi, no, ma questo punto significa che si ha sempre una maggiore chance di trovare la verità se più persone competenti si impegnano nello studio, piuttosto che un gruppo ristretto e chiuso. Se l’obiettivo è quello di trovare la verità, allora c’è la possibilità di farlo. Se l’obiettivo è quello di nascondere la verità, allora davvero preferisco non esprimermi.

Ma qual è il senso di tutto ciò? Il vero problema oggi, l’essenza del problema per l’ufologia è che i fatti sono reali, che gli oggetti volanti esistono, anche se non sappiamo da dove vengono e come sono propulsi. Dovremmo chiudere gli occhi davanti alla realtà, oppure dobbiamo, come umanità, alla fine del millennio, guardare al fenomeno al meglio delle nostre possibilità… dove è giunta la nostra scienza, oggi?

È una umiliazione, per la scienza e per l’umanità, che ci siano alcuni gruppi, militari o politici, o di altra natura, che ci allontanano dalla possibilità di studiare questo fenomeno, uno studio di enorme importanza per il genere umano. Non dico che sia extraterrestre, ma c’è una concreta possibilità che lo sia e se c’è una possibilità è da stupidi non prenderla in considerazione.

M.B.: Se l’incidente di Roswell accadde realmente nel 1947, ovviamente le stazioni radar americane coinvolte nel tracciamento dell’oggetto, o degli oggetti ed immediatamente allertarono gli apparati militari competenti per procedere al recupero. Quali sono le procedure radar standard in caso di registrazioni di tracce anomale, allora e oggi?

A. M.: Devo chiarire che ci sono almeno due tipi di oggetti volanti non identificati. Il primo tipo è di forma circolare classico, che funziona in una certa maniera, che stiamo studiando. Ed un secondo tipo, quello osservato in Belgio, che non sono di forma circolare e che non funzionano alla stessa maniera. Ritengo quindi che gli oggetti discoidali classici possono essere detectati dai radar e se ne possono definire le caratteristiche. Mentre quelli del Belgio erano molto difficili da detectare. Non c’è nulla di strabiliante in questo, perché si schiudono solo altri interrogativi con tracce problematiche. È normale trovarsi di fronte a questi problemi.

Ciò che non fu normale allora è che tutti quei fatti, in quel momento, vennero occultati e lo si può capire perché eravamo al termine della Guerra Fredda, e forse allora certe cose potevano non essere capite dalla gente, ma non oggi! E il governo americano non può comportarsi ai danni della gente americana, occultando le prove della realtà degli UFO ed ignorando il principio stesso della democrazia e della libertà dell’informazione. Se invece non ci fosse nulla di inspiegabile, allora aprite i vostri files consentendo agli scienziati di poterli analizzare, che scegliessero le persone giuste per studiarli in maniera obiettiva.

C’è qualcosa di scioccante, in questo atteggiamento. La verità non può essere nascosta per secoli, quindi un giorno verrà fuori e quel giorno non sarà onorevole per chi l’ha occultata.

M.B.: Dai suoi studi sulle possibilità di propulsione di queste “macchine”, come potrebbe spiegare nella maniera più semplice il loro funzionamento?

A.M: Certamente non è qualcosa che si scopre improvvisamente, di punto in bianco. Ci ho lavorato per 25 anni e ho seguito lentamente un’idea dopo l’altra e mettendole insieme. La prima idea era che se il fenomeno è reale, si devono e si possono usare i mezzi della scienza. Le fantasie non servono. Il che vuol dire che si lavoro sul principio di azione/reazione. Il che vuol dire agire concettualmente. Semplicemente, oggi si può intensificare l’aria, quindi agire sulle particelle caricate mediante campi elettromagnetici spingendo le particelle in una direzione, l’oggetto verrà propulso nell’altra direzione. In questo non c’è nulla di speciale, può essere fatto negli acceleratori.

Questo può già spiegare un certo numero di caratteristiche degli UFO. Ma poi bisogna cercare di trovare fenomeni specifici ed elementi specifici, che risultino speciali. In questo stiamo facendo progressi. Ho studiato un sistema che considero ragionevole: consiste nella creazione di un campo elettromagnetico oscillante attorno all’UFO. Di quale tipo di oscillatore parliamo? Diciamo un apparecchio che usa la super-conduttività, vi si possono scrivere le equazioni e applicare tutte le condizioni matematiche, ottenendo dei risultati scientifici, qualcosa di estendibile sperimentalmente ad altri processi, ma questo consente di guardare ad altri effetti del fenomeno UFO.

Un esempio, che chiunque può sperimentare in laboratorio: mi riferisco a due rapporti, i primi due provenienti da Parigi, che indicavano che l’ago della bussola della cabina di pilotaggio compiva un giro completo, e che c’era un oggetto brillante nelle vicinanze dell’aereo. Stupefacente. L’oggetto si è allontanato e tutto è tornato normale. Ho applicato la telemetria, ponendo la bussola in un campo magnetico, potevo cambiare l’intensità e la frequenza e alla fine – è accaduto veramente – in un certo raggio di frequenza l’ago girava sempre su stesso.

Ma se non era in un quel raggio di frequenza, l’ago reagiva caoticamente. Un esempio di come si potesse creare dei sistemi che in certi momenti possono agire in maniera ordinata, in altri momenti in maniera caotica. Quindi, di nuovo qualcosa di interesse scientifico. L’informazione che interessa gli UFO è che essi producono un campo magnetico, che agendo sulla bussola entro un certo raggio di frequenze, che non vedi con i tuoi occhi, ma che sono qui. Dobbiamo trovare altre informazioni, ancora non percepibili.

Consideriamo poi il suono. Gli UFO sono silenziosi, e questo ci dice che viaggiano su una frequenza. A volte abbiamo registrato dei suoni. Ne abbiamo isolato uno. Anche questo costituisce un dato da approfondire.

Spero di aver contribuito a sfatare la leggenda degli aerei sperimentali e dei prototipi segreti americani che svolazzarono sul Belgio fra l'89 e il 1990.

Fonte: http://www.dnamagazine.it/target.html