Nanotubi dentro di noi?

Il Giornale OnlineMacchine intelligenti tanto piccole da viaggiare nel sistema venoso, ossa e protesi indistruttibili… sono alcune delle promesse delle nanotecnologie applicate alla biomedicina. Ma noi siamo compatibili con questi nuovi materiali? O sono un rischio maggiore di quelli che vogliono risolvere? Dai topi la prima risposta.

Un anno fa, al centro congressi dell'Università di Roma Tor Vergata, al convegno internazionale “Carbon Nanotubes for biomedical applications” erano state prospettate applicazioni biomediche fantascientifiche per le nanotecnologie, e in particolare per i nanotubi in carbonio. Il convegno non aveva tuttavia risposto a una domanda fondamentale: siamo “compatibili” con questo nuovo materiale? Perché, quando entra in circolo, tende ad accumularsi in organi vitali, quali fegato e milza… Il nostro organismo è in grado di smaltirlo?

Se va bene ai topi…
Una prima risposta viene da uno studio sperimentale della Stanford University (California, Usa), concluso e verificato alla fine del 2007 e pubblicato dall'autorevole rivista medica Pnas(*). I ricercatori della Stanford hanno lavorato sui topi, iniettando direttamente nel loro sistema circolatorio i nanotubi in carbonio (hanno dimensioni di un milionesimo di millimetro), e seguendo poi il viaggio del materiale grazie a una tecnologia molto avanzata, la spettroscopia Raman(**). Questa ha permesso di verificare che, nel ciclo sperimentale, pur accumulandosi in alcuni organi, i nanotubi vengono infine eliminati sia dall'intestino sia dai reni. Nessuno dei topi sottoposti al trattamento ha poi presentato segni di tossicità o effetti collaterali negativi imputabili ai nanotubi. Un risultato confortante, considerate le aspettative degli scienziati (ma anche delle industrie titolari dei brevetti), che apre la strada alla sperimentazione sull'uomo e a future, straordinarie applicazioni delle nanotecnologie in campo biomedico. [/size=12]

COME POSSONO AIUTARCI?
Fin da subito, a partire dalla scoperta delle speciali condizioni che portano gli atomi di carbonio a disporsi in una struttura cilindrica (1985/90), i nanotubi hanno stimolato un'intensa attività di ricerca, anche in campo medico. Le applicazioni possibili sono le più disparate. Una delle più fantascientifiche li vede usati come materiale da costruzione per nano macchine “intelligenti” per il trasporto e il rilascio dei farmaci direttamente nelle cellule malate, così da non danneggiare i tessuti circostanti. Sarebbe, questo, un obiettivo molto importante nella lotta contro i tumori, per esempio, e in tutti quei casi in cui i farmaci utilizzati si possono rivelare tossici anche per i tessuti sani. Ma si sta saggiando la possibilità (più pratica e realistica) di utilizzare i nanotubi per la produzione di ossa artificiali e per la ricostruzione di circuiti nervosi danneggiati da traumi. O, ancora, di mescolarli a determinate resine per rendere più resistenti le protesi ortopediche e odontoiatriche. [/size=12]

(*) [u]Pnas[/u], Proceedings of the National Academy of Sciences USA: è un giornale scientifico, pubblica – dopo attenta verifica – ricerche, commenti e analisi di scenario.

(**) [u]spettroscopia Raman[/u]: strumento usato in chimica per l'osservazione e l'analisi della radiazione elettromagnetica emessa da una sorgente, generalmente un elemento o una sostanza. Misura le frequenze di vibrazione della molecola: perciò le proprietà spettroscopiche possono servire come criterio di riconoscimento molecolare.

Fonte: http://www.focus.it/Scienza/news/Nanotubi_dentro_di_noi.aspx