Incredibili dischi controrotanti visti da Alma

controrotanti
Rappresentazione artistica del cuore della galassia Ngc 1068. Crediti: Nrao/Aui/Nsf, S. Dagnello

Due dischi di accrescimento, a stretto contatto uno attorno all’altro, che ruotano in senso opposto. È il fenomeno, mai osservato prima, rilevato attorno al buco nero supermassiccio della galassia M77 da un team internazionale guidato da Violette Impellizzeri, astrofisica siciliana oggi in Cile. Media Inaf l’ha intervistata.

«Counter rotation?! You better be damn sure!». Questa la reazione, allibita, del collaboratore più anziano – il collega con più esperienza – alla prima presentazione dei risultati all’interno del team. E in effetti lo scenario che i dati lasciavano intravedere era qualcosa di inimmaginabile. Siamo nel cuore di Ngc 1068, una galassia a spirale nota anche come Messier 77 situata in direzione della costellazione della Balena, a circa 47 milioni di anni luce dalla Terra. Lì, proprio al centro della galassia, come del resto al centro di ogni galassia che si rispetti, alberga un buco nero supermassiccio. Come tutti i suoi simili, è avvolto da un disco di gas. Un disco rotante del quale il buco nero si nutre (per questo è detto “di accrescimento”) e che, nel caso di Ngc 1068, si estende lungo un raggio che va dai 2 ai 4 anni luce. Un disco che ruota come la galassia, diciamo in senso antiorario. Scenario certo spettacolare, ma fin qui nulla di nuovo. È ampliando l’inquadratura da 4 a 22 anni luce che appare un fenomeno stupefacente: c’è un secondo disco. Un disco che ruota in senso opposto. Una cosa mai vista. Almeno, non fra due dischi posti uno dentro all’altro a distanze così ridotte.

Counter rotation?! Sì, controrotazione. E la ricercatrice alla guida del team, per quanto sorpresa, ne è dannatamente sicura. Perché lei e i suoi colleghi sanno di aver curato l’osservazione in ogni dettaglio. E sanno di aver potuto utilizzare il migliore strumento che si possa sognare per questo tipo di studi: Alma, la distesa di 66 antenne millimetriche e submillimetriche che si estende per chilometri nel deserto di Atacama, in Cile.

Lei è Violette Impellizzeri, «una stella vagante anch’io», dice scherzando. Ma nemmeno troppo: si considera italiana ma anche, e soprattutto, cittadina del mondo. Per seguirla nel suo curriculum dovete armarvi di Google Maps. «Sono nata a Palermo, vicino al mare che mia mamma amava, ma ho frequentato le scuole prima a Saronno poi ad Alcamo, il mio paese di origine e dove vive la mia famiglia», racconta a Media Inaf. «Poi ho fatto il liceo europeo a Karlsruhe, in Germania, ho preso la laurea a Bristol, in Inghilterra, il dottorato al Max Planck Institute di Bonn, di nuovo in Germania, il postdoc all’Nrao (il National Radio Astronomy Observatory), negli Stati Uniti, e infine – sempre per conto dell’Nrao – sono andata in Cile per il commissioning di Alma, dove sono rimasta come staff astronomer». Ed è lì, ad Alma, che fra il 10 e il 24 ottobre del 2017 è avvenuta la serie di osservazioni che ha portato alla scoperta (firmata, fra gli altri, anche da un astrofisico associato all’Inaf, Alessandro Marconi dell’Università di Firenze) dei due dischi controrotanti descritti questa settimana sulle pagine di The Astrophysical Journal Letters.

Ecco, torniamo per un istante a quei giorni: come ebbe inizio l’osservazione?

«Era l’epoca del quinto ciclo di Alma, durante il periodo del cosiddetto long baseline, quando le antenne [che possono essere spostate, ndr] sono più lontane fra loro, fino a 15 km. Questo ci permette di osservare in maggiore dettaglio regioni molto compatte, come quelle al centro delle galassie».

Violette Impellizzeri fra le antenne di Alma (cliccare per ingrandire). Crediti: Crediti: C. Pontoni

Eravate tutti sul posto?

«No, non è necessario, perché in realtà le osservazioni sono abbastanza automatizzate. Non appena terminano ci viene inviata un’email, ed è sempre una grande emozione».

In questo caso ancor più del solito… Come ve ne siete accorti, dei due dischi? Lo sospettavate?

«No, è stata una sorpresa! Prima non avevamo mai avuto la risoluzione necessaria, con Alma, per vedere il gas nel disco interno. Sapevamo dell’esistenza dei “maser di acqua” ma mancava l’informazione sul gas che lo circonda, cioè il “torus” – il disco esterno. E per la prima volta abbiamo visto che il disco di gas all’interno gira in direzione opposta al disco esterno. Sicuramente non se lo aspettava nessuno».

Che lei sappia, si conoscono altri buchi neri supermassicci con due dischi di accrescimento che ruotano in senso opposto?

«È il primo che abbiamo visto, ma occorre considerare che questa galassia è particolarmente vicina, e dunque che è più facile risolvere questo tipo di dettagli. Sicuramente ora cercheremo anche in altre galassie e intorno ad altri buchi neri supermassicci simili a questo».

Ma com’è possibile che ruotino in senso opposto? Il verso di rotazione non è un fenomeno legato al momento angolare del buco nero?

«Il verso di rotazione del buco nero influenza solo il materiale e lo spazio nei pressi del buco nero stesso. Noi pensiamo che il disco più vicino al buco nero, dove si trovano anche i maser d’acqua, esista da più tempo, e che probabilmente ruoti nella stessa direzione del buco nero. Il disco più esterno, invece, quello che ruota nella direzione opposta, dovrebbe essersi formato in epoca più recente, e potrebbe essere la conseguenza di una nube di gas che è stata catturata da poco: una nube proveniente da un’altra direzione».

Immagine ottenuta con Alma che mostra i due dischi di gas che si muovono in direzioni opposte attorno al buco nero nella galassia Ngc 1068. I colori rappresentano il moto del gas: in blu la materia che si muove verso di noi, in rosso quella che si sta allontanando. I due triangoli bianchi mostrano il gas che viene espulso dal disco interno, a formare una nobe spessa e opaca attorno al buco nero. Crediti:Alma (Eso/Naoj/Nrao), V. Impellizzeri; Nrao/Aui/Nsf, S. Dagnello

Dunque il secondo disco, quello più esterno, potrebbe non avere vita lunga…

«In effetti pensiamo che sia un fenomeno effimero, e che nel momento in cui i due dischi inizieranno a “mescolarsi” il gas comincerà a perdere momento angolare. Già entro una sola orbita potrebbe cominciare a cedere verso il buco nero».

È un fenomeno che può accadere solo attorno a buchi neri supermassicci o anche, per esempio, attorno a buchi neri stellari?

«Potrebbe accadere in qualsiasi buco nero, anche più piccolo, o più in generale in sistemi di accrescimento stellare. In realtà in sistemi più ridotti – come le stelle o i buchi neri più piccoli – potrebbe essere anche più semplice, perché le dinamiche sono più rapide. Nel nostro caso, con un buco nero supermassiccio, per le grandi dimensioni e la quantità di gas necessaria, è molto più difficile mantenere una dinamica cosi complessa per centinaia di migliaia di anni».

Eccezionalità di uno strumento come Alma a parte, qual è stato il segreto che vi ha permesso di arrivare per primi a questa scoperta? A essere i primi al mondo a “vedere” uno scenario come questo dei dischi controrotanti di Ngc 1068?

«Ricordo che quando ci siamo trovati a decidere quante ore richiedere per queste osservazioni volevamo essere il più “modesti” possibile, nella speranza di avere subito successo. Ma proprio pochi minuti prima di sottomettere la proposta il mio collaboratore Jack Gallimore mi disse: “Dai! Dobbiamo chiedere le ore di cui realmente abbiamo bisogno, e non quelle che pensiamo ci potrebbero offrire”. E cosi, in pochi secondi, abbiamo raddoppiato il numero di ore e sottomesso! La proposta è stata accettata ugualmente. Ebbene, ora penso che se in quel momento non fossimo stati coraggiosi non saremmo riusciti a ottenere questo risultato con tanta chiarezza. La morale di questa storia è che, nella scienza, non si dovrebbe scendere a compromessi. Lo dico soprattutto per gli studenti: siate coraggiosi ed esigenti».

Leggi su The Astrophysical Journal Letters l’articolo “Counter-Rotation and High Velocity Outflow in the Parsec-Scale Molecular Torus of NGC 1068”, di C. M. Violette Impellizzeri, Jack F. Gallimore, Stefi A. Baum, Moshe Elitzur, Richard Davies, Dieter Lutz, Roberto Maiolino, Alessandro Marconi, Robert Nikutta, Christopher P. O’Dea e Eleonora Sani

Marco Malaspina

media.inaf.it