Google, Microsoft e una serie di start up e laboratori di ricerca stanno facendo a gara per far uscire il calcolo quantistico dall’ambito della ricerca pura e passare alla sua applicazione concreta. Secondo molti ricercatori, il 2017 potrebbe essere l’anno decisivo.
E’ da tempo che il calcolo quantistico sembra una di quelle tecnologie a cui mancano sempre 20 anni per diventare realtà. Ma il 2017 potrebbe essere l’anno in cui quell’immagine cambierà. Giganti dell’informatica come Google e Microsoft recentemente hanno assunto una serie di esperti di punta, fissando obiettivi impegnativi per quest’anno. Le loro ambizioni riflettono una transizione più ampia che è in atto nelle start-up e nei laboratori di ricerca universitari: passare dalla scienza pura all’ingegneria. “La gente sta davvero costruendo oggetti concreti”, dice Christopher Monroe, fisico all’Università del Maryland a College Park e co-fondatore della start-up IonQ nel 2015. “Non ho mai visto niente di simile. Non è più solo ricerca.”
Nel 2014 Google ha iniziato a lavorare a una forma di calcolo quantistico che sfrutta la superconduttività. Si spera che quest’anno, o poco più in là, possa eseguire calcoli impossibili persino per i più potenti supercomputer “classici”, tagliando lo sfuggente traguardo della cosiddetta supremazia quantistica.
La rivale Microsoft sta scommettendo su un concetto interessante, ma di cui non è stata ancora ancora provata la validità, quello di calcolo quantistico topologico, e spera di effettuare presto una prima dimostrazione di quella tecnologia.
Ci sono novità anche tra le start-up dedicate al calcolo quantistico: Monroe prevede di iniziare a “fare sul serio” già quest’anno. Robert Schoelkopf, fisico alla Yale University di New Haven, nel Connecticut, e co-fondatore di una di start-up per la produzione di circuiti quantistici, e Chad Rigetti, un fisico già dipendente della IBM che ha creato la Rigetti Computing a Berkeley, in California, dicono di aspettarsi di raggiungere in tempi
brevi traguardi tecnici decisivi.
I laboratori universitari battono la stessa strada. “Abbiamo dimostrato la fattibilità di tutti i componenti e l’operatività di tutte le funzioni di cui abbiamo bisogno”, dice Schoelkopf, che continua a dirigere un gruppo di ricerca per la costruzione di un computer quantistico a Yale.
Anche se servono ancora molti esperimenti di fisica per far sì che i diversi componenti lavorino insieme, le sfide principali sono ora sul piano ingegneristico, dicono Schoelkopf e altri ricercatori. Il computer quantistico attualmente dotato del maggior numero di qubit – 20 – è in fase di sperimentazione in un laboratorio universitario dell’Università di Innsbruck diretto da Rainer Blatt.
Mentre i computer classici codificano le informazioni come bit che possono essere in uno di due stati, 0 o 1, i “qubit” dei computer quantistici possono trovarsi in una condizione di “sovrapposizione” di quei due stati. Questo, insieme alla capacità dei qubit di condividere uno stato quantico chiamato entanglement, dovrebbe consentire ai computer di eseguire molti calcoli in una sola volta. In linea di principio, il numero di questi calcoli dovrebbe raddoppiare per per ogni qubit aggiuntivo, portando a una accelerazione esponenziale della potenza di calcolo.
I computer quantistici dovrebbero così essere in grado di eseguire compiti come la ricerca in database di enormi dimensioni o la fattorizzazione di grandi numer, che sarebbero impossibili per i più lenti computer classici. E potrebbero trasformare la ricerca, eseguendo simulazioni quantistiche che consentano ai chimici di capire le reazioni in un dettaglio senza precedenti, o ai fisici di progettare materiali superconduttori a temperatura ambiente.
Le proposte in competizione per la realizzazione dei qubit sono molte, ma due sono in testa a tutte, avendo dimostrato la capacità di memorizzare le informazioni per tempi sempre più lunghi (a dispetto della vulnerabilità degli stati quantistici alle perturbazioni esterne) e di eseguire operazioni di logica quantistica.
Un approccio – di cui Schoelkopf è stato un pioniere e che è stato adottato da Google, IBM e Rigetti Computing – comporta la codifica degli stati quantistici sotto forma di correnti oscillanti in anelli superconduttori. L’altro approccio – perseguito da IonQ e da diversi importanti laboratori universitari – prevede di codificare i qubit in singoli ioni mantenuti in trappole elettriche e magnetiche.
John Martinis – che prima di essere assunto insieme al suo gruppo di ricerca da Google nel 2014 lavorava all’Università della California a Santa Barbara – dice che la maturità della tecnologia a superconduttori ha permesso alla sua squadra di porsi l’ambizioso obiettivo della supremazia quantistica.
Il team prevede di raggiungerlo grazie a un algoritmo quantistico “caotico” che produce un’uscita apparentemente casuale (S. Boixo et al., Preprint 2016). Se l’algoritmo viene eseguito su un computer quantistico con un numero piuttosto piccolo di qubit, una macchina classica può prevedere la sua uscita. Ma una volta che la macchina quantistica si avvicina a circa 50 qubit, secondo i ricercatori neppure i più grandi supercomputer classici riusciranno a tenere il passo.
I risultati di questi calcoli non avranno usi pratici, ma dimostreranno che ci sono compiti in cui i computer quantistici sono imbattibili, un’importante soglia psicologica che attirerà l’attenzione dei potenziali clienti, dice Martinis. “Pensiamo che sarà un esperimento decisivo.”
Ma Schoelkopf non considera la supremazia quantistica “un obiettivo molto interessante o utile”, in parte perché non affronta la sfida della correzione degli errori: la capacità del sistema di ripristinare le informazioni dopo leggere perturbazioni subite dai qubit, una sfida che diventa tanto più difficile quanto più aumenta il numero di qubit.La sua Quantum Circuits è invece impegnata a costruire macchine completamente libere da errori fin dall’inizio. Ciò richiede la costruzione di un numero maggiore di qubit, ma le macchine potrebbero far girare anche algoritmi quantistici più sofisticati.
Anche Monroe spera di raggiungere presto la supremazia quantistica, che però non è l’obiettivo principale di IonQ. La start-up ha lo scopo di costruire macchine che abbiano 32 o addirittura 64 qubit, grazie alla tecnologia a ioni intrappolati che consentirà una flessibilità e una scalabilità maggiori rispetto ai circuiti a superconduttori, dice Monroe .
Microsoft, nel frattempo, sta scommettendo su una tecnologia che ha ancora più cose da dimostrare. Il calcolo quantistico topologico dipende da eccitazioni della materia che codificano le informazioni in una sorta di groviglio di stati sovrapposti. Le informazioni memorizzate in questi qubit sarebbero molto più resistenti ai disturbi esterni rispetto alle altre tecnologie, rendendo in particolare più facile la correzione degli errori.
Nessuno è ancora riuscito a creare lo stato della materia necessario a produrre questo tipo di eccitazioni, per non parlare di un qubit topologico. Ma Microsoft ha assunto quattro ricercatori leader nel settore, tra cui Leo Kouwenhoven dell’Università di Delft nei Paesi Bassi, che ha creato quello che sembra essere il giusto tipo di eccitazione. “Io dico ai miei studenti che il 2017 è l’anno in cui tireremo le fila”, dice Kouwenhoven, che ora sta organizzando un laboratorio Microsoft nel campus di Delft.
Altri ricercatori sono più cauti. “Non faccio comunicati stampa sul futuro”, dice Blatt. Anche David Wineland, fisico al National Institute of Standards and Technology (NIST) a Boulder, in Colorado, che dirige un laboratorio che lavora sulle trappole ioniche, è restio a fare previsioni specifiche. “Sono ottimista per il lungo termine”, dice, “ma che cosa significhi ‘a lungo termine’, non lo so.”
(L’originale di questo articolo è stato pubblicato su Nature il 3 gennaio 2017. Traduzione ed editing a cura di Le Scienze. Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati.)
Davide Castelvecchi