Umberto Veronesi show: il pensiero magico di uno scienziato in lite con se stesso.

Il Giornale Online

Il professor Umberto Veronesi è fantastico. Senza mai dismettere gli autorevoli paramenti dello Scienziato Informato sui Fatti, non ci risparmia profezie sempre più mirabolanti, e pazienza se qua e là affiora qualche incongruenza. A metà agosto, per esempio, Veronesi prefigurava un futuro immancabilmente bisessuale per l’intera specie umana, l’avvento di un’era felice e semplificata in cui prevarrà un “modello unico” di sesso, nella quale gli accoppiamenti saranno del tutto svincolati da ricadute riproduttive e la generazione affidata esclusivamente alla fecondazione in vitro e alla clonazione.

Il professore è di certo molto occupato, non può star dietro con attenzione ai suoi stessi pensieri, e così quel piccolo particolare della clonazione se l’è evidentemente dimenticato. In una lunga intervista sul Corriere della Sera di lunedì, infatti, dopo aver affermato che, grazie ai progressi scientifici, le bambine nate “in Germania o in Italia” nel 2007 hanno un’aspettativa di vita di 103 anni (non 102 o 104, proprio 103), difendeva l’approvazione inglese degli embrioni ibridi uomo-animale perché essi sarebbero “un ulteriore passo avanti nell’ottica di evitare rischi di clonazioni a fini riproduttivi”. Se “finora l’etica della scienza non ha mai portato a un clone umano”, ha detto, il timore che accada “viene annullato del tutto dalla tecnica approvata dagli inglesi: usando un uovo di mucca o di pecora e inserendo in esso il Dna del paziente” si arriva a produrre staminali “senza alcun rischio di clonare a fini riproduttivi”, perché sarebbe in ogni caso la Natura a provocare l’aborto degli esseri così creati. Insomma, a metà agosto Veronesi dava per scontato che i bebè del terzo millennio usciranno tutti, prima o poi, da una provetta, e che la clonazione umana sarà scontata, addirittura necessaria per la continuazione della specie.

Lunedì scorso ecco che la stessa clonazione riproduttiva umana nelle parole di Veronesi torna a essere un’aberrazione eticamente disdicevole, dalla quale ci dovrebbero salvare (ma perché?) proprio gli embrioni-chimera. L’occasione dell’ultima esternazione del professore è stata offerta dal discorso con cui Benedetto XVI ha messo in guardia contro la scienza che perde “il riferimento a Dio”. Quando questo accade, ha detto sabato scorso Papa Ratzinger nel santuario austriaco di Mariazell, le “grandi e meravigliose conoscenze della scienza diventano ambigue” e possono “diventare una terribile minaccia” per l’uomo. Veronesi, naturalmente, non ci sta. La scienza, per lui, è una lineare marcia verso “un progresso della civiltà sempre benefico”. E porta a esempio la possibilità (sempre grazie a ebrioni umani o semi-umani) di avere una “banca di staminali proprie”, grazie alla quale si potrà “intervenire per bloccare Parkinson, Alzheimer, diabete e in genere tutte le patologie degenerative, ormai vero problema di un’umanità” altrimenti “destinata a una vita ultracentenaria”.

Ma il professor Veronesi, l’abbiamo già detto, è molto indaffarato e la cura riservata al mensile di cui è promotore e garante (“Ok, la salute prima di tutto”, che – scientificamente, per carità – spiega nell’ultimo numero perché le coppie scoppiano più frequentemente in agosto), non gli lascia il tempo di leggere, per esempio, il pezzo forte del bimestrale Darwin (numero di settembre- ottobre) del cui board editoriale lui stesso fa parte. E’ sempre in tempo per recuperare e per scoprire, in una lunga review sullo stato dell’arte del capitolo clonazione dieci anni dopo la pecora Dolly, che la ricerca sulla clonazione terapeutica è finora un’antologia di totali delusioni.

La banca di staminali personalizzate di cui favoleggia il professor Veronesi è dunque ancora lontanissima, forse irraggiungibile per la via che lui prospetta. Mentre è già realtà, e questo al professore piace molto, la diagnosi preimpianto che in America e in Gran Bretagna è disponibile per le donne che hanno una mutazione dei geni Brca1 e Brca2, mutazione che predispone (non condanna) a un tipo di tumore al seno. La scienza che piace al professor Veronesi offre dunque alle donne che vogliano evitare di avere figlie con la stessa predisposizione di eliminare in vitro gli embrioni di femmine con quelle mutazioni. Confessiamo che non vediamo dove sia il progresso benefico, nell’eliminare, oggi, embrioni considerati “difettosi” perché potrebbero trasformarsi in donne candidate (forse) ad ammalarsi. Vediamo, piuttosto, un modo sensazionalistico e molto poco scientifico di presentare successi mirabolanti quanto inesistenti, e di cui i commenti entusiastici all’embrione-chimera (che per ora nemmeno gli inglesi sanno come definire, come spiegava ieri Assuntina Morresi su questo giornale) sono solo l’ultimo esempio.

di Nicoletta Tiliacos – 12/09/2007

fonte:www.ariannaeditrice.it