In che modo la fisica quantistica è in grado di spiegare la coscienza?
La fisica quantistica entra nello studio del cervello e quindi della generazione dei processi di coscienza, grazie al modello congiunto del famosissimo fisico-matematico britannico Roger Penrose dell’Università di Oxford e dell’anestesiologo statunitense Stuart Hameroff della Arizona University. L’ipotesi, che negli ultimi tempi sta prendendo sempre maggior forza e credibilità negli ambienti accademici, asserisce che i processi di coscienza siano dovuti alle Tubuline, proteine presenti nei Microtubuli, a loro volta componenti fondamentali del cervello che regolano le connessioni tra le sinapsi. In base alle loro peculiari caratteristiche, le tubuline costituiscono un tutt’uno a livello quantistico, perché sono legate dalla stessa funzione d’onda, dal momento che sono intimamente legate tra loro da uno stato di “coerenza quantistica”, ovvero una forma di entanglement che lega localmente tra loro più particelle. Ciò che avviene nelle tubuline è in tutto identico a quello che succede con i fotoni prodotti da un Laser, ossia il blocco di tubuline in stato di coerenza collassa spontaneamente (per dirla nel gergo della meccanica quantistica) e in maniera orchestrata, come se un solo direttore controllasse il processo. La coerenza quantistica nei microtubuli, e quindi delle tubuline in essi contenuti, è garantita dal fatto che le particolari condizioni di isolamento dei microtubuli nel cervello, grazie alla mediazione di un tipo di “gel”, li rendono sufficientemente inattaccabili dal fenomeno della decoerenza, cosa che distruggerebbe il legame quantistico e che si verifica quando un sistema quantistico si trova ad interagire con fattori fisici esterni.
A questo punto come si forma la coscienza?
Il processo avviene sostanzialmente in due fasi. Nella prima fase abbiamo un “momento inconscio” corrispondente alla sovrapposizione quantistica di tutti i 109 stati delle tubuline nei microtubuli, una specie di “limbo della coscienza” di brevissima durata. Nella seconda fase abbiamo il “momento conscio” vero e proprio corrispondente al collasso della funzione d’onda che raccoglieva in sé in un unico stato quantistico, il complesso entanglement globale che unisce i microtubuli nel cervello: questa seconda fase viene denominata “riduzione obiettiva orchestrata”. Il fisico matematico Roger Penrose, spiega il processo di formazione di un dato “momento di coscienza” come una perturbazione spontanea che avviene a livello del “vuoto quantistico” o Campo di Planck (10^-33 cm) con effetti sia quantistici che relativistici.
In tal modo il cervello non sarebbe altro che un vettore in grado di rendere manifesta una Coscienza che di fatto si troverebbe “altrove”. Tanto maggiore sarà l’Energia E = h/t (dove h è la costante di Planck) associata alla massa dei microtubuli (dipendente dal numero degli stessi) e: 1) tanto minore sarà il Tempo con cui avrà luogo il Collasso; 2) tanto maggiore sarà il numero di momenti di coscienza esperiti nel corso di una giornata. Mediamente per un essere umano un “momento di coscienza” generato da questo meccanismo dura 1/60 di secondo, in maniera tale da esperimentare circa un milione di momenti di coscienza nel corso di una giornata. Dalla semplicissima equazione presentata sopra si evince che se facciamo tendere all’infinito il valore dell’energia allora avremo che il Tempo t tenderà a zero: questa sarebbe la “Coscienza di Dio”, ovvero un limite irraggiungibile, dato che corrisponderebbe ad un numero infinito di momenti di coscienza in un tempo nullo. Il modello quantistico della coscienza, che si sta prepotentemente imponendo sul vecchio modello del cervello secondo il quale la coscienza non sarebbe altro che un processo puramente elettrico innescato dai continui scambi di energia che hanno luogo tra i neuroni, mette bene in chiaro un aspetto: non è in alcun modo possibile avere momenti di coscienza se non esiste un vettore fisico dotato di proprietà di coerenza quantistica che la esplichi, come ad esempio il cervello e i microtubuli in esso contenuti. Ma in teoria ciò potrebbe verificarsi anche tramite altri vettori, come ad esempio un condensato di Bose-Einstein (un conglomerato di atomi ottenuti raffreddando la materia fino a circa lo zero assoluto) o addirittura un Laser o forse anche un plasma.
L’idea che la coscienza, che forse potrebbe anche coincidere con il fattore “anima”, possa esistere (almeno come fattore attivo) del tutto sganciata dalla materia è smentito anche dal modello che il fisico teorico David Bohm fornisce del comportamento di una particella elementare, per la quale è necessario invocare una componente causale e locale soggetta alle normali leggi di causa-effetto strettamente agganciata ad una componente non-locale e a-causale rappresentata dal cosiddetto “potenziale quantistico” (il fattore che spiega matematicamente la natura del fenomeno dell’entanglement, altrimenti detto “sincronicità quantistica”). Secondo questa visione scientifica, dunque, il fattore Coscienza, inteso nella sua operatività ha assolutamente bisogno di un vettore fisico per esplicarsi. In caso contrario resta comunque una specie di “software” in grado di conservare tutta l’informazione acquisita in attesa di un hardware che lo metta in atto.
Come si spiega lo spirito in modo scientifico, anziché religioso o metafisico?
Direi che il concetto di “spirito” potrebbe spiegarsi proprio con il concetto di potenziale quantistico elaborato da David Bohm, ovvero di un fattore non-locale per il quale non valgano le normali leggi di causalità (e quindi anche i limiti imposti dalla velocità della luce). Un fattore in grado di “esistere” come una unicità che avvolge tutto il cosmo, dove tutte le apparenti frammentazioni rappresentate dalle coscienze dei vari esseri senzienti cessano di esistere. Il nostro spirito, a mio avviso, non è altro che una piccola scintilla generata dallo stesso eterno fuoco. Ma anche in questo caso lo spirito per manifestarsi ha bisogno di un corpo, di qualunque tipo.
Questa è la ragione per la quale esiste il mondo fisico propriamente detto: al fine di permettere allo spirito, alla coscienza e all’anima di esplicarsi e cioè di fare in modo che quello che è di fatto un deposito non fisico di informazione (appunto lo spirito e con esso la coscienza e l’anima), agente proprio come un software non locale, possa essere usato tramite un hardware chiamato corpo fisicoo più generalmente “materia”. Pertanto certe nuove conoscenze estese della fisica quantistica non mettono affatto in dubbio le leggi meccanicistiche della fisica tradizionale – i modelli matematici e le misure fatte in maniera ripetibile all’infinito mostrano che queste leggi funzionano straordinariamente bene – ma semplicemente aprono le porte ad un altro mondo (quello non-locale) che non è alternativo al primo, bensì perfettamente complementare e agganciato ad esso.
Dunque il problema della fisica attuale non è affatto quello di scartare la fisica classica tradizionale e la teoria della relatività sua naturale estensione, bensì quello di espanderla con un “quid” che per millenni è rimasto nelle mani delle religioni o dei pensatori e filosofi metafisici (ad esempio il “mondo delle idee” di Platone) o addirittura della magia. Tutto ciò ci mostra quanto e come sia esteso, potenzialmente, il raggio di azione della scienza, la fisica in particolare. E il suo obiettivo finale è quello di tentare di descrivere l’Universo non solo come mappa, ma anche come territorio, non solo come trattazione epistemologica ma anche come trattazione ontologica, dove la materia priva di coscienza o di un programma che la guidi sarebbe un assoluto non-senso. Inoltre le leggi fisiche in generale e le costanti stesse di natura sono troppo ben sintonizzate tra loro perché si debba pensare ad un universo che sia cieco o puro frutto del caso.
Come interagisce lo spirito con la materia?
A parte le relazioni matematiche del prima citato Bohm che legano lo spirito (o coscienza) inteso come potenziale quantistico alla materia (la fisica classica) e che potrebbero stare alla base di quanto si argomenterà tra poco, al giorno d’oggi non esistono ancora modelli teorici che siano in grado di spiegare in maniera rigorosa e autoconsistente una possibile interazione tra spirito (o mente o coscienza) e materia. In linea di principio il potenziale quantistico ci dice che esso è agganciato alla materia, ma non spiega (perlomeno non ancora) in che modo lo spirito stesso possa influire direttamente sulla materia, tramite la creazione di fenomeni strani come ad esempio la telecinesi, la levitazione o il poltergeist. Certamente in alcuni laboratori seri di parapsicologia si è riusciti a dimostrare che in talune circostanze certi fenomeni definiti “paranormali” si realizzano veramente. Ma poi il risultato di tali sperimentazioni richiedono che su di esse venga poi costruito un modello matematico che ne costituisca un’ossatura. Non siamo arrivati ancora a quel punto.
Inoltre, secondo i canoni standard della scienza, gli esperimenti devono essere ripetibili da qualunque osservatore nelle stesse medesime condizioni. Ma in certe bizzarre fenomenologie ciò non sempre accade, probabilmente a causa del fatto che a volte l’osservatore stesso perturba la realtà osservata, secondo una meccanica che ricorda indubbiamente molto di quanto accade quando un osservatore (o misuratore) tenta di studiare stati quantistici come le particelle elementari. Ho l’impressione che per riuscire ad arrivare a costruire una vera scienza che descriva in maniera rigorosa l’interazione tra mente e materia sia necessario monitorare simultaneamente sia l’oggetto osservato (costituito dal talento psichico mentre opera sulla materia perturbandola) che l’osservatore che lo osserva e la questione diventa complicata anche se in linea di principio non impossibile da risolvere. Perlomeno, a prescindere da certune evidenze sperimentali (anche se occasionali) che già abbiamo, sappiamo già come affrontare il problema prima di risolverlo.
Esperimenti effettuati da svariati biofisici mostrano che certi effetti della mente sulla materia non si verificano mai quando in presenza del talento psichico che dovrebbe produrli si trovano osservatori scettici, mentre succede il contrario quando gli osservatori sono di mente aperta (il che non vuol affatto dire mancanza di rigore nella gestione dell’esperimento). Alcuni ricercatori seri, come ad esempio il Dr. Dean Radin, ritengono che l’influsso dell’osservatore (e quindi della sua mente) sulla potenziale “sorgente mentale” dei fenomeni funzioni esattamente come il classico fenomeno dell’interferenza in fisica, che può essere sia distruttiva che costruttiva. La comprensione di tali effetti è di basilare importanza nella messa a punto dei futuri esperimenti.
Dell’anima cosa si sa?
Sarebbe decisamente disonesto dire che la fisica possiede una conoscenza del “fattore anima”, anche per le ragioni discusse sopra. Ciò ancora non sussiste. Tuttavia è possibile fare alcune deduzioni decisamente importanti. Esistono recenti studi biofisici sul DNA, come ad esempio quelli del biofisico russo Peter Gariaev, che mostrano che quello che noi chiamavamo “DNA di scarto” in realtà potrebbe rappresentare il filo di Arianna che collega l’anima al corpo. D’altro canto esistono interessantissimi studi come quelli del fisico teorico Emilio del Giudice (scomparso molto recentemente) sulla coerenza elettrodinamica quantistica che mostrano come la materia biologica e in particolare l’acqua in essa contenuta, non possa reggersi senza una “cabina di regia” che la governi. Si tratterebbe di un tipo di “campo informativo” il cui compito non è quello di trasportare energia, bensì quello di trasportare Informazioni in maniera sincronizzata a tutte le particelle. È chiaramente una struttura di ordine (ovvero: di coerenza), che si accompagna alle normale strutture di disordine e caotiche tipiche dei moti molecolari. Questa cabina di regia sarebbe rappresentata proprio da un campo quantistico elettrodinamico coerente in grado di innescare a sua volta campi elettromagnetici che sarebbero responsabili della coesione delle molecole, in grado di garantirne una evoluzione coerente.
Campi di questo genere prenderebbero ordine in maniera non locale proprio dal potenziale quantistico (come lo aveva definito Bohm). Secondo tale scenario il potenziale quantistico informerebbe in maniera non-locale la materia biologica, attivando precise frequenze del campo elettromagnetico intrappolato nella materia (atomi, molecole, cellule), il quale creerebbe a sua volta strutture coerenti nella materia stessa facendole assumere precise oscillazioni di fase. Manifestazione di questi campi elettromagnetici biologici sono sicuramente i cosiddetti “biofotoni”, più volti osservati in laboratorio utilizzando sensibilissimi fotomoltiplicatori, sulla base di studi iniziati dal biofisico tedesco Fritz Albert Popp dei laboratori di Kaiserlautern e poi proseguiti da altri, come ad esempio il già citato Gariaev. A questo punto cos’è esattamente l’anima? Ancora non lo sappiamo, ma potremmo intuirlo abbastanza facilmente. L’anima non sarebbe altro che uno degli infiniti bracci di una immensa piovra rappresentata dal potenziale quantistico, sede della coscienza, e funzionante anche come banca di memoria, un “ente” che sarebbe emanazione dello stesso campo elettrodinamico quantistico.
Anima non come oggetto fisico, bensì come “oggetto informatico”, ovvero informazione pura. Ogni anima, se vogliamo speculare in maniera un po’ pindarica, potrebbe rappresentare una specie di terminale di computer, mentre il potenziale quantistico rappresenterebbe il computer centrale che dirige tutti i terminali. Ma essa si configurerebbe come terminale in senso stretto solamente se essa è agganciata ad un corpo di qualche natura, ovvero di un corpo che possa garantire effetti di coerenza quantistica in grado di garantire la formazione di momenti di coscienza. Anche un plasma (una condensazione di ioni ed elettroni liberi) potrebbe forse essere uno di questi vettori (o “corpi”), non solamente un corpo denso di natura biochimica, e certi studi recenti pubblicati su prestigiose riviste come il New Journal of Physics mostrano che i plasmi in talune condizioni manifestano caratteristiche in tutto identiche al DNA umano e quindi ai processi che portano alla manifestazione della Vita. Dal momento che una vita senza coscienza (e quindi senza veri valori morali e spirituali) non avrebbe alcun senso nell’economia dell’universo, è logico pensare che l’anima presente in qualunque corpo (almeno idealmente) debba servire anche come una specie di “scatola nera” (come quella degli aerei), in grado di registrare tutto quanto è stato vissuto in termini di intelletto e di emozioni. Noi oggi abbiamo internet e la possibilità di fare upload e download di informazione a velocità-luce. Non mi meraviglierei che tutte le informazioni raccolte dalla cosiddetta “anima” possano essere costantemente caricate in maniera non-locale su una “banca di memoria strategica” che amerei chiamare “Grande Biblioteca”. In tal modo nulla sarebbe perso, e ovviamente l’informazione raccolta potrebbe essere scaricata da chiunque possegga la tecnica per farlo in maniera razionale e non istintiva.
Forse intelligenze avanzate rispetto a noi di milioni o miliardi di anni potrebbero avere costruito questa specie di supercomputer non-locale fin da epoche remote, giocando al posto dei Bit 1 e 0 con le parti up e down (particelle virtuali) della schiuma quantistica, quella che rappresenta il “vuoto quantistico”, un vuoto da cui potrebbero essersi creati gli Universi come bolle, esattamente come il nostro, in questa e in altre dimensioni. Le anime verrebbero usate semplicemente come “sensori” per acquisire informazione, in maniera tale che tutte assieme arricchirebbero la coscienza dell’Universo nella sua globalità. Forse un modo per risvegliare un Dio addormentato facendogli assumere piena coscienza di sé.
Documentazione di pertinenza al tema discusso in questa intervista:
• Hameroff, S. – Quantum Consciousness: quantumconsciousness.org
• Mc Taggart, L. (2008). Il Campo del Punto Zero – Alla scoperta della Forza Segreta dell’Universo. Macro Edizioni.
• Penrose, R. (1992). La Mente Nuova dell’Imperatore. Rizzoli, Milano.
• Radin, D. (2006). Entangled Minds – Extrasensory Experiences in a Quantum Reality. Pocket Books.
• Teodorani, M. (2006). Bohm – La Fisica dell’Infinito. Macro Edizioni.
• Teodorani, M. (2006). Sincronicità – Il Legame tra Fisica e Psiche da Pauli e Jung a Chopra. Macro Edizioni.
• Teodorani, M. (2007). Entanglement L’Intreccio nel Mondo Quantistico: dalle Particelle alla Coscienza. Macro Edizioni.
• Teodorani, M. (2008). La Mente di Dio. DVD. Macro Edizioni.
• Teodorani, M. (2012). Il Carteggio Genesis – Un Progetto Strategico per lo Studio Sistematico e Multi-Spettro della Fisica di Frontiera. E-Book Scribd: it.scribd.com
Tratto da: Rivoluzione Culturale EVIDEON – Trimestrale