Ancora una volta il “progresso economico a tutti i costi” nega i diritti individuali e collettivi umani di intere comunità. Scelte politiche di paesi sottomessi agli interessi di grandi corporazioni dell’economia e della finanza, un “format” ormai applicato a gran parte del territorio mondiale e che non risparmia i popoli indigeni del Brasile.
Nello specifico parliamo del PEC 215 del 2000 (Proposta di emendamento costituzionale), del PLC (Progetto di legge complementare) 227/2012, e del progetto del senatore Romero Jucá che pretende di modificare il paragrafo 6 dell’articolo 231 della Costituzione federale che definisce e sancisce i diritti dei popoli indigeni, ovvero, aree indigene già demarcate che saranno revocate.
In altre parole i settori dell’agro-business, imprese minerarie e della grande edilizia, cercano di imporre i loro progetti di legge ed i loro emendamenti alla Costituzione federale del Brasile con l’intento di sottrarre le aree attualmente assegnate alle popolazioni Indio e Quilombola, sotterrando ogni loro diritto e possibilità di sopravvivenza fisica e culturale, per fini esclusivi di lucro.
Quilombola sono comunità – “quilombo” – formate, un tempo, da schiavi africani fuggiti dalle piantagioni in cui erano prigionieri del periodo coloniale del Brasile, oggi dai loro discendenti.
Si sta compiendo, dunque, un vero e proprio crimine intriso di illegalità e corruzione. Per questo motivo da anni e ripetutamente si lanciano petizioni a sostegno della lotta per amplificarne la risonanza a carattere mondiale. Il “sasso di Davide” contro i giganti delle multinazionali e della finanza ma, a volte, con risultato vincente per desistere a priori.
In un documento di denuncia intitolato: “PEC 215 Minaccia ai diritti dei Popoli Indigeni, Quilombola e preservazione dell’Ambiente“, queste le parole conclusive:
“Esse é um crime para nós.
Sofremos e vamos sofrer mais com essa PEC.
Volto para Roraima para mobilizar o meu povo”,
Jeci Makuxi, da TI Raposa Serra do Sol (RR)
“Questo è un crimine per noi. Soffriamo e soffriamo di più da questo PEC.
Volto a Roraima per mobilitare il mio popolo”, Jeci Macushi, Raposa Serra do Sol (RR)
Sull’osservazione del fenomeno: la previsione per i popoli indigeni Indio e Quilombola è allarmante considerando che la tendenza del governo brasiliano è quella di continuare a programmare favorendo mercato, economia e sfruttamento delle risorse naturali, in nome di qualcosa che definisce “di interesse comune” anziché “di bene comune”.
Conseguentemente in funzione di questo scenario, i dettami costituzionali, le norme e i trattati internazionali, soprattutto per quanto riguarda la consultazione prioritaria che deve essere fatta agli indio, non saranno rispettati.
Se salvaguardare i diritti dei popoli indigeni, sarebbe già un motivo sufficiente per opporsi alla PEC 215, non và in ogni caso ignorato che la minaccia intrinseca a questa manovra non si limita solo a questo. La minaccia va estesa a tutta la popolazione del Brasile ed oltre. Non è difficile immaginare con chiarezza che, superato questo ostacolo, si spiani la strada alla devastazione di un eco-sistema a favore della più bieca speculazione nello sfruttamento del territorio. Conosciamo già il modus operandi: depauperamento che, dopo esser stato esaurito e aver portato profitti nelle mani di pochi, lascerà a tutti noi e alle future generazioni il costo della devastazione.
Un prezzo troppo alto fatto di deforestazioni, contaminazioni di fiumi e conseguente collasso del sistema idrico, che non può non influire a livello planetario. Iniziamo forse a comprendere che non si tratta di qualcosa di isolato e che riguarderà un lontano futuro ma di qualcosa di drammaticamente reale già da adesso. In un pianeta già largamente devastato, non saranno i nostri nipoti a viverne le assurde conseguenze, ma i nostri figli e già ora noi stessi.
Le rivendicazioni ed instancabili manifestazioni di questi ormai 16 anni, portate avanti da indio e quilombola contro la PEC 215, è un palese esempio che ci mostra che non si può lasciare la garanzia dei diritti costituzionali e umani, e la salvaguardia dell’ambiente, esclusivamente nelle mani di politici o governanti.
Tuttavia, nonostante la violenta repressione governativa su più fronti sociali, specialmente quelli riguardanti la difesa delle aree ma anche della sanità gratuita e di qualità, educazione, lavoro e cittadinanza, i leader indigeni hanno ottenuto una straordinaria vittoria contro la PEC in termini di unione, anche spirituale, dei popoli indigeni di oltre 1500 comunità.
La loro vera “arma” è la sincera convinzione che, attraverso la lotta e l’unione, sia possibile superare ostacoli che a volte sembrano invincibili, ed a questa convinzione di cuore ci uniamo a sostegno. Questo breve articolo è il nostro piccolo contributo di denuncia per informare e non tacere questi crimini e devastazioni.