Diecimila buchi neri al centro della Via Lattea

buchi neri
L’immagine del centro della Via Lattea visto da Chandra con indicate nei cerchietti azzurri le fonti a raggi X.
Crediti: Nasa/Cxc/Sao/Nature/Hailey et al.

Al centro della nostra galassia si trova un buco nero supermassiccio, Sagittarius A*, per gli amici Sgr A*, un gigante da oltre 4 milioni di masse solari che governa il moto di tutta la Via Lattea. Da oltre due decadi però c’è il sospetto che non sia solo ma in buona compagnia: la zona attorno a Sgr A* è circondata da un alone di grandi quantità di gas e polveri, e dove ci sono grandi quantità di materiale non possono che formarsi stelle molto massicce. Le stesse stelle che alla fine del loro ciclo vitale possono trasformarsi in buchi neri. Migliaia e migliaia di buchi neri minori affollerebbero quindi le vicinanze dei buchi neri supermassicci al centro delle galassie, un’ipotesi senza conferme, almeno fino ad oggi.

Proprio il dubbio sulla presenza di questi buchi neri, e di altri provenienti da zone esterne all’alone che vengono attratti e intrappolati da Sgr A*, ha mosso gli sforzi di un team di astronomi guidati dall’astrofisico della Columbia University Charles “Chuck” Hailey, co-direttore del Columbia Astrophysics Lab. Sforzi che si sono concretizzati in un paper in uscita il 5 aprile su Nature.

Dove cercare un’affollamento di buchi neri se non al centro della nostra galassia, l’unico posto dove sarebbe stato possibile osservarli? «la Via Lattea – infatti – è l’unica galassia a nostra disposizione dove possiamo studiare come i buchi neri supermassicci interagiscono con quelli piccoli, semplicemente perché non possiamo vedere la loro interazione nelle altre galassie. Da un certo punto di vista, questo è l’unico laboratorio che abbiamo per studiare questo fenomeno» ha spiegato Hailey.

Scuri come la pece e invisibili, i buchi neri quando sono soli sanno come non farsi notare, ma metteteli in compagnia di una stella e diventeranno dei gran chiacchieroni. Può capitare infatti che alcuni buchi neri catturino e si leghino ad una stella di passaggio, formando un sistema binario. Assorbendo materiale dalla compagna, i buchi neri si attivano ed emettono lampi di raggi X. Ma non è così facile osservare questi eventi: «il centro galattico è così lontano dalla Terra che questi lampi sono abbastanza forti e luminosi da essere visti solo una volta ogni 100 o 1000 anni». È necessario trovare un nuovo modo di cercare prove della presenza di questi buchi neri.

Hailey e i suoi colleghi hanno capito che avrebbero dovuto cercare i più deboli ma costanti raggi X emessi quando le binarie sono in uno stato non attivo: «quando i buchi neri si accoppiano con una stella di piccola massa, l’unione emette lampi di raggi X che sono più deboli, ma consistenti e individuabili. Se potessimo trovare buchi neri che sono accoppiati con stelle di piccola massa e sapessimo quale frazione di buchi neri si accoppierà con stelle di piccola massa, potremmo inferire scientificamente la popolazione di buchi neri isolati là fuori».

La soluzione ai problemi dei ricercatori era nell’archivio delle fonti a raggi X del telescopio spaziale Chandra X-ray Observatory. Cercando le firme a raggi X delle binarie a basse emissioni inattive, sono stati in grado di individuarne dodici entro tre anni luce da Sgr A*. Dalla posizione e distribuzione di questi dodici sistemi è stato quindi possibile estrapolare la presenza del numero di sistemi binari e quindi anche dei buchi neri solitari e silenziosi: fra i 300 e i 500 dei primi e oltre 10mila degli altri, tutti entro pochi anni luce da Sgr A*.

«Le implicazioni sono molte», ha constatato Hailey, «permetteranno di far avanzare significativamente la ricerca di onde gravitazionali perché conoscere il numero di buchi neri nel centro di una tipica galassia può aiutare a predire meglio quanti eventi di onde gravitazionali possono essere a loro associati. Tutte le informazioni di cui gli astrofisici hanno bisogno sono nel centro della nostra galassia».

 Alberto Laratro

media.inaf.it