Galileo Project: gli scienziati scendono in campo per studiare gli UFO

galileoUFO, UAP … comunque si vogliano chiamare, sono dei fenomeni aerei non identificati costantemente osservati in tutto il mondo, anche dai militari. Ma nessuno sa cosa siano e la documentazione è spesso insufficiente per poterne riconoscere la reale natura. Ci troviamo davvero di fronte a tecnologia aliena?

Un nuovo progetto, chiamato Galileo Project, guidato dall’astrofisico di Harvard Avi Loeb, intende scoprirlo. L’obiettivo è «portare la ricerca delle firme tecnologiche extraterrestri da osservazioni accidentali e leggende o aneddoti, al mainstream di trasparenza, convalida e ricerca sistematica del metodo scientifico», si legge nella presentazione. L’iniziativa prevede la creazione di una rete globale di telescopi, fotocamere e computer di medie dimensioni e, finora, è stata finanziata con 1,75 milioni di dollari tutti provenienti da donatori privati.

Nasce il Galileo Project
Nel 2017, il mondo ha osservato per la prima volta un oggetto interstellare, chiamato ‘Oumuamua, attraversare il Sistema Solare interno. Questo visitatore inaspettato ha mostrato molte proprietà ritenute “anomale” e la sua natura controversa è tuttora animatamente discussa dagli scienziati.

Per alcuni si tratta di un asteroide, per altri di una cometa, per altri ancora di un frammento di un pianeta nano o di un iceberg di idrogeno molecolare. Oppure, come nella trama del famoso romanzo “Incontro con Rama” di Arthur C. Clarke, potrebbe addirittura essere artificiale, secondo le speculazioni più suggestive. I sospetti maggiori sono nati a causa della sua forma insolita, probabilmente una sorta di piatto allungato grande quanto un campo da calcio e, dell’accelerazione mostrata nelle vicinanze del Sole senza che venissero rilevati fenomeni di outgassing cometario. «Possiamo solo ipotizzare che ‘Oumuamua possa essere spiegato da caratteristiche naturali mai viste prima, o possiamo estendere la nostra immaginazione e pensare che possa essere un oggetto tecnologico extraterrestre, simile a una sottile vela solare», scrive il team presentando il progetto.

A questo si aggiunge la recente pubblicazione del rapporto rilasciato dal Pentagono. Etichettato come “preliminare”, il documento non classificato di 9 pagine è stato preparato dall’Office of the Director of National Intelligence (ODNI) in risposta a una richiesta del Congresso di valutare la minaccia rappresentata da fenomeni aerei non identificati (UAP). «La maggior parte degli UAP è stata registrata con più sensori, inclusi radar, infrarossi, elettro-ottici, sistemi di puntamenti di armi ed osservazione visiva», si legge. Le prove, però, anche in questo caso sono inconcludenti nonostante questi avvistamenti coinvolgono militari dell’aeronautica e della marina degli Stati Uniti.

«La quantità limitata di rapporti di alta qualità sui fenomeni aerei non identificati (UAP) ostacola la nostra capacità di trarre conclusioni definitive sulla natura o l’intento degli UAP», si legge nel documento. Le parole “alieno” ed “extraterrestre” non compaiono mai nel testo ma è chiaro che il fenomeno degli “avvistamenti” è diffuso, reale e viene preso sul serio. Ciò nonostante, fa notare Loeb, i rapporti militari sono ben diversi da ciò che abbiamo appreso su ‘Oumuamua le cui osservazioni sono basate su strumenti scientifici e telescopi d’avanguardia. «Tale rapporto UFO non costituisce una misurazione scientifica standard in una configurazione riproducibile. Qualsiasi testimonianza di supporto da parte dei piloti è vulnerabile alla soggettività inerente alle esperienze umane. Dobbiamo umilmente riconoscere che una conoscenza quantitativa completa delle condizioni in un setup sperimentale è un prerequisito fondamentale per la credibilità dei dati scientifici», sottolinea Loeb.

In ogni caso, gli scienziati hanno pensato fosse giunto il momento di scendere in campo per analizzare la questione con metodo analitico. D’altra parte, dicono, la costante scoperta di sistemi planetari con mondi rocciosi simili alla Terra e potenzialmente abitabili dimostra che «gli esseri umani non possono più ignorare la possibile esistenza di civiltà tecnologiche extraterrestri (Extraterrestrial Technological Civilizations, ETC) e la scienza non dovrebbe rifiutare dogmaticamente potenziali spiegazioni extraterrestri a causa dello stigma sociale o preferenze culturali, fattori che non sono favorevoli al metodo scientifico di indagine empirica imparziale».

Come funziona
Questo progetto è complementare al SETI (Search for Extra-Terrestrial Intelligence) tradizionale.
Il gruppo di ricerca del Galileo Project, o Progetto Galileo, mirerà a identificare la vera natura degli UAP e oggetti interstellari simili a ‘Oumuamua, utilizzando il metodo scientifico standard basato su analisi trasparente di dati, raccolti mediante strumenti ottimizzati. «Indipendentemente dalla possibilità che il Galileo Project possa scoprire prove aggiuntive, o addirittura straordinarie, per le ETC, come minimo raccoglierà set ricchi di dati che potrebbero favorire la scoperta, o offrire migliori spiegazioni scientifiche, per nuovi oggetti interstellari con proprietà anomale e per potenziali nuovi fenomeni atmosferici naturali, o ricondurre alla tecnologia terrestre molti UAP attualmente inspiegabili».

Il progetto tenterà di decifrare gli UAP solo attraverso la fisica nota e non prenderà in esame gli avvistamenti del passato. I dati saranno aperti al pubblico ma un’intelligenza artificiale eliminerà i fenomeni atmosferici conosciuti, gli uccelli, i droni, i palloni sonda, i satelliti e tutto ciò che sappiamo per certo essere di origine terrestre. Il gruppo condurrà ricerche approfondite su oggetti interstellari simili a ‘Oumuamua, utilizzando telescopi presenti e futuri come il prossimo Vera C. Rubin Observatory (VRO), che dovrebbe diventare operativo nel 2023. Cercherà anche potenziali satelliti ETC grandi 1 metro o anche più piccoli che potrebbero esplorare la Terra. Loeb ha detto ad OggiScienza «Attualmente stiamo discutendo le possibili posizioni. Le cime delle montagne offrono la migliore visibilità, ma se avremo a disposizione centinaia di sistemi di telescopi, probabilmente li diffonderemo ampiamente».

Il progetto, continua Loeb, «dovrebbero durare diversi anni» ma «speriamo di ottenere i dati entro un anno».

Perché Galileo
L’importanza della scoperta di eventuali prove scientifiche, rigorosamente convalidate, riguardo l’esistenza di tecnologie extraterrestri potrebbe avere un impatto sull’astronomia e sull’intera umanità, simile al ruolo rivoluzionario svolto dal famoso astronomo nostrano Galileo Galilei (1564-1642), sia nell’uso pionieristico dei telescopi, sia nel sostegno al modello eliocentrico. Con tali presupposti e coraggiosa ambizione, il progetto è stato chiamato “Galileo”.

«Galileo lamentava che alcuni dei filosofi che si erano opposti alle sue scoperte si erano persino rifiutati di guardare attraverso il suo telescopio, ad esempio, per vedere le montagne sulla Luna, o le quattro lune più grandi di Giove. Non ripetiamo il loro errore», scrive il team del Progetto Galileo.

Ed ora, vi starete chiedendo: ok, ma se si avessero davvero le prove che gli UAP sono fenomeni extraterrestri e che gli oggetti come ‘Oumuamua sono tecnologia aliena? Come sarà annunciato al mondo? Beh, semplice, dice Loeb con una calma surreale, banalmente «ci sarà una conferenza stampa a riguardo».

Elisabetta Bonora

oggiscienza.it