Teorema di Noether: limiti e applicabilità – Intervista a Fausto Intilla

Fausto Intillaoloscience.com

Un’intervista di Riccardo Viola

R.V: Proponiamo ai lettori di AG, questa seconda intervista (dopo: “IA: Princìpi e parametri alternativi, per una fisica alternativa”) a Fausto Intilla, nella speranza che l’argomento in essa trattato, sia gradito a tutti. Buongiorno Fausto e bentrovato anche per questa seconda intervista, in cui parleremo di un importantissimo teorema enunciato/dimostrato dalla matematica tedesca Emmy Noether nel 1918 ed incentrato sulla relazione che sussiste tra le simmetrie e le leggi di conservazione. Nella prima metà dell’Ottocento, J.L.Lagrange e C.G.Jacobi avevano evidenziato il legame esistente tra certe proprietà d’invarianza delle forze e le leggi classiche di conservazione. Avevano notato, ad esempio, che in presenza di forze dipendenti solo dalla distanza fra due corpi e dunque invarianti per traslazioni spaziali, la quantità di moto totale del sistema è costante; oppure che nel caso di forze indipendenti dal tempo e quindi invarianti per traslazioni temporali, l’energia totale si conserva. Oggi sappiamo, grazie al teorema di Noether, che vi è un rapporto di consequenzialità diretto tra le simmetrie e le leggi di conservazione; si tratta di un legame del tutto generale che sussiste sia in meccanica classica che nelle teorie di campo. Ma lasciamo la parola all’amico Fausto Intilla, per comprendere meglio i dettagli.

F.I: Sì, è proprio così Riccardo, il teorema di Noether è fondamentale negli ambiti della fisica teorica da te citati; mentre però il teorema in questione riguarda solo le simmetrie continue, la meccanica quantistica associa anche alle simmetrie discrete (ad esempio, alla simmetria di parità) delle grandezze conservate. La prima legge di conservazione associata a una simmetria discreta scoperta in meccanica quantistica, fu proprio la legge di conservazione della parità (P); è bene ricordare che nel 1927, Eugene Wigner mostrò che per effetto di una trasformazione di parità P, le funzioni d’onda possono rimanere inalterate o cambiare segno. La “potenza” delle simmetrie in meccanica quantistica emerge pienamente se si fa uso di un ramo della teoria dei gruppi noto come “teoria delle rappresentazioni”. Le trasformazioni di un gruppo possono essere realizzate in modi diversi, a seconda del tipo di vettori di stato su cui agiscono.

Una rappresentazione di un gruppo definisce appunto lo spazio vettoriale in cui operano gli elementi del gruppo e le regole di trasformazione dei vettori. La dimensione della rappresentazione è la dimensione di questo spazio vettoriale; ovvero il numero di componenti dei vettori che vengono trasformati. Attraverso opportuni ragionamenti che non sto a specificare, da ciò si arriva alla conclusione che, da un punto di vista matematico, i numeri quantici sono indici che caratterizzano le rappresentazioni dei gruppi. Si ricordi che i numeri quantici, sono, in sostanza, i valori quantizzati delle grandezze fisiche. Dunque, in ultima analisi, in virtù del principio di sovrapposizione, ogni stato di un sistema che ammette una certa simmetria, può essere scritto come una combinazione di stati che si trasformano secondo le varie rappresentazioni del gruppo di simmetria. Anche la classificazione delle particelle, può essere fatta attraverso la teoria delle rappresentazioni dei gruppi.

R.V: Ma in sostanza, cosa afferma esattamente il teorema di Noether?

F.I: Il teorema di Noether afferma che a ogni simmetria continua corrisponde una grandezza conservata. Nello specifico, esso stabilisce che, se le leggi dinamiche di un sistema sono invarianti rispetto alle trasformazioni di un gruppo di Lie a “n” parametri, allora esistono “n” costanti del moto. Ad esempio, una teoria invariante rispetto al gruppo delle rotazioni, che dipende da tre parametri, ovvero dagli angoli di rotazione attorno agli assi fondamentali, ha tre costanti del moto: le componenti del vettore momento angolare.

Il teorema di Noether è estremamente generale e si applica a tutte le teorie fisiche inerenti a particelle o campi, che ammettono una formulazione lagrangiana e possiedono simmetrie continue. Si tratta dunque di un teorema a carattere costruttivo, poiché non si limita a “prescrivere” l’esistenza delle grandezze conservate, ma mostra chiaramente come determinarle. Esso permette di ottenere non solo le costanti del moto associate alle simmetrie spazio-temporali, bensì anche le grandezze conservate per effetto delle simmetrie interne. La conservazione della carica elettrica, per esempio, risulta essere una conseguenza della simmetria di gauge dell’elettrodinamica. Le leggi di conservazione, come quella della carica elettrica, assolvono una funzione importante nell’interpretazione che i fisici danno delle interazioni fra le particelle, nonché, nella loro concezione dell’origine dell’Universo. Le leggi di conservazione, in base al teorema di Noether, sono conseguenze di simmetrie esatte. La legge di conservazione della carica elettrica, è la conseguenza di una simmetria esatta delle equazioni della teoria dei campi.

Mentre i campi a molte componenti con simmetrie interne possono interagire e rimescolarsi, le cariche ad essi associate non cambiano mai. Pertanto queste cariche, che sono una conseguenza della simmetria, costituiscono un’altra caratteristica permanente in base alla quale i campi possono essere classificati. Per esempio, se si dicesse a un fisico che un dato campo ha una massa di 0,511 MeV, uno spin pari a un mezzo (1/2) e una carica elettrica uguale a -1, egli non avrebbe alcuna difficoltà a riconoscerlo come il campo dell’elettrone. Lo spazio interno, invece di essere semplicemente bidimensionale, può avere molte dimensioni, corrispondenti alle diverse componenti del campo. La trasformazione può essere di gran lunga più complicata di una semplice rotazione degli assi nel piano bidimensionale, ma il concetto di fondo rimane lo stesso: se le componenti di un campo possono trasformarsi l’una nell’altra senza alterare le interazioni del campo stesso, allora è presente una simmetria a cui è associata una legge di conservazione della carica. I campi non sono sostanze eteree che pervadono lo spazio e si muovono nel tempo; bensì entità non riducibili, con determinati valori di massa, spin e carica. Tutte queste proprietà, sono definite da operazioni di simmetria. Una volta specificate tali proprietà, si è anche descritto in modo completo che cosa è un campo. Il concetto classico di campo è uno dei più profondi della scienza moderna; esso fornisce un linguaggio matematico-simbolico, per la descrizione della realtà fisica.

Teorema di Noether
Foto di Okan Caliskan da Pixabay

R.V: Oggi sappiamo che il riconoscimento tardivo del teorema di Noether sta nel fatto che esso si basa su due elementi che per molto tempo i fisici non considerarono di particolare rilevanza: la teoria di Lie e il formalismo lagrangiano; quest’ultimo venne applicato alle teorie quantistiche verso la fine degli anni Quaranta, per opera di Richard Feynman. Potresti spiegare, senza addentrarti in troppi dettagli tecnici, in che modo la teoria lagrangiana entra in causa nel teorema di Noether?

F.I: La teoria lagrangiana, come del resto anche quella hamiltoniana, svolge un ruolo molto importante nella fisica moderna, poiché essa può essere utilizzata in svariati contesti teorici. Infatti il teorema di Noether dice che, se una comune lagrangiana possiede qualche simmetria continua, allora a questa simmetria è associata una legge di conservazione. In particolare, se la lagrangiana è invariante per “traslazioni temporali” (ovvero se essa è indipendente dal tempo), vi è allora conservazione dell’energia; mentre se è invariante per qualche “traslazione spaziale”, vi è conservazione di una quantità di moto. Inoltre, se è invariante per rotazioni attorno a qualche asse, vi è conservazione del momento angolare rispetto a quello stesso asse. Per un sistema isolato in uno spaziotempo piatto ci si aspetterebbe che vi siano tutte queste simmetrie. L’unico contesto teorico in cui purtroppo il teorema di Noether non può essere utilizzato, è quello della Relatività Generale (RG); dove non è affatto evidente come applicare il teorema in questione, per ottenere la conservazione dell’energia-quantità di moto.

Infatti, se prendiamo in considerazione l’invarianza rispetto a trasformazioni generali di coordinate (l’analogo gravitazionale rispetto ad una determinata simmetria di scala, per intenderci), assicurata in RG dalla scrittura delle sue equazioni in termini di operazioni tensoriali, l’applicazione del teorema di Noether in tale contesto porta ad un’uguaglianza apparentemente senza senso del tipo “0 = 0”. Non dimentichiamo inoltre che in RG vi è ancora un punto interrogativo sul problema del momento angolare, persino nel caso di uno spaziotempo asintoticamente piatto. In fisica vi è la tendenza a dare alle comuni grandezze delle definizioni “oscure” e “astratte”. Ad esempio, la definizione di “energia” formulata da Emmy Noether ed insegnata nei corsi accademici più avanzati di fisica, dichiara che: “Si definisce energia la grandezza canonicamente conservata corrispondente all’assenza di dipendenza temporale esplicita nella lagrangiana”.

R.V: E per quanto riguarda il nesso tra tempo ed energia, in che modo entra in causa il teorema di Noether in tale contesto?

F.I:Il nesso tra tempo ed energia è ancora più profondo. Grazie al lavoro della Noether, oggi siamo in grado di capire perché tempo ed energia compaiono sempre insieme nella meccanica quantistica. La comprensione di questo fatto indusse Richard Feynman ad interpretare l’antimateria come materia ordinaria che viaggia a ritroso nel tempo. Il concetto di antimateria risale all’incirca al 1930 e alla famosa previsione di Paul Dirac, che aveva lottato per riuscire ad unificare la neonata meccanica quantistica con la teoria della Relatività Ristretta di Einstein.

Dirac voleva sapere in che modo si comporta una particella quantistica come un elettrone, quando si muove a velocità prossime a quella della luce. Egli ricavò un’equazione che sembrava rispondere ai requisiti richiesti, ma rimase sconcertato dal fatto che ogni soluzione dell’equazione che descriveva un elettrone era accoppiata con una specie di soluzione speculare che non sembrava corrispondere ad alcuna particella conosciuta. Tuttavia, alla fine Dirac arrivò ad ipotizzare che le soluzioni speculari, corrispondessero a particelle identiche agli elettroni, ma con proprietà invertite. Per esempio, invece di avere carica negativa, le particelle speculari avrebbero dovuto essere cariche positivamente. Nel giro di un paio d’anni, i “positroni” di Dirac vennero scoperti negli sciami di raggi cosmici, andando così a concretizzare quella che fino ad allora, era soltanto un’ipotesi. Nelle equazioni di Dirac il termine dell’energia compare sempre in combinazione con il tempo, come prodotto E*t. I positroni di Dirac contenevano quel termine con un segno meno; ovvero: -E*t.

Quest’ultima combinazione era in sostanza una conseguenza del lavoro di Emmy Noether e del suo omonimo teorema. Nell’interpretazione di Dirac, il segno meno stava ad indicare un’energia negativa; Feynman invece suggerì che le equazioni potevano indicare un’energia positiva, combinata con un tempo negativo. Feynman non era stato il primo a prendere in considerazione il concetto di inversione temporale, ma fu il primo a trasformarlo in una teoria dettagliata. Egli suggerì che un positrone era di fatto un elettrone che si muoveva a ritroso nel tempo. Ciò spiegava la ragione per cui aveva la stessa massa di un elettrone: esso è un elettrone, ma con energia positiva. Di fatto, gli elettroni mantenevano anche la loro carica negativa; il loro moto a ritroso nel tempo però, dava l’illusione di una carica elettrica positiva. Tale intuizione fece scomparire il “mare infinito di energia positiva” e il segno meno venne trasferito dall’energia al tempo.

R.V: Fino ad oggi ancora nessuno è stato in grado di dare una risposta definitiva al problema dell’enorme “disequilibrio” tra le quantità di materia e antimateria nell’Universo osservabile; mi riferisco ovviamente al problema cosmologico dell’asimmetria barionica. Esiste un nesso tra tempo, materia e antimateria, anche in tale contesto, che faccia riferimento ai concetti di simmetria?

F.I: Il legame fra la simmetria di inversione temporale e la simmetria di materia e antimateria nell’Universo, esiste ed è in effetti molto profondo. Che si prenda o meno sul serio la concezione dei positroni come elettroni che viaggiano a ritroso nel tempo, si può dimostrare, partendo da ipotesi abbastanza generali, che se le leggi dell’Universo sono rigorosamente simmetriche rispetto al tempo, allora l’Universo stesso deve essere composto in parti uguali da materia e antimateria. Tuttavia, su base sperimentale, oggi continuiamo ad osservare che vi è ovunque a livello cosmologico, una sostanziale predominanza degli elettroni sui positroni; dunque in generale una predominanza della materia sull’antimateria. La conclusione che possiamo trarre da queste osservazioni, è che la Natura non presenta una simmetria tra materia e antimateria e che quindi le leggi dell’Universo non sono esattamente simmetriche rispetto al tempo. Quali che furono i processi fisici all’origine della creazione della materia cosmica, presumibilmente nelle condizioni estreme del Big Bang, essi dovettero essere non simmetrici, anche se di pochissimo, rispetto al tempo. In altri termini, deve esistere almeno un processo fisico fondamentale, che non è perfettamente simmetrico rispetto all’inversione temporale.

R.V: Teorie a carattere prettamente teorico-speculativo su tale questione, immagino che ve ne siano parecchie, ma di certo non è mia intenzione approfondire la cosa in questa intervista, abusando della tua pazienza e disponibilità. Per cui, da parte mia e di tutto lo staff di AG, ti ringrazio di cuore per il tempo che ci hai regalato, ricco di informazioni preziose per i nostri affezionati lettori e ti lascio con un caro saluto. Alla prossima!

F.I: Grazie a te Riccardo, un caro saluto anche a voi tutti. Alla prossima!