Grazie a osservazioni condotte dai telescopi cileni dell’Eso, si aggiunge un importante tassello al puzzle dei moti di peculiari dischi di stelle presenti in alcune galassie: i dischi controrotanti. Ne parliamo con Lorenzo Morelli, primo autore dello studio in uscita su Astronomy & Astrophysics.
I moti delle galassie sono molto più complessi di quello che si può credere. In alcuni casi possono persino convivere al loro interno, sovrapposti nelle stesse regioni della galassia, due dischi di stelle con un verso di rotazione uno opposto all’altro – un po’ come se le auto nelle due carreggiate del Grande raccordo anulare condividessero le stesse corsie – e in molti casi anche un terzo disco composto di gas.
Come sia possibile dare origine a tali sistemi complessi è quello che sta studiando attivamente un team internazionale di ricercatori, guidati da un gruppo di astronomi del Dipartimento di fisica e Astronomia dell’Università di Padova e associati all’Istituto nazionale di astrofisica. E proprio a Padova si è da poco compiuto un passo in avanti innovativo nel metodo di ricerca sin ora condotto, passo che permette finalmente di poter datare con precisione, in modo indipendente, la nascita dei due dischi controrotanti. Datazione ora realizzata grazie a osservazioni, compiute dai telescopi dell’Eso – lo European Southern Observatory – situati a 2500 metri sulle Ande cilene, con le quali gli astronomi padovani hanno scoperto una di queste galassie: Ngc 1366, una galassia lenticolare a circa 56 milioni di anni luce da noi, nella costellazione della Fornace, che sta formando i due dischi controrotanti proprio ora, sotto gli occhi degli astronomi.
«Poter sapere con precisione l’età delle due componenti stellari ha finalmente permesso di testare il processo di formazione fino ad ora solo ipotizzato dai gruppi teorici che simulano la formazione di questi oggetti», spiega Alessandro Pizzella dell’Università di Padova, fra gli autori di un articolo, in uscita su Astronomy & Astrophysics, che descrive i risultati delle osservazioni. Risultati a proposito dei quali abbiamo intervistato il primo autore dello studio, Lorenzo Morelli, del Dipartimento di fisica e astronomia dell’Università di Padova.
Morelli, quali passi avanti ha consentito, l’osservazione dei dischi controrotanti di Ngc 1366?
«Avevamo già mostrato che questo tipo di oggetti si può formare attraverso acquisizione di materiale proveniente da galassie vicine, come nel caso di Ngc 5719, ma molti dischi controrotanti sono stati osservati in galassie isolate, lasciando aperte le porte a diversi possibili scenari. Quella di NGC 1366 è una scoperta molto importante, perché fino a ora potevamo ricavare tutte le informazioni solo a posteriori, osservando il risultato finale, mentre in questa galassia possiamo vedere “in diretta” cosa sta succedendo. Ora a Padova ci stiamo preparando per approfondire, con gli ultimissimi strumenti disponibili, lo studio di questa galassia, che proprio per il fatto di essere stata colta nel momento della formazione dei dischi controrotanti potrebbe svelare altri segreti su questi fenomeni peculiari».
Come mai a Padova siete così interessati ai dischi controrotanti?
«Qui c’è una lunga tradizione per quanto riguarda lo studio di questi argomenti, iniziata intorno agli anni ‘80 con le scoperte delle controrotazioni in galassie ellittiche e a spirale, continuata poi con i disaccoppiamenti dei moti di gas e stelle nelle galassie, fino alle recenti scoperte di piccoli dischi nucleari nel centro delle galassie slegati cinematicamente dalle componenti principali della galassia che li ospita».
Torniamo a Ngc 1366, la galassia oggetto del vostro ultimo studio. In che modo siete riusciti a determinare il senso di rotazione dei suoi dischi di stelle?
«Non vediamo le singole stelle, che rimangono irrisolte. Quello che vediamo è che, nello spettro della galassia, le righe si sdoppiano: segno che il redshift di una componente – dato dal redshift integrato delle singole stelle – va in un senso, quello dell’altra componente va invece in senso opposto. Da questa misura riusciamo anche a determinare la velocità delle singole componenti».
Avere, nella stessa galassia, due dischi che ruotano in senso contrario porta a qualche scontro frontale fra stelle?
«No, la distanza tra una stella e l’altra è così grande che non si scontrano mai: sono collisionless, come diciamo noi astrofisici. Quello che invece è collisionale è il gas del mezzo interstellare».
Anche la nostra galassia, la Via Lattea, ha dischi controrotanti?
«È ancora argomento di studio, ci sono survey in corso, ma dischi al centro, così evidenti come quelli che osserviamo in Ngc 1366, direi proprio di no, non ce ne sono. Controrotanti sicuramente no».
Articolo in pubblicazione su A&A: “Kinematic and stellar population properties of the counter-rotating components in the S0 galaxy NGC 1366“, di L. Morelli, A. Pizzella, L. Coccato, E. M. Corsini, E. Dalla Bontà, L. M. Buson, V. D. Ivanov, I. Pagotto, E. Pompei e M. Rocco