

Un fiume deviato
Nella vallata di Teotihuacan, la nota localitĂ archeologica distante una sessantina di chilometri da CittĂ del Messico, scorre il fiume San Juan, il cui corso è deviato artificialmente, con due angoli retti, esattamente nel punto in cui sorge il complesso cerimoniale. Appositi canali portano infatti le acque al quadrangolo di fronte a quella che impropriamente gli spagnoli definirono âla Cittadellaâ, cioè un complesso di edifici racchiusi in un recinto: in realtĂ era il centro pulsante della cittĂ , dove si svolgevano le cerimonie religiose in onore del dio Quetzalcoatl, a cui è dedicata una piramide a gradoni che sorge in prossimitĂ . Un fossato è presente su tre lati della piramide del Sole, la costruzione piĂš grande finora portata alla luce nel Mesoamerica, sotto la quale, al centro, câè una profonda caverna scavata in un letto di lava. Questa grotta è collegata ad un pozzo, profondo sette metri e situato alla base della piramide, mediante una galleria sotterranea. In questo intricato reticolo annotiamo che anche la piramide della Luna, come quella del Sole, è circondata da un fossato. Il mondo accademico spiega la presenza di questi cunicoli con lâestrazione della roccia necessaria per la costruzione della piramide stessa.
Lâincredibile scoperta
Allâinizio del secolo scorso, sia nella piramide del Sole che nel Tempio distante un chilometro, fu rinvenuta in quantitĂ anche della mica, sulle cui qualitĂ disquisiremo in seguito, che fungeva da rivestimento per il pavimento e per il soffitto. Oggi il Tempio, detto appunto della Mica, non è accessibile al pubblico. Una galleria sotterranea congiunge, poi, la Piramide della Mica alla caverna che si trova sotto la Piramide del Sole, ma anche lâaccesso a questa via sotterranea è interdetto. La mica rinvenuta nella Piramide del Sole, su disposizioni del signor Bartres, allora preposto alla tutela del patrimonio archeologico del Messico, fu rimossa e venduta per il suo elevato valore commerciale. Per quel che riguarda invece la mica allâinterno del Tempio, è tuttora lĂŹ.
Che cosâè

I fogli di mica si presentano come una sottile pellicola quasi trasparente â è quindi molto simile al vetro -, che al contatto tende a sbriciolarsi; distribuita e diffusa nelle rocce ignee, metamorfiche e sedimentarie, è un minerale costituito da silicati complessi di alluminio e potassio che possono contenente anche magnesio, ferro, sodio, litio e fluoro: questi elementi, combinati tra loro, forniscono varie tipologie di mica. Per esempio, quella riscontrata a Teotihuacan è la lepidolite, di colore rosa, proveniente dal Brasile (questo paese è ancora tra i primi produttori al mondo), quindi ad una distanza di piĂš di tremila chilometri. La domanda a cui dovremo cercare di rispondere potrebbe essere, dunque, questa: âPerchĂŠ mai una popolazione indigena, che non conosceva nemmeno lâuso della ruota, avrebbe dovuto percorrere un tragitto cosĂŹ lungo e impervio per reperire quel determinato tipo di mica?â Cercare una plausibile giustificazione ad un simile comportamento, come cercheremo di spiegare, è oltremodo difficoltoso.
Merce preziosa
Giacimenti di mica, comunque di differente colore, si trovano anche in altri paesi, con la Cina a primeggiare nello specifico settore. Ma basti pensare che fino allâinizio del secolo scorso i cristalli di mica, perlomeno nel vecchio continente, erano merce pregiata e solo con la successiva importazione dallâAfrica e dal Sud America la situazione cambiò. Non câè dubbio, quindi, che la mica sia oggi facilmente reperibile un poâ dappertutto ma duemila anni fa non doveva poi essere cosĂŹ semplice individuarla e, ad esclusione della lucentezza e dellâazione riflettente della luce, conoscerne esattamente le altre importanti proprietĂ . Se aggiungiamo che le lastre di mica, a differenza dei fogli e dei frammenti, si trovano solamente in pochi giacimenti di pegmatite, la faccenda si complica considerevolmente. Non per niente questo silicato è utilizzato oggi come isolante termico ed elettrico o come moderatore di reazioni nucleari: infatti, è elastico, non arrugginisce, resiste allâacqua e al calore fino ad ottocento gradi, agli sbalzi di temperatura; sopporta, inoltre, il contatto con sostanze acide e solventi di natura organica. Trova applicazione, in modiche quantitĂ e polverizzata (solitamente si tratta di muscovite o mica bianca), anche nella produzione di piccoli elettrodomestici ma il suo uso principale è certamente nellâelettronica industriale come condensatore per applicazioni in radiofrequenza e isolante per le apparecchiature ad alta tensione, finanche nei laser e nei rilevatori del raggio cosmico. Câè da dire, inoltre, che con lâattuale tecnologia siamo in grado di produrre solo piccole lastre mentre quelle di Teotihuacan hanno ben altre dimensioni.
Solo a Teotihuacan?

Non si può sottacere, per fornire un quadro il piĂš possibile completo â pur nella frammentarietĂ delle informazioni disponibili -, qualche sporadica notizia circa lâutilizzo di questo silicato nellâantichitĂ , tenendo bene a mente che, quel che sappiamo circa lâuso che ne facevano i nostri avi, è circoscritto ad applicazioni assai semplici che trovavano spazio nella vita quotidiana. Gli antenati la utilizzavano fin da tempi immemorabili ed era ben conosciuta dalle civiltĂ classiche. I Maya, un esempio tra tanti, se ne servivano mescolandola ai pigmenti, per conferire lucentezza agli stucchi. La ricercatrice australiana Rosemary Goodall, per conto della Queensland University of Technology [Goodall, R. A. (2007). Spectroscopic studies of Maya pigments (Doctoral dissertation, Queensland University of Technology)], analizzando la composizione di alcuni frammenti di colore provenienti dallâantico sito di CopĂ n, in Honduras, ha rinvenuto tracce di questo silicato ed è giunta a determinare, conseguentemente, che quella popolazione ne conoscesse perlomeno le qualitĂ riflettenti. Non possiamo escludere, a questo punto, che il minerale trovasse applicazione anche nella copertura dei monumenti eretti per magnificare le divinitĂ . Nel tempio di Rosalila, rinvenuto sotto una piramide di CopĂ n e databile alla metĂ del I° millennio della nostra epoca, câè conferma di come la mica venisse applicata alle maschere di stucco dopo la colorazione. Anche in Egitto ne sapevano qualcosa: stando alle notizie riportate dai primi esploratori, sembra che nel sarcofago della Camera del Re, custodito allâinterno della Grande Piramide, sia stata rinvenuta una polvere bianca che, debitamente analizzata, è risultata essere un composto di feldspato e mica. Secondo lâopinione del divulgatore Graham Hancock le stesse piramidi potrebbero contenere degli strati di mica. E qui non può che venirci in mente la rivoluzionaria teoria che ha veramente scosso, da piĂš di un decennio, il mondo scientifico, circa lâoriginale funzione della Grande Piramide: lâingegnere Christopher Dunn è propenso a considerare il grandioso monumento della piana di Giza una vera e propria centrale energetica. Purtroppo il suo volume âThe Giza Power Plant: Technologies of Ancient Egyptâ non è stato ancora tradotto in italiano. E pensare che lâautore ne ha giĂ pubblicati altriâŚ
La rivoluzione industriale
A questo punto non è difficile immaginare Teotihuacan, al pari di ChavĂŹn de HuantĂĄr, Tiahuanaco e Mohenjo Daro, un vero e proprio polo industriale dellâantichitĂ . Câè da rimanere sconcertati da queste civiltĂ che lavoravano e utilizzavano leghe e metalli sconosciuti per lâepoca o comunque reperibili solamente a considerevoli distanze, come la mica appunto. Qui, addirittura, si arrivò alla determinazione di deviare un corso dâacqua per farne un uso certo non domestico.

Non siamo nelle condizioni di comprendere di cosa si occupassero esattamente i nostri avi: dâaltronde, non siamo nemmeno in grado di dire chi abbia costruito Teotihuacan, sorta allâimprovviso nel 200 a.C. come centro religioso (che prese il posto della vicina Cuicuilco), âriscopertaâ dagli Aztechi nel I° millennio d.C. in completa rovina giĂ da centinaia dâanni. Chi abitava questa prosperosa cittĂ , le stime indicano duecentomila residenti, allâimprovviso lâabbandonò. Non possiamo credere che un cosĂŹ rapido declino possa essere attribuito alle solite giustificazioni legate al cambiamento climatico o allâimpoverimento dei raccolti. Troppo semplice. Pur non trovandoci di fronte ad inspiegabili catastrofi, simili alle nucleari odierne, che hanno lasciato tangibili segni sul terreno a Mohenjo Daro, Baalbek e Machu Picchu, resta il fatto che, repentinamente, quella che è ricordata come âLa dimora degli dèiâ, si trasforma in una cittĂ morta. Lâenigma sâinfittisce ulteriormente se alle sorti di Teotihuacan facciamo interagire quelle degli Olmechi, la cultura madre del Mesoamerica, che verso il 400 a.C. abbandonarono misteriosamente il loro principale centro, quello di La Venta, per scomparire definitivamente seicento anni dopo.
Energia primaria

Che lâacqua fosse un elemento importante a Teotihuacan è fuori discussione. Al di lĂ di quanto finora sviscerato, dobbiamo ricordare che proprio qui fu rinvenuta la colossale statua del dio della pioggia Tlaloc, ora custodita al Museo di CittĂ del Messico, e che alle spalle della Piramide della Luna si erge possente il Cerro Gordo, una montagna denominata non a caso âLa Madre delle Acqueâ, dalla quale si riteneva avesse origine il rifornimento idrico della cittĂ . Ma qui non possiamo considerare determinante lâaspetto religioso, pur notevole, perchĂŠ troppi sono gli indizi che ci conducono su ben altre strade, seppur difficili da percorrere per le nostre attuali conoscenze, insomma incomprensibili: un corso dâacqua domato, cunicoli che collegano grotte e pozzi, piramidi circondate da fossati, soprattutto lâutilizzo della mica â reperita in terre lontane â per farne un inspiegabile rivestimento interno.
Ă quindi ragionevole ipotizzare che un tempo lâacqua scorresse dalla piramide della Luna lungo la Via dei Morti che, come lâintera area, si presenta con una pavimentazione di stucco, per terminare la sua corsa nel fiume San Juan. Se accettiamo lâidea che a Teotihuacan sia stato realizzato un complesso impianto idrico, potremmo allora affermare che qui si utilizzasse lâacqua corrente per scopi che, al momento, non siamo davvero in grado di individuare. Non è finita: nel punto in cui il Viale dei Morti sâinterseca con la Cittadella, recenti rilievi aerofotografici hanno accertato la presenza di un secondo viale che in origine sâincrociava con quello dei Morti. Considerando che le operazioni di scavo in questâincredibile luogo, iniziate centâanni fa, hanno interessato solamente il 20% dellâintera area, dobbiamo aspettarci qualche altro colpo di scena. Quel che sappiamo è come si presentò la cittĂ ai primi esploratori, impressionati dalla quantitĂ di terra che copriva lâintero sito e che fece balenare lâidea che qualcuno avesse volutamente cercato di nasconderla o proteggerla. Di che cosa si occupavano davvero gli abitanti di Teutihuacan e quali processi produttivi animavano le vie cittadine? Lâalone di mistero che ancora aleggia sulle origini della dimora degli dèi e sulle ragioni che ne determinarono lâabbandono, vale anche per tutto il resto.
Copyright 2017 Simone Barcelli per A.S.P.I.S. Šâ˘