Fisica quantistica, telepatia e altri fenomeni paranormali

telepatiaIn questi ultimi anni si pubblicano sempre più articoli sui possibili rapporti tra fisica quantistica e paranormalità; e a ragione, perché qualcosa di vero sembra effettivamente esserci; particelle elementari (composte anche di informazioni) e coscienze (composte di informazioni: memoria, conoscenza, ecc.) sembrano talvolta obbedire alle stesse leggi quantistiche, ossia agli stessi effetti quantistici.

Prendiamo per esempio l’effetto Einstein-Podolsky-Rosen, in breve EPR, e la telepatia (da Bruno Severi, I miracoli della fisica quantistica, in “Scienza e Cultura nel mondo”, n. 1, p. 67 ):

La nostra capacità di comprensione, così come la nostra immaginazione, ci rappresenta le particelle subatomiche come sferette materiali infinitamente piccole che interagiscono l’una con l’altra attraverso le forze che si ritiene siano vuote. Ma come era d’aspettarsi, le cose non sono così semplici. Queste particelle hanno dimostrato di possedere alcune caratteristiche davvero inquietanti, prima fra tutte il fatto di manifestare una qualche sorta di connessione reciproca anche se separate da distanze infinitamente grandi (i fisici definiscono questa proprietà “non località”).

Ad esempio, due particelle provenienti da una stessa sorgente e che si allontanano, rimangono unite da un misterioso legame che le accomuna al di là di ogni barriera spazio-temporale che si interponga tra esse. Se agiamo in qualche modo su una delle due, anche l’altra ne risentirà istantaneamente nonostante le notevoli distanze che la separano. Recenti esperimenti estremamente sofisticati hanno confermato la veridicità di questo fenomeno. Questa sorta di azione a distanza ha sconvolto le menti dei fisici ed in primo luogo quella di Albert Einstein. Che cosa sia questa misteriosa connessione che tiene legate le due particelle non ci è ancora dato di sapere. Einstein definiva questo fenomeno, per lui impossibile, “azione fantasma a distanza”.

Alcuni fisici di spicco ritengono che alla base di questo bizzarro comportamento ci sia il fatto che due particelle, che si siano incontrate ad un certo momento della loro esistenza o che abbiano avuto origine dallo stesso processo fisico, non possano avere due destini assolutamente distinti. Formerebbero, in definitiva, un unico sistema che le tiene unite e le comprende anche se le due particelle si vanno a collocare su due galassie diverse. Il misterioso legame che le unisce rappresenterebbe una sorta di connessione telepatica che, per l’istantaneità con la quale si verifica, abbatterebbe la famosa barriera della velocità della luce sostenuta dalla teoria della relatività di Einstein.

In parapsicologia è noto il fenomeno della telepatia tra amici, innamorati, familiari. Tra questi ultimi ha particolare importanza il caso dei gemelli monozigoti, legatissimi dal punto di vista affettivo, e i casi di telepatia tra loro non si contano. Essi si comportano come le particelle con stessa origine: queste hanno, per la loro esistenza, il legame dell’effetto EPR, mentre i gemelli hanno un forte legame telepatico: l’effetto EPR psichico.
Gli altri familiari, amici e innamorati si comportano invece come le particelle che, pur non avendo avuto la stessa origine, hanno avuto un qualche contatto; una conoscenza reciproca, che poi viene trasformata in amicizia o amore, un legame affettivo, che è alla base di parecchi casi di telepatia; l’amore, giustamente, è stato definito una forma di telepatia dilatata. In questi casi, (amici e parenti), la telepatia è un po’ meno diffusa e meno eclatante che negli altri, quello dei gemelli omozigoti, (comunque legame psiche-psiche).

Qualcosa di simile sembra avvenire anche con il contatto tra persone e cose (legame psiche-materia), il che sarebbe alla base della psicometria (che si ha quando un sensitivo, detto psicometra, toccando un oggetto o sostando in un locale, ne percepisce la storia e anche quella dei loro proprietari passati) e della magia: così ne scrive Ugo Dettore nella sua enciclopedia L’altro Regno (Bompiani, Milano, 1973, p. 294):

Uno dei maggiori studiosi della magia, J.G. Frazer, ne mise in rilievo i due postulati fondamentali: 1) il simile agisce sul simile; 2) il contiguo agisce sul contiguo. Per questo il cacciatore primitivo si riveste delle pelli dell’animale che vuole cacciare, e per questo tutti i popoli primitivi sono convinti che il possedere un qualsiasi frammento di una persona (capelli, ritagli di unghie, saliva, escrementi, ecc.), permetta, agendo su di esso, di operare in egual tempo sul suo possessore in bene o in male. I due postulati si possono poi ridurre a uno solo: l’analogia. In senso lato la magia può essere definita una forma di analogica di conoscenza e di azione, fondata cioè sull’associazione di idee.

Quindi: particelle a contatto, effetto EPR; coscienze a contatto: ESP; cose a contatto: magia.
Ma anche i fenomeni di smaterializzazione e apporto sarebbero per certi aspetti riconducibili ad un altro fenomeno quantistico, l’effetto tunnel. L’effetto EPR è descritto anche, con una possibile conseguenza olistica, nella relazione di Maria Luisa Felici, Nuove frontiere della scienza e della parapsicologia (1), al I Convegno Romano di Parapsicologia promosso da La DueBi nuove frontiere (che pubblica la rivista “Scienza e Cultura nel mondo” e che spesso ospita articoli sull’argomento).
Un accenno all’effetto tunnel è riportato dal libro Spirito e Materia, Hobby and Work Ed., a cura dei redattori delle Edizioni Time-Life, p. 85 (§ La teoria dei quanti):

Alcuni parapsicologi hanno preso in considerazione i complessi principi della meccanica quantistica nella speranza di spiegare come la mente possa influenzare la materia. Nel micromondo delle particelle, sub-atomiche, gli eventi sono spesso imprevedibili e anche non meno bizzarri, per esempio, di una tazza che passi intatta attraverso uno schermo solido. Alcuni ricercatori psi, in particolare il fisico Helmut Schmidt, affermano di aver dimostrato che osservatori dotati di poteri paranormali possono influenzare gli eventi a livello di quanti. E alcuni parapsicologi sostengono che se questo potere esiste, potrebbe esercitare un impatto anche nel macromondo [effetto tunnel macroscopico? ndA]. Immaginate una tazza che attraversi una barriera. Secondo le leggi della scienza comune, un evento del genere è impossibile. Come può un oggetto passare attraverso un altro? Eppure certi individui dotati di poteri paranormali affermano di essere capaci di far sparire un oggetto da un luogo e di farlo riapparire altrove, sia spostandolo da una stanza all’altra che dall’interno all’esterno di un contenitore. In realtà, le microparticelle in un certo senso si comportano in modo simile, superando barriere [quando queste sono con energia superiore alla propria, si ha l’effetto tunnel, ndA] e ricomparendo dove secondo la fisica classica non potrebbero essere. Anche una tazza è composta da innumerevoli microparticelle. Se queste minuscole unità possono superare la barriera – si interrogano alcuni ricercatori psi – per quale ragione non sarebbe possibile, in certe condizioni, che la tazza intera possa attraversare un muro? Per quanto questa analogia possa essere suggestiva, la maggior parte degli scienziati sostiene tuttavia che in genere le leggi del micromondo non sono applicabili al macromondo.

Un altro presunto effetto tunnel paranormale si avrebbe nelle NDE (e qualche volta anche nelle OOBE), o esperienze iniziali di morte, dove il soggetto percepisce chiaramente di attraversare rapidamente un tunnel, per ritrovarsi in un’altra dimensione non fisica ma molto luminosa (nelle OOBE, invece, si ritroverebbe in un posto fisico, di questo mondo, anche molto lontano). Giuliana Conforto, nel suo libro Il Gioco Cosmico dell’uomo-LUH (Ed. Noesis) dice chiaramente che potrebbe trattarsi di un “effetto quantico”. Secondo noi, però, potrebbe trattarsi di effetto tunnel misto a teletrasporto paranormale della sola coscienza, a differenza del teletrasporto paranormale di materia (piccoli oggetti) come nel poltergeist e negli apporti medianici. Infine, le esperienze di coscienza cosmica (CC), cioè della dilatazione della coscienza a livello cosmico (v. di A.E. van Vogt, Mente suprema, Editrice Nord, Milano, 1978), con percezione, tra l’altro, di luce e conoscenza diretta, sembrano collegate ad un modello olografico della realtà, anch’esso collegato, a sua volta, a concezioni quantistiche (non località, ologrammi, connessioni tra tutti e il Tutto, ecc.). Anche altri fisici, per esempio, Fabrizio Coppola nel suo libro Ipotesi sulla realtà (Lolli Ed., 1993) sostengono che, con la nuova fisica del Campo Unificato – CU – i fenomeni paranormali sarebbero possibili; p. 420:

Ciò [paranormalità, capacità paranormali tipo le “siddhi” degli yogi, ndA] naturalmente sembra del tutto impossibile e assurdo nella vecchia concezione cartesiana, che purtroppo domina ancora la nostra cultura e la nostra mentalità (per cui i suoi preconcetti ci rendono difficile accettare la presente esposizione); comunque è del tutto possibile nella nuova concezione, e potrebbe spiegare anche l’esistenza dei fenomeni paranormali.

Concetti analoghi esprime Lyal Watson, nel suo libro Oltre Supernatura (Ediz. Mediterranee), accennando infine alla telepatia e al contatto saman (le esperienze di coscienza cosmica) basata sull’effetto quantistico EPR accennato all’inizio, e qui brevemente riassunto, p. 223:

[…] Niente di tutto ciò emerse nella fisica tradizionale. Cause chiaramente riconoscibili davano luogo a fenomeni misurabili e questo è quanto. Tutto il resto era impossibile. Nella nuova fisica nulla è impossibile. Alcune cose sono meno probabili di altre, ma tutto può accadere. La mente e la materia coesistono, lo stato dei sistemi dipende da quelli che li osservano e non ha più senso separare un mondo fisico da quello psichico. Il fascino di questa comprensione per la parapsicologia è ovvio. Il fatto che la presenza di un osservatore umano sembra provocare “il collasso della funzione di un’onda” di un sistema in una delle varie possibilità (per esempio un gatto vivo o morto [2]) implica l’esistenza di una interazione psicofisica. Si stanno ora facendo sforzi particolari per identificare questo meccanismo perché spiegherebbe tutto, dal poltergeist ai cucchiai piegati. Un’altra conseguenza della teoria quantistica è che comprende come due sistemi, che siano stati in contatto, siano poi inestricabilmente collegati nel loro futuro.

I due vanno trattati come in uno. Se uno viene osservato successivamente, creando così dei mutamenti di stato, avverrà un equivalente cambiamento nell’altro sistema, indipendentemente dalla loro distanza. E questo cambiamento avverrà all’istante, in contraddizione con l’antico principio che nessun segnale può viaggiare più veloce della luce. Se questo potrà essere dimostrato, fornirà un meccanismo per i fenomeni della telepatia e del contatto saman (collegamenti tra effetto EPR, ologramma e CC, 3; telepatia e gemelli, 4). Esistono pochi fisici che dubitano delle conclusioni della teoria quantistica. Si sono già dimostrate troppo utili per essere sbagliate. Ma alcuni sono ancora a disagio per la loro inclusione di osservatori coscienti, e molti sono turbati della velocità con cui idee come i buchi neri, le curve temporali e le non-locazioni siano diventati il fulcro di entusiasmi da culto e adulazione mistica. Pochi hanno espresso la speranza che le presenti conclusioni siano temporanee e che la confusione passi con il ritrovamento di una soluzione neoclassica e più obbiettiva. Non andrà a finire così. I vecchi modi di guardare il mondo sono stati sostituiti da una cosmologia, e una fisica completamente nuove e più fondamentali.

Questa nuova visione ha implicazioni a lungo raggio per la filosofia e potrebbe essere in grado di risolvere alcuni problemi offerti dall’esperienza anomala, ma ogni tentativo fatto ora di spiegare il paranormale è troppo prematuro. Vi saranno sicuramente dei miglioramenti di comprensione, ma se è rilevante l’esperienza degli ultimi anni, saranno ancor più matematici e disgiunti dal linguaggio quotidiano. Il meglio che la parafisica possa offrire al paranormale, al momento, è il commento di Sir Arthur Eddington: “Qualcosa di sconosciuto sta facendo quello che non sappiamo”. Per lo meno, è positivo sapere che c’è qualcosa.

Con questa breve panoramica di autorevoli citazioni, abbiamo voluto sottolineare la possibilissima compatibilità tra la paranormalità e la fisica quantistica, compatibilità che invece non esisteva affatto con la fisica classica; mentre questa si era limitata allo studio della sola materia, dello spazio e del tempo del macrocosmo visibile, la fisica quantistica si occupa invece anche del microcosmo fisico (il suo regno) e della coscienza (causa o concausa dei fenomeni paranormali, legati, come abbiamo visto, ad effetti quantistici come l’EPR, l’effetto tunnel, l’olografico, il teletrasporto quantistico basato sull’effetto EPR). E, in queste grandi differenze tra le due fisiche, la classica e la moderna, c’è abbastanza posto per la coscienza, e per tutti i suoi fenomeni, normali e mediati dal cervello, e paranormali indipendenti in tutto e in parte dal cervello; e anche quelli mistici e miracolistici, due forme eccezionali di fenomeni paranormali, oltre quelli comuni (ESP, PK, OOBE, NDE). A proposito di miracoli, è sempre valido ciò che ha detto sant’Agostino:

I miracoli accadono non in opposizione alla natura, ma in opposizione a ciò che conosciamo della natura.

equazioneE cioè a quel poco che noi finora sappiamo della natura. Più cose sapremo, meno “miracoli” osserveremo, fino all’estremo limite ==> conoscenza totale=miracoli zero. Ma chissà come e quando raggiungeremo quel limite, poco distinguibile dall’“Onniscienza” divina. In passato, più cose abbiamo saputo della natura, cioè più conoscenza abbiamo creato, più fenomeni prima strani e incomprensibili vi hanno trovato posto. A cominciare dai fulmini (e qui sarebbe interessante precisare che i fulmini vanno dal basso in alto, e non viceversa) – da espressioni dell’ira di Giove, a gigantesche scintille elettriche naturali e perfino riproducibili in laboratorio – per finire (o quasi) oggi, con i fenomeni paranormali: “impossibili” ieri secondo la fisica classica materialistica, possibili oggi con la fisica quantistica aperta alla coscienza e a tutti i suoi fenomeni; comprese l’esperienza mistica (effetto EPR ologramma), e la sopravvivenza dopo la morte (suo possibile teletrasporto quantistico per effetto tunnel in altra dimensione, coinvolgendo i gravitoni come veicolo, essendo queste le sole particelle in grado di attraversare microscopici buchi neri-wormholes, l’iperspazio che separa le due dimensioni, questo e “l’altro mondo”). Le NDE non sarebbero altro che alcuni di questi passaggi non riusciti, e che danno la possibilità agli studiosi di osservare le modalità della morte, dal punto di vista parapsicologico, ma anche psicologico, filosofico, clinico, ecc. E la fisica quantistica, potrebbe dare il suo contributo in tal senso (l’effetto tunnel eventualmente coinvolto, e anche il principio olografico nelle NDE più emblematiche, frammiste ad esperienze mistiche o di coscienza cosmica). Fisica quantistica e paranormalità: un binomio inscindibile, nei futuri studi in entrambi i campi, che sconfinano spesso l’uno nell’altro. Questo è il risultato della presente panoramica sui legami finora intravisti tra l’una e l’altra, e che si desidererebbe suggerire ai parapsicologi con qualche buona conoscenza di fisica quantistica, e, viceversa, ai fisici moderni con qualche buona conoscenza dei fenomeni paranormali.
Sarebbe un’ideale e proficua collaborazione.

Riepilogo grafico generale della relazione tra Fisica quantistica e PP

Note

(1) Citazione dalla relazione di Maria Luisa Felici, Nuove frontiere della scienza e della parapsicologia, con accenno ad una interazione olistica tra Tutte le particelle: “Le particelle subatomiche hanno inoltre dimostrato di possedere alcune caratteristiche veramente particolari. Recenti esperimenti estremamente sofisticati [il teletrasporto quantistico, ndA], hanno confermato l’esistenza di una sorta di connessione reciproca anche se si trovano a distanze infinitamente grandi. Ad esempio, due particelle provenienti da una stessa sorgente e che si allontanano, rimangono unite da un misterioso legame che agisce al di là di ogni barriera spazio-temporale. Se si interviene in qualche modo su una delle due, anche l’altra ne risentirà istantaneamente nonostante le notevoli distanze che la separano.

Come si può immaginare, questa sorte di azione a distanza ha sconvolto le menti dei fisici e in particolare, quella di Albert Einstein, che denominava questa caratteristica ‘azione fantasma a distanza’. Per alcuni scienziati, particelle che si siano incontrate ad un certo momento della loro esistenza o che abbiano avuto origine dallo stesso processo fisico, non possono avere due destini assolutamente distinti, esse formerebbero in definitiva, un unico sistema che le tiene unite e le comprende anche se le due particelle si vanno a porre su due galassie diverse nell’universo. Il misterioso legame che le unisce rappresenterebbe una sorta di connessione ‘telepatica’ che, per l’istantaneità con la quale si verifica, abbatterebbe la famosa barriera della velocità della luce sostenuta dalla teoria della relatività di Albert Einstein.

Da ciò ne scaturisce una enorme conseguenza, perché se così fosse, il futuro potrebbe influenzare il passato ed il principio di causa ed effetto sarebbe completamente ribaltato. Ecco una interessante estensione di quanto appena detto: se la teoria del Big Bang fosse scientificamente valida, si sarebbe verificata miliardi di anni fa una grande esplosione nel cosmo, che avrebbe diffuso radialmente questo concentrato di materia il quale ancora oggi si sta propagando verso i confini più remoti dell’universo. Se pensiamo che tutta la materia, e così pure le particelle atomiche e subatomiche, hanno tutte avuto origine da un unico corpo nel momento del Big Bang, ne conseguirebbe che, sin da allora, ogni particella dell’universo potrebbe avere acquisito questi rapporti non locali, questa sorta di destino e di comportamenti in un certo modo condivisi che abbiamo descritto sopra.

In definitiva, nulla potrebbe essere completamente isolato e sottili e misteriosi rapporti unirebbero tutto il creato al di là di ogni separazione, sia nello spazio che nel tempo. […] Anche un altro notissimo fisico teorico, O. Costa de Beauregard, sempre su ‘Foundations of Physics’, dopo aver valutato in modo positivo gli esperimenti sia di Jahn e di Brenda Dunne, sia di Schmidt, scrive che i fenomeni paranormali, anziché essere irrazionali, sono addirittura postulati dal formalismo della fisica. E questa opinione è condivisa anche dal premio nobel Brian Josephson per cui la fenomenologia paranormale entra di pieno diritto nei meccanismi della meccanica quantistica […]”.Su

(2) II gatto di Schrödinger: “Vediamo allora la critica di Schrödinger alla non-oggettività del mondo secondo Copenaghen. Supponiamo di mettere un gatto in un’astronave e di mandare questa in orbita intorno alla Terra: sull’astronave non vi sono né telecamere né radio trasmittenti, cosicché non conosciamo lo stato del gatto. Supponiamo però di poter azionare da Terra un congegno regolato da un fenomeno quantistico, che può uccidere il gatto con una probabilità del 50% (per esempio, possiamo avere una sorgente radioattiva – le cui emissioni sono prevedibili solo statisticamente –, in cui la probabilità che in un minuto venga emessa una particella sia pari al 50%: e possiamo avere un rivelatore di particelle radioattive collegato ad un congegno che liberi gas velenoso nell’astronave quando viene rivelata una particella: attivando il rivelatore per la durata di un minuto, la probabilità che il gatto muoia è quindi del 50%). Se eseguiamo questo crudele esperimento, non possiamo sapere se il gatto viene effettivamente ucciso, ma dovremo attribuire al gatto lo stato fisico (ovviamente non oggettivo, secondo Copenaghen) dato dalla sovrapposizione di due autostati, «gatto vivo» e «gatto morto», ciascuno con probabilità del 50%. Insomma, il gatto si trova nello stato fisico «50% vivo + 50% morto».

Ciò sembra molto strano, ma a livello quantistico le cose avvengono proprio così: gli stati sono dati da sovrapposizioni di autostati. Ma non è certo questo che Schrödinger intende criticare; egli ha proposto questo paragone con una situazione macroscopica (in cui lo stato di sovrapposizione sembra bizzarra) non per confutare la necessità delle sovrapposizioni di autostati in meccanica quantistica – questo sarebbe improponibile –, ma per criticare un aspetto ben preciso di Copenaghen: la presunta dipendenza della realtà quantistica dall’osservazione del fisico. Schrödinger intende sottolineare che il gatto è realmente vivo o realmente morto, anche se noi non sappiamo ancora che cosa gli è successo, mentre Copenaghen sostiene in realtà che il gatto non è realmente vivo ne realmente morto finché qualcuno non lo osserva effettivamente, cioè finché un’altra astronave, con dei fisici a bordo, non va a raggiungere il gatto ed a verificarne lo stato! Schrödinger ha portato questo esempio «macroscopico» del gatto per sottolineare un aspetto contraddittorio di Copenaghen che altrimenti non si sarebbe notato facilmente sui microstati quantistici: infatti è facile assumere che un elettrone non sia in uno stato definito, ma non è altrettanto facile assumendo che ciò valga per la vita di un gatto!

E l’esempio del gatto ci porta a riconsiderare se ha senso assumere che anche l’elettrone non sia in uno stato oggettivo. Sappiamo che esso è in uno stato che è dato da una sovrapposizione di autostati (e questo è appurato ed universalmente riconosciuto); ma che tale stato non sia oggettivo è inaccettabile. Non è finita. Schrödinger continua a deridere Copenaghen immaginando che dei fisici si rechino appunto a verificare lo stato del gatto e che lo trovino vivo (in quel mezzo minuto cioè la sorgente radioattiva oggettivamente non avrebbe emesso nessuna particella, graziando così il gatto); immagina poi che la radio di bordo dell’astronave dei fisici nel frattempo si sia guastata: in tal caso, il gatto è vivo secondo i fisici sull’astronave, ma non lo è ancora per i fisici rimasti sulla Terra (in quanto essi non hanno ancora ricevuto alcuna notizia in merito): esistono così due realtà! Per inciso, nella concezione ondulatoria il concetto di sovrapposizione non sarebbe per nulla stravagante: la sovrapposizione di due onde è un’onda più complessa, ma per nulla strana o bizzarra (come ben sa chi conosce l’analisi di Fourier delle funzioni).

Il centauro […] è semplicemente un’onda complessa data dall’onda uomo più l’onda cavallo. L’unico aspetto strano è che macroscopicamente sono osservabili soltanto l’onda uomo o l’onda cavallo, e non l’onda centauro risultante (che all’atto di osservazione si deve trasformare in una di queste due); essa però – sostiene Schrödinger – a livello quantistico è quella che esiste realmente. In seguito alla critica di Schrödinger, l’interpretazione di Copenaghen fu modificata […], ma alcuni fisici (come Eugene Wigner o John Wheeler) continuarono a sostenere la validità dell’interpretazione «originaria» di Copenaghen, ritenendo che la coscienza umana risulti indispensabile nel processo di misura e per stabilire le caratteristiche fisiche dei sistema osservato (Wheeler propose di sostituire il termine ‘osservatore’ col termine ‘partecipatore’). Ribadiamo che, sebbene anche secondo Schrödinger la coscienza giochi un ruolo fondamentale nella realtà, egli suppone che ciò sia stato appurato a priori da considerazioni filosofiche. Gli stati fisici della realtà restano però reali, ed è in questo senso che essi sono oggettivi.

Restano quindi valide tutte le considerazioni […] a riguardo dell’importanza della coscienza – come ad esempio il fatto che un universo privo di coscienza non ha senso –. La questione è sottile, e forse non è banale riconoscere che l’atteggiamento di Schrödinger (che filosoficamente critica l’oggettivazione, ma fisicamente vuole stati oggettivi) sia coerente […]. Abbiamo già evidenziato il fatto che tale atteggiamento sembra contraddittorio a causa della similitudine dei termini «oggettivazione» ed «oggettività», che però vanno intesi rispettivamente come «divisione artificiale tra soggetto ed oggetto» e come «realtà effettiva», avendo trasceso, in questo secondo caso, la distinzione tra soggetto ed oggetto. In questo senso non diremo più che Schrödinger propone un mondo «non oggettivato» e però «oggettivo», ma diremo che egli propone un mondo unico – in cui soggetto ed oggetto non sono divisi – ed in cui tutto è reale. […].

Come abbiamo detto, l’interpretazione di Copenaghen fu modificata in seguito alla critica di Schrödinger. Il ruolo dell’osservatore cosciente fu sostituito dall’irreversibilità dei processi termodinamici che avvengono nell’osservazione: un evento quindi non avviene più quando un fisico lo osserva (come nell’interpretazione «originaria»), ma avviene quando dà luogo ad un processo irreversibile, che resta come «informazione» nel mondo macroscopico. Una particella colpisce oggettivamente un rivelatore non quando c’è un fisico che se ne accorge, ma quando essa provoca nel rivelatore o negli strumenti ad esso collegato una traccia o un segno non più cancellabile, ovvero un processo irreversibile (che rappresenta l’acquisizione di un’informazione). Nel caso del gatto, se questo fosse morto, sarebbe morto non quando i fisici lo avrebbero trovato tale sull’astronave, ma nel momento in cui sarebbe… effettivamente morto (in quanto si ritiene che la morte biologica sia un processo irreversibile); così, l’interpretazione torna ad essere coerente” (Fabrizio Coppola, Ipotesi sulla realtà, Ed. Lalli, Poggibonsi, 1991, pp. 308-310).Su

(3) “Gli ologrammi ci insegnano che alcuni fenomeni possono esulare da questo tipo di approccio [cioè sezionare e studiare le varie parti di un oggetto, ndA]. Questa intuizione suggerì a Bohm una strada diversa per comprendere la scoperta (1982) del prof. Aspect [sottoponendo a determinate condizioni delle particelle subatomiche, come gli elettroni, esse sono capaci di comunicare istantaneamente dalla distanza che le separa…, ndA]. Diversi livelli di consapevolezza, diverse realtà. Bohm si convinse che il motivo per cui le particelle subatomiche restano in contatto indipendentemente dalla distanza che le separa risiede nel fatto che la loro separazione è un’illusione. Egli sosteneva che, ad un qualche livello di realtà più profondo, tali particelle non sono entità individuali ma estensione di uno stesso ‘organismo’ fondamentale. Per spiegare la sua teoria Bohm utilizzava questo esempio: Immaginate un acquario contenente un pesce. Immaginate anche che l’acquario non sia visibile direttamente ma che noi lo si veda solo attraverso due telecamere, una posizionata frontalmente e l’altra lateralmente rispetto all’acquario.

Mentre guardiamo i due monitor televisivi possiamo pensare che i pesci visibili sui monitor siano due entità separate, la differente posizione delle telecamere ci darà infatti due immagini lievemente diverse. Ma, continuando ad osservare i due pesci, alla fine ci accorgeremo che vi è un certo legame tra di loro: quando uno si gira, anche l’altro si gira; quando uno guarda di fronte a sé, l’altro guarderà lateralmente. Se restiamo completamente all’oscuro dello scopo reale dell’esperimento, potremmo arrivare a credere che i due pesci stiano comunicando tra di loro, istantaneamente e misteriosamente. Secondo Bohm il comportamento delle particelle subatomiche indica chiaramente che vi è un livello di realtà del quale non siamo minimamente consapevoli, una dimensione che oltrepassa la nostra. Se le particelle subatomiche ci appaiono separate è perché siamo capaci di vedere solo una porzione della loro realtà, esse non sono ‘parti’ separate bensì sfaccettature di un’unità più profonda e basilare che risulta infine altrettanto olografica ed invisibile quanto la nostra rosa [fotografata al laser in un ologramma ma non illuminata da una luce laser che la renda visibile, ndA]. E poiché ogni cosa nella realtà fisica è costituita da queste ‘immagini’, ne consegue che l’universo stesso è una proiezione, un ologramma.

Il magazzino cosmico di tutto ciò che è, sarà o sia mai stato. Oltre alla sua natura illusoria, questo universo avrebbe altre caratteristiche stupefacenti: se la separazione tra le particelle subatomiche è solo apparente, ciò significa che, ad un livello più profondo, tutte le cose sono infinitamente collegate [e così infine vengono percepite in alcune esperienze di coscienza cosmica – CC – insieme ad una grande bellezza, gioia, sapienza o conoscenza diretta, tutte cose collegabili ad un elevato ordine neghentropico, ma questo è un altro discorso che faremo in seguito, e a parte, ndA] […]. Se la mente è effettivamente parte di un continuum, di un labirinto collegato non solo ad ogni altra mente esistente o esistita, ma anche ad ogni atomo, organismo o zona nella vastità dello spazio, ed al tempo stesso, il fatto che essa sia capace di fare delle incursioni in questo labirinto e di farci sperimentare delle esperienze extracorporee, non sembra poi così strano […]” (http://www.extraterrestre.it/universoillusione.htm: L’Universo è un’illusione).

(4) “[…] La telepatia si manifesta con maggiore frequenza e intensità in condizione ‘affettiva’ cioè tra persone legate da vincoli di amore (genitori e figli, gemelli, fidanzati, ecc.). Gli studiosi ipotizzano che la telepatia rientri anche nel comportamento sincrono di certi animali (termiti, api, ecc.) e nella capacità dimostrata da cani e gatti di ritrovare la casa e il padrone se ne vengono forzatamente allontanati. La telepatia dimostra che in fondo non esistono barriere tra ciò che vive e che, a livello profondo, siamo tutti uniti” (Paola Giovetti, Il paranormale in 200 parole, Rizzoli, p. 201, alla voce Telepatia).

APPENDICE

Fisica quantistica
Coscienza unica, non locale e percezione quantistica di spazio e tempo

neuroniDa L’universo magico delle NDE, Atti del IV Congresso internazionale di studi delle esperienze di confine (San Marino 2000) – Relazione di Evelyn Valarino: NDE e soggetti non vedenti: la vista nel buio della pre-morte, pp. 112-113

“In conclusione, Ring e Cooper elencano quattro teorie a proposito di particolari proprietà di coscienza che si adattano bene alle loro scoperte:

1) la coscienza stessa è primaria ed è la base di tutto l’essere: le parole di Gaswami sono indicative di questa posizione e la riassumono in modo esaustivo: «Tutti gli eventi sono fenomeni nella coscienza. Al di là di ciò che vediamo come realtà immanente esiste una realtà trascendente; alla fine tutta la realtà è racchiusa nella coscienza. La divisione della realtà tra trascendenza ed immanente è un epifenomeno dell’esperienza».

2) La coscienza è «nonlocale»: questa asserzione implica che la mente non è situata in un individuo e legata al tempo (ad es. della nascita e della morte), non è fissata nello spazio e nel tempo. In questa ricostruzione, non è appropriato, se non in termini di convenienza espositiva, parlare di una mente. Infatti esiste solo la Mente. Questa intuizione, anche se derivante da una posizione non isolata, potrebbe essere interpretata come segue:

3) La coscienza è unica: ossia, esiste soltanto una coscienza, che chiamiamo Mente, e la nozione di mente individuale, in fondo, non è altro che una finzione utile che Dossey chiama «l’illusione di un sè separato e la sensazione di un ego che possiede una mente separata».

4) La coscienza potrebbe, ed in vero deve talvolta funzionare indipendentemente dal cervello: questo è un assunto chiave, specialmente per comprendere come i non vedenti possono divenire consapevoli di qualcosa che ricorda la percezione visuale. Dossey (1989) afferma: «se la mente è non locale, in un certo senso deve essere indipendentemente dal cervello e dal corpo strettamente locali […] e se la mente non è locale, non confinata nei sensi e nei corpi e tuttavia non del tutto indipendente dall’organismo fisico, è aperta la possibilità di sopravvivenza alla morte del corpo». (p. 7).

Naturalmente, anche se la Mente non è confinata nel cervello e non è un prodotto di esso, essa può lavorare attraverso il cervello per fornirci la nostra rappresentazione del mondo fenomenico. Secondo Gaswami (1995) la nostra percezione ordinaria dello spazio e del tempo è il risultato di un processo della dinamica dei quanti, per mezzo del quale la coscienza autoreferenziata «collassa» in ciò che viene chiamato «onde della probabilità»: in modo tale per cui è evidente che «nel processo di collasso, una coscienza indivisa vede se stessa come apparentemente divisa […] dualità come vita e ambiente, soggetto ed oggetto».
Quindi, ciò che viene tratteggiato è un processo che comincia dalla Mente, completamente indipendente dal cervello, che diventa autoriferita (ossia si identifica con la coscienza stessa) e infine converte questa coscienza nel non meno in una modalità dualistica che genera il familiare mondo fenomenico. Ciò che Ring e Cooper hanno chiamato sguardo della mente è perlomeno l’inizio dell’inversione di quel processo attraverso il quale, anche se rimangono tracce nel dualismo quotidiano, l’individuo è messo in grado, anche se temporaneamente, di sperimentare il mondo da una prospettiva indipendente dal funzionamento del cervello e dell’operare dei sensi”.

Francesco Di Noto
(Matematico – Premio Archivio di Documentazione Storica della Ricerca Psichica, Bologna 1994)

giovanniarmillotta.it