Una folla di buchi neri

Il Giornale Online

Guardando le immagini del telescopio Spitzer diffuse dalla NASA c'è da restare a bocca aperta. Quella folla di circoletti azzurri sembra una bufala mal riuscita, uno scherzo di carnevale abbondantemente in anticipo. Invece è tutto vero: quei circoletti indicano la tanto sospirata popolazione di buchi neri galattici che da trent'anni gli astronomi cercavano senza sosta e senza successo.

Tutto è cominciato qualche tempo fa con il programma osservativo chiamato Goods (Great Observatories Origins Deep Survey). L'obiettivo del programma era lo studio di un migliaio di galassie irregolari grandi come la nostra Via Lattea indaffarate nel generare stelle e nelle quali si pensava non ci fossero quasar. Distanti tra i 9 e gli 11 miliardi di anni luce, queste galassie appartengono all'adolescenza dell'universo, a un'epoca in cui la sua età era di 3 o 4 miliardi di anni.

Non appena Emanuele Daddi (Commissariat a l'Energie Atomique – Francia) e il suo team hanno provato a osservare più da vicino quel campione di galassie utilizzando il telescopio spaziale Spitzer, però, hanno scoperto che circa 200 di quelle galassie mostravano un'insolità luminosità nell'infrarosso. Grazie ai dati relativi all'emissione X rilevati con l'osservatorio Chandra e a particolari tecniche di elaborazione di quei dati, Daddi ha potuto scoprire che in realtà quelle galassie nascondono al loro interno un quasar. L'idea dei ricercatori è che l'eccesso di radiazione infrarossa dipenda proprio dal quasar centrale e dalla sua efficace azione di riscaldamento delle polveri che lo avviluppano.

“Finalmente – ha commentato Daddi – abbiamo scoperto una buona parte di quei quasar nascosti nell'universo primitivo che da circa trent'anni numerosi studi ci suggerivano, ma che finora non sapevamo proprio dove cercare”.

Stando alle conclusioni dei ricercatori, dunque, mentre quelli individuati finora appartenevano alla cerchia ristretta dei quasar più energetici, la reale popolazione dei quasar nel giovane universo sembra essere di gran lunga più diffusa. Un'indicazione davvero preziosa per chi è alle prese con il problema dell'evoluzione delle galassie più grandi.

di Claudio Elidoro – Fonte: NASA-JPL

Fonte: http://www.coelum.com/index.php?goto=news&nva=2007&nvm=11&id=441

Links – Collegamenti:
http://www.jpl.nasa.gov/news/news.cfm?release=2007-122