Limite derivato empiricamente sulle variazioni nella Costante di struttura fine

La costante fisica alpha (α) è stata descritta come uno dei più grandi misteri della fisica. Ora, nuove misurazioni e analisi dello spettro delle stesse di tipo solare, hanno prodotto il test astronomico più preciso di alpha e della potenziale variabilità locale nella forza dell’interazione elettromagnetica con le particelle cariche.

Quanto sono costanti le costanti fisiche in natura?

Nonostante le forze e le costanti fisiche della Natura siano state misurate e caratterizzante ad un livello di precisione impressionante, restano alcune grandi domande: quali aspetti fondamentali dell’universo danno origine alle leggi della Natura? Le leggi nascono dall’inizio grazie ad una intrinseca e indelebile relazione o meccanismo, generando dei parametri precisi che portano alla materia organizzata e alla vita?

Tali leggi sono immutabili nel tempo e nello spazio o variano in modo da rendere la nostra posizione nell’Universo favorevole alla nostra esistenza? Noi descriviamo le leggi della Natura usando i valori numerici delle costanti fondamentali, per esempio la costante di struttura fine (α) definisce la forza dell’interazione elettromagnetica. Dall’intensità di questa forza deriva l’interazione dell’elettrone e il suo comportamento all’esterno dell’atomo e quindi essa è base fondamentale delle proprietà della materia. Tuttavia, il Modello Standard della fisica delle particelle non spiega il suo valore, che potrebbe potenzialmente variare da una zona all’altra.

L’indagine sulla costanza della forza dell’interazione elettromagnetica nello spazio e nel tempo ha ricevuto impeto dalla necessità di verificare modelli teorici iperdimensionali e dalla possibilità che le costanti siano almeno parzialmente determinate dalla rottura di simmetria ai livelli estremi di energia dell’Universo primordiale. La prima proposta della variazione di α è arrivata da Stanyukovich [1], Teller [2] e Gamow [3], motivata dalle coincidenze dei grandi numeri notate da Dirac [4,5], ma vennero poi escluse dalle osservazioni [6]. Tuttavia, la questione della potenziale variabilità di questa costante fisica rimane aperta e sono necessari ulteriori esperimenti e sviluppi teorici per comprendere questa proprietà intrinseca dell’Universo che si ritiene uno dei più grandi misteri della fisica (una osservazione attribuita al noto fisico Richard Feynman).

Misurando la luce delle stelle

Per determinare la potenziale variabilità della costante di struttura fine, gli scienziati cercano misurazioni fuori dai laboratori, per verificare eventuali variazioni nella forza dell’interazione elettromagnetica in divere zone dell’Universo separate da grandi distanze (detta variazione spaziale). Per questo scopo un gruppo di astrofisici ha misurato α in scala astronomica grazie alle lunghezze d’onda delle linee di assorbimento e ha eseguito una analisi sistematica per rilevare la variazione nella costante se presente. Usando lo spettro di 17 stelle simili al Sole, il gruppo di ricerca a misurato e analizzato le linee di assorbimento sensibili ad α, pubblicando poi i risultati sul giornale Science [7].

Dato che lo spettro di assorbimento della materia dipende dalla dinamica degli elettroni nelle orbite nucleari, definita dalla costante di struttura fine, ogni potenziale variabilità di α può essere determinata da misurazioni precise delle linee di assorbimento delle stelle. Confrontando lo spettro di assorbimento delle 17 stelle vicine, gli astrofisici hanno trovato un limite superiore di 50 parti per miliardo nelle variazioni di α tra di esse. I risultati escludono variazioni sostanziali in α nella regione locale della Via Lattea, riempendo lo scostamento tra misurazioni di laboratorio sulla Terra e precedenti studi sulle regioni lontane dell’Universo basati sullo spettro dei quasar distanti anni luce, emesso quasi 13 miliardi di anni fa.

Indicazioni passate sulla variabilità spaziotemporale di Alpha

Nonostante questo studio recente mostri consistenza nella costante di struttura fine della nostra regione locale della galassia, precedenti studi hanno riportato la variazione spaziale e temporale di α. Nel 2004 i ricercatori hanno analizzato i rapporti isotopici dei prodotti di fissione e delle reazioni di assorbimento secondarie avvenute nella miniera di uranio di Oklo [8]. I ricercatori hanno scoperto spostamenti nei rapporti isotopici dei prodotti della fissione, indicativi di un cambiamento di α nel tempo, una variabilità temporale. I ricercatori hanno concluso che probabilmente la costante di struttura fine è variata di 45 parti per miliardo negli ultimi 2 miliardi di anni.

In seguito nel 2010, i ricercatori hanno annunciato una variazione spaziale in α poi detta dipolo Australiano, avrebbero identificato una struttura dipolare nella variazione della costante di struttura fine nell’Universo osservabile. I ricercatori hanno usato i dati sui quasar ottenuti dal Very Large Telescope, combinati ai dati precedenti ottenuti dai telescopi Webb e Keck. La costante di struttura fine sembra fosse stata più ampia di 1 parte per 100.000 nella direzione della costellazione Ara, 10 miliardi di anni fa. In modo simile, la costante sembra essere stata più piccola da una simile frazione nella direzione nord, 10 miliardi di anni fa. Quindi nel 2020 il gruppo ha eseguito le stesse misure usando la luce da uno dei quasar conosciuti più distanti, che iniziò ad emettere luce quando l’Universo aveva solo 0,8 miliardi di anni (molto giovane per la cosmologia). Con i nuovi dati hanno sostenuto le scoperte precedenti di una struttura dipolare nella variazione spaziale di α lungo un asse specifico dell’Universo [9].

Emerge un quadro della potenziale variabilità della costante di struttura fine, le analisi per ora indicano una costanza dell’interazione elettromagnetica nelle regioni spaziali e temporali locali, mentre alcune analisi indicano possibili variazioni. Sicuramente servono ulteriori indagini per confermare la variabilità, che avrebbe profondo impatto nella fisica e nella comprensione dell’Universo. Se si scoprisse una variabilità di α nelle distanti regioni spaziali e temporali, i modelli cosmologici dovranno essere corretti. Dal lato più speculativo, se la costante α variasse in modo naturale, allora dovrebbe esistere un meccanismo e questo potrebbe essere sfruttato per causare alterazione nella velocità della luce o nella forza elettromagnetica in una zona localizzata?

Prospettiva della Resonance Science Foundation

Alcune delle costanti fisiche naturali hanno valori derivati empiricamente, scoperti tramite esperimento. Con le costanti come α, non esiste modello teorico che predica il valore e questo mostra l’incompletezza della nostra comprensione. Dato che il Modello Standard non contiene basi teoriche per spiegare i valori delle costanti fisiche da principi primi, questi sono fonte di perplessità per i fisici. Dato che le costanti potrebbero avere qualsiasi valore, allora “perchè hanno i valori che vengono misurati”? Solo una piccola differenza di questi valori avrebbe generato un Univero con proprietà differenti da quello conosciuto. Con piccole deviazioni nella costante di struttura fine l’elettrone si allontanerebbe dai protoni e gli atomi non si formerebbero. Ovviamente tale Universo non permetterebbe l’esistenza della materia e dei sistemi viventi. Quindi abbiamo un “problema di regolazione fine”: perchè le costanti fisiche sembrano “regolate” a valori ottimali che permettono la materia complessa e la vita?

Il cosiddetto problema di “fine-tuning” evapora appena troviamo una teoria che spieghi da principi primi le costanti e i loro valori, a questo punto sapremmo da basi teoriche il perchè di tali valori precisi osservati. In realtà oggi abbiamo tale teoria, dato che i fisici Nassim Haramein e Oliver Alirol hanno scoperto un coefficiente di scala dalle dimensioni di Planck a quelle cosmologiche, che produce una correlazione diretta tra le costanti di accoppiamento e il rapporto olografico ɸ (descritto nel precedente lavoro [8,9,10]). Con la scoperta di questa legge di scala ora abbiamo una interpretazione geometrica della costante di struttura fine e del rapporto di massa tra protone ed elettrone, questo è un importante avanzamento nella comprensione della costante fisica più elusiva alpha. Haramein e Olivier hanno verificato il loro valore di α fino all’accuratezza di 10^-13 cifre, con la predizione del fattore-g dell’elettrone, non dovremo più speculare sulla variazione della costante di struttura fine nel tempo e nello spazio, potremo fare predizioni su tali variazioni dalla teoria e poi esperimenti come quelli di Murphy e colleghi, per verificarle.

La ricerca di Haramein apre la strada all’unificazione di tutte le particelle, costanti fondamentali e forze in un quadro teorico basato sulla frattalizzazione dello spaziotempo definita da un principio entropico collegato al rapporto olografico superficie-volume (Φ).

William Brown

Riferimenti
[1] K. P. Stanyukovich, Possible changes in the gravitational constant. Sov. Phys. Dokl. 7, 1150 (1963). ui.adsabs.harvard.edu

[2] E. Teller, On the change of physical constants. Phys. Rev. 73, 801–802 (1948). journals.aps.org

[3] G. Gamow, Electricity, gravity, and cosmology. Phys. Rev. Lett. 19, 759–761 (1967). journals.aps.org

[4] P. A. M. Dirac, The cosmological constants. Nature 139, 323 (1937). nature.com

[5] J. D. Barrow, F. J. Tipler, The Anthropic Cosmological Principle (Clarendon Press, 1986). Google Scholar

[6] F. J. Dyson, Time variation of the charge of the proton. Phys. Rev. Lett. 19, 1291–1293 (1967). journals.aps.org

[7] M. T. Murphy et al., “A limit on variations in the fine-structure constant from spectra of nearby Sun-like stars,” Science, vol. 378, no. 6620, pp. 634–636, Nov. 2022, doi: 10.1126/science.abi9232

[8] S. K. Lamoreaux and J. R. Torgerson, “Neutron moderation in the Oklo natural reactor and the time variation of α”, Phys. Rev. D, vol. 69, no. 12, p. 121701, Jun. 2004, doi: 10.1103/PhysRevD.69.121701

[9] M. R. Wilczynska et al., “Four direct measurements of the fine-structure constant 13 billion years ago,” Science Advances, vol. 6, no. 17, p. eaay9672, Apr. 2020, doi: 10.1126/sciadv.aay9672

[10] Haramein, N., Quantum Gravity and the Holographic Mass, Quantum, Physical Review & Research International, ISSN: 2231-1815, Page 270-292, (2012).

[11] Val baker, A.K.F, Haramein, N. and Alirol, O., The Electron and the Holographic Mass Solution, Physics Essays, Vol 32, Pages 255-262, (2019).

[12] Haramein, N & Val Baker, A. K. F., Resolving the Vacuum Catastrophe: A Generalized Holographic Approach, Journal of High Energy Physics, Gravitation and Cosmology, Vol.05 No.02(2019), Article ID:91083, 13 pages, (2019).