Le onde cerebrali dirigono l’orchestra dei neuroni?

Le onde cerebrali dirigono l’orchestra dei neuroni?
onde gamma
Crediti: Science Photo Library RF / AGF

Fra i neuroscienziati è in corso una vivace discussione sul presunto ruolo delle onde cerebrali gamma come coordinatrici dell’attività di gruppi di neuroni nell’ordinare, filtrare e organizzare i flussi di informazione necessari ai processi cognitivi. Nelle spiegazioni dei libri di testo su come le informazioni sono codificate nel cervello, i neuroni si attivano con una rapida raffica di segnali elettrici in risposta agli input sensoriali o ad altri stimoli. Il cervello risponde all’accensione di una luce in una stanza buia con brevi raffiche di impulsi nervosi, chiamati picchi. Ogni gruppo di picchi ravvicinati può essere paragonato a un bit digitale, il codice binario off/on usato dai computer.

Ma i neuroscienziati conoscono da tempo altre forme di attività elettrica presenti nel cervello. In particolare, hanno attirato l’attenzione le fluttuazioni ritmiche di tensione all’interno e intorno ai neuroni, oscillazioni che si verificano alla stessa frequenza di 60 cicli al secondo della corrente alternata negli Stati Uniti. Queste onde cerebrali, dette gamma, codificano le informazioni cambiando l’ampiezza, la frequenza o la fase (la posizione relativa di un’onda rispetto a un’altra) di un segnale; inoltre, i ritmici picchi di tensione influenzano la temporizzazione dei picchi.

Negli ultimi anni si è aperto un acceso dibattito sulla possibilità che questi segnali analogici, simili a quelli usati per la trasmissione radio in AM o FM, abbiano un ruolo nell’ordinare, filtrare e organizzare i flussi di informazione necessari ai processi cognitivi. Potrebbero cioè essere essenziali per percepire gli input sensoriali, focalizzando l’attenzione, creando e richiamando ricordi e assemblando vari processi cognitivi in un’unica scena coerente.

Si pensa che le popolazioni di neuroni che oscillano a frequenze gamma possano dare unità all’attività neurale nello stesso modo in cui la sezione dei violini di un’orchestra si combina nel tempo e nel ritmo con la sezione delle percussioni per creare musica sinfonica. Quando le onde gamma oscillano in risonanza, “si ottengono repertori di comportamento molto ricchi”, dice Wolf Singer, neuroscienziato all’Ernst Strüngmann Institut di Francoforte, che studia le onde gamma. Proprio come il cruscotto della vostra auto vibra in sincronia con il motore a una frequenza di risonanza, così anche le popolazioni di neuroni possono separare le coppie di neuroni in risonanza.

Phillip Gander, dell’Università dell’Iowa, ha presentato a un convegno dei risultati che suggeriscono che le onde gamma possono contribuire alla memoria di lavoro, il blocco di appunti mentali del cervello che serve a richiamare immediatamente le informazioni. Lo studio di Gander ha mostrato che quando una persona ricorda un suono, le onde gamma si manifestano nel cervello inattivo durante l’intervallo tra quando viene emesso un suono di prova e quando al soggetto viene chiesto di richiamarlo. Le frequenze gamma che avanzano attraverso la corteccia uditiva e frontale possono aiutare a ricordare temporaneamente un suono o un altro input sensoriale, tenendolo a mente allo stesso modo in cui un diapason che vibra mantiene un’altezza molto tempo dopo che è stato colpito.

Il crescente interesse per le onde gamma non è condiviso da tutti i neuroscienziati, e ha dato origine a polemiche che hanno attirato una gran folla a una sessione del grande convegno annuale della Society for Neuroscience (SfN) tenutosi a San Diego all’inizio di novembre. Il dibattito era incentrato sulla discussione fra chi sostiene che le onde gamma siano fondamentali per le elaborazioni cerebrali e chi ritiene che siano invece solo un sottoprodotto irrilevante, come il ronzio di un amplificatore elettronico.

In effetti, manca un corpus sostanziale di prove del ruolo delle onde gamma nell’elaborazione mentale. I critici sottolineano che in natura le oscillazioni sorgono ovunque si guardi, dai flutti che si infrangono ritmicamente sulla riva fino al suono penetrante del ritorno del microfono in un sistema di altoparlanti. La semplice esistenza di oscillazioni in un circuito elettrico, sostengono, non significa che esse siano parte integrante del funzionamento neurale. “Allo stato attuale queste sono belle teorie senza molti dati sperimentali”, dice Jessica Cardin, neuroscienziata della Yale University’s School of Medicine, una voce scettica nel dibattito SfN, e sottolinea che le prove finora accumulate non si basano su test rigorosi volti alla ricerca di una relazione causa-effetto tra le onde gamma e specifici processi neurali.

Un ambito in cui è emerso un consenso riguarda il ruolo delle onde gamma nei disturbi neurologici e psicologici. “Sono uno psichiatra e uno dei motivi per cui sono interessato a questo problema è che i ritmi gamma sono chiaramente disturbati in una serie di disturbi psichiatrici, come la schizofrenia e l’autismo”, dice Vikaas Sohal, neuroscienziato dei sistemi all’Università della California a San Francisco. Sohal riconosce però che deve ancora essere accertato se le oscillazioni siano una causa di disfunzione cognitiva.

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Alcuni ricercatori hanno già iniziato a mettere alla prova se la modificazione delle onde gamma può essere d’aiuto nella terapia di alcuni disturbi mentali. Studi di Singer e altri hanno dimostrato che le persone possono imparare a controllare la potenza delle loro onde gamma in regioni specifiche della corteccia cerebrale sfruttando il neurofeedback come possibile tecnica terapeutica. La neuroscienziata Elizabeth Buffalo, docente di fisiologia e biofisica all’Università di Washington a Seattle, che ha moderato il dibattito alla riunione SfN, ha osservato: “Ci sono un paio di piccoli studi sul biofeedback in bambini autistici che hanno dato risultati promettenti”.

Inoltre, si stanno iniziando a testare varie forme di stimolazione elettrica ritmica del cervello per alterare le onde gamma (e altre frequenze di oscillazioni neurali) in una vasta gamma di disturbi, tra cui depressione cronica, autismo, schizofrenia e altro. Cardin avverte, tuttavia, che l’approccio terapeutico sperimentale – che ricorre a tecniche come la stimolazione cerebrale profonda e la stimolazione magnetica transcranica – può solo interrompere un circuito cerebrale stimolando o inibendo massicciamente l’attività elettrica, interrompendo così la segnalazione aberrante. In casi estremi, l’elettroshock è efficace nel trattamento della depressione, ma il trattamento potrebbe non correggere le oscillazioni anomale alla base della condizione.

La stessa critica agli strumenti spuntati mina gli sforzi sperimentali per verificare se le oscillazioni siano fondamentali per il funzionamento del cervello o solo “fumi” dal motore cognitivo del cervello. Le tecniche esistenti alterano l’attività cerebrale troppo drasticamente per fornire un test convincente. Inoltre, la manipolazione delle onde cerebrali altera anche i tempi dei picchi, rendendo difficile determinare quale attività – le onde o i picchi – possono essere coinvolti nell’elaborazione neurale normale o aberrante. Ciò di cui c’è bisogno, concordano gli scienziati, è una tecnologia ancora da inventare per manipolare in neuroni specifici e in modo indipendente la fase delle oscillazioni e i tempi dei picchi. Solo allora sarà possibile dire chi è responsabile di un dato processo cognitivo.

R. Douglas Fields / Scientific American

L’originale di questo articolo è stato pubblicato su “Scientific American” il 29 novembre 2018. Traduzione ed editing a cura di Le Scienze. Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati.

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