Balene accecate dalle macchie solari

Un esemplare di balena grigia. Crediti: Merrill Gosho/Noaa

Uno studio su Current Biology mostra come le balene grigie abbiano maggiori probabilità di arenarsi nei giorni in cui sono presenti più macchie solari. È un aspetto ancora da approfondire, ma il “sesto senso“ basato sui campi geomagnetici adottato da questi cetacei per farsi strada nell’oceano sembrerebbe andare temporaneamente in tilt nei periodi di più intensa attività solare.

L’osservazione delle macchie solari è molto importante per il controllo dell’attività della nostra stella, essendo fortemente correlate alle tempeste solari e dunque alle interferenze con il campo geomagnetico terrestre. E non solo: un team di ricercatori, guidato da Jesse Granger della Duke University, ha studiato il modo in cui una tempesta solare potrebbe far perdere l’orientamento alle balene grigie (Eschrichtius robustus) durante la migrazione, facendole arenare.

Durante la navigazione gli stimoli visivi nell’oceano sono spesso limitati, e questo spinge alcuni grandi animali oceanici a servirsi di altre modalità sensoriali, come l’influenza del campo geomagnetico terrestre: un “sesto senso” noto come magnetoricezione. Studiando il modo in cui alcuni animali se ne avvalgono per la migrazione e analizzando gli incidenti che ne arrestano drasticamente la navigazione, emergono correlazioni significative tra fisica e biologia, come già avevamo riportato su Media Inaf riguardo a uno studio simile – condotto in quel caso sui capodogli – pubblicato nel 2016.

«Ho ipotizzato che per capire meglio, nel suo insieme, questo fenomeno, occorreva osservare i modelli che descrivono la spaziatura e la tempistica degli incidenti in cui un animale non fosse stato in grado di navigare correttamente», spiega Granger, raccontando che il suo interesse per le migrazioni a lunga distanza deriva in parte da una personale tendenza a perdersi, anche mentre si reca al supermercato.

Lei e i suoi colleghi hanno studiato 186 esemplari di balena grigia tutti in buona salute – che dunque non potevano essere stati disorientati da malattie o ferite – spiaggiati presumibilmente a causa di “errori” nel loro sistema di navigazione.

«Abbiamo scelto questa specie perché, tra i mammiferi, è una di quelle che compie migrazioni più lunghe, inoltre c’è un ampio database che ne raccoglie gli eventi di spiaggiamento e, infine, tende a migrare tenendosi vicina alla costa, e questo suggerisce che anche lievi errori di navigazione possano aumentare il rischio di arenarsi», scrivono gli autori nell’articolo pubblicato questa settimana su Current Biology. Per questo studio, in particolare, sono stati presi in esame 31 anni di dati, raccolti dal 1985 al 2018 dalla Noaa, la National Oceanic and Atmospheric Administration statunitense. Confrontando i dati è emerso che gli spiaggiamenti si sono verificati in misura significativamente maggiore nei giorni in cui era presente un elevato numero di macchie solari rispetto a giorni scelti casualmente.

L’esistenza di correlazioni tra attività solare e comportamento migratorio è nota da tempo, ricordano gli autori dello studio. Ma il loro è il primo lavoro che prende in esame i potenziali meccanismi all’origine di queste correlazioni analizzando i parametri geofisici interessati dalle tempeste solari.

macchie solari
Jesse Granger, ricercatrice della Duke University, a capo dello studio pubblicato su Current Biology. Fonte: opticsoflife.org

Granger si è chiesta: «Le balene ricevono informazioni errate a causa dello spostamento del campo magnetico indotto dalle tempeste solari – pensando, per esempio, di trovarsi sulla Quarta Strada quando in realtà sono sull’Ottava? O invece le tempeste solari mettono proprio fuori uso il recettore – inducendo dunque le balene, inconsapevolmente accecate, a pensare di essere ancora sulla Quarta Strada?». Ebbene, i dati suggeriscono che l’ipotesi corretta sia la seconda: la maggiore incidenza di spiaggiamenti nei giorni con più macchie solari può essere spiegata da un’interruzione del sensore magnetorecettivo delle balene grigie, piuttosto che dalla distorsione del campo geomagnetico stesso. Risultato: i cetacei perdono letteralmente la bussola. Le tempeste solari possono infatti causare un forte disturbo in radiofrequenza, un rumore a banda larga in grado di interferire con la capacità di orientarsi con il campo magnetico, rendendo dunque temporaneamente “cieca” la balena grigia, che finisce per lasciarsi trasportare dalle correnti fino a raggiungere la costa.

«È importante tenere presente che questa non è l’unica causa degli spiaggiamenti», precisa Granger. Esistono infatti molti altri disturbi che potrebbero causare la deriva di una balena, come i segnali dei sonar a medie frequenze delle navi. Il prossimo passo sarà condurre un’analisi simile ma su altre specie di balene, in altri continenti, per verificare se la correlazione regge anche su una scala globale.

Laura Leonardi

media.inaf.it