Osservando il lontano passato dell’Universo, ovvero le sue vaste distanze cosmologiche, troviamo un gruppo particolare di galassie che emettono una grandissima quantità di energia.
Queste sono galassie primordiali, chiamate quasars, blazars, radio galassie e radio-loud quasars, tutti corpi classificati come nuclei galattici attivi.
Questi oggetti mostrano i fenomeni più energetici nell’Universo e i nuclei galattici attivi rappresentano una conferma della predizione di Nassim Haramein, ovvero che i buchi neri sono strutture dello spaziotempo che fungono da semi attorno i quali si formano galassie e stelle. Oggi infatti si comprende che la formazione primordiale di galassie, che produce i nuclei attivi, è in effetti dovuta all’azione dei buchi neri supermassicci, dalla massa equivalente a milioni o miliardi di masse solari.
La super-anatomia di questi buchi neri centrali è interessante quanto la misteriosa luce che producono nelle profondità dello spazio. Nonostante tutte le maggiori galassie abbiano probabilmente un buco nero supermassiccio al centro, essendo la struttura che ne inizia la formazione, si pensa che i nuclei galattici attivi rappresentino una differente fase primordiale di questo processo, in un momento in cui i buchi neri supermassicci avrebbero emesso moltissima energia (e probabilmente anche materia). Inoltre, come conseguenza della raccolta di materiale pre-galattico, moltissima materia avrebbe gravitatonei buchi neri centrali e sarebbe stata emessa dai poli degli stessi.
La materia in entrata forma un disco di accrescimento ultra caldo attorno alla regione equatoriale del buco nero e i jet relativistici (particelle cariche o plasma di elettroni-positroni a velocità relativistiche) viaggiano lungo l’asse di rotazione e possono estendersi per migliaia di anni luce.
“L’allineamento implicato degli assi di rotazione dei buchi neri massicci che formano i Jet radio, suggeriscono la presenza di coerenza nel momento angolare su larga scala” – A.Taylor & P. Jagannathan
Queste strutture estremamente energetiche e massicce vengono identificate osservando le immagini raccolte nella banda delle onde radio dello spettro elettromagnetico. La scala è enorme: si raccoglie la luce da numerose galassie lungo milioni di parsec nello spazio profondo. Anche la strumentazione usata per questo scopo è colossale, pensate al Radio Telescopio di Arecibo che appare nel film Contact per averne una idea.
Uno di questi telescopi è lo Square Kilometer Array, uno degli strumenti di osservazione più grandi mai costruiti, dato che le sue “lenti” hanno un’area di un kilometro quadrato. Questo telescopio, quando completato, sarà importante per determinare i parametri cosmologici fondamentali e sondare le epoche primitive della formazione delle galassie.
In uno studio recente, usando il Giant Meterwave Radio Telescope, gli astronomi del Sud Africa hanno fatto una scoperta sorprendente analizzando l’allineamento dell’asse di rotazione di 64 galassie.
L’orientamento dell’asse di rotazione dei nuclei galattici attivi è direttamente osservabile, grazie ai jet di plasma che nascono dai loro poli rilasciando forti emissioni elettromagnetiche nella gamma di frequenze radio. Come riportato dal sito Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, il team di astrofisici ha analizzato l’orientamento della posizione dei jets e hanno scoperto che un ampio numero di questi buchi neri supermassicci ha un asse di rotazione allineato.
L’analisi statistica rivela una probabilità dello 0,1% che tale allineamento sia casuale e questo indica fortemente l’azione di una forza invisibile che produce tale coerenza tra oggetti in scala cosmologica. Inoltre, questo può implicare che le condizioni delle epoche primordiali della formazione di galassie, devino dalla completa isotropia, ovvero l’uniformità della distribuzione della materia. Si presume da lungo tempo che l’Universo sia omogeneo e isotropico (uguale in tutti i punti) e che non abbia un asse di orientamento identificabile.
Questo è detto principio cosmologico, ma una delle più grandi menti del 20° secolo, Kurt Gödel, ha fornito una esatta soluzione delle equazioni di campo di Einstein che descrive un Universo ruotante. Commentando questo lavoro, Stephen Hawking ha affermato:
“Questi modelli potrebbero essere una descrizione ragionevole dell’Universo che osserviamo, tuttavia i dati osservativi sono compatibili solo con una frequenza molto piccola di rotazione. La qualità di tali osservazioni è migliorata continuamente fino alla morte di Gödel e lui chiederebbe comunque “l’Universo sta ancora ruotando?” ottenendo la risposta “no, non sta ruotando”.
In tempi più recenti, diverse scoperte hanno suggerito che l’Universo non sia interamente omogeneo e isotropico. Tali esempi vengono dal cosiddetto asse del diavolo identificato durante una analisi della radiazione cosmica di fondo, dal flusso oscuro, dal rapporto di Shamir sullo Sloan Digital Sky Survey dove mostra una presenza più comune di galassie sinistrorse, così come dalle mappe di struttura come il BOSS Great Wall e Laniakea.
Mentre la forte correlazione dell’allineamento della rotazione di numerosi buchi neri supermassicci a distanze cosmologiche possa sembrare misteriosa, dato che secondo gli assunti standard non dovrebbe praticamente esserci interazione, Haramein da tempo descrive le dinamiche e le proprietà dello spaziotempo che produrrebbero tale correlazione e connessione tra gli oggetti osservati nel recente studio.
Haramein spiega le proprietà strutturali e geometriche dello spazio e della materia, dalle dimensioni più piccole alle più grandi e considerando la struttura in larga scala, l’Universo stesso, possiamo comprendere come e perchè questi vasti gruppi di galassie siano allineati. Come abbiamo visto con l'”asse del diavolo”, il “flusso oscuro”, il great wall e i grandi vuoti, l’Universo non è isotropico, ma ha un orientamento definito.
Haramein identifica questa struttura in larga scala come una geometria formata da due moti toroidali e in opposta rotazione. La ragione dei fenomeni suddetti e l’apparente espansione accelerata viene quindi spiegata dalla rotazione dell’intero Universo, che ha causa una forte correlazione su questi oggetti celesti, influenzati dalle forze di Coriolis della struttura ruotante.
Le dinamiche di rotazione producono in modo naturale una forte coerenza. Attraverso questa profonda teoria, vediamo che la rotazione non è risultato dell’accumulo di materia nell’Universo primordiale, ma è la rotazione stessa e la curvatura dello spaziotempo che causa l’aggregazione gravitazionale di materia nelle strutture osservate. Dato che la rotazione “venne per prima”, ci aspetteremmo di conseguenza una forte correlazione degli assi di rotazione dei nuclei galattici attivi primordiali.
Nel documento The Origin of Spin: A Consideration of Torque and Coriolis Forces in Einstein’s Field Equations and Grand Unification Theory, Haramein ed Elizabeth Rauscher valutano l’inclusione di torsione ed effetti della forza di Coriolis nelle equazioni di campo di Einstein (geometria dello spazio, gravità). Il risultato principale di tale considerazione è che la rotazione è una caratteristica intrinseca dello spaziotempo stesso e questo spiega la formazione di galassie, i jet di plasma, i dischi di accrescimento, le braccia a spirale e gli aloni galattici, senza necessità di forme esotiche di materia oscura.
Questo modello diviene uno strumento per la Teoria della Grande Unificazione, dato che torsione e forza di Coriolis nello spaziotempo producono le interazioni delle particelle osservate in scala atomica e adronica. Potremmo anche pensare a forze aggiuntive che preservano l’allineamento nel tempo?
Per esempio, è possibile che le interazioni dei campi magnetici galattici, osservate in scala cosmologica, possano stabilizzare il forte allineamento dei jets dei buchi neri supermassicci e mantenere l’anisotropia per lunghi periodi. Strumenti come lo SKRT permetteranno lo studio e l’analisi delle interazioni dei campi magnetici galattici.
Esiste una ulteriore interazione molto importante che può essere coinvolta nella correlazione degli assi di rotazione dei buchi neri supermassicci. Conosciuti come Ponti di Einstein Rosen (ER bridges), li conosciamo come wormholes.
Haramein ha descritto da tempo come i buchi neri galattici siano connessi da una rete di wormholes. Notiamo che di recente la ricerca di una Fisica Unificata ha messo in relazione i wormholes con l’entanglement quantistico, relazione espressa come ER=EPR, i ponti di Einstein e Rosen producono Correlazioni di Einstein Rosen. Questo significa che lo spaziotempo connette i buchi neri supermassicci, ma anche quelli in miniatura (detti particelle elementari). Quanto osserviamo in questo recente studio può essere veramente entanglement quantistico in scala cosmologica, risultante dalla fluidodinamica dello spaziotempo, che genera l’Universo connesso.
William Brown
resonance.is