Un codice segreto in un quadro del Caravaggio?

Un codice segreto in un quadro del Caravaggio?
Caravaggio
Caravaggio

di Vincenzo Di Pietro

Una delle figure più controverse della storia dell’arte pittorica antica è quella di Michelangelo Merisi, più comunemente noto come il Caravaggio. La vita del pittore, maestro del chiaroscuro, è stata, infatti, contrassegnata da una lunga sequela di eventi tragici, culminati con l’esilio da Roma e con la morte, avvenuta in circostanze tuttora poco chiare. In realtà, gli aspetti «misteriosi» legati al nome di Caravaggio, sono molteplici.

Uno, in particolare, vede come protagonista un dipinto del maestro, intitolato «il bacio di Giuda» o «cattura di Cristo» che ritrae il momento, descritto nei vangeli sinottici, durante il quale il discepolo “infedele” consegna Gesù ai soldati, nell’orto degli ulivi. Oltre alla prepotente bellezza del dipinto, alcuni fatti, tra loro collegati, meritano un approfondimento. Approfondimento che, però, non può prescindere da una necessaria premessa relativa a un’altra importantissima figura storica, quella del matematico Pitagora. È, infatti, noto, che Pitagora avesse elaborato una articolata teoria metafisica per la quale le cifre dall’uno al dieci componessero una «sequenza perfetta» che, sviluppata su un triangolo equilatero (denominato «tetraktys», ossia «numero triangolare») consentissero all’uomo di «elevarsi verso Dio», secondo rituali liturgici composti proprio seguendo lo schema matematico-geometrico del triangolo perfetto.

 

tetraktysI Pitagorici consideravano il triangolo come radice e principio di tutte le cose, poiché esso è il numero degli elementi che danno origine al creato. Il numero «perfetto» è composto dalla somma dei punti che, a loro volta, vanno sostituiti con numeri, cifre arabe. Il numero dieci e il triangolo pitagorico. Un triangolo con altezza dieci (dieci centimetri per comodità di esposizione, ma potrebbero essere, in scala, anche dieci millimetri o dieci chilometri) con il quale Pitagora dirige l’uomo verso l’alto, verso il cielo, verso la purificazione. Un triangolo equilatero con altezza pari a dieci, ha lato pari a undici. Tre lati, sommati, giungono alla cifra trentatré…L’importanza della tretraktys, per i pitagorici, è così evidente al punto che essi compongono addirittura una preghiera rivolta al sacro triangolo: Benedici noi, o numero divino, tu da cui derivano gli dei e gli uomini. O santa, santa Tetrade, tu che contieni la radice, la sorgente dell’eterno flusso della creazione. Il numero divino si inizia coll’unità pura e profonda, e raggiunge il quattro sacro; poi produce la matrice di tutto, quella che tutto comprende, che tutto collega; il primo nato, quello che giammai devia, che non affatica, il sacro dieci, che ha in sé la chiave di tutte le cose…

Pitagora, in base alle sue teorie gnostiche, è attualmente ritenuto il massimo esponente storico delle eresie, tremendamente avversate, in seguito, dalla Chiesa. Sulla scorta degli insegnamenti pitagorici, una particolare figura di gnostici si trovò, in seguito, a riconsiderare il ruolo e la figura di personaggi malvisti nei testi sacri cattolici: Giuda e Caino. Entrambi, infatti, secondo tali eresie, assunsero il ruolo di esecutori del volere divino: il primo, artefice della teoria gnostica del «superamento» della condizione umana attraverso la liberazione dell’anima contenuta nel corpo mortale (la prima uccisione della storia, quella del fratello Abele, ne rappresenterebbe una perfetta dimostrazione); il secondo, più propriamente incaricato dallo stesso Gesù di acconsentire al volere del Padre: morire in croce per il bene dell’umanità. Fatta questa premessa, torniamo all’esperienza pittorica di Caravaggio.

Caravaggio ha trascorso una vita spericolata. Dopo essersi messo nei guai con la legge per svariati episodi di violenza a danno di propri concittadini fu condannato a morte per l’omicidio di un uomo, a Roma, in Campo Marzio, durante un gioco allora famoso, la pallacorda. Il verdetto del processo per il delitto di Campo Marzio fu severissimo: Caravaggio venne condannato alla decapitazione, che poteva essere eseguita da chiunque lo avesse riconosciuto per la strada. Fu condannato a morte, bandito da Roma e scomunicato.

Prima del suo esilio, un certo Ciriaco Mattei, un nobile tra i più grandi collezionisti di opere d’arte di Roma, commissionò al Caravaggio Il bacio di Giuda. Suo fratello Gerolamo Mattei era cardinale sotto il pontificato di Benedetto XIV. Si dice che Gerolamo suggerì al pittore il soggetto, dando precise indicazioni di come dovesse essere realizzato il dipinto. Viene da chiedersi che tipo di specifiche potesse fornire un cardinale a un pittore, una volta stabilito il soggetto del quadro. Appare chiaro che, di altro non poteva trattarsi, se non delle sue dimensioni.
Caravaggio dipinge il quadro, poi cominciano i suoi guai. Guai seri, guai con la Chiesa. Lo bandiscono, gli attribuiscono un omicidio sulle cui circostanze non è mai stata fatta chiarezza.

Lo costringono a scappare da Roma. Caravaggio doveva scappare di continuo, visto che lo troviamo anche in Sicilia e, infine, nell’occasione della sua morte, a Napoli. Proprio prima di morire accade, però, un altro fatto strano: dei sicari lo aspettano fuori da una locanda napoletana, in via Monteoliveto. Lo aggrediscono ma lui riesce a sfuggirgli restando, tuttavia, tremendamente sfigurato al volto. Proprio come il Caino biblico. E, proprio come lui, condannato a un continuo pellegrinaggio nel mondo. Ma perché la Chiesa intendesse perseguitare Michelangelo Merisi, resta una circostanza particolarmente interessante, se si pensa che, all’epoca, le condanne a morte fioccavano e non pare certo che il delitto imputato al Caravaggio fosse particolarmente risonante nelle antiche contrade romane.

A tal proposito, è interessante notare che, proprio il dipinto intitolato «cattura di Cristo» è stato oggetto di un furto presso il Museo di Arte occidentale e orientale ucraino ove era custodito e che, a distanza di soli sei mesi, l’opera è stata recuperata con una singolare, in punto di efficienza, azione della polizia. Un segreto, forse, nascosto nella tela, è stato oggetto di interesse da parte di coloro che hanno commissionato il furto. Un segreto forse scoperto, o forse no. Ma, probabilmente, non era il quadro in sé a interessare. La somma dei centimetri che esprimono le dimensioni della tela del Caravaggio, centotrentatré virgola cinque per centosessantanove virgola cinque, ossia: uno, tre, tre, cinque e, di nuovo, uno, sei, nove, cinque, fa ottenere il numero trentatré. Gli anni di Gesù Cristo quando è stato crocifisso.

La somma, del resto, dei lati della tretraktys.

Provando a riportare in scala, sul dipinto, lo schema del triangolo pitagorico, ci si accorge che le dimensioni su base «dieci» consentono di inquadrare, in ciascuna campitura cromatica, specifici elementi dell’opera e, in particolare, nel perimetro che culmina con la cifra «uno», una lanterna.

 

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Una lanterna, un lume. La «luce».

La luce caravaggiesca, l’elemento di forza del pittore. La luce pitagorica, ossia l’elevazione verso Dio dell’uomo. La rinuncia al corpo, impuro contenitore dell’anima, a favore dello spirito, momento esaltante dell’esperienza umana. Caravaggio, un uomo con una vita costellata di gioie ma che, da un certo momento in poi, è costretto a scappare per volontà del papa, cioè di Dio in terra, a causa di un assassinio. Egli deve fuggire di città in città, temere il prossimo, chiunque sia… Un uomo marchiato da uno sfregio inflittogli sul volto.

Un uomo condannato da Dio, come Caino, massima figura dell’eresia.

La Chiesa ripone, forse, nell’opera del pittore il segreto non divulgabile. Il segreto che minerebbe alla radice le fondamenta del dogma cattolico. Il segreto tramandato da Caino prima e poi, veicolo di una volontà divina, da Giuda: l’esempio dato sul calvario all’umanità, rimettere la vita, liberare l’anima, rinunciare alla inutile fisicità del corpo. Questo è l’insegnamento, del resto, che forma l’eresia dei Cainiti e dei Valentiniani, le eresie storicamente combattute dai primi santi cattolici, tra cui Ireneo da Lione con la sua famosa opera Adversus Haereses. Se queste conclusioni possono apparire forzate, sarà interessante leggere un articolo apparso sul Corriere della sera del 18 luglio 2010:

«L’ombra di un delitto di Stato nel giallo dei due quadri spariti.»

Insomma, quanto interesse per le opere caravaggesche e quanti crimini commessi per disvelarne (o, forse, mantenerne celati per sempre) i segreti in esse contenute…

copVincenzo Di Pietro

L’autore, già impegnato nella ricerca di fatti storici realmente accaduti capaci di svelare singolari retroscena, ha recentemente pubblicato, per i tipi di Leone Editore, il romanzo Apocalisse, acquistabile online qui: di-pietro-vincenzo/apocalisse in cui i contenuti dell’articolo sono parte di una articolata e affascinante trama complottista.