L’INFARTO MIOCARDICO ACUTO DEL GIOVANE ATLETA PROFESSIONISTA.

Il Giornale Online

di Sergio Stagnaro

“Non biasimare prima di aver indagato; indaga prima per riprendere poi.”(Ecclesiastico 11,7.)

Periodicamente i mass-media ci informano che un giovane atleta professionista, nonostante i controlli medici e cardiologici a cui viene sottoposto regolarmente, muore per infarto miocardico acuto nel corso di un evento sportivo.

Nella mia esperienza personale non condivido il punto di vista degli studiosi, secondo il quale i giovani infartuati italiani presentano sostanziali differenze dal punto di vista della dieta e di alcuni parametri verosimilmente legati ad abitudini alimentari scorrette, nei confronti di infartuati adulti o anziani. Inoltre, i livelli dei marcatori infiammatori tipici dell'infarto non sempre differiscono significativamente fra uomini di età compresa tra i 10 e i 30 anni con un infarto miocardico acuto e gli uomini malati di circa 60 anni Accanto a ciò i pazienti più giovani presentano non frequentemente maggiori livelli di grassi nel sangue ed introducono una quantità maggiore di grassi saturi con la dieta.

Accanto a ciò, sulla base dei dati personali a disposizione, non posso condividere il pensiero di chi afferma che i pazienti giovani seguono una dieta sbilanciata con una prevalenza di grassi saturi simile a quella di una dieta occidentale che come sappiamo aumenta il rischio di infarto e di altre patologie (diabete, ipertensione).

Questi autori ignorano, purtroppo, l’esistenza delle costituzioni semeiotico-biofisiche, secondo cui, per esempio, il diabete può insorgere in condizioni ambientali sfavorevoli esclusivamente nei portatori della costituzione dislipidemica “e” diabetica (Stagnaro S., Stagnaro-Neri M., Le Costituzioni Semeiotico-Biofisiche.Strumento clinico fondamentale per la prevenzione primaria e la definizione della Single Patient Based Medicine. Travel Factory, Roma, 2004. http://www.travelfactory.it/libro_costituzionisemeiotiche.htm). In realtà, non si è autorizzati a sostenere la tesi secondo cui la dislipidemia dei giovani sia alla base dell’infarto nei primi decenni vita, come si legge in articoli pubblicati su importanti riviste di Cardiologia, dotate di referenti (Int J Cardiol 2005; 101: 185-90) .

Essere colpiti da infarto a 10-30 aa., in una età considerata prematura per questo tipo di patologie, puo' trovare spiegazione in una predisposizione genetica anche per coloro che di idee scientifiche…ne hanno poche. E così è accaduto che autori hanno condotto ricerche per puntualizzare il ruolo della variante genetica di proteine in qualche modo legate all’infiammazione nel determinare il rischio di malattie cardiovascolari in eta' giovanile: infatti, oggi in molti considerano l’ATS un processo infiammatorio (l’infarto, in parole povere, è considerato come la conseguenza di una specie di “influenza delle coronarie”!). Ai processi infiammatori, infatti, sempre più numerosi studi sponsorizzati attribuiscono un ruolo fondamentale nell'insorgenza delle malattie cardiovascolari.

Ne consegue che molte, a mio parere troppe, indagini hanno preso in esame l'interleuchina 1-beta (IL-1 beta), proteina infiammatoria appartenente al gruppo delle citochine, mentre altri si sono rivolti alla sPCR, chiaramente dosata con strumenti sofisticati. Ma l'interleuchina 1-beta viene prodotta in quantita' diverse da persona a persona, a seconda dell'assetto del gene che governa la sua sintesi. Queste diversità genetiche – polimorfismi nel linguaggio dotto degli scienziati – possono determinare un'azione più o meno marcata della molecola. Mettendo a confronto pazienti giovani colpiti da infarto con persone di età corrispondente, ma in buona salute, i ricercatori di tutto il mondo hanno studiato i diversi polimorfismi della IL-1 beta scoprendo che determinati assetti genetici provocano un aumento di rischio, mentre altri tipi genici risultano protettivi. In particolare, si è osservato che nei soggetti con polimorfismo IL-1 beta protettivo la coagulazione del sangue viene indotta in misura molto minore, riducendo in tal modo la probabilità di essere esposti al rischio di infarto. Nessuno si è chiesto perché la lesione parietale è circoscritta e non diffusa, come ci si aspetterebbe. In verità, qualche ricercatore nutre il dubbio se il fattore infiammazione è secondario o causale, rivelando che anche noi ricercatori abbiamo un anima, nonostante il possibile influsso degli sponsor.

Il reale rischio semeiotico-biofisico della cardiopatia ischemica.

Il “reale rischio” svolge un ruolo primario nella Semeiotica Biofisica. Pertanto, il medico deve conoscere questo concetto, meritevole di una precisazione nosografica non limitata alla sola oncologia: V. www.semeioticabiofisica.it, www.ilpungolo.com, Scienze, Nuovi Concetti In Medicina: Il ''Reale Rischio'' Oncologico.

In realtà, chi conosce questa nuova semeiotica fisica ha certamente esperienza del “reale rischio” di cardiopatia ischemica (CAD): nel soggetto con questo rischio è possibile evidenziare una limitata area del sistema biologico coronarico con tipiche alterazioni microcircolatorie e parenchimali, alla base del rimodellamento microvasale, in accordo con la teoria dell’Angiobiopatia (ibidem). In questa precisa sede potrà insorgere l’infarto. In altre parole, il “reale rischio” semeiotico-biofisico rappresenta la versione scientifica, moderna, rispettosa dell’adequatio rei et intellectus, della definizione “metafisica” della Medicina attuale: locus minoris resistaentiae (Stagnaro Sergio, Il Reale Rischio Semeiotico-Biofisico. Ed. Travelfactory, Roma. In stampa).

Pensiamo al preciso punto della parete arteriosa dove si trovano gli endoteli ad alta probabilità di ATS (HP), che diventerà in seguito la sede iniziale del processo arteriosclerotico; consideriamo l’esatta localizzazione di cellule-b di isole di Langherans che andranno incontro ad esaurimento funzionale dopo un periodo, differente per durata, di iperattività con aumetata secrezione ormonale. Gli esempi potrebbero continuare, tutti caratterizzati però da identiche alterazioni microcircolatorie correlate con quelle parenchimali, ovviamente. Tra tutte le strutture microcircolatorie alterate sia funzionalmente sia strutturalmente, i Dispositivi Endoarteriosi di Blocco (DEB), sono di importanza essenziale, come già dimostrato in precedenza (ibidem).

A questo punto ricordo brevemente che i DEB sono localizzati nelle piccole arterie, secondo Hammersen, cioè con diametro di 40-20 micron (Stazioni di Blocco di tipo I, sec. Curri) e nelle arteriole, situate a valle (Stazioni di Blocco di tipo II). La loro apertura-contrazione permette ovviamente il passaggio di sangue, mentre la loro chiusura-dilatazione ostacola la flow-motion più o meno inensamente. Nel sano, i DEB di tipo I rimangono aperti per 20 sec., valutazione della durata del riflesso ureterale medio. In realtà, si può valutare presenza ed attività di queste strutture microcircolatorie contrattili in modi più semplici.

Infine, queste strutture si chiudono per 6 sec. (= scomparsa del riflesso ureterale medio) contemporaneamente alla contrazione delle arteriole. Detto altrimenti, la stimolazione all’apertura-contrazione dei DEB tipo I avviene contemporanemente alla massima onda della sfigmicità arteriolare, sec. Hammersen, che segue e precede due “normali” fluttuazioni arteriolari.

A questo punto, il lettore comprende come una alterazione di questo fine giuoco microcirolatorio, indotta dai DEB alterati, si ripercuote dannosamente sull’economia tessutale, anche mediante spasmi coronarici, provocando riduzione del pH ed ovviamete aumento della concentrazione idrogenionica (H2), tipica espressione di una respirazione mitocondriale compromessa, causa di acidosi istangica.

Anche nel reale rischio coronarico compaiono singolari DEB tipo I, neoformati, patologici, del sottotipo b), la cui presenza ostacola ulteriomente l’apporto di materia-energia-informazione alla miocellula locale. Secondo la teoria dell’Angiobiopatia, questo rimodellamento dei microvasi coronarici, più o meno circoscritto, è provocato da anomalie geniche del mit-DNA e del n-DNA della relativa cellula muscolare, presenti alla nascita: Istangiopatia Congenita Acidosica Enzimo-Metabolica (Stagnaro-Neri M., Stagnaro S. Introduzione alla Semeiotica Biofisica. Il Terreno Oncologico. Ed. Travel Factory, Roma, 2004). Una simile ristrutturazione microvasale, richiesta dal congenitamente ridotto metabolismo locale (= acidosi), a mio parere può essere aggravata dall’uso di alcuni farmaci anti-infiammatori non-steroidei (FANS), che riducono intensamente la sintesi della prostaglandina. Questa interpretazione porterebbe ad una migliore comprensione dei meccanismi patogenetici, finora non chiariti, dell’insorgenza dell’infarto in alcuni individui, anche giovani, che fanno uso di farmaci antiflogistici della classe dei FANS.

Oggi, in contrasto con i risultati favorevoli della sofisticata semeiotica di laboratorio e del dipartimento delle immagini, troppi giovani atleti, giudicati perfettamente sani, muoiono di infarto miocardico acuto. Una spiegazione, a mio parere, va ricercata nella presenza, fin dalla nascita, del reale rischio semeiotico-biofisico in uno o più microvasi coronarici (mio contributo al prossimo Congresso della Società Argentina di Cardiologia, giugno 2007), efficacemente trattato con opportuna terapia, diagnosticabile facilmente con il semplice uso di un fonendoscopio (Stagnaro-Neri M., Stagnaro S. Deterministic Chaos, Preconditioning and Myocardial Oxygenation evaluated clinically with the aid of Biophysical Semeiotics in the Diagnosis of Ischaeemic Heart Disease even silent. Acta Medica Mediterranea 13, 109-116, 1997.; Stagnaro S. A clinical efficacious maneouvre, reliable in bed-side diagnosing coronary artery disease, even initial or silent, as well as “heart coronary risk”. 3rd Virtual International Congress of Cardiology, FAC,2003).

* Dott. Sergio Stagnaro
Via Erasmo Piaggio N° 23/8
16037 Riva Trigoso (Genova)
Founder of Biophysical Semeiotics
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Phone: 0039-0185-42315