The “Martian Black Hole”, ovvero: una ricostruzione alternativa circa la possibile natura di un rilievo marziano inquietante…

Il Giornale Online
(riesame critico del frame Mars Reconnaissance Orbiter PSP_003647_1745)
In questo frammento, estrapolato dal “gigantesco” frame MRO-HiRise n. PSP_003647_1745 (formato JPEG2000; peso pari a 441 MB) ed intitolato “Candidate Cavern Entrance Northeast of Arsia Mons” abbiamo la visione globale del “Buco Nero” (che tanto ha attratto la nostra – e non solo… – attenzione) e della pianura vulcanica alla quale esso accede.

Per la NASA – ovviamente – non ci sono dubbi: si tratta di una voragine, larga un centinaio di metri e profonda, probabilmente, molto di più (a Pasadena non si sbilanciano, ma l’idea è che possa trattarsi di uno strapiombo la cui profondità potrebbe andare da alcune centinaia di metri sino a qualche chilometro), la quale si apre sopra una grande caverna.

Una caverna scavata, con ogni probabilità, da un fiume sotterraneo di lava fuoriuscito dal vulcano Arsia Mons (non troppo lontano dall’area ivi ripresa), svariate ere or sono.

Uno dei quattro Grandi Vulcani che sorgono nella Regione Marziana di Tharsis.

Ma torniamo a noi ed alla possibile origine della (presunta) caverna.

Per la NASA, la caverna potrebbe essere un “Underground Lava Tube”, ossia – in termini essenziali – una galleria che si forma allorché la porzione superiore di una colata lavica a bassa viscosità, raffreddandosi, forma un “tetto” resistente e continuo al di sotto del quale continua a scorrere, sino ad esaurimento del fenomeno eruttivo, un fiume di lava fusa.

Ad eruzione terminata e, quindi, una volta che il fiume di lava (rectius: quello che ne è rimasto) si è livellato e raffreddato (e dunque “abbassato”, cessando di invadere la totalità del condotto), ciò che appare ai nostri occhi è una sorta di condotto a forma (più o meno) tubolare il quale se, in taluni punti, può anche essere molto stretto (in questo caso abbiamo dei cunicoli) è pur vero che in altri frangenti può anche “aprirsi” formando caverne di varie dimensioni.

Ora, se da un lato la fenomenologia che è alla base degli “Underground Lava Tubes” è sostanzialmente nota e quindi non perderemo tempo a trattarla in questa sede, da un altro lato è pur vero che le possibili ragioni per le quali si è formato questo gigantesco “buco” AL DI SOPRA dell’ipotetico “lava-tube” situato nel sottosuolo di in un’area a Nord Est di Arsia Mons, sono davvero svariate.

Noi, in linea generale, propendiamo verso l’ipotesi che suggerisce la verificazione di un fenomeno di subsidenza, ma non possiamo assolutamente escludere né l’evento sismico (il quale potrebbe aver causato un crack superficiale su un’area molto sottile ed instabile – l’area che sovrasta la presunta “caverna”, appunto), né l’effetto indiretto di un impatto alquanto consistente verificatosi nelle vicinanze della zona attualmente indagata.

In realtà, poi, la stessa ipotesi dell’impatto quale causa primaria nella formazione della voragine non può essere esclusa a priori (pensate, a titolo di esempio, ad un modestissimo impatto il quale, tuttavia, venne a verificarsi su di una superficie, ribadiamo, sottile).
Il risultato è evidente: il (piccolo) crack verificatosi post impatto, agendo sopra un’area sostanzialmente instabile, si è “allargato” sino a raggiungere le dimensioni di quiete (o di equilibrio) generando la voragine che vediamo oggi.

Tornando al merito della voragine e del “nero” che ne caratterizza l’interno, comunque, la NASA dice che il fondo della medesima non risulta visibile poiché immerso nella più totale oscurità mentre le pareti interne – appena visibili e solo per un modestissimo tratto – ben potrebbero essere delle “pareti a strapiombo e sospese” (caption NASA: “…The best interpretation is that this is a collapse pit into a cavern or at least a pit with overhanging walls. We cannot see the walls because they are either perfectly vertical and extremely dark or, more likely, overhanging…”).

Noi, dopo aver esaminato, elaborato e contrastato l’immagine in formato JPEG2000 originale NASA, riteniamo che la realtà potrebbe essere diversa.

Nel detail mgnf che Vi proponiamo, abbiamo provveduto ad indicare con i numeri da 1 a 4 alcuni rilievi i quali accedono alle pareti interne della voragine e sono SOSTANZIALMENTE INCONGRUI sia con il concetto di “perfectly vertical and overhanging walls” di matrice NASA (osservate i rilievi 1 e 2, ad esempio, i quali NON SONO AFFATTO PERFETTAMENTE VERTICALI, anzi: si “allargano alla base” per poi, improvvisamente ed inspiegabilmente, “sparire nel nulla”; osservate il rilievo n. 3 il quale sembra disegnare un “uncino” od un “becco” e quindi il rilievo n. 4 il quale, decisamente più scuro dei precedenti, ha pure una forma curiosamente appuntita e di difficile spiegazione), sia con il concetto di SUBSIDENZA (in senso stretto) e/o di COLLAPSE PIT, ovvero, detto in termini semplicissimi, una struttura superficiale che cede (e sprofonda) sotto il suo stesso peso e senza l’intervento di fattori di disturbo esterni.

fonte:www.nexusitalia.com