Con la fisica quantistica è finalmente giunto il momento di un nuovo confronto tra scienza e spiritualità, le quali possono per la prima volta incontrarsi percorrendo una via occidentale…
Nel 1975 Fritjof Capra – fisico e teorico dei sistemi – pubblica Il Tao della Fisica, un libro destinato a fare la storia e continuamente ristampato in tutto il mondo, con grandissimo successo, ancora a distanza di 35 anni. Capra, nel suo libro, dimostra le straordinarie analogie tra quanto veniva predicato nelle antiche filosofie orientali e quanto veniva scoperto dalla moderna fisica quantistica. Mistica e scienza, in epoche diverse e in culture diverse, sembra arrivassero a conclusioni straordinariamente simili. Da quel momento, una serie di pensatori ha avuto uno strumento in più per cercare quell’incontro tra scienza e spiritualità che in passato costitutiva la norma, ma che nell’epoca moderna sembra inconcepibile. I grandi matematici, nell’antichità, erano infatti sempre grandi filosofi e i grandi filosofi erano grandi matematici. Non a caso, persino l’inventore del celebre teorema di Pitagora, che intimorisce da sempre i bambini sui banchi di tutto il mondo, viene poi riscoperto nei libri di filosofia. Nonostante questo, nel moderno occidente era probabilmente inevitabile e “sano” che la scienza si emancipasse dalla spiritualità. La “nostra spiritualità”, infatti, si era canalizzata, nei secoli, negli austeri dogmi delle religioni monoteistiche: ebraismo, cristianesimo, islamismo.
Tre grandi religioni che, però, si sono spesso opposte alla scienza e che la scienza ha poi considerato come un nemico. Mentre l’incontro tra la spiritualità orientale, o quella dei greci, e la scienza tout court è stata in qualche modo naturale e forse inevitabile. Con la fisica quantistica, però, è forse finalmente giunto il momento di un nuovo confronto tra le due facce della medaglia. Scienza e spiritualità possono per la prima volta incontrarsi percorrendo una via occidentale. La fisica quantistica sta veramente rivoluzionando l’intera concezione della realtà. Le implicazioni delle scoperte degli ultimi decenni, tuttavia, non hanno ancora nemmeno cominciato a scalfire le nostre convinzioni. Ma, quando cominceremo ad intuire le implicazioni di quanto scoperto dagli scienziati, il mondo non potrà più essere lo stesso…
Daniel Tarozzi – Qual è il rapporto tra scienza e ricerca di “Dio”?
Massimo Teodorani – Non vedo nessun rapporto. Sono due strade diametralmente opposte, completamente inconciliabili, a mio parere. Ricercare Dio addormenta la ragione, spinge alla contemplazione, porta alla stasi, e si basa su una “fede”: per carità, io ammiro chi riesce a essere così forte da sostenersi con una fede. Ricercare il segreto della materia nasce esclusivamente dall’uso della ragione e, per chi lo sa o vuole fare, sotto la guida dell’intuizione. Chi usa solo la ragione ovviamente non può intravedere una coscienza nell’Universo; chi usa anche l’intuito – ovvero: quella specie di “radar” che guida la nave e il motore che la muove, per ricordare una delle tante metafore di David Bohm – non solo può percepire la coscienza, ma può anche asservire la ragione a scopi molto focalizzati specialmente con il sostegno della volontà. Ciò, però, non significa arrivare a Dio, significa forse solo diventare parte della sua mente. La mente di un ente non localizzato né nello spazio né nel tempo, e che probabilmente risiede nel vuoto e nelle particelle virtuali che ne nascono e muoiono. L’obiettivo è mentale. Trovare realmente Dio significa saper usare anche il cuore, ma questo, proprio per costituzione interna, non riguarda gli scienziati, che si accontentano di dire alla mente di fare cose che siano giuste (forse questo è guidato dal cuore? Non lo so e forse non lo saprò mai).
Vittorio Marchi – Il rapporto è una relazione complessa e, a tratti, addirittura conflittuale, tra due polarità competitive. Non dimentichiamo che la frattura tra scienza e religione si è consumata appena tre decenni fa, quando, – nel 1981 – la National Academy of Sciences degli USA ha emesso una sentenza di formale divorzio: “Religione e Scienza sono due dimensioni del pensiero umano distinte e reciprocamente esclusive”. In realtà, questa “incompatibilità” ha a che fare più con la competizione tra diversi dogmi che con un intrinseco conflitto tra Scienza e Dio. Dopo il divorzio, comunque, il risentimento tra le parti anziché attenuarsi si è acuito. Come ha osservato il premio nobel Joshua Lederberg, biologo molecolare presso la Rockefeller University, “lo spazio di cui Dio può disporre continua a ridursi progressivamente”.
Daniel Tarozzi – Dopo la pubblicazione del Tao della Fisica, si parla ormai da oltre tre decenni di incontro tra oriente e occidente, tra scienza e mistica. Cosa pensate di questo incontro?
Massimo Teodorani – Penso che sia un’occasione positiva di crescita sia per noi occidentali che per gli orientali stessi. Del resto il cervello umano è strutturato sia in maniera razionale che in maniera intuitiva. Non vedo perché le due funzioni non debbano interagire tra di loro. Un “uomo spezzato” è portato a spezzare il mondo impedendo, così, ogni forma di scambio o interazione, che invece potrebbe far evolvere entrambi i lati della medaglia. Io, però, continuo ad osservare il mondo dal versante razionalista. Credo profondamente nei metodi “classici” della Scienza, della Fisica in particolare, ma penso anche che una radio senza antenna possa funzionare male o per nulla. Una scienza razionalista senza l’antenna dell’intuizione, quindi, non solo non può portare da nessuna parte, ma può addirittura pervertire i suoi veri scopi. Una scienza senza coscienza è come una pistola carica nelle mani di un bambino immaturo che non pondera le sue decisioni e le sue azioni. L’unione tra creatività/intuizione e razionalità deve perciò avvenire (l’umanità ne ha un profondo bisogno), ma non attraverso una mera fusione tra le due qualità dello spirito umano. Un’antenna fusa assieme, e senza criterio logico, ad un amplificatore radio produrrebbe solamente un’accozzaglia inutile.
Un’antenna mirabilmente asservita all’amplificatore può invece potenziare, anche grandemente, l’apparato radio stesso. Non dimentichiamo che la Ragione non serve solo a fare missili o computer, ma anche a vegliare sul nostro agire: e, per questo motivo, la Ragione stessa è un’altra attitudine fondamentale del nostro esistere. Se devolvessimo la nostra conoscenza al puro “sciamanesimo” usciremmo completamente fuori controllo: ciò lascerebbe spazio solo alla pazzia e a società totalmente derelitte.
Ciò non toglie che il singolo debba raccogliersi ogni tanto in meditazione, come se ricorresse ad una specie di benefica doccia per scacciare le impurità. Ma deve poi passare subito all’azione, ovvero a gesti che richiedono l’effetto operativo della razionalità. Perché, pur avendo uno spirito, siamo fatti di materia e viviamo in un mondo di materia che non è per nulla un’illusione: è così che funziona la vita, e non possiamo sottrarci alle sue leggi. La razionalità ci deve aiutare a cavalcare l’onda senza cadere, mentre l’intuizione ci deve guidare in una direzione che sia giusta e corretta.
Vittorio Marchi – Penso che non ci possa essere nulla di più fecondo ed inevitabile. Oriente ed occidente sono per la Terra e per il suo mentale, quello che sono il lobo destro e quello sinistro per il cervello umano. Mistico, devozionale, contemplativo, spirituale, assoluto il primo. Logico, razionale, analitico, scientifico e relativo, il secondo. Come per i due lobi frontali della testa, (metà e metà a costituire l’unità) le due polarità oriente ed occidente (anch’esse una benedizione a metà del pianeta) hanno una funzione congiunta, equilibratrice ed indissolubile. Una qualsiasi “struttura” vivente, per funzionare, non può prescindere da questa inscindibile unità. Si spiega allora come oggi la fisica moderna (la fisica quantistica) ci porti ad una concezione del mondo che è sostanzialmente “mistica”. Ciò perché, a differenza della fisica meccanicistica occidentale, tutta concentrata sull’inerte, la concezione orientale del mondo è di tipo “organicistico”. Si tratta allora di incominciare a cambiare il significato degli opposti e a ridefinire il rapporto inevitabilmente integrativo esistente tra di essi e considerare la loro necessità di (co)esistere fino al punto di fondersi, poiché dal dinamismo delle due polarità dipende l’eterna tensione della vita, metà e metà di un’unica indissolubile Realtà. Proprio in quella diversità, infatti, i due mondi, l’occidentale e l’orientale, si fondono (e si fonderanno) fino a colmare l’”apparente” dualità; a quel punto la “diade” diventerà un tutt’unico: una, unica, assoluta ed indissolubile in tutti i suoi aspetti, nessuno escluso.
È un’impresa, un incontro che i più ritengono impossibile in quanto sfida apertamente tutto ciò che agli esseri umani sia mai stato insegnato tramite quelle credenze assimilate che li mantengono in questa illusione, fissi al loro posto. Ciò perché gli uomini non hanno ancora capito quello che vorrebbe esprimere il simbolo del “Tao”, adottato anche dalla fisica di Niels Bohr e di Fritjof Capra: il mondo è ciò che è, una coesistenza di oriente e di occidente, proprio come il giorno (“dies”,”djos”, in sanscrito dio), che è una coesistenza del dì (dove nasce la luce d’oriente) e della notte (dove tramonta la luce d’occidente). La luce (pensiero Vivente), è sempre luce. Non ha una patria. Con un acronimo, si può definire come quella cosa che è La Unica Cosa Esistente.
Daniel Tarozzi – L’umanità è pronta a capire veramente le implicazioni delle moderne scoperte scientifiche?
Massimo Teodorani – Dipende quali. Ci sono aspetti della scienza, soprattutto della fisica, che sono ostici al grande pubblico e divulgarli è estremamente difficile, senza rischiare di dare luogo a errate interpretazioni, strumentalizzazioni o peggio. Ritengo che l’immaginario collettivo non veda normalmente la scienza nella sua giusta luce. Constato che la scienza viene scambiata per “conoscenza”, il che non dico che sia errato, ma fuorviante. La scienza è soprattutto una dinamica in divenire, e non una mera collezione di idee, nozioni o fatti; la scienza è un metodo e richiede al contempo grande rigore e grande apertura; quella che è una verità oggi, domani potrebbe essere confutata o smentita. Nonostante questo, resta comunque lo strumento più adatto per descrivere la realtà, essendo basata su leggi oggettive verificabili e ripetibili da qualunque sperimentatore o deduttore. Ho però l’impressione che il grande pubblico sia un po’ deluso dalla Scienza, che viene spesso vista (non a torto) come un approccio totalmente materialista verso il mondo, senza alcuna finalità. La scienza galileiana, in effetti, ci ha permesso di raggiungere risultati impensabili e di ottenere una tecnologia impeccabile, ma “dimenticando” di affiancare a questa “crescita”, a mio parere in parte scriteriata, una parallela crescita della coscienza del singolo e della collettività. Gli effetti di tale “dimenticanza” sono sotto gli occhi di tutti e a soffrirne di più sono il nostro pianeta, il clima e i giovani. In questo contesto, unire con il giusto criterio la razionalità occidentale con la fantasia orientale può permettere lo sviluppo di una scienza governata dalla coscienza: alcuni aspetti della teoria quantistica vanno proprio in questa direzione.
Vittorio Marchi – Assolutamente no, dal momento che la scienza stessa, a partire da Albert Einstein, si è rivelata impreparata ed indisponibile ad accettare il concetto di “nonlocalità”, decretata dalle grandi regole anarchiche del mondo quantico, secondo le quali tutti i punti e le cose del cosmo mantengono tra loro connessioni invisibili, atemporali e adimensionali senza una causa evidente a livello universale. I fisici, a stragrande maggioranza, nella loro visione meccanicistica della realtà, non hanno saputo interpretare il fenomeno e hanno cercato di difendersi affermando che le leggi del mondo quantico non sono esportabili al livello macroscopico della realtà newtoniana e galileiana per le quali valgono altre leggi. Ma ciò è falso! Il team di Anton Zeilinger ha invece potuto dimostrare che le proprietà peculiari della fisica quantistica non funzionano solo a livello quantico delle particelle subatomiche, ma anche nel mondo della materia visibile. Ma se persino molti fisici non hanno voluto accettare tali realtà, negando l’evidenza di esperimenti inconfutabili come quelli di Bell ed Aspect, come si può “considerare pronta” l’umanità?
Daniel Tarozzi – Quali sono le scoperte più rilevanti della fisica quantistica per il pensiero e per l’agire quotidiano dei “comuni mortali”?
Massimo Teodorani – Stiamo appena appena riuscendo ad intravedere la luce del sole da sotto l’abisso oceanico. Invece di ricadere nell’abisso inventandoci rassicuranti pseudo- filosofie o pseudo-religioni completamente strampalate e svianti, dobbiamo trovare le forze per emergere alla superficie e per dire: sì, sopra di noi c’è veramente il sole. Proprio in quel momento – io mi auguro – saremo riusciti a capire che la meccanica quantistica che abbiamo conosciuto canonicamente fino ad ora era solo la punta di un immenso iceberg. Noi dobbiamo conoscere e padroneggiare tutto l’iceberg e non solo la punta che emerge. Ma l’esplorazione deve portare alla conquista, ovvero alla piena padronanza di quanto acquisiamo: ciò si può fare solo ed esclusivamente con la sperimentazione e con la teoria matematica che deve sempre sostenerla. Non esistono altri mezzi per descrivere il mondo che ci circonda, in qualunque suo aspetto. Ciò non significa che per descrivere nuove frontiere della realtà non possano essere escogitati nuovi operatori matematici. C’è ad esempio chi sta elaborando nuovi operatori ottenuti dalla topologia algebrica, come il fisico teorico inglese Basil Hiley (attuale prosecutore dell’opera di Bohm), al fine di trovare una infrastruttura che tenga tecnicamente in piedi una realtà dove coscienza e materia, ordine implicato e ordine esplicato, si compenetrino a vicenda attraverso un processo dinamico estremamente ordinato e armonioso. Ma questo non comporta affatto una “unione tra scienza e spiritualità”. Non dimentichiamo che la bacchetta di regia qui la tiene lo scienziato, che non vuole affatto fondere la propria forma mentis con quella del religioso, ma solo tentare di capire in base a quale logica esiste qualcosa che anima coloro che professano religioni o filosofie senza capire come la cosa funzioni.
L’obiettivo, per noi scienziati, è semmai spiegare il concetto di “spiritualità” tramite una teoria fisica che stia realmente in piedi. La cosa non è affatto facile, ma il gioco vale la candela. Io ritengo che aver diviso l’esistere in realtà e trascendenza sia stata una pessima cantonata e un danno per l’uomo e la sua civiltà. A mio parere la risposta deve essere solo scientifica, illuministica, ma anche “illuminata dall’interno”. A me interessa che l’uomo possa viaggiare tra le stelle, anche perché, come possiamo constatare, permanere troppo nel nido può diventare pericoloso. Ciò non esclude che chi opera non debba avere una fede religiosa (è un diritto di tutti, anche se io non ce l’ho), intesa come qualcosa di limpido che muove l’emisfero sinistro del cervello nelle sue azioni. Ognuno ha il suo modo di rapportarsi con la Coscienza. Senza Coscienza prima o poi l’unica strada è l’autodistruzione, e dobbiamo impedire che un branco di robot impazziti debba far precipitare tutta la cordata, ma anche che un branco di santoni o “pseudo-profeti della nuova era” debba spegnere il cervello a chi intende muoversi e comprendere il mondo che ci circonda. Questi sono tempi davvero cruciali. Coscienza e razionalità sono due categorie insostituibili, sta in noi trovare il modo equilibrato per farle interagire tra loro in maniera corretta. Agli inizi sarà come camminare su una lama di rasoio, ma sono sicuro che impareremo col tempo a stare in equilibrio e stabilmente.
Vittorio Marchi – Naturalmente le implicazioni di queste nuove scoperte, una volta condivise, sono incredibili. Il nostro stesso criterio di sociologia umana, sulla base del funzionamento del mondo particellare, dovrebbe essere rivisitato di sana pianta. Ovvero. La nostra osservazione di ogni componente del nostro mondo può aiutare a determinare il suo stato finale, suggerendo che, verosimilmente, influenziamo ogni cosa che vediamo intorno a noi. E ovviamente ne subiamo l’influsso. Quindi, ovunque noi volgiamo lo sguardo, ovunque noi andiamo, in qualsiasi ambiente noi entriamo o usciamo, aperto o chiuso che sia, noi creiamo e produciamo una determinata influenza ad ogni istante e in ogni dove. Mentre all’opposto e simultaneamente, ne subiamo ovviamente gli effetti e le conseguenze. Ciò perché non c’è più un dentro e un fuori di noi, ma un “continuum”. Quando ci svegliamo la mattina, anche se non ne siamo consapevoli, creiamo la nostra giornata, così come vogliamo che sia. Questo è il punto: noi influiamo e interferiamo concretamente con il mondo circostante e, mentre creiamo la nostra giornata dal “nulla”, accadono intorno a noi piccole cose, apparentemente inspiegabili; in realtà esse sono il processo della nostra “creazione”.
Daniel Tarozzi – Cos’è, per voi, la “coscienza”?
Massimo Teodorani – Qui non ho esitazioni. È il vero Cervello che governa la Materia e con essa la Vita. Si manifesta in maniera non-locale e si compenetra armoniosamente con la Materia (e la Energia che la accompagna) e le sue leggi di causa-effetto. È la prova (anche se al momento non sappiamo ancora quantificarla come vorremmo, se non solo in parte, ma solo qualificarla) che il Disegno dell’Universo è un Disegno Senziente, e non mero frutto del caso. È la nostra guida, in tutto quello che facciamo, è il nostro sostegno quando soffriamo. E probabilmente rappresenta le fondamenta invisibili della casa dentro cui abitiamo. Ma non me la sento, francamente, di associarla al concetto di “Dio”. Il giorno che disporremo di una scienza fisica che ci descrive nei minimi dettagli il modo in cui la materia si compenetra con la coscienza non avremo mai più bisogno di Dio e del concetto di “religione”, perché la civiltà sarà governata solamente dalla Scienza, una scienza rinnovata, e dedita solamente al bene, al giusto e all’esplorazione diretta e capillare dell’Universo e delle intelligenze che lo abitano.
Vittorio Marchi – La coscienza è la coscienza universale, il fondamento di tutta l’esistenza, in congruenza con quello che hanno affermato da millenni molti saggi del misticismo orientale. Tutto ed ogni cosa è coscienza, materiale, immateriale, vivente ed intelligente, senza possibilità di separazione tra inerte e organico. E non si tratta quindi solo di quel “fattore” (misterioso) che da Goswami è considerato come il precursore della fisicità. Cioè l’”implicito” di David Bohm. La verità è che la realtà del mondo naturale, che credevamo solida ed intangibile, ha perso ormai tutta la sua consistenza materiale in cui credevamo, per trasformarsi in una pura e semplice sostanza pensante (Spazio Pensante).
Ed è diventata ciò che la fisica quantistica chiama oggi con il nome di “informazione”: un campo di pensiero universale, interamente intelligente.
Nel 1944 Max Planck la chiamò “matrice energetica”, o sostanza da cui tutto ha origine. Per rendere l’idea, egli, padre della fisica quantistica, diceva che ogni particella ha un confine indistinto, la cui sostenibilità è dovuta solo all’apparente rigidità della sua solidità. La spiritualità, invece, è la manifestazione dello “Spirito”, l’ingrediente più essenziale e totalizzante di tutto ciò che esiste e che noi chiamiamo Universo o “Pensiero Vivente”. L’ implicazione di questa nuova scoperta è sconvolgente. Si tratta di ciò che abbiamo appena finito di chiarire sopra: la coscienza che osserva… se stessa. Una compartecipazione congiunta e reversibile di Osservatore (figlio) e Osservato (padre). Come è stato effettivamente, spiritualmente e… “quantisticamente” testimoniato circa 2000 anni fa con l’affermazione: “Io ed il Padre siamo UNO”.
Daniel Tarozzi – Come mai una grande parte del mondo scientifico continua ad ignorare o vedere con fastidio questi temi?
Massimo Teodorani – Comprendo il rigetto di alcuni miei colleghi, perché è anche il mio, quando certi temi vengono propalati in maniera completamente contorta o menzognera. È ovvio che prendono (e prendo anche io) le distanze. Quando qualcuno va a dire in giro che “la realtà non esiste”, oppure che siamo governati da una “matrix”, e che tutto questo lo asserirebbe la meccanica quantistica, questo non è solo un insulto agli scienziati che “si fanno il mazzo” per pochi soldi a studiare e a investigare, ma è un insulto al prossimo, che ha il diritto di ricevere una informazione corretta su quanto sta realmente emergendo da alcuni aspetti della fisica e della scienza in generale. Nel mio piccolo ho tentato, con alcuni miei libri, di veicolare questo, cercando di appassionare il pubblico, ma non prevedevo che una parte del pubblico avrebbe preso fischi per fiaschi, per poi propagare informazioni completamente alterate, oppure voler suffragare credi e fedi completamente demenziali. Mi rendo conto che taluni aspetti della teoria quantistica, specialmente la variante di Bohm, facciano pensare che “tutto è uno”: in un certo senso è vero, ma bisogna capire anche come questo è vero, e non lasciar navigare senza freni la fantasia, pensando che la scienza sia improvvisamente diventata un libro di favole o un modo per illudere la gente. La scienza era e rimane una cosa seria, ben lontana dalle spettacolarizzazioni. Certamente non merita di essere screditata in questo modo. In ogni caso, a prescindere dal fatto che l’osservatore con essa interagisca, la realtà esiste, non è affatto una illusione, e i sensori e gli strumenti di misura sono immuni da illusioni, ma registrano una realtà obiettiva esterna fatta di materia e di energia.
Che poi la coscienza possa interagire con la realtà modificandola, questa è una possibilità che emerge da talune interpretazioni della meccanica quantistica, ma ancora non abbiamo in mano evidenze precise e schiaccianti che questo sia vero. E fino a quel momento, a prescindere da affascinanti argomentazioni (che chiunque è libero di fare), si sospende il giudizio. Resta per ora il fatto che un fotone emesso da un microscopio elettronico per osservare un elettrone ne perturba immediatamente l’”orbita”, rendendo la descrizione delle particelle elementari completamente indeterminata. In futuro probabilmente dimostreremo che non solo gli strumenti di misura, ma anche la nostra coscienza potrebbe interagire con la materia. Nel caso dei cosiddetti “fenomeni paranormali” esistono evidenze incontestabili in tal senso, ma siccome non disponiamo ancora di un modello fisico sensato che li descriva, dobbiamo anche qui sospendere il giudizio. E non è detto che se si dovesse avere una conferma del genere in futuro, noi ci dovremmo sentire obbligati a comunicare la cosa al grande pubblico. Stesso discorso sulla questione dell’evidenza di intelligenza extraterrestre. Certe cose, purtroppo, possono essere ben ponderate e interpretate solamente da chi è sufficientemente maturo per digerirle, ovvero il 5-10% dell’umanità… o meno. Quanto, invece, su un versante opposto, alla renitenza di molti scienziati della vecchia guardia (sono molti di meno di quel che si crede), ad accettare certi nuovi concetti della scienza, quando questi si reggono su solidi presupposti, allora si può tranquillamente parlare di vero e proprio oscurantismo, specie se taluni concetti vengono rifiutati sulla base di un fideismo irrazionale senza senso. Queste persone, comunque, non dureranno: si estingueranno per via naturale, mentre tutti gli altri dovranno portare pazienza.
Ad esempio, la mia amata gatta nera Kiki, che adesso ha 18 anni, mostra segni di demenza senile palesi che le fanno fare versi tremendi già alle 3 di mattina. Le devo dare una bastonata in testa? Non posso, devo solo portare pazienza e aspettare che se ne vada dolcemente, facendo in modo che abbia a soffrirne il meno possibile. Deve, insomma, esserci comprensione anche nei confronti delle gerontocrazia scientifica; semmai andare avanti con determinazione, ignorando o “skippando” qualunque loro ostacolo che eventualmente debba mettersi di traverso. Ma, prima di questo, occorre bloccare una volta e per sempre la diffusione errata, alterata, contorta, o stravolta di notizie scientifiche, specie se di contenuto particolarmente scottante. V.M. – Perché la nozione eretica per la comunità scientifica moderna è che Dio possa essere la cosa più semplice di questo mondo: l’Esistente quantico non locale, che paradossalmente essi stessi definiscono con l’espressione di ‘“Entanglement”, termine che vuol dire “Ovunque”, mentre insistono con l’andarlo a cercare nell’“altrove” della relatività, da qualche parte, dove non è. Un’idea dunque inaccettata e respinta con fastidio perché essa sfida apertamente l’attuale visione scientifica della scienza, diffusasi e sviluppatasi fino ad oggi per oltre quattro secoli dalle teorie del filosofo del XVII secolo Renè Descartes, secondo cui la “mente” doveva e deve considerarsi un “qualcosa” che è separato dalla materia.
Tratto da The Quantum Activist – DVD (Macroticonzero, 2011).