IA: Princìpi e parametri alternativi, per una fisica alternativa – Intervista a Fausto Intilla

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Fausto Intilla (oloscience.com)

Un’intervista di Riccardo Viola

R.V: Buongiorno Fausto e bentrovato per questa nuova intervista da dedicare ai lettori di AG, che da più di dieci anni ormai, hanno il piacere di poterti leggere anche online, attraverso numerosi articoli e interviste a carattere divulgativo, su argomenti scientifici sempre attuali e di grande interesse pubblico; almeno tra gli appassionati di scienze fisiche e matematiche.

È di poche settimane fa, la notizia che dei ricercatori della Columbia University si sono lanciati in un esperimento davvero unico e originale nel suo genere, consistente nel “chiedere” ad un’intelligenza artificiale (IA) di “riscoprire” da lei stessa, le leggi della fisica che governano il comportamento della materia. Ma soprattutto doveva farlo solo a partire da esempi concreti. Non aveva accesso a nessuna base teorica come i teoremi di Newton, né ad alcuna informazione sulla geometria. L’esperimento consisteva nel far osservare all’IA in questione, delle immagini riprese da una telecamera, relative all’evoluzione di un dato sistema fisico (in un caso specifico dell’esperimento, ad un pendolo), con l’unico scopo di “indurre” l’IA a determinare il numero di parametri necessari per descrivere il comportamento del sistema in questione. I risultati ovviamente non hanno tardato ad arrivare, ma hanno lasciato tutti i ricercatori di stucco; scopriamone il perché, lasciando la parola al nostro amico Fausto Intilla.

F.I: Buongiorno Riccardo e grazie per questa nuova intervista, su un argomento molto interessante che effettivamente ha suscitato parecchio stupore tra i ricercatori in questione, nonché tra tutti gli altri membri della comunità scientifica che di tale esperimento, ne sono venuti a conoscenza. Partiamo dunque dal caso specifico da te menzionato poc’anzi, prendendo in considerazione l’esempio del doppio pendolo; ovvero un pendolo appeso all’estremità di un altro pendolo. Per descrivere la situazione nell’ambito della fisica così come è stata formalizzata da Newton, occorrono quattro parametri, chiamati variabili di stato; ovvero l’angolo e la velocità angolare per ciascuno dei due bracci. I ricercatori erano quindi curiosi di vedere se l’IA, avrebbe anch’essa trovato questi quattro parametri; il che, in caso affermativo, avrebbe potuto indicare un eventuale parallelismo o corrispondenza con il modello di ragionamento inerente alla mente umana; ovvero al pensiero umano e ai suoi metodi utilizzati attraverso i secoli, per ricavare matematicamente tutti i princìpi e le leggi fisiche che governano la realtà macroscopica.

Tuttavia, la risposta dell’IA non ha confermato tali aspettative, ma è andata oltre sorprendendo tutti con un esito quasi impensabile e dunque inconcepibile, per una mente umana: per descrivere il doppio pendolo, il sistema ha stimato che ci sarebbero voluti… 4,7 parametri! Il processo di “ragionamento” di queste reti neurali artificiali, proprie di tali IA molto avanzate, è per natura molto difficile da decifrare per gli esseri umani; si può capire il significato del risultato proposto, ma spesso è impossibile determinare con precisione quali “percorsi algoritmici” abbiano permesso al sistema di arrivare a determinate conclusioni. La cosa che lascia davvero sconvolti, è il fatto che una “mente artificiale”, possa “ragionare” con “parametri frazionari”; ovvero con delle “entità concettuali” diverse da un numero intero. Cosa potrebbe mai significare, nel caso specifico dell’esperimento eseguito con il doppio pendolo, questo valore, fortunatamente almeno finito, corrispondente a sette decimi? Per una mente umana ovviamente, un’“entità concettuale” frazionaria, non ha alcun senso.

Rimane tuttavia l’aspetto più considerevole di tutto ciò, consistente nel fatto che, qualunque sia il “ragionamento” alla base di tale IA, esso funziona molto bene per descrivere la realtà macroscopica osservabile, attraverso leggi e princìpi fisici alternativi, per ora non comprensibili dalla mente umana. Infatti i ricercatori in questione, hanno ripetuto l’esperimento con altri sistemi meccanici già ben documentati, scoprendo che ogni volta il risultato era lo stesso: l’algoritmo riusciva costantemente a prevedere l’evoluzione del sistema meccanico, sulla base di variabili del tutto nuove, che non corrispondevano a nessun parametro della fisica newtoniana. In pratica, senza alcuna conoscenza preliminare dei meccanismi fisici coinvolti, l’algoritmo in questione ha scoperto le dimensioni intrinseche delle dinamiche osservate e ha identificato insiemi di variabili di stato.

R.V: Tutto ciò mi porta a credere che vi sia dunque un enorme potenziale, nel campo delle IA di tale natura, da poter sfruttare in molti ambiti della sfera umana. Ricominciando ogni volta da zero, sarebbe possibile reinventare determinati concetti partendo da basi radicalmente diverse e potenzialmente più rilevanti. Nel caso di questo studio, i parametri formalizzati dall’IA riguardavano il movimento dei sistemi fisici, ma il concetto nel suo insieme va ben oltre questo campo. Potremmo anche utilizzare questo approccio in aree molto più concrete come la logistica, l’urbanistica, la climatologia o la salute pubblica, ad esempio.

Foto di Gerd Altmann da Pixabay

F.I: Certamente gli aspetti positivi sono davvero innumerevoli, nell’impiego di tali “forme di intelligenza” che potrebbero creare nuovi modelli concettuali finora sempre esclusi dal nostro comune modo di osservare la realtà macroscopica e di renderla prevedibile attraverso principi e leggi fisiche, di impronta prettamente newtoniana; dove il principio di causalità non viene in alcun modo messo in discussione. Ma ovviamente le cose si complicano e di parecchio, nel momento in cui “scendiamo” ad un livello fondamentale della realtà; ovvero nel regno della meccanica quantistica. A questo livello il principio di causalità viene meno e tutto viene descritto attraverso “onde di probabilità”. È solo in questo regno, dove prevale il principio di indeterminazione di Heisenberg, che troviamo la “matrice ultima” di tutte le leggi fisiche da essa teoricamente derivabili. La mente umana in tale contesto risulta ancora insostituibile e i motivi credo che siano più che ovvi. L’euforia iniziale per i risultati assai sorprendenti ottenuti negli esperimenti condotti alla Columbia University, è dunque comprensibile ma a mio parere, andrebbe un pochino ridimensionata.

R.V: Appoggio pienamente il tuo punto di vista, Fausto. Potresti in qualche modo far comprendere ai lettori di AG, in cosa consistano le maggiori difficoltà nel voler descrivere la realtà fisica, attraverso un’eventuale rielaborazione di determinati concetti fondamentali, quando ci avviciniamo al mondo della meccanica quantistica?

F.I: In meccanica quantistica l’unico modo che abbiamo di predire lo sviluppo nel tempo dello stato di un sistema, è attraverso la previsione di risultati di misurazioni che si faranno in seguito, in base a quelle fatte in precedenza. Ora, benché la previsione non sia di solito precisa ma solo probabile, vi è qualcosa che ci rappresenta lo stato senza ambiguità; ovvero il vettore di stato o la funzione di stato, che si assume che vari tra una misurazione e l’altra in maniera conosciuta con precisione (se la natura del sistema è conosciuta) e che determini con precisione la probabilità prevista per ogni misurazione in ogni dato momento. Si tenga presente che il caso limite in cui la differenza di tempo tra le due misurazioni sia zero, non è affatto banale, poiché possono essere eseguite sullo stesso sistema, parecchie coppie differenti di misurazioni immediatamente una dopo l’altra e neppure in tal caso, di norma, il risultato della prima permette un’unica previsione su quello della seconda, ma solo sulla sua probabilità.

La natura del sistema si descrive indicando prima le variabili da cui dipende la funzione di stato e poi l’operatore hamiltoniano, che determina l’equazione a derivate parziali secondo cui cambia la funzione di stato se non è perturbata dall’osservatore. La natura dell’interazione tra il sistema e gli interventi dell’osservatore è descritta da un particolare operatore, che si considera associato con ogni particolare procedimento di misurazione. Si tratta di un operatore di fondamentale importanza per la previsione. Ad eccezione del caso limite in cui la differenza dei tempi è pari a zero, la natura del sistema dev’essere completamente conosciuta, se vogliamo che il risultato di una misurazione serva a definire i probabili risultati di una misurazione successiva. Si tenga inoltre presente che, a meno che non sia conosciuta l’hamiltoniana, non si può sapere come lo stato del sistema sia cambiato nel frattempo. È comunque possibile che vi siano delle modalità di misurazione per cui la predizione non cambia col tempo, ovvero quelle il cui operatore associato è commutabile con l’hamiltoniana, ma per sapere se ciò avviene occorre conoscere l’hamiltoniana.

In meccanica ondulatoria, se la funzione di stato è data in un certo tempo, ad esempio pari a zero, allora le quantità non commutanti che sono controllate dalle equazioni di moto, ci informano pienamente sullo stato in qualunque altro tempo. Dunque la conoscenza della funzione di stato in un dato istante è evidentemente l’analogo delle condizioni iniziali, ovvero delle costanti d’integrazione, in meccanica analitica; e proprio come in meccanica analitica, si possono ottenere interessanti informazioni a carattere generale, dalle sole equazioni di moto. È possibile in ultima analisi, vedere la meccanica quantistica come una sorta di meccanica analitica modificata in modo tale da permettere solo previsioni probabilistiche.

R.V: Penso sia bene ricordare, a questo punto, che la meccanica analitica è figlia della meccanica celeste, iniziata da Newton. La massima precisione con cui i movimenti dei corpi celesti sono previsti dalle leggi di Newton, ha fatto della meccanica il prototipo della scienza esatta. Il modello di Newton fu seguito da vicino in tutti i tentativi di costruire modelli del mondo materiale, con il fine di descriverne il comportamento. Dove potremmo ricercare dunque, delle affinità o analogie, tra il mondo quantistico e quello della meccanica classica, governata dalle leggi di Newton?

F.I: Nella meccanica celeste, ovvero in astronomia, prima e dopo la scoperta della sua legge fondamentale ad opera di Newton, le osservazioni effettive furono e sono tutt’oggi precisamente del tipo del “modello ideale”; derivato da tali leggi. Osservando parecchie posizioni di un pianeta nella ricerca della sua velocità, solo due angoli sono osservabili; mentre la terza coordinata spaziale deve essere in qualche modo dedotta. Da questi dati si calcolano e si verificano con l’osservazione, tutte le ulteriori posizioni del pianeta in questione. Nel far ciò si dà per conosciuta la legge di Newton. Ma anche prima che essa fosse conosciuta, le osservazioni effettive erano esattamente dello stesso tipo; soltanto che non era possibile fare alcuna previsione fondata su determinati criteri logico-matematici, fino a quando non sopraggiunsero le leggi di Keplero, da cui Newton in seguito estrapolò le leggi generali del moto e della gravità.

È vero che la meccanica quantistica è stata modellata sulla base della meccanica analitica, le cui radici sono da ricercarsi nella meccanica celeste; tuttavia, nella fisica subatomica non abbiamo a che fare con sistemi in movimento o che cambino il loro stato senza alcuna influenza esterna in modo tale che sia possibile determinarli mediante registrazioni accurate delle loro caratteristiche osservabili in funzione del tempo, come avviene in meccanica celeste. L’aspetto più importante che occorre sempre tener presente, è che le previsioni della meccanica quantistica non debbono essere considerate precise, ma solo probabilistiche. Negli esperimenti di fisica quantistica lo scopo solitamente non è quello di trovare la funzione di stato dell’oggetto in esame, bensì quello di scoprire i tratti caratteristici della sua hamiltoniana; molto spesso i suoi autovalori.

Foto di Gerd Altmann da Pixabay

L’importanza di tale scelta, sta nel fatto che l’hamiltoniana è proprio la rappresentante della natura del sistema e delle leggi generali che lo reggono in qualunque stato. In meccanica celeste è perfettamente pensabile che un buon sistema per ottenere l’hamiltoniana consista nell’inversione dello schema di previsione; ossia consista nel misurare parecchie volte il valore iniziale e quello finale e nel cercare quale hamiltoniana li connetta correttamente. Tuttavia, in meccanica quantistica le cose sono molto più complicate; in tale contesto della realtà fisica, il fatto che da un’hamiltoniana conosciuta la previsione possa essere solo probabilistica, rende il cammino inverso estremamente più complicato, da un punto di vista matematico della trattazione del problema.

R.V: Dopo tali delucidazioni, penso sia chiaro a chiunque dove risiede il nocciolo del problema, nel voler immaginare un futuro in cui determinate IA molto avanzate, siano in grado di riscrivere le leggi fondamentali della fisica, partendo ovviamente dalla matrice ultima della realtà; quella che attualmente prende il nome di meccanica quantistica e che nel tempo ha dato forma alla teoria quantistica dei campi (QFT) e indirettamente alla teoria delle stringhe. Potremmo ovviamente immaginare una sorta di meccanica quantistica alternativa alle varie interpretazioni della MQ oggi conosciute, o simile ad alcune di esse; lo stesso discorso vale per le attuali QFT. Tuttavia, io stesso non oso immaginare a quale livello di complessità approderebbero tali teorie prodotte da “menti artificiali” e dunque da “ragionamenti” non umani. Passeremmo dai parametri frazionari, a quelli di natura irrazionale? Entreranno ancora in gioco i numeri complessi, come nelle attuali teorie quantistiche, oppure verranno sostituiti da altre “entità concettuali” ancora più sofisticate e addirittura inconcepibili, per una mente umana?

F.I: Sono le stesse domande che mi pongo anche io, caro Riccardo. Il buon vecchio Feynman sosteneva che nessuno è in grado di comprendere perfettamente la meccanica quantistica. Qualora dunque in futuro una “mente artificiale” fosse in grado di andare oltre ciò che ancora oggi la mente umana non è in grado di comprendere fin nei minimi dettagli, il gap si estenderebbe oltre ogni limite umanamente raggiungibile.

R.V: Se mai arrivassimo alle soglie di una tale svolta epocale, quasi certamente non vi sarà più un solo luogo su questo pianeta, dove in presenza di IA estremamente evolute, non si potrà udire riecheggiare nella nostra mente… “Lasciate ogne speranza, voi ch’intrate”. Grazie di cuore per la tua consueta disponibilità, caro Fausto. Alla prossima!

F.I: La Singolarità è vicina, direbbe Kurzweil. Grazie a te Riccardo e un caro saluto a tutta la redazione di AG. Alla prossima!