La creatività scientifica

Il Giornale Online
Ci sono alcuni aspetti paradossali nella storia dei rapporti fra le “due culture”, la cultura scientifica e quella umanistica. Nella prima metà del Novecento l'ambiente del Circolo di Vienna sembrava rappresentare un sorta di luogo ideale per l'incontro fra scienziati, filosofi, artisti. Da un punto di vista teorico invece molti rappresentanti della scuola viennese (gli empiristi logici) hanno affermato la necessità di rigorose separazioni fra le attività scientifiche, quelle filosofiche e quelle artistiche. In tempi più vicini a noi la crescente specializzazione sembra rendere sempre più difficile e drammatico il dialogo fra culture diverse e fra settori più o meno lontani delle stesse discipline scientifiche. Stranamente, oggi si sono invece intensificate ricerche “di confine” fra scienze, filosofia e arte, e gli atteggiamenti teorici “separatistici” sembrano in declino.

Una conferma di queste tendenze è venuta dal convegno “Storia naturale della creatività” (Accademia dei Lincei, 3-4 giugno 2009), a cui hanno partecipato matematici (Edoardo Vesentini), fisici e chimici (Vincenzo Balzani, Salvatore Califano, Ernesto Carafoli, Andrea Frova, Giorgio Parisi, Adriano Zecchina), neuroscienziati (Lamberto Maffei), filosofi (Maria Luisa Dalla Chiara, Sergio Givone, Alessandro Pagnini, Paolo Rossi), architetti (Mario Botta, Alessandra Capanna) e musicologi (Pierluigi Petrobelli).

Che cos'è e come si manifesta la creatività? Si tratta di un fenomeno apparentemente misterioso di cui però è possibile descrivere alcune caratteristiche che sembrano comuni ad attività culturali diverse. In molti casi, le situazioni che chiamiamo creative sembrano connesse con particolari capacità di “vedere” forme o strutture, combinando in modo nuovo elementi diversi che prima erano stati pensati come separati. Come ha chiarito nella sua conferenza Giorgio Parisi, lo stesso pensiero scientifico è fondato su intuizioni di questo tipo, che non sono legate necessariamente a una formulazione linguistica. E, diversamente da quello che succede nel contesto dell' intelligenza artificiale, il pensiero razionale non si lascia descrivere come una semplice manipolazione di simboli. In questa prospettiva, i teoremi della matematica o della fisica possono avere un significato che prescinde completamente dalla loro dimostrazione

Un esempio molto istruttivo di “strategia del pensiero” è offerto da gioco degli scacchi. La prima volta che il campione del mondo Gary Kasparov giocò contro il computer Deep Blue, vinse il computer. Il campione protestò, perché, a quanto pare, dietro la strategia di Deep Blue credette di vedere anche l'intervento di una mente umana. Come è possibile tutto questo, dato che la macchina analizza molti miliardi di posizioni in un secondo, cosa inimmaginabile per una mente umana? In realtà, un grande maestro di scacchi calcola sì, ma soprattutto -come si vede quando gioca parecchie partite simultanee- si forma a colpo una Gestalt (una forma) e ne apprezza per esperienza le varie probabilità; solo dopo passa a calcolare. Verosimilmente è qualcosa di questo genere che ha intravisto Kasparov, quando ha “protestato” contro Deep Blue. E' interessante il fatto che oggi alcune idee fondamentali studiate dalla psicologia della Gestalt possano essere indagate anche sperimentalmente, attraverso tecniche di brain imaging, nel contesto delle neuroscienze.
In che misura la categoria della bellezza ha un ruolo nella costruzione di teorie scientifiche? Questa è una domanda a cui alcuni relatori del convegno hanno dato risposte diverse. ed è stata discussa una celebre asserzione del fisico Paul Dirac secondo cui in fisica “è più importante per un'equazione essere bella che essere sperimentalmente corretta”. Naturalmente non è facile definire in modo formale il concetto di bellezza (o di eleganza) di una teoria; ma la comunità scientifica ha spesso dimostrato di avere una speciale intuizione che permette di distinguere le belle teorie dalle teorie poco eleganti.
Come si giunge a una teoria nuova, ed esiste una logica della scoperta, così come esiste una logica della dimostrazione? In realtà è molto difficile codificare attraverso regole precise i meccanismi della scoperta. Quello che è invece evidente è il fenomeno seguente: l'introduzione in una disciplina scientifica di un nuovo formalismo è spesso automaticamente creativa in quanto porta a identificare strutture e oggetti di indagine nuovi.

Un caso esemplare è rappresentato dalla storia della meccanica quantistica, i cui “misteri” sono una diretta conseguenza del nuovo formalismo matematico che permette le strane sovrapposizioni di stati e gli stati entangled (impossibili nel contesto della fisica classica). Albert Einstein ha dichiarato una volta che nella meccanica quantistica c'è qualcosa di “profondamente musicale''. Che cosa intendeva precisamente con questa osservazione un po' misteriosa il grande scienziato, a cui piaceva suonare il violino? La posizione di Einstein verso la meccanica quantistica ci appare oggi in un certo senso paradossale, in quanto Einstein è stato nello stesso tempo uno dei padri fondatori, ma anche uno dei principali critici della teoria. Le obiezioni più rigorose sono state proposte in un articolo pubblicato nel 1935 insieme con Podolsky e Rosen, dove è stato esposto per la prima volta un celebre paradosso della teoria quantistica che, in gergo, viene di solito chiamato “paradosso EPR''.

C'è una sorta di paradosso nella storia di questo paradosso: molte delle conseguenze che gli autori dell' articolo presentavano come aspetti negativi e potenzialmente contraddittori della teoria quantistica si sono, nel corso del tempo, trasformati in effetti positivi, anche dal punto di vista delle applicazioni tecnologiche. Oggi le “situazioni EPR'' costituiscono infatti il fondamento di molti risultati importanti per il teletrasporto, la crittografia e la computazione quantistica. E si comincia a capire come il misterioso entanglement quantistico, che rappresenta la caratteristica più intrigante delle situazioni EPR, possa avere anche delle applicazioni interessanti al di fuori della microfisica; per esempio, per descrivere fenomeni semantici di olismo e di contestualità, caratteristici sia delle lingue naturali sia dei linguaggi dell'arte.

Le teorie semantiche tradizionali, fondate sulla logica classica, sono disperatamente anti-olistiche e analitiche. Infatti, in queste teorie, vale un principio generale di composizionalità secondo cui il significato di una espressione composta deve essere determinato dai significati delle sue parti. E i significati vengono descritti sempre come precisi e non ambigui. Nell'ambito del formalismo quantistico, invece, si possono creare stati di conoscenza entangled, dove l'informazione intorno al tutto determina le informazioni contestuali intorno alle parti. E, in generale, risulta impossibile invertire il procedimento, ricostruendo l'informazione globale come combinazione di informazioni parziali sugli elementi componenti. E come se, una volta rotto nei suoi pezzi, il puzzle non potesse più ricomporsi ricreando l'immagine originaria.
Le ricerche interdisciplinari sono qualche volta guardate con sospetto dagli scienziati specialisti, che giustamente temono le estrapolazioni arbitrarie da un campo all' altro della conoscenza. Ma oggi è spesso possibile affrontare problemi “di confine” fra discipline diverse con metodi scientifici rigorosi, contribuendo così a colmare una lacuna fra cultura umanistica e cultura scientifica.

Maria Luisa Dalla Chiara
Filosofia della Scienza, Università di Firenze

Giuliano Toraldo di Francia
Fisica, Università di Firenze

Fonte: http://www.scienzainrete.it/contenuto/articolo/La-creativita-scientifica