Verso l’Infinito e oltre: Trascendere le nostre limitazioni

Nassim Haramein
Infinito e Oltre
Nassim Haramein

Siamo molto lieti di dare il benvenuto allo scienziato Nassim Haramein come nostro “Autore del Mese di Febbraio 2011”.

Nato a Ginevra, in Svizzera, nel 1962, Nassim Haramein dai nove anni di età ha sviluppato le basi di una teoria iperdimensionale unificata di materia ed energia, che ha chiamato infine Holofractographic Universe theory. Nassim ha passato molto tempo della sua vita nella ricerca della geometria fondamentale dell’iperspazio.

Combinando questa conoscenza con una acuta osservazione della natura, ha scoperto una matrice geometrica specifica fondamentale per la creazione. La sua teoria di unificazione, conosciuta come Metrica Haramein-Rauscher (una nuova soluzione alle equazioni di campo di Einstein che incorpora la torsione e l’effetto coriolis) e il suo documento scientifico recente “The Schwarzschild Proton” pongono le basi di quello che può essere un cambiamento fondamentale nella nostra comprensione corrente della fisica e della coscienza.

Nei passati 20 anni, N.Haramein ha diretto gruppi di ricerca di fisici, ingegneri elettrici, matematici e altri scienziati.

Ha fondato un’organizzazione non-profit, la The Resonance Project Foundation, dove è impegnato come Direttore di Ricerca e continua ad esplorare i principi di unificazione e le loro implicazioni.

La fondazione sviluppa attivamente un parco di ricerca alle Hawaii che combina scienza, sostenibilità e tecnologia ecologica. Nassim Haramein si impegna in conferenze e seminari sulla sua teoria da più di 10 anni.

Per ulteriori informazioni e per contattare Nassim Haramein visitate il sito resonance.is. Questo articolo è apparso originalmente su Nexus Magazine

Esplorando la Natura della Realtà

Vi siete mai posti delle domande sulla struttura della realtà? Da dove viene? Com’è arrivata qua? Come si è auto-organizzata per risultare in quello che osserviamo? Queste sono domande fondamentali che molte persone si sono poste ad un certo punto nella vita. Potrebbero averci pensato in molti modi diversi, forse non esattamente come descritto sopra, ma molte persone si sono chieste quale sia la fonte dell’esistenza, del suo inizio e della fine o se sia una dinamica continua.

Fin da giovane età, sentivo che queste domande erano le più meritevoli di indagine e in un certo modo le mie prime avventure nei vari settori dello sport, divennero strumenti utili per analizzare la realtà in cui mi trovavo, la mia interazione con essa e la mia capacità di modificarla o almeno di spingerla all’estremo.

Quindi è all’estremo che l’ho spinta: sia che sciassi, mi arrampicassi o facessi immersioni, la mia tendenza era vedere quanto mi potessi spingere al limite nella struttura della realtà tramite la mia intenzione e la mia capacità di superare i limiti fisici.

Era un test della mente sulla materia e in ogni caso sentivo che si poteva stabilire un campo di risonanza con la struttura della realtà -quello che gli atleti tipicamente chiamano “la zona”- dove, per come meglio posso descriverlo, sentivo un flusso, un tipo di armonia con tutte le varie dinamiche che incontravo in quelle situazioni estreme.

Sia che fossero le forze coinvolte, come quella gravitazionale o le sensazioni del mondo materiale che rimandava informazione al mio corpo che poi rispondeva -come il bordo fine dei miei sci che attraversavano la superficie ghiacciata o le sensazioni dalle mie dita che si conformavano ai cristalli taglienti mentre scalavo una parete di roccia di mille piedi- questi momenti di grande comunione con la natura mi insegnavano che doveva esistere una relazione fondamentale.

Infine sono arrivato a descriverla come retroazione (“feedback”) nella struttura dello spazio-tempo che includeva questo senso di integrazione completa negli ingranaggi della natura di cui facevo esperienza, così come le proprietà auto-organizzanti del mondo materiale che potevo chiaramente osservare ovunque nell’ambiente naturale dove si possono trovare sistemi altamente organizzati e complessi.

C’era altro ancora. Il mio primo interesse nell’esplorazione del lato più mistico della nostra esperienza, mi ha portato ad indagare il mondo interiore della meditazione, un mondo che è in completo rapporto con l’evento della coscienza, che porta ad una profonda e fondamentale scoperta ed esplorazione personale dell’osservatore che sperimenta questa realtà.

Di conseguenza, era un’esplorazione sia esterna, in cui potevo spingere il confine della mia influenza sul mondo esterno (quello che potremmo chiamare mondo materiale), che un’esplorazione della distanza alla quale potevo spingere il confine del mondo interiore per identificare la fonte dell’osservazione. Con mia grande sorpresa, i due sembravano in retroazione uno sull’altro.

Per esempio, in quegli stati della “zona” durante i picchi nell’esperienza sportiva, la natura sembrava parlarmi oltre i siti di ricezione dei miei cinque sensi, ad un senso più profondo, come in unione tra la mia fisicità e la fisicità del mondo attorno a me. In modo simile, negli stati di meditazione profonda e nei momenti di estasi, sembrava aver luogo un profondo senso di unità tra il mondo materiale fuori e dentro di me. La domanda allora era: qual’è la meccanica dell’evidente retroazione tra me, l’osservatore e il mondo materiale ed esiste un mezzo che permette la connessione tra tutte le cose possibili, per produrre l’unificazione?

Per rispondere appropriatamente a queste domande, ho dovuto condurre, da una parte, uno studio approfondito della fisica del nostro mondo e, dall’altra parte, uno studio dei costumi (le usanze e le pratiche rituali) di varie società che avrebbero potuto rivelare una comprensione più profonda della relazione tra l’osservatore e il mondo materiale.

Nella mia mente, erano campi della stessa importanza, benché il compito di studiarli in parallelo, che comprende ambiti come la fisica applicata alla cosmologia e la meccanica quantistica, così come l’archeologia, la psicologia e la spiritualità, sembrasse insormontabile. Pertanto, con grande procrastinazione e riluttanza ho infine abbandonato le mie carriere sportive per dedicare tutto il tempo della mia vita e le mie energie agli studi necessari, per iniziare a rispondere ad alcune di queste domande.

Questo mi ha portato ad un periodo prolungato di isolamento, quando vivevo in un furgone col minimo necessario per sopravvivere, nella vita più semplice possibile per dedicare ogni secondo dei miei giorni (e molte notti), allo studio di questi vari campi. Ancora oggi, considero quei tempi come i tempi più meravigliosi, produttivi e mistici della mia vita.

Ero completamente libero -libero dai telefoni, dagli appuntamenti e dalle interazioni col mondo esterno.

Ero completamente libero di pensare a qualsiasi cosa volessi pensare, di studiare qualsiasi cosa volessi studiare e di muovermi ovunque volessi muovermi, in quanto dovevo solo mettere la chiave nel blocchetto, premere sull’acceleratore e mi spostavo istantaneamente.

La mia casa era ovunque parcheggiassi e sono stato abbastanza fortunato da trovarmi in alcuni degli ambienti naturali più belli del nostro pianeta. Dai prati della British Columbia e ad Alberta, in Canada, fino ai deserti del SudEst d’America e tutto il resto nel mezzo, passavo molti mesi in comunione con il mondo naturale in profonda contemplazione sulla sua fisica e sulla relazione tra questa fisica e le mie osservazioni su essa.

Continuavo una routine di attività fisiche per bilanciare le tipiche 15-18 ore al giorno passate a studiare. Al tempo, la maggior parte delle attività fisiche consistevano nella scalata su roccia, tipicamente iniziavo la mattina all’alba dopo la meditazione o potevo uscire dal furgone al tramonto per prendere aria fresca e fare una rapida scalata per migliorare la circolazione sanguigna. Dato che solitamente ero solo, queste scalate spesso erano senza protezioni, dato che, ancora una volta, ero libero e non dovevo preoccuparmi dei compagni e della loro salute.

All’estremo di queste esperienze, dove ogni errore avrebbe sicuramente portato al risultato di un corpo che cade attraverso lo spazio per poi arrestarsi sul terreno, potevo trovarmi in quella zona dove, per quanto fosse estrema l’esperienza della realtà, mi sentivo completamente a mio agio, avevo un senso di assoluta fiducia, di armonia con tutta la natura e di completo relax -tutto questo dava dipendenza. Ero in amore con la natura e sembrava come se la natura fosse in amore con me.

Ricordo distintamente momenti in cui la mia guancia era incollata alla parete di roccia, esposto ad alcune migliaia di piedi sotto di me e fissavo i piccoli cristalli che brillavano sotto il Sole nascente e pensavo alle molecole e agli atomi e alle particelle subatomiche che componevano quei cristalli.

Dove iniziavano e dove finivano? Dopo tutto, questi cristalli che scalavo, erano parte di un cristallo più grande, un grande geoide che chiamavo la Terra e la Terra era parte di un sistema solare e il sistema solare era parte della galassia e la galassia era parte di un gruppo di galassie, che facilmente era parte di un supercluster e così via. Inoltre, ogni cristallo era composto da milioni e milioni di molecole e ogni molecola era composta da atomi e questi atomi erano composti da particelle subatomiche e così via.

Era appropriato pensare che l’Universo finisse da qualche parte, che fosse l’infinito in larga scala o l’infinito in piccola scala?

Questi momenti mi portavano spesso in stati simili alla trance, dove potevo perdere completamente traccia dei miei spostamenti e potevo andare giù nella tana del coniglio nella struttura molecolare di questi cristalli o espandermi nelle strutture galattiche e universali, immaginando e contemplando.

Questione di Scala

Dallo studio della fisica che conducevo e da varie scoperte che facevo durante le mie esperienze interiori, ho realizzato che se dovessimo davvero cercare una immagine completa delle dinamiche e delle meccaniche che producono il mondo materiale e l’osservatore che le sperimenta, il modello dovrebbe essere basato su una relazione infinita di scale. Ho scoperto in me stesso quella che sembrava una divisione infinita di scale, oltre la riconciliazione col concetto di un Universo bolla da cui tutto è iniziato con un bang, senza una comprensione chiara di ciò che l’avrebbe prodotto o di come il materiale fosse arrivato lì per esplodere, in primo luogo.

Ricordo che ero molto giovane, probabilmente a circa sette anni, quando mi venne spiegato che l’Universo era come un grande pallone in espansione. La mia prima domanda fu: si espande in cosa? Certamente, se l’Universo si stava espandendo, doveva espandersi dentro un altro Universo, più grande di quello in cui siamo. Quindi di nuovo, se anche questo si stava espandendo, certamente doveva espandersi in uno più grande e così via. Non c’era una soluzione semplice all’enigma. L’unica cosa che aveva senso era che l’Universo era infinitamente grande e infinitamente piccolo, che noi vivevamo in un continuum di divisioni e che il nostro mondo era definito dal semplice fatto che noi osservavamo l’Universo da una specifica scala.

Per esempio, se voi faceste esperienza dell’Universo dalla scala di un atomo o persino di una particella subatomica, la vostra esperienza sarebbe molto diversa dall’esperienza che avete dell’Universo come esseri umani. Se io poi dovessi farvi crescere dalla dimensione di un atomo a quella di un umano, voi molto facilmente pensereste di aver cambiato Universo o persino dimensione (questo sarebbe parzialmente vero, in quanto sareste cambiati letteralmente di dimensione).

Questi pensieri mi venivano in vari modi negli anni, ma come potevano essere appropriatamente espressi in fisica? C’era già qualche fisico che aveva scritto nel nostro mondo, indicando un tale principio? Inoltre, questi concetti concordavano con migliaia e migliaia di anni nel pensiero e nella filosofia avanzata, nel misticismo e nella fede religiosa?

Il primo indizio arrivò nella mia adolescenza, quando realizzai inizialmente che per quasi 100 anni era esistito un baratro nella nostra fisica, tra la matematica e i modelli che usiamo per gli oggetti grandi, che predicono un continuum che tende verso la singolarità e gli infiniti (equazioni di campo di Einstein) e il mondo quantistico delle particelle atomiche e subatomiche, che predice funzioni lineari di stati confinati, ben definiti e con comportamenti finiti. Però le cose grandi sono fatte di cose piccole, come può l’Universo usare due diverse fisiche?

Come potrebbe l’Universo essere sia finito che infinito allo stesso tempo? Vero, l’esperienza giornaliera sembra indicare l’esistenza di confini ben definiti. Dopo tutto, le dimensioni del vostro corpo sono definite da quella che sembra essere una scala molto specifica. Lo stesso si applica alla sedia su cui siete seduti o al palo a cui vi appoggiate mentre leggete questo articolo sul bus mentre andate al lavoro. Però un Universo infinito non può avere un modo distinto per identificare un confine e definire tutti gli altri? Tutto questo divenne il soggetto di molti anni di contemplazione e la risposta, cosa interessante, venne da una fonte inaspettata.

Il Principio Organizzante della Natura

Dal mio studio sulle civiltà antiche sembrava apparire un persistente e ricorrente tema e, questo tema, per andare al sodo, sembrava avere a che fare con la geometria e qualche mezzo fondamentale che permea tutto, che è onnipresente, onniscente ed è il principio organizzante della natura. Ho cercato di capire se esistessero simili concetti nella storia della nostra fisica e nella fisica avanzata odierna, quindi ho trovato delle similarità.

Dal punto di vista geometrico, per esempio, era la geometrizzazione di Einstein della struttura dello spazio-tempo. Così come, in matematica, la teoria frattale assomigliava a molti concetti antichi e a simboli e forniva una relazione perfetta tra infiniti e la condizione di confine, dato che una quantità infinita di confini poteva essere incorporata in un limite iniziale (la scala da cui osservate). Per quanto riguardava l’energia onnipresente, mi venne in mente che forse, solo forse, il vuoto intensamente energetico del mondo quantistico potesse rientrare nel disegno.

Forse lo spazio tra tutte le molecole e gli atomi che stavo osservando sulla parete, dentro il cristallo a cui erano fermamente agganciate le mie mani, lo spazio tra il nostro pianeta e il Sole, lo spazio dentro la nostra galassia e lo spazio tra le galassie, era pieno invece che vuoto. Forse lo spazio era permeato da tutta l’informazione di tutte le cose in esso ed era il grande connettore tra tutte queste cose. Dopo tutto, dall’infinitamente grande all’infinitamente piccolo, lo spazio sarebbe sempre presente, dato che persino il raggio estremamente piccolo di un atomo contiene il 99,99999% di spazio. Forse lo spazio definiva la materia, piuttosto che il mondo materiale definisse lo spazio.

Come sarebbe se la materia fosse solo il risultato di una condizione di confine discreto dello stesso spazio, come le interazioni di retroazione che producevano le divisioni di un frattale? Lo spazio faceva esperienza di sè stesso? Noi eravamo un’estensione estrema dello spazio che osservava sè stessa e faceva esperienza della materia? Sembra che Einstein pensasse questo, come in questa citazione: “Gli oggetti fisici non sono nello spazio, ma questi oggetti sono estesi spazialmente. In questo modo il concetto di “spazio vuoto” perde il suo significato”.

Però se lo spazio era il grande medium che connetteva tutte le cose, che raccoglieva informazione da tutti i posti per auto-organizzarsi e creare la complessità che osserviamo nel mondo naturale, allora lo spazio avrebbe dovuto essere infinitamente denso -infinitamente denso di informazione o energia. Questo era possibile e se lo era, ne avevamo evidenza? Stavo sondando sempre più a fondo nella fisica che era stata scritta e negli esperimenti che erano stati eseguiti in circa 300 anni della moderna teoria fisica e trovai qualcosa di significativo.

Densità Energetica del Vuoto

Sembrava che nel mondo quantistico, avessimo incontrato una difficoltà quando i fisici hanno cercato di calcolare la densità energetica di un oscillatore come un atomo. Venne fuori che alcune vibrazioni esistevano ancora, persino quando il sistema veniva portato allo zero assoluto, dove pensereste che tutta l’energia venga a mancare. Infatti, le equazioni mostravano che persino nel vuoto c’era una quantità infinita di possibili fluttuazioni di energia.

Per capirlo meglio, i fisici hanno applicato il principio di “rinormalizzazione”, usando una costante fondamentale per tagliare il numero e ottenere una idea finita di quanto dovesse essere densa l’energia del vuoto, con tutte le sue vibrazioni. Per tagliare il valore è stata usata la distanza o lunghezza di Planck, il cui nome viene dal grande fisico Max Planck, che è considerato il fondatore della teoria quantistica. Si pensa che questo valore sia la vibrazione minima possibile, dell’ordine di 10^-33 cm e con una massa-energia nell’ordine di 10^-5 grammi.

I calcoli eseguiti servivano per conoscere quante vibrazioni del volume di Planck potessero esistere in un centimetro cubo di spazio. La risposta, dato che ogni volume di Planck aveva una massa specifica, era una densità di massa-energia in un centimetro cubo di spazio. Il risultato era enorme! La densità di energia nel vuoto, detta anche densità di Planck, era dell’ordine di 10^93 grammi per centimetro cubo di spazio e venne subito soprannominata “la peggior predizione che la fisica abbia mai fatto” o “la catastrofe del vacuum”.

Per darvi una idea di quanto sia questo valore di densità, se prendeste tutta la materia osservata oggi nell’Universo con miliardi di galassie contenenti miliardi di stelle, che in maggior parte sono più grandi del nostro Sole e la comprimeste in un centimetro cubo di spazio, la densità di questo cubo sarebbe solo di 10^55 grammi. Questa è ancora circa di 38 ordini di magnitudine inferiore alla densità del vuoto. Molti scienziati hanno pensato che questo fosse ridicolo e in generale è finito nell’oscurità. Persino oggi alcuni fisici preparati non sono necessariamente consapevoli di questo valore. Negli anni ho ricevuto molte critiche da certi fisici che non erano consapevoli della sua esistenza o semplicemente l’hanno scartato, come se la più grande quantità di energia mai predetta potesse essere completamente ignorata.

Comunque, le fluttuazioni di energia nel vuoto sono cruciali per la nostra comprensione della fisica delle particelle a questo punto, dato che sono la fonte della creazione di particelle virtuali a livello atomico, cosa essenziale alla nostra corrente comprensione della fisica.

Ancora più importante, nel 1948 il fisico Olandese Hendrik Casimir, ha calcolato ed elaborato una configurazione che avrebbe permesso una validazione sperimentale di questa energia del vuoto. Casimir ha pensato che mettendo abbastanza vicine due piastre, in modo che le lunghezze d’onda maggiori delle oscillazioni del vuoto venissero eliminate dallo spazio tra di esse, ma fossero ancora presenti al loro esterno, allora si poteva generare un piccolo gradiente in cui ci sarebbe stata più pressione all’esterno e meno all’interno.

Questo avrebbe creato una spinta e avvicinato le piastre. Venne calcolata la distanza a cui posizionare le piastre e si scoprì che dovevano trovarsi a pochi micron, ma era un compito impossibile nel 1948 e l’esperimento venne eseguito con successo solo negli anni ’90. Il risultato concordava molto bene con i calcoli di Casimir e mostrava che questa energia della struttura dello spazio stesso era veramente presente.

Quindi almeno l’energia era nel vuoto alla risoluzione quantistica. Poteva essere l’energia che connette tutte le cose, l’energia da cui tutto emerge e in cui tutto ritorna? Bene, se così era, doveva essere presente in tutte le scale.

Doveva esserci evidenza di questa energia anche tra le stelle e le galassie. Avevo studiato anche la cosmologia a quel punto e al tempo non c’era evidenza della presenza di questa energia a livello cosmologico. Nonostante questo, lavoravo in modalità creativa ed elaboravo su molte basi che infine mi hanno portato a formare i vari documenti scientifici che ho scritto.

Dal senso che ottenevo dai miei studi delle civiltà antiche e della fisica avanzata, questa energia del vuoto non poteva essere completamente caotica. Doveva avere una struttura, qualche tipo di geometria e facilmente era polarizzata -ovvero, era coinvolta la rotazione (“spin”). Questi pensieri infine mi hanno portato ad aggiungere una forza fondamentale alle equazioni di campo di Einstein, per poter mostrare che lo spazio-tempo, oltre a curvare per produrre gravitazione, si torceva -come l’acqua che scende nel lavandino- per produrre lo spin di tutta la materia organizzata, dalle galassie alle stelle e alle particelle subatomiche.

Questa torsione dello spazio implicava che lo spazio stesso fosse impregnato dagli effetti giroscopici e di Coriolis, necessari e da includere nella geometrizzazione dello spazio e del tempo di Einstein. Ancora, se questa torsione era realmente presente, allora avremmo potuto rilevarla a livello cosmologico.

Ricorderò sempre il giorno quando arrivò questa conferma. Doveva essere alla fine del 1990, quando mi trovavo al Parco Nazionale Joshua Tree, dove amavo passare parte dell’inverno arrampicandomi e studiando. Tipicamente rimanevo per settimane prima di finire le mie risorse, poi dovevo andare nuovamente a fare spesa. Le mie finanze erano piuttosto ristrette (in media 3000$ all’anno), quindi avrei comprato poco cibo (vivevo principalmente di prana o energia del vuoto), ma quasi ogni volta compravo delle riviste scientifiche per rimanere a contatto con le ultime scoperte.

Così una bella mattina, dopo una di quelle spedizioni nella notte precedente e quindi dopo la mia scalata rituale, mi trovavo seduto sulla scaletta del mio furgone e aprii un numero della rivista Astronomy. Eccola lì: gli astronomi avevano trovato evidenza che l’Universo non solo si espandeva, ma stava anche accelerando.

Questa scoperta produsse molta controversia al tempo e molti teorici pensavano che il miglior approccio per gestire questa anomalia, fosse reinserire una costante inizialmente usata da Einstein. Egli aggiunse questo fattore detto costante cosmologica, nelle sue prime espressioni matematiche, per rendere statico l’Universo (che al tempo si pensava corretto). Venne poi rimosso quando l’astronomo Edwin Hubble scoprì che l’Universo si espandeva, come avrebbero predetto le equazioni di Einstein, senza il fattore. Ora gli astronomi hanno reinserito la costante cosmologica in modo da far accelerare l’Universo mentre si espande.

Il fattore era tornato. Questo venne infine soprannominato “energia oscura” e solo recentemente è stato associato all’energia del vuoto. Per me, comunque, questo era un salto facile e ovvio, dato che già mi aspettavo che la dinamica polarizzata di Coriolis della struttura del vuoto, producesse un tale effetto sull’espansione universale e la rotazione.

L’energia del vuoto allora era in tutte le scale, anche se in varie densità -un gradiente nella struttura dello spazio stesso. Il vuoto si divideva in densità specifiche dall’estremamente grande all’estremamente piccolo?

Se l’energia del vuoto era essenzialmente densa all’infinito e se tutte le scale contenevano il vuoto -dato che persino l’atomo (come abbiamo visto prima) contiene una grande percentuale di vuoto- allora ogni atomo inevitabilmente conteneva abbastanza massa-energia da essere considerato un buco nero. L’Universo doveva essere composto di buchi neri, in tutte le scale -l’Universo in cui siamo, per esempio. Con questo concetto ho infine coniato il termine “black whole”.

Seguendo varie letture a quel tempo e studiando in merito alla massa correntemente accettata del nostro Universo, ho capito che l’Universo nell’intero, obbedisce alla condizione che descrive un buco nero. Più tardi, con l’aiuto della Dr.ssa Elizabeth Rauscher e del Dr.Michael Hyson, ho sviluppato vari grafici di scala che supportavano il concetto di un Universo buco nero frattale.

Dopo 20 anni in cui ho pensato quasi da solo che potremmo vivere in un Universo buco nero e nel mezzo della stesura di tale articolo, appare un rapporto su popular science che descriveva la ricerca di un fisico all’Università dell’Indiana. La prima frase del comunicato dell’università diceva: “Il nostro universo potrebbe trovarsi all’interno di un wormhole che è parte di un buco nero che si trova dentro un universo più grande?” (1a-b)

Però un atomo o il nucleo di un atomo, potrebbe essere considerato un buco nero? Non sapevo e non prima del 2003 ho prodotto i calcoli per fare tale predizione.

Al tempo vivevo nella Grande Isola delle Hawaii e la mia routine giornaliera iniziava all’alba incontrando le creature dell’oceano, solitamente delfini selvatici. La sensazione durante l’uso della vela nell’oceano e dell’idrodinamica della rotazione vorticosa attorno al mio corpo, spesso mi ricordava la nostra “nuotata” giornaliera nella struttura del vuoto e la dinamica di Coriolis, che era parte della mia idea sulla fisica della creazione.

Mi venne in mente che una certa percentuale della massa-energia del vuoto doveva contribuire all’evento energetico che chiamiamo nucleo dell’atomo. Chiamai la Dr.ssa Rauscher subito e discutemmo alcuni semplici calcoli che ci avrebbero detto quanta energia del vuoto fosse necessaria perchè un protone (la particella nel nucleo di un atomo) si trovasse nella condizione di Schwarzschild, la condizione di un buco nero. Serviva pochissima quantità dell’energia del vuoto, ma ecco la cosa notevole, l’energia era equivalente a quella necessaria per produrre la forza tipicamente descritta come forza nucleare forte o forza forte.

La forza forte mi ha sempre preoccupato, perchè, come in molti altri esempi nella fisica moderna (ad esempio la materia e l’energia oscura), la forza è stata semplicemente inventata, presa dall’aria.

Quando si scoprì che i protoni erano altamente carichi ma confinati nel raggio estremamente piccolo del nucleo di un atomo, i fisici continuarono e inventarono una forza che avrebbe superato la repulsione dei campi elettrostatici di queste particelle e la resero esattamente grande quanto necessario. Infine si scoprì che il protone sembrava avere costituenti più piccoli detti quark, che erano confinati in uno spazio ancora più piccolo e quindi doveva essere inventata la forza di colore e resa infinitamente forte. Ora la forza forte originale era divenuta una rimanenza di questa forza di colore.

Dal mio punto di vista, l’infinita forza nucleare forte era il risultato dell’attrazione gravitazionale di mini-buchi neri e fu un’estrema conferma scoprire che, considerando un protone come buco nero, l’energia necessaria per renderlo una tale entità era l’energia tipicamente associata con la forza forte. Inoltre, benchè questi calcoli fossero molto grezzi al tempo, dato che stavamo scarabocchiando su alcuni fogli, sembrava che il protone di Schwarzschild, come arrivai a chiamarlo, predicesse bene alcuni valori misurati dell’entità protone.

Questa era, lo è ancora, un’idea radicale -anche se sempre più fisici arrivano a queste conclusioni ora. Immaginate tutti gli atomi che compongono il vostro corpo fisico e l’intero mondo materiale attorno a voi, fatto di mini-buchi neri della dimensione del protone.

Anche se questi calcoli iniziali erano in qualche modo conclusivi, non prima del 2008 venne pubblicata una prima versione dei calcoli, in uno dei documenti intitolati “Scale Unification: A Universal Scaling Law for Organized Matter”. Una versione più completa intitolata “The Schwarzschild Proton”, venne presentata ad una conferenza scientifica in Belgio nel 2009, dove ha vinto il “Best Paper Award” e sarà pubblicata quest’anno.

Riflessioni su una Rivoluzione in Fisica

Viviamo in un tempo importante. E’ un tempo di grandi cambiamenti, che includono cambiamenti fondamentali nella nostra comprensione della fisica del nostro mondo e delle sue relazioni con la coscienza. E’ in corso una rivoluzione nella fisica che modificherà la nostra comprensione della struttura atomica, dato che molti altri ricercatori ora iniziano a capire che gli atomi possono essere considerati mini-buchi neri (2a-d) e che la struttura del vuoto può giocare un ruolo cruciale nell’esistenza del nostro mondo.

Perchè è emozionante? Perchè se capiamo la fonte di energia che genera il nostro Universo, le sue forze e le meccaniche in cui avviene il processo di creazione, allora possiamo riprodurle con mezzi tecnologici avanzati e trasformare completamente la nostra relazione con la natura. Tali scoperte cambieranno il nostro mondo da una società che crede all’esistenza di risorse e terre limitate -quindi fa guerra per queste- ad una società che scopre una infinita quantità di energia tutta attorno e un intero Universo da esplorare con i mezzi per raggiungere letteralmente le stelle.

Comunque non dobbiamo attendere che questi avanzamenti inizino a trasformare noi e l’ambiente. Ci servono solo alcuni momenti al giorno per connetterci con il potenziale infinito presente al centro del nostro intero mondo materiale, che compone la nostra esistenza e possiamo sperimentare la sua natura infinita e oltre.

Nassim Haramein

Note finali

* 1a. “Our universe at home within a larger universe? So suggests IU theoretical physicist’s wormhole research”, Indiana University press release, 6 April 2010, http://newsinfo. iu.edu/news/page/normal/13995.html
* 1b. Poplawski, Nikodem J., “Radial motion into an Einstein–Rosen bridge”, Physics Letters B 2010 Apr 12; 687(2-3):110-113
* 2a. “Could the Universe Be Made Up of Mini Black Holes? Two Leading Experts Say ‘Yes'”, The Daily Galaxy, 7 April 2010, available at http://tinyurl.com/y2p7lpe
* 2b. Coyne, D.G. and D.C. Cheng, “A Scenario for Strong Gravity in Particle Physics: An alternative mechanism for black holes to appear at accelerator experiments”, at http://arxiv.org/ftp/arxiv/papers/0905/ 0905.1667.pdf
* 2c. Holzhey, C.F.E. and F. Wilczek, “Black Holes as Elementary Particles”, Nuclear Physics B 1992 Aug 10; 380(3):447-77, at http://arxiv.org/abs/hep-th/9202014v1
* 2d. Oldershaw, R.L., “Hadrons As Kerr–Newman Black Holes”, Journal of Cosmology 2010; 6:1361-74, at http://arxiv.org/abs/astro-ph/0701006

grahamhancock.com
Traduzione a cura di Richard
Ringraziamo la Redazione di Nexus Magazine per la gentile concessione.