Un "buco" in fondo all'Oceano vedremo il centro della Terra

Il Giornale Online
Partita ieri la nave James Cook per studiare e mappare in maniera tridimensionale l'anomalia geologica tra Capo Verde e i Caraibi.

di LUIGI BIGNAMI

ROMA – Non c'è alcun modo di ripetere realisticamente il “Viaggio al centro della Terra” così come lo immaginò Giulio Verne. Non esistono cavità o condotti vulcanici che dalla superficie terrestre siano in grado di portarci nel mantello della Terra e ancor meno nel suo nucleo. Purtroppo anche con le trivelle più sofisticate non si riesce a superare i 15 chilometri di profondità: le temperature e le pressioni là sotto sono così elevate che al momento non vi sono materiali in grado di sopportarle. E 15 chilometri, rispetto agli oltre 6.350 che ci distanziano dal cuore del pianeta, sono davvero una nullità per capire cosa c'è in profondità. Ecco perché, fino ad oggi, ai geologi non rimaneva che studiare l'interno della Terra in modo indiretto, attraverso cioè le onde sismiche. La loro velocità indica infatti la composizione chimica e fisica di ciò che vi è sotto i nostri piedi.

Ma una recente scoperta del tutto inaspettata potrà dare una mano ai ricercatori per fare un tuffo all'interno del pianeta. Geologi della Cardiff University, in Gran Bretagna, hanno evidenziato che in un tratto dell'Oceano Atlantico ampio alcune migliaia di chilometri quadrati la crosta del pianeta manca del tutto. E' come se una grattugia gigantesca avesse scorticato la superficie e avesse portato alla luce il mantello terrestre sottostante, un fenomeno che al momento risulta unico sul nostro pianeta.

La crosta oceanica è molto diversa da quella che forma i continenti. Quest'ultima infatti ha uno spessore di circa 35-40 chilometri, che arriva anche a 70 sotto le catene montuose ed è composta da vari tipi di rocce, mentre la crosta oceanica, composta quasi unicamente da basalti (simili alla gran parte delle lave dell'Etna) ha uno spessore di 8-10 chilometri. Per questo motivo la maggior parte delle perforazioni scientifiche che hanno come obiettivo il raggiungimento della crosta più profonda si eseguono in mare. Ma, salvo pochissime eccezioni, non si è mai riusciti ad avere campioni di mantello integro proprio a causa delle notevoli difficoltà nella perforazione. Spiega Chris MacLeod della School of Earth and Ocean and Planetary Sciences: “Quanto si osserva in quel punto dell'Oceano Atlantico è simile ad una ferita aperta sulla superficie della Terra. Ma perché in quel punto dell'Oceano Atlantico non c'è crosta? E non c'è mai stata oppure un tempo c'era e qualcosa l'ha divelta? Domande che ora attendono una risposta”.

L'opportunità che offre quel punto sperduto dell'oceano è così importante che ieri MacLeod, con il suo team di geofisici marini, è partito con la nave oceanografica inglese James Cook alla volta dell'area posta tra Capo Verde e i Carabi. Nei prossimi giorni inizierà l'esplorazione del fondale oceanico. Spiega MacLeod: “Il nostro primo obiettivo sarà quello di ottenere una mappa tridimensionale del fondo marino – che in quel punto si trova a circa 3.000 m di profondità – usando un particolare tipo di sonar. Successivamente trivelleremo le rocce con un robot sottomarino che opererà adagiato sul fondale. In tal modo potremo recuperare materiale che altrimenti non avremmo mai potuto osservare da vicino”.

Ma che tipo di rocce potrebbero venire alla luce? Se effettivamente in quel tratto di oceano c'è il mantello, le rocce più probabili sono le peridottiti, rocce composte soprattutto da due minerali noti come olivina e pirosseno. Si tratta di rocce che ai più sono del tutto sconosciute, ma che per i geologi apriranno una strada inaspettata verso un vero viaggio al centro della Terra. Giorno dopo giorno la spedizione scriverà un diario consultabile sul sito: http://www. noc. soton. ac. uk/gg/classroomsea/JC007/index. html.
(6 marzo 2007)

Fonte: repubblica.it