Gli esseri umani hanno un “sesto senso” che percepisce il campo magnetico terrestre

Gli esseri umani hanno un “sesto senso” che percepisce il campo magnetico terrestre

campo magneticoAnche l’essere umano, come vari animali, sembra percepire, anche se in maniera inconscia, le variazioni del campo magnetico terrestre. Questa antica abilità, che oggi è stata studiata attraverso l’attività elettrica del cervello, consentirebbe anche un migliore orientamento nello spazio. L’essere umano potrebbe essere sensibile in maniera inconscia alle variazioni del campo magnetico terrestre (o campo geomagnetico). Questo è il risultato di uno studio di geoscienziati e neurobiologi, coordinati dall’Istituto di tecnologia della California a Pasadena. Il gruppo ha identificato una serie di percorsi cerebrali legati alla percezione inconscia della presenza del campo magnetico della Terra, aprendo un settore di ricerca finora rimasto quasi inesplorato. I risultati sono pubblicati su eNeuro, rivista open access della Società per le neuroscienze con sede a Washington.

Il campo magnetico terrestre rappresenta un fenomeno fisico importante per la vita sulla Terra, dato che si estende in quota per diverse decine di migliaia chilometri e individua la cosiddetta magnetosfera, che ci protegge da raggi cosmici e altre radiazioni. Tuttavia il campo geomagnetico non è costante nel tempo e non è uniforme nello spazio: le sue variazioni possono essere rilevate a livello giornaliero, mensile o annuale. Alcuni animali, come tartarughe marine e uccelli migratori, sono in grado di percepire queste alterazioni ed hanno una percezione del campo geomagnetico. Questa percezione, chiamata magnetoricezione, fornisce un supporto biologico al loro sistema di navigazione spaziale. In questo modo, gli animali aggiustano i loro spostamenti anche sulla base del campo magnetico terrestre.

Questa particolare abilità innata e inconscia è stata studiata nel mondo animale. Già in passato è stata formulata l’ipotesi che questo possa avvenire anche nell’essere umano, tuttavia finora la magnetoricezione nell’uomo non era stata dimostrata. Per provarla, gli autori hanno realizzato un esperimento coinvolgendo un gruppo di 34 volontari adulti. Gli scienziati hanno applicato un’elettroencefalografia (Eeg), che registra l’attività elettrica del cervello, mentre riproducevano, in una particolare stanza, una manipolazione del campo magnetico terrestre. Questa manipolazione consiste in una stimolazione cerebrale che serve a riprodurre variazioni rilevanti del campo magnetico terrestre.

Negli esperimenti è stata utilizzata una camera oscurata e schermata dall’esterno. Questa camera è avvolta da un insieme di tre gruppi, uno dentro l’altro, di spire quadrate ortogonali percorse da corrente, diventando di fatto un grande campo magnetico. Questo apparato serve per manipolare in un ambiente protetto e controllato il campo magnetico terrestre. I partecipanti sedevano a occhi chiusi all’interno della stanza, rivolti verso il Nord. Nella camera il campo magnetico veniva ruotato oppure rimaneva fisso in una certa direzione o ancora non veniva applicata alcuna manipolazione del campo magnetico terrestre. All’inizio e alla fine dell’esperimento venivano inviati segnali sonori.

In base ai risultati dell’elettroencefalografia, i ricercatori hanno osservato una diminuzione, in alcuni partecipanti, di specifiche onde cerebrali. In generale tutte queste onde sono la manifestazione cerebrale dell’attività elettrica ripetitiva del tessuto nervoso. In particolare, calavano le onde alfa, caratterizzate da una frequenza che va dagli 8 ai 13,9 hertz, proprie dello stato di veglia ad occhi chiusi e che precedono l’addormentamento. Hanno infatti una frequenza più bassa rispetto a quella delle onde beta (dai 14 ai 30 hertz) associate alla veglia e a un’attività cerebrale intensa.

Questa riduzione delle onde alfa è stato riprodotta più di una volta nei partecipanti che hanno mostrato una risposta maggiore: dunque il fenomeno è risultato riproducibile. Secondo gli autori, i dati supportano l’idea che nell’essere umano il meccanismo sia simile a quanto avviene negli animali soggetti alla magnetoricezione, come gli uccelli migratori. La riduzione della banda alfa delle onde cerebrali, scrivono gli autori nello studio, è una chiara firma neurale dell’elaborazione, a livello della corteccia cerebrale, dello stimolo geomagnetico. Anche se ancora il significato funzionale, ovvero la funzione di questa risposta cerebrale, è ancora sconosciuto.

Il prossimo passo potrebbe essere quello di studiare ancora più in profondità la magnetoricezione nell’essere umano, in diverse popolazioni, per capire in che modo funziona questa antica abilità, che lavora, come una sorta di sesto senso per il campo magnetico terrestre. Una strada da percorrere potrebbe essere quella di capire come si è evoluta la magnetoricezione e come funziona a livello individuale.

Viola Rita

wired.it