A cinquemila metri di profondità al largo della Tasmania è stato scoperto un incredibile mondo perduto sommerso, un paesaggio vulcanico originatosi 30 milioni di anni fa. Per gli scienziati, che lo hanno individuato per puro caso, si tratta di un vero e proprio paradiso della biodiversità, soprattutto per i grandi cetacei. A circa 400 chilometri di distanza dalla costa orientale della Tasmania (Australia) è stato scoperto un vero e proprio “mondo perduto” sommerso, un paesaggio vulcanico di rara bellezza che pullula di vita. Per gli scienziati dell’Università Nazionale Australiana (ANU) che l’hanno individuato – per puro caso – si tratta di un paradiso della biodiversità, in particolar modo per i cetacei e gli uccelli marini, attirati nell’area dall’abbondanza di prede. I picchi vulcanici, alcuni acuminati e altri piatti, favoriscono infatti la risalita dei nutrienti modificando il corso delle correnti oceaniche, dando vita a un ecosistema incontaminato vibrante e ricco
Gli scienziati, una squadra di 25 studiosi guidati dalla dottoressa Tara Martin, erano nell’area per misurare i livelli di fitoplancton e nutrienti sottoposti agli effetti della Corrente dell’Australia orientale, quando il sonar a bordo della nave da ricerca scientifica Investigator del CSIRO (Commonwealth Scientific and Industrial Research Organisation) ha rilevato il meraviglioso paesaggio sommerso. Non è mai stato individuato fino ad oggi perché le vette più alte delle montagne vulcaniche, alte anche tre chilometri, si trovano a duemila metri sotto la superficie del mare, dunque per individuarle era necessario indagare con strumenti ad hoc.
Secondo gli scienziati il paesaggio vulcanico si è formato circa 30 milioni di anni fa, quando l’Australia – e l’isola della Tasmania – si separarono dall’Antartide. La mappatura ha rilevato i “contorni” di questo mondo perduto, ma sarà necessario tornare nell’area con telecamere di profondità e altri strumenti per avere un quadro preciso delle sue caratteristiche. Proprio per questo la Investigator guiderà altre due missioni di ricerca nei mesi di novembre e dicembre.
I primi rilievi sulla fauna indicano che siamo innanzi a un incredibile paradiso della biodiversità. Durante la spedizione Martin e colleghi hanno avvistato non meno di trenta megattere (Megaptera novaeangliae), oltre che un’ottantina di globicefali o balene pilota (Globicephala melas) e quattro specie di uccelli marini, tra i quali la procellaria gigante meridionale (Macronectes giganteus) e l’albatro sopracciglio nero (Thalassarche melanophrys).
L’ornitologo Eric Woehler che era a bordo dell’Investigator è sicuro che durante le prossime spedizioni verranno avvistate anche altre specie di uccelli, anche se i numeri “record” sono attesi per la fauna acquatica, tra vertebrati e invertebrati. Secondo gli studiosi questo mondo sommerso è un paradiso soprattutto per le balene, che potrebbero sfruttarlo come “autostrada” durante le migrazioni estive grazie all’abbondanza di cibo.
Andrea Centini