Micro calcificazioni al seno e la creazione di malati

micro calcificazioni

“Non più morte, non più sofferenza a causa del cancro entro dieci anni.

Ora siamo sicuri che entro il 2015 il cancro diventerà una malattia cronica.”
– Andrew Von Eschenbach, direttore del National Cancer Institute

Aveva le idee molto chiare Von Eschenbach, il dodicesimo direttore del National Cancer Institute.

Il cancro è il business per eccellenza: non esiste attualmente area terapeutica che possa competere. L’Industria della malattia ne è ben consapevole e sta facendo di tutto per mantenere tale triste primato allargando il più possibile il mercato, rendendolo endemico nella popolazione e soprattutto cronico. Si tratta di un sogno malefico, ma cancronizzare la società significa avere miliardi di persone che convivranno con il loro tumore e che saranno curate per tutta la loro esistenza. L’ennesima conferma che il cancro è l’Eldorado per le lobbies del farmaco arriva dall’analisi redatta da EvaluatedPharma (società leader di analisi e previsione del settore biotech e farmaceutico) dal titolo: World Preview 2016, Outlook to 2022 (Previsione mondiale 2016, anteprima al 2022). Si tratta dell’area terapeutica dove i ricavi sono massimi.

Il cancro secondo l’analisi avrà un trend di crescita del 12,5% nei prossimi sette anni, rimanendo indiscutibilmente la malattia più diffusa al mondo superando nel 2022 addirittura di ben tre volte il diabete che si trova al secondo posto.

– Sovradiagnosi

Detto questo è bene parlare anche di sovradiagnosi oncologica perché trattasi di un problema di vitale importanza per centinaia di milioni di persone. Gli screening di massa così come vengono praticati oggigiorno sono estremamente funzionali per l’Industria farmaceutica. Ecco il motivo per cui sono sempre gratuiti per la popolazione ignara.

Un detto russo ricorda che “solo nella trappola dei topi il formaggio è gratuito”.

Sotto una copertura culturale, linguistica e propagandistica di prevenzione, gli screening servono da una parte ad anticipare nel tempo le diagnosi (aumentandone il numero) senza diminuirne la mortalità (i dati ufficiali lo confermano nel caso della mammella, prostata, polmoni, ecc.) e dall’altra servono a cercare i malati tra i sani. E li trovano sempre! Qualsiasi esame diagnostico per immagini (Tac, Risonanza, mammografia, ecografia, ecc.) mette in evidenza lesioni o tumori in situ che non evolveranno mai e non creeranno nessun problema alla salute. Queste sono sovradiagnosi.

Tali anomalie scoperte in persone sanissime, non daranno mai sintomi o problemi seri nel corso della vita, ma una volta scoperte (siccome considerate tumori a tutti gli effetti) mettono in crisi i medici che le riscontrano e le persone che subiscono le diagnosi. I medici che praticano la cosiddetta medicina difensiva saranno costretti ad approfondire (per evitare rogne future) mandando la persona dallo specialista (normalmente un oncologo); mentre il neopaziente, nonostante sia oggettivamente sano, seguirà ciecamente e supinamente le indicazioni che riceverà poiché bloccato dalla paura. Vivendo con paura una diagnosi, è l’amigdala del sistema limbico che prende il comando escludendo le parti più evolute del cervello responsabili del pensiero. In pratica non si ragiona più, il cervello viene scollegato facendoci fare tutto quello che ci viene detto…

Le pubblicazioni scientifiche sulle sovradiagnosi non mancano. Il New England Journal of Medicine il 18 agosto 2016 pubblica uno studio secondo cui dal 50 al 90% dei tumori alla tiroide sono semplicemente sovradiagnosi. Si tratta di carcinomi in situ innocui che non necessitano di nessun trattamento. Nonostante questo, quante donne vengono oggi operate e irradiate per qualcosa che non andrebbe curato? Il 9 luglio del 2009 il British Medical Journal ha pubblicato una revisione sistematica sulla sovradiagnosi di tumore al seno negli screening. I dati utilizzati sono stati presi da paesi quali Inghilterra, Canada, Australia, Svezia e Norvegia. Il risultato è che la sovradiagnosi nel cancro al seno è del 52%. Quindi un tumore su due diagnosticato al seno è sovradiagnosi.

Le lobbies lo nascondono, i medici lo ignorano e le donne non lo conoscono finendo nei corridoi dei reparti oncologici. Il tutto, spessissimo per un falso problema…

– Micro calcificazioni al seno

Un altro dei falsi problemi spesso sono le micro calcificazioni alla mammella. Per far gonfiare le statistiche a proprio tornaconto l’oncologia fa rientrare nel vasto calderone del cancro neoformazioni tipo polipi, tumori in situ e patologie che c’entrano poco o nulla con il cancro. Non solo, vengono esclusi i malati che muoiono entro i primi giorni dal trattamento (chemio) e quelli che muoiono dopo 5 anni dal momento della diagnosi. Lo scopo è semplice: ingigantire i numeri di sopravvivenza per farci credere che i protocolli siano l’unica cura d’elezione. La Vita stessa ci sta dicendo e insegnando che non è così: con le cure ufficiali si muore sempre di più. Proprio questo potrebbe essere il motivo del perché le micro calcificazioni sono state fatte rientrare nel calderone, in fin dei conti i depositi di calcio sono diffusissimi. In passato nessun medico si sarebbe mai sognato di cercare le calcificazioni, figuriamoci di diagnosticarle come cancro. Oggi è diventata prassi oncologica! L’ecografia non è in grado di evidenziare questi depositi perché sono microscopici (il diametro è inferiore ai 0,5 millimetri), mentre la tecnologica mammografica oggi ci riesce sempre meglio. Non esiste un solo esame diagnostico privo dei cosiddetti falsi-positivi e falsi negativi. I falsi-negativi si hanno quando l’esame (Tac, risonanza, mammografia, ecc.) non vede il tumore che c’è, mentre i falsi-positivi sono l’esatto contrario: l’esame vede un tumore che in realtà non c’è! Vanno sempre considerati in ogni esame diagnostico.

Si verificano risultati falsi-positivi quando le micro calcificazioni sono considerate maligne.

La sommazione tessutale può apparire come una distorsione del parenchima, che può essere erroneamente definita tessuto maligno. Una innocua lesione circoscritta può essere erroneamente interpretata come maligna, insieme ad altri reperti, come ad esempio un bordo irregolare. Il dottor Paolo Veronesi (nomen omen), Direttore di chirurgia senologica all’Istituto europeo di oncologia di Milano afferma che la diffusione degli screening mammografici comporta un sempre più frequente riscontro di micro calcificazioni[1]. Chissà come mai…. Tale padre, tale figlio…
Lo ammettono senza mezzi termini: più mammografie si fanno e maggiori saranno le diagnosi di tumore (micro calcificazioni). Il circolo perverso è magistrale: più screening, più aumentano le diagnosi e più la santissima trinità (operazioni, chemio e radio) farà la sua apparizione apportando linfa vitale alle casse delle lobbies.

Il potenziale rischio delle mammografie

Il pericolo maggiore della mammografia, dopo i numerosissimi falsi-positivi e falsi-negativi è dato dal rischio che radiazioni ionizzanti regolarmente e ripetutamente concentrate sullo stesso tessuto possano col tempo indurre mutazioni tumorali di cellule sane della mammella, accelerare la proliferazione di cellule tumorali eventualmente già presenti, o peggio trasformarle in cellule tumorali staminali, di elevatissima e incontenibile aggressività. Il potenziale rischio di induzione tumorale delle radiazioni ionizzanti di mammografie è un dato di fatto documentato e incontestabile.

Ecco cosa dicono i dati ufficiali tra entità delle radiazioni ionizzanti emesse per ogni mammografia e rischio di induzione di tumori o leucemie; considerando l’uso annuale o biennale della mammografia come screening, questi margini di rischio ovviamente si moltiplicano.

Una mammografia induce una dose ionizzante di 3 mSv (300 mRem) ed innalza pertanto il rischio di tumore mortale al 0,18% secondo la MSK (1 caso ogni 556 screening), al 0,05% secondo la RERF (1 caso ogni 1916 screening), al 0,030% secondo la NRPB (1 caso ogni 3333 screening). Per 100.000 persone che hanno subito una mammografia e perciò assorbito questa medesima dose bisogna aspettare 180 tumori mortali indotti secondo la MSK (Mancuso, Stewart e Kneale), 52 secondo la RERF (Fondazione americano-giapponese post Hiroshima), 30 secondo la NRPB (Agenzia nazionale di radioprotezione del Regno-Unito). Tenuto conto che in Italia ogni anno le donne che fanno la mammografia sono 1.479.665 (Dati 2012 del Ministero della Salute) significa che ogni anno a 2700 donne sane verrà un cancro a seguito dei raggi-X. Il gravissimo problema delle onde ionizzanti indotto dalle mammografie è tabù assoluto e infatti nessuno ha il coraggio di parlarne (ad eccezione di pochi medici tra cui il dottor Giuseppe Di Bella che ringrazio per i dati fornitimi), anzi la maggior parte dei medici consigliano l’esame routinario nell’ambito della cosiddetta prevenzione, ma ovviamente prevenzione non è visto che le mammografie primo non prevengono i tumori (anzi possono indurli) e secondo perché ne ne riducono la mortalità!

Classificazione dei tumori

Le calcificazioni hanno caratteristiche morfologiche diverse a seconda della loro origine, per cui vengono valutate dal radiologo con particolare attenzione la forma, la densità, il numero e la distribuzione nella ghiandola mammaria. Il medico (patologo e/o radiologo) ha una responsabilità enorme: sarà il suo occhio ad estrapolare la stadiazione, la benignità o malignità delle cellule. Parametri (diagnosi di cancro maligno o livello di stadiazione) che decideranno la vita o la morte della persona. Il tumore viene classificato (stadiazione) valutando la sua estensione tramite il sistema TNM:

  • T: estensione del tumore primitivo;
  • N: assenza o presenza e estensione di metastasi ai linfonodi regionali;
  • M: assenza o presenza di metastasi a distanza.

In aggiunta vengono dati dei numeri che indicano l’estensione del tumore, cioè T0, T1, T2, T3, T4 N0, N1, N2, N3, M0, M1 a gravità crescente. Il paradigma è che più il numero è crescente e più il tumore è grave. Poi vi sono anche altre indicazioni specifiche che riguardano singoli organi: il cancro alla prostata va da 1 a 10 gradi di Gleason e per il tumore al seno la stadiazione va da 0 a IV. Questi numeri serviranno agli oncologi per inquadrare la gravità e quindi per valutare o meno il percorso chemioterapico. Sottoporsi ad una chemio o meno può fare una grande differenza per quella vita. La stadiazione ricordiamo, viene decisa soggettivamente dall’occhio di un medico.

La soggettiva visione dell’occhio del medico, la sua preparazione e la sua condizione mentale e spirituale incidono nel bene o nel male sulla Vita (oggettiva) di milioni di persone. Tutto si può dire tranne che la medicina sia una scienza esatta ed oggettiva.

Conclusione

In conclusione le micro calcificazioni non sono necessariamente l’espressione di un processo tumorale (e se anche lo fossero indicano semplicemente il residuo di un vecchio tumore passato che non va ad incidere minimamente sulla salute della donna).

Il più delle volte però rientrano nei normali processi di invecchiamento dei canali ghiandolari (per esempio l’allattamento o meno al seno può influire). Se è vero che non vanno sottovalutate completamente è altrettanto vero che non devono portare a tutte quelle misure terapeutiche oggi basate sul loro riscontro sicuramente eccessive e interessate. Da non molto purtroppo questa è diventata prassi oncologica, con tutti gli risvolti che si possono immaginare. Esattamente come avvengono i depositi di grasso, colesterina e sali minerali all’interno delle arterie (placche), così può avvenire il deposito di calcio all’interno dei dotti mammari. Per l’Industria è molto più redditizio far considerare al medico le micro calcificazioni come dei tumori piuttosto che per quello che realmente sono: vecchi depositi.

Quanto manca alle case farmaceutiche per proporre il colesterolo come marcatore tumorale o come cancro vero e proprio? In fin dei conti anche il colesterolo è qualcosa che cresce dentro l’organismo in maniera caotica e continua. Invece di vendere statine e anticorpo-monoclonali potranno spacciare chemioterapia citotossica a miliardi di persone…

Marcello Pamio


[1] “Le microcalcificazioni al seno sono indizio di un tumore maligno?” Intervista al dottor Paolo Veronesi, corriere.it


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