L’Antroposofia di Rudolf Steiner e i segni dei pianeti di Cornelio Agrippa in un complesso pacco di sfere rotanti (1a parte)

Figura 1: Sphere Packing. Ventisei sfere rotanti flottanti sulle facce di un rombicubottaedro

“I due leoni cibernetici. L’alfa e l’omega di una matematica ignota”
Presentazione di un Ebook di Gaetano Barbella

Nell’antico passato le conoscenze esoteriche erano un tutt’uno con le prime scienze empiriche, poi, con l’avvento della scienza moderna, a cominciare da Galilei, ci fu la definitiva separazione che già si stava delineando in più modi. Fu come il distacco di una certa luna dalla madre terra sempre più rivolta alla ricerca scientifica, al riparo dal vecchio empirismo. Ci sarebbe da pensare che oggi è chimerico sperare di ritrovare il legame perduto delle due scienze, eppure c’è qualcosa di nuovo ed imprevisto che forse potrà mutare questa situazione di distacco, che sembra incolmabile.

Ad un tratto, e fuori dalle terre battute, sia dai circoli esoterici che dalle accademie scientifiche, spuntano i due leoni ermetici di vecchio stampo, ma in tutt’altra foggia e disposti a dialogare con un linguaggio non più antico, ma secondo canoni matematici da fare invidia agli accademici stessi della matematica. Il leone verde lo si vede in azione nel famoso numero irrazionale e trascendente 3,14…, noto come pi greco, mentre l’altro leone, quello rosso, che interagisce col primo, è la nota sezione aurea, ossia il numero irrazionale (ma non trascendente; è un numero algebrico) 1,618

Ma così come sono non potrebbero trovare relazione fra loro, eppure attraverso la quarta parte del primo e la radice quadrata dell’inverso del secondo, la cosa risulta possibile.

Di qui, in seguito a una densità di operazioni matematiche, non difficili da seguire, dopo otto stadi estenuanti il leone verde si combina con l’altro rosso e così concludono felicemente le loro fatiche d’Ercole e realizzano il sogno di vedersi “sposi” per sempre. In alchimia diremo che così si festeggiano le cosiddette nozze ermetiche, la “coniunctio oppositorum”. Nella comune scienza matematica invece si sfaterà la concezione su pi greco, perché, secondo gli accademici, non ha modo di trovare relazione algebrica con altri numeri, tanto meno essere imbrigliato geometricamente con l’uso di riga e compasso.
È stato provato da Ferdinand von Lindemann nel 1882 che non ci sono polinomi con coefficienti razionali di cui pi greco è radice, quindi è impossibile esprimere il π usando un numero finito di valori interi, di frazioni e di loro radici.
Questo risultato stabilisce – mettiamo – l’impossibilità della quadratura del cerchio, cioè la costruzione con riga e compasso di un quadrato della stessa area di un dato cerchio.

Mentre la sezione aurea o rapporto aureo o numero aureo o costante di Fidia o proporzione divina, è in effetti un rapporto come anzidetto, cioè una frazione, dunque è escluso che con esso si può esprimere pi greco, cioè π.
Ma nel libro in presentazione, con meraviglia, avviene invece che la relazione algebrica, fra pi greco e sezione aurea, espressa in un complicato modo con il sostegno della geometria, molto laboriosa, si realizza, e con felice aderenza all’alchimia. Perché?

Perché pi greco e sezione aurea rappresentano il Leone verde e il Leone rosso che alla fine dell’Opera Alchemica sono la stessa cosa. Cioè il Leone verde non è più quello iniziale ma è un altro nelle fattezze del Leone rosso, cioè conforme la sezione aurea. A questo punto occorre avvisare che nel contesto del compendio matematico del libro in presentazione, compaiono solo operazioni di matematica e geometria e di meccanica delle macchine. È solo nella prefazione e nel capitolo conclusivo che si sfiora il lato metafisico, quanto basta per i lettori esoteristi da un lato; e dall’altro lato, i matematici e fisici accademici, a dispetto dei loro ragionamenti, ove non sia la scienza moderna a tenere banco. Ciò non toglie agli esoteristi di considerare prezioso l’esame delle procedure matematiche espresse in questo testo in modo che siano disposti a stimare questa strada buona per loro, allo scopo di agganciarsi al presente similmente al leone verde in progressiva fase di congiungimento col leone rosso. Quindi non più un fatto metafisico distaccato dalla coscienza ordinaria, ma un concepibile passo in avanti che li coinvolgerebbe in qualche modo. Ma una cosa tutta da far evolvere nel tempo.

L’alchimia fin’ora è stata una scienza impossibile da capire razionalmente, se non col viverla separati dalla coscienza ordinaria, che poi è proprio quella che permette alla scienza moderna, basata sul concetto di razionalità, di essere compresa e recepita. Ed ecco che con «Sphere Packing», un pacco di sfere per una sorta di macchina cibernetica funzionante su basi peculiarmente matematiche, permette agli profani ricercatori dell’occulto di essere agevolati per sperimentare comunque i processi della Grande Opera dell’Alchimia.
Ma veniamo al libro in presentazione.

La matematica che qui è trattata, come anzidetto, non è difficile da seguire perché è elementare, però è complessa per la densità delle operazioni. Quindi un processo non diverso da quello contemplato in alchimia. Si tratta di una concezione che non trova eguali e che fa capo ad una sfera, una sorta di pacco contenente determinate sfere in tangenza fra loro, assai paragonabile – mettiamo – ad un ipotetico involucro sferico di energie ignote che, per comodità didattica, ho relativizzato al nostro pianeta Terra con i meridiani e paralleli. È un tutto che ho chiamato, come già detto, Sphere Packing che, tradotta dall’inglese, è impacchettamento di sfere. Ma ad un certo punto, se non fosse per due “punti di vista” disposti sulla sfera di Sphere Packing, indispensabili per collimare, al suo interno, con i vertici di coniche sotterranee speciali (necessarie per far progredire le fasi numeriche degli otto stadi operativi), sarebbe precluso l’aggancio matematico con l’alchimia.

Quale l’aggancio? Proprio queste coniche che sono inscrivibili in piramidi del tutto simili a quelle dislocate a Giza d’Egitto, di cui la più importante è la nota Grande Piramide di Cheope. E guarda caso, uno dei “punti di vista” suddetti si trova esattamente alla stessa latitudine di queste tre famose piramidi, ossia circa 30° sessagesimali. Ma stuzzica l’interesse esoterico anche la dislocazione dell’altro “punto di vista” perché si trova esattamente alla latitudine di 45° sessagesimali, una misteriosa e attrattiva Stargate tutta da scoprire. Ma passiamo ad altro. Mi è stato chiesto in fase editoriale di aggiungere al titolo di copertina un breve sottotitolo per permettere un approccio meno enigmatico al libro. Non è stato facile perché era forte in me l’intenzione di accennare alla tematica esoterica suddetta, ma anche a interessanti implicazioni con lo sviluppo delle nuove teorie scientifiche delle superstringhe, ovvero il possibile suggerimento di come potrebbero agire le ipotetiche stringhe in un’ideale micro-galassia geometrica. E infine mi è sembrato buono questo sottotitolo:

«L’alfa e l’omega di una matematica ignota, pi greco e la sezione aurea». Due numeri senza fine, opposti fattori dello scandire del tempo. Ordine e armonia, poli di peculiari sincroni pendoli che oscillano senza sosta in un mondo geometrico in miniatura. Pitagora ne udì il suono orchestrato da miriade di stringhe, minuscole corde come di violino, intorno a sfere che in esso roteavano.».

Il libro è destinato principalmente ai matematici, e la mia preoccupazione è stata che fosse preso in considerazione il tema che ho sviluppato con cura, esclusivamente in termini matematici. Perciò nel libro non c’è nulla di tutto ciò che ora dirò, destinato a tutti coloro che sono inclini a credere che non ci sia una matematica fine a sé stessa, ma che sia invece una esemplare maestra, ad esempio come quella dea Maât degli antichi egizi. Maât era la dea della verità, della giustizia e dell’ordine cosmico. Nell’antico Egitto Maât era la regola, e la regola era Maât. Nessun concetto poteva significarne tanti alla pari di lei. Essa era l’ordine, la saggezza, la ritualità, la rettitudine, la giustizia, la morale, l’armonia universale.

Era il cubito dell’artigiano, secondo il quale ogni cosa veniva misurata esattamente. Nel papiro matematico, conosciuto come “Papiro Rhind”, dal nome del proprietario, in realtà si tratta di due frammenti papiracei ora al British Museum catalogati con i numeri “BM 10057” e “BM 10058”, si può leggere che la misurazione è il: “…Metodo corretto di entrare nella natura, conoscere tutto ciò che esiste, ogni mistero, ogni segreto…”. Questo indica che per gli Egizi Antichi la matematica, la geometria, e le loro applicazioni, insomma, generalizzando, tutte le discipline inerenti alla misurazione, sono scienze in prevalenza pratiche; certamente.

Tuttavia misurare è indispensabile per cercare di capire e quindi, in qualche modo, per tentare di “dominare”, piegando alle proprie esigenze, il mondo che circonda l’uomo nilotico di quel tempo. Ma non è a caso la relazione di Sphere Packing con gli antichi egizi, perchè nei relativi vari passaggi matematici si riscontra un’operazione matematico-geometrica in diretta relazione sul processo matematico alla base della piramide egizia di Cheope. Una volta compreso profondamente questo mio pensiero informatore, sul concetto della matematica e del suo destino nel mondo del sapere, vedremo quanto insegnamento possa derivare dalla relazione matematica-geometrica di pi greco con la sezione aurea su cui si incentra lo scopo del libro “I Due Leoni Cibernetici – L’alfa e l’omega di una matematica ignota, pi greco e la sezione aurea”.

I due Leoni chiaramente si rifanno al tema dell’alchimia, almeno in tal modo, e di volata, ho inteso agganciare velatamente matematica e filosofia, se pur quella degli antichi. Giova alla trattazione matematica, seguita nel libro, il processo dei due leoni degli alchimisti, noti come il leone verde e leone rosso. I due leoni, i due primi agenti alchemici, nelle vesti di Pi greco e Sezione Aurea, nel corso della lettura del mio libro, fanno da maestri e nocchieri di viaggi (di qui la relazione con la cibernetica perché “timonieri” dell’ideale vascello geometrico, “Sphere Packing”, il nome che ho dato di un pacco sferico di sfere rotanti, similmente a una scatola di ingranaggi.

Con meraviglia, non sono da catalogare solo come concezioni metafisiche, proprio grazie ai risultati ottenuti con l’ausilio della elementare matematica esibita da me. La suddetta scatola di ingranaggi di “Sphere Packing”, è composta al suo interno da otto sfere che fanno da sincroni timoni cibernetici, che in otto fasi ruotano per “adattare” il valore iniziale di pi greco (π/4) a quello della sezione aurea (√1/ϕ). In modo più coerente diremo che, al nero “Serpente” pi greco, noto come il Leone verde alchemico, poco per volta, vi si aggiungono numeri decimali fino a giungere al numero della sezione aurea. Queste operazioni ricordano le moltiplicazioni alchemiche il cui numero, che è variabile secondo gli alchimisti, quasi vi corrisponde.

Tutto avviene per il variare della geometria di coniche relative alle otto sfere timone (come se fossero delle corone a mo’ di copricapo), la cui sagoma è la stessa della nota piramide di Cheope di Giza circoscritta in essa (figura 3). Il campo di variazione delle otto coniche è tale da giustificare la presenza delle altre due piramidi di Giza, quella di Chefren e Micerino.
Come già detto in precedenza, il fatto che meraviglia è che la latitudine di una di queste coniche di Sphere Packing, che insieme alle altre, fungono da timoni cibernetici a ridosso delle corrispondenti otto sfere in questione, è la stessa del comprensorio piramidale di Giza d’Egitto, cioè circa +30° Nord. (fig. 4) In realtà la piramide di Cheope risulta distante circa 66 km dal punto indicato dalle suddette 8 coniche, ma è comprensibile che la visione eterica (chiaroveggenza) del faraone e i suoi sacerdoti che decisero di edificarla non era tanto centrata.

Figura 4: Sphere Packing. Particolare in sezione di uno degli otto casi di configurazione del cono segnato in verde, simile a quello inscritto nella piramide di Cheope. Il triangolo in bianco trova corrispondenza con il Dy egizio

 

Figura 5: Lemniscata di Bernoulli. Calcolo dell’angolo di oscillazione del bilanciere del servomeccanismo di Sphere Packing

 

Ma se non fosse per una fantastica chiave di Iside egizia, l’Ankh, tradotta dalla geometria della lemniscata di Bernoulli, pi greco (π/4) non si ridimensionerebbe fino ad assumere la misura numerica della sezione aurea (√1/ϕ). (fig. 5) E tutto ciò spiega meravigliosamente la funzione di questa “chiave” propria degli antichi dei e faraoni egizi.
Particolare attenzione va fatta per ciò che trapela dalle figure. 3 e 4 in cui emergono tre concezioni davvero interessanti.
– La prima è che tutte le sfere inglobate in Sphere Packing sono in contatto fra loro, eccetto otto sfere S.F.C.A (fig. 4, le sfere segnate con il triangolo isoscele). Fra queste otto sfere e quelle sottostanti risulta un’interfenza di 7,30248…km, (illustr. 4, nel punto B) e per conseguenza, dal punto di vista geofisico la sfera superiore è come se levitasse, contrastando la forza di gravità che la obbligherrebbe a stare aderente su quella sottostante.

A questo punto, considerando lo scopo del processo alchemico, rivolto alla liberazione della “vergine”, meglio alla sua “generazione” (poichè vengono progressivamente aggiunti dei numeri decimali al pi greco iniziale, cioè al Leone verde), il fatto di riscontrare la suddetta interferenza, fa capire che sia effettivamente la “vergine” in questione traslando il concetto all’alchimia. Ma vedremo anche che si tratta dell’isola di Delo contemplata in alchimia.

Saturno dell’Antroposofia di R. Steiner appariva come una mora fatta da un insieme di piccoli grani

Sphere Packing della fig. 1 iniziale di Sphere Packing con le 26 sfere flottanti sulle facce di un rombicubottaedro, può essere paragonata alla visione di Saturno della prima incarnazione terrestre che Rudolf Steiner paragona ad una mora, secondo la sua visione antroposofica della creazione della Terra. «Il volere umano, dice Steiner, è uno stato puramente spirituale uscito da esseri sublimi di altezza a stento concepibile e che dall’alba delle età saturniane erano capaci di estrarre il volere dalla loro essenza per fecondare l’universo. Gli spiriti della saggezza elaborano il volere così emanato e lo rendono capace di riflettere la vita celeste. Gli spiriti del volere (Troni) emanano quel volere nell’universo che nasce da Saturno.

Figura 6: Fecondazione e formazione dello zigote e dei successivi blastomeri. Dopo 2-3 giorni si forma la cosiddetta morula con 8 cellule

Poi, sotto l’azione della volontà e della vita, gli spiriti di movimento (Dominazioni) entrano in attività. Il loro aspetto più basso è il corpo astrale. Impregnano la vita riflessa delle forze che hanno la loro sede nel corpo astrale. Saturno è allora come un corpo ribollente di sentimenti e di sensazioni. Saturno è allora come un corpo ribollente di sentimenti e di sensazioni. E’ come un’anima che manifesta simpatie ed antipatie. Quelle manifestazioni non gli sono proprie, sono dei riflessi comunicati dagli spiriti di movimento.

Dopo un certo tempo entrano in azione gli spiriti della forma (Virtù). Il loro veicolo più basso è il corpo astrale; rendono individuale la sensibilità raggiante, fino ad allora diffusa. Il globo apparve come un insieme di esseri dotati di proprietà psichiche. Steiner le paragona ad una mora fatta da insieme di piccoli grani. Quegli esseri separati non hanno in proprio né anima né vita, ma ciascuno riflette la vita e l’anima delle entità celesti.»1. Di qui la forte relazione della morula steineriana, fatta di “piccoli grani”, con la morula umana della fig. 6 che si rivela con l’uomo alla nascita. Questa morula è la fase che attraversa un organismo durante i primi stadi della gestazione. È composta da un aggregato di cellule che si formano nei primi stadi dello sviluppo embrionale, durante la segmentazione dello zigote. Il nome deriva dalla forma a grappolo di questo aggregato, che somiglia, appunto, a una piccola mora. Il nome deriva dalla forma a grappolo di questo aggregato, che somiglia, appunto, a una piccola mora.

Le chiavi del regno di Sphere Packing nei segni dei pianeti di Agrippa

Chi come me ha avuto l’idea di immaginare la relazione di Sphere Packing con una terra magneto-eterica in forte legame con il mare ermetico degli alchimisti, (non l’ho detto ancora ma lo dico ora) non può fermarsi a tanto senza cercare appigli per sostenere una simile ipotesi. Per chiarezza quando parlo di terra eterica intento riferirmi ad una enucleazione dell’intelligenza mentale in stretta relazione con la terra stessa nota agli astrofisici. Una sorta di microcip inserito nella mente da rendere la vita del corpo più duraturo, qualcosa a che fare con la “resurrezione dei morti” della religione cristiana da non prendere alla lettera. Ora, avendo cognizioni di esoterismo, non potevo evitare di trarre illuminazioni dai segni o caratteri dei pianeti di Agrippa che hanno incuriosito fior di ricercatori per trarre lumi, senza peraltro riuscirci.

Perciò il passo è stato così breve per ipotizzare che Agrippa ebbe modo di ben disegnare delle cognizioni sorte nella sua fervida lucidità mentale, cose che rientravano nel suo repertorio magico. Tuttavia, almeno per questi segni o caratteri, non avendo le basi scientifiche per darvi spiegazioni, secondo me, non ebbe modo di capirli nella loro intimità esoterica, in modo da trovarvi delle strette correlazioni – mettiamo con il pianeta Terra di natura eterica – come ora io ho concepito con Sphere Packing. Allora si deve pensare che, in stretta relazione con questa ipotesi, anche l’uomo è disposto a realizzare in sé un’enucleazione in evoluzione del tutto simile al modello magneto-eterico terrestre in trattazione.

Di qui l’ipotesi che il futuro “corpo della resurrezione” sia appunto concepibile secondo lo stesso schema di questa terra magneto-eterica. Insomma è concepibile l’idea di un TUTTO entro il quale l’uomo e la Terra siano legate saldamente, ma questo potrà essere possibile ad uno stadio – mettiamo – finale, che l’antroposofia di Steiner prevede nell’ultima fase evolutiva incarnazionistica di Vulcano. Detto questo, in merito ai segni o caratteri dei pianeti di Agrippa, oggi, nemmeno qualificati studiosi di esoterismo hanno dato spiegazioni in merito, salvo indirettamente, ma senza legarvisi, hanno formulato ipotesi che la terra abbia la sua realtà eterica. Per esempio l’Antroposofia del filosofo Rudolf Steiner ne dà ampia illuminazione con la relazione della mia ipotesi di una terra energetica globulare con la “morula saturnia” steineriana degli albori della creazione del sistema Terra chiamato Saturno, l’argomento appena trattato (non che si tratti di Saturno come pianeta).

Ecco ora che i segni di Agrippa in questione aprono uno spiraglio davvero favoloso per convalidare la mia ipotesi in trattazione. Infatti, per mirare subito al sodo, esaminando il quadro dei segni (o caratteri) dei pianeti di Agrippa, sorge immediatamente, per lo meno a me, l’idea che si riferiscano a concezioni criptiche molto aderenti ad uno schema di un pacco di sfere, di certo energetiche, così come ho supposto io. E trattandosi di concezioni di natura, necessariamente alchemica, l’aderenza con il mercurio filosofico avvolgente la terra, ma in modo peculiare, risulta concepibile. Infatti sono molti i segni di sfere concepite secondo funzioni specifiche nei segni dei pianeti di Agrippa. Inoltre si va oltre l’idea dei soli globi energetici disposti solo sulla periferia terrestre, poiché ve ne sono altri posti all’interno della supposta Terra di Sphere Packing di riferimento, e con diametri differenti.

A questo punto non si può evitare di convalidare l’ipotesi di un pacco di sfere che ci porta a problemi con un considerevole legame con argomentazioni, sia della scienza matematica, sia con altrettanti argomenti di ordine scientifico, tutto dell’epoca contemporanea. In «Sphere Packings, Lattices and Groups», che rappresenta la bibbia sull’argomento dell’impacchettamento, gli autori J.H. Conway e N.J.A. Slogane dimostrano come questo problema abbia importanti applicazioni nel campo della geometria pura (appare nell’elenco dei problemi aperti posti da Hilbert nel 1900), nella teoria dei numeri (equazioni diofantee e geometria dei numeri). Ma, come già accennato, non mancano problemi – per esempio – nella costruzione di un codice ottimale per un canale di trasmissione disturbato da rumore.

Una sorgente di informazione è, infatti, una semplice sorgente di simboli che vengono mandati ad un trasmettitore che li converte in segnale elettrici, o di altro tipo, e li invia ad un ricevitore lungo una linea di trasmissione. Il segnale è rappresentato da un insieme di N numeri e pertanto può essere pensato come un insieme di coordinate in uno spazio di dimensione N. Nel caso delle trasmissioni, per esempio, le dimensioni degli spazi coinvolti sono in genere molto elevate: un segnale televisivo della durata di un secondo appartiene ad uno spazio di dimensione 10 milioni. In fase di ricezione, se la linea è disturbata, il segnale non sarà più lì dove è stato messo, ma sarà in una sfera con centro nel segnale. A causa del rumore le coordinate non individueranno un punto, ma piuttosto una regione sferica che circonda la sua posizione ideale. Naturalmente perché segnali diversi non si confondano è necessario che le sfere d’esistenza non si sovrappongano, cioè che siano distinte le une dalle altre.

Le sfere devono essere disgiunte, affinché il decoder alla ricezione possa recuperare correttamente il segnale inviato. Inoltre, la capacità di un canale è tanto maggiore quanti più segnali distinti sono disponibili. Per sfruttare appieno l’ampiezza della banda e la potenza di trasmissione si devono poter inviare molti segnali distinti e per riceverli correttamente devono essere abbastanza lontani. In sostanza, di nuovo un problema di impacchettamento delle sfere. Il problema della trasmissione a pacchetti, inoltre, oggi è diventata attuale con la necessità di inviare dati on line. L’utilizzo di protocolli che consentano di convogliare dati corposi in spazi ridotti di segnale – tali da essere sopportati dai doppini telefonici – si basano proprio su alcune teorie che abbiamo descritto.2

Ci sono altre analoghe importanti applicazioni pratiche, per esempio, aver risolto il problema dell’impacchettamento delle sfere in 24 dimensioni può migliorare le comunicazioni wireless e può essere utile per comunicare con sonde che vengono inviate nelle profondità del Sistema Solare: immaginando ogni segnale inviato come una sfera, la soluzione del problema dell’impacchettamento in 24 dimensioni può aiutare a sapere quanti canali di comunicazione si possono utilizzare per evitare il sovraffollamento dei segnali stessi, in modo quindi da scongiurare ambiguità ed errori di trasmissione.3

Approccio con segni e caratteri dei pianeti di Agrippa

Comincio col mostrare di seguito i vari schemi grafici dei segni o caratteri dei pianeti di Agrippa che ho estrapolati dal libro suddetto.

Il segno o carattere di Mercurio

L’ordine di presentazione dei segni o caratteri dei pianeti di Agrippa segue l’itinerario alchemico dei Regimi dell’Opera, cosa che si lega alle corrispondenti fasi cosiddette dei colori. Sarà un po’ noioso che io continui a legarmi, e in misura forse esagerata, con ciò che raccomanda di seguire il maestro Fulcanelli tramite i suoi noti libri, ma non c’è altro modo per mostrare le mie ipotesi in aderenza con l’alchimia. Procederò limitandomi ad alcuni casi contemplati nella suddetta tabella dei caratteri e segni dei pianeti di Agrippa. Il problema dell’alchimista è strettamente legato alle diverse fasi di evoluzione dell’Opera che si rivelano con colorazioni e che costituiscono i regimi del processo.

A pag. 25 del libro Le Dimore Filosofali di Fulcanelli, viene spiegato il regime dei colori in alchimia condensato in un motto di un cassettone della galleria alta del Castello di Dampierre-Sur-Boutonne:

.NVTRI.ETIAM.RESPONSA.FERVNTVR.

Figura 7: Combinazione di Sphere Packing con il segno del pianeta Mercurio di Agrippa

La descrizione è questa:
“Quattro fiori sbocciati e eretti sui loro steli sono in contatto con la lama affilata di una sciabola”. Che vuol dire: Sviluppa in tal modo gli oracoli annunciati. Questi oracoli, in numero di quattro – dice Fulcanelli –, corrispondono ai quattro fiori o colori che si manifestano durante l’evoluzione del Rebis e mostrano così esteriormente, all’alchimista, le fasi successive del lavorio interno. Queste fasi, diversamente colorate, hanno il nome di Regimi o di Regni. Ordinariamente se ne contano sette.
Ad ogni regime i filosofi hanno attribuito una delle divinità superiori dell’Olimpo, ed anche uno di pianeti celesti la cui influenza si esercita parallelamente alla loro, nel medesimo tempo della dominazione. […]

Al regno di Mercurio (Hermes, base, fondamento), primo stadio dell’Opera, succede quello di Saturno (Chronos, il vegliardo, il folle); poi Giove governa in seguito (Zeus, unione, matrimonio), poi Diana (Artemide, intero, completo), o la Luna, la cui veste scintillante è a volte tessuta da capelli bianchi, a volte da cristalli di neve; Venere, votata al verde (Afrodite, bellezza, grazie), eredita allora il trono, però Marte la caccia ben presto (Ares, adatto, fissato), e questo principe bellicoso, dalle vesti macchiate di sangue coagulato, è egli stesso rovesciato da Apollo (il trionfatore), il Sole del Magistero, imperatore vestito di lucentezza scarlatta, la quale stabilisce definitivamente la sua sovranità e la sua potenza sulle rovine dei suoi predecessori.

Alcuni autori, assimilando le fasi colorate della cottura ai sette giorni della creazione, hanno indicato l’intero lavoro con l’espressione Hendomas hedbomadum, la Settimana delle settimane, o semplicemente la Grande Settimana perché l’alchimista deve seguire assai dappresso, nella sua realizzazione microcosmica, tutte le circostanze che accompagnarono la Grande opera del Creatore. Ma questi vari regimi sono più o meno liberi e variano molto, sia per la durata che per intensità. Così i maestri si sono limitati a segnalare solo quattro colori, essenziali e preponderanti, perché essi sono i più netti e più durevoli degli altri, e cioè: il nero, il bianco, il giallo o citrino ed il rosso.

Questi quattro fiori del giardino ermetico devono essere tagliati uno dopo l’altro, seguendo l’ordine ed alla fine della fioritura, cosa che spiega la presenza dell’arma del nostro bassorilievo. Compiendo questo lavoro, bisogna temere di affrettarsi troppo e, ciò facendo, d’oltrepassare i gradi di fuoco richiesti dal regime i quel momento, nella vana speranza d’abbreviare il tempo, talvolta assai lungo. […]. Dunque, al regno di Mercurio (Hermes, base, fondamento), primo stadio dell’Opera, (fig. 7) succede quello di Saturno (Chronos, il vegliardo, il folle), per cominciare. Tuttavia si sarà costatato il potere di fissazione del Mercurio che è stato capace di far delineare il rombicubottaedro, da che era solo un grande mare fatto di globi energetici. Infatti sono prevalenti le linee nel gran sigillo di Mercurio di Agrippa per indicare il solido archimedeo e non altro… eccetto quattro sfere di diametro ridotto rispetto a quelle periferiche note.

E ritenendole inserite all’interno del sistema impacchettato di sfere, si deve supporre che siano otto disposte in un sistema cubico. In superficie possiamo intravederne la corrispondenza con le quattro sfere dorate in tutto ciò che vive nel mare ermetico ma non lo è, cioè si tratta del fatto che «bisogna percuotere tre volte la roccia, per estrarne l’onda pura mescolata all’acqua grossolana e solidificata, in genere raffigurata da blocchi rocciosi emergenti dall’oceano.». Si tratta dell’isola nota col nome di Delo, la mitica isola del Cosmopolita. «Quest’isola non è nient’altro che un’altra figurazione del pesce ermetico, nato dal mare dei Saggi, – il nostro mercurio che Ermes chiama mare patens, – o il pilota dell’Opera, primo stato solido della pietra in embrione.

Alcuni l’hanno chiamato echines, altri delfino e con altrettanta ragione; poiché l’echines, nella leggenda, si crede capace di fermare e fissare anche le navi più forti, il delfino, […], possiede anche un significato altrettanto significativo. Il suo nome greco, δελϕίς, indica matrice, e nessuno ignora che il mercurio è chiamato, dai filosofi, ricettacolo e la matrice della pietra.»4.
Si sarà capito che le quattro sfere dorate, cui corrispondono sul retro del sistema globulare, ad altre quattro sfere, non sono l’altro che quattro teste del nostro echines, i cui corpi sferici sono quelli segnati sul grafico di Agrippa e sono loro i piloti del sistema terrestre da ipotizzato, cioè otto in totale.

Il segno o carattere di Saturno

Solve et coagula; dunque alla fase di fissazione precedente segue quella di dissoluzione che caratterizza la fase di Saturno. (fig. 8) In precedenza è stato definito da Fulcanelli Chronos, il vegliardo, il folle. Il reticolo della fig. 8 mostra graficamente questa realtà del processo alchemico, come a dar l’idea che l’opera precedente della fase di mercurio è tutta cancellata e si comincia daccapo in una certa “prigione” e questa del grafico è la “finestra” sbarrata da una griglia di ferro invalicabile. Ed è il campo di battaglia della cosiddetta Opera al Nero.

«Questo è proprio il nostro letame, approvò il nostro maestro, il nostro letame chiamato dai filosofi con le espressioni: zolfo nero, zolfo di natura, prigione dell’oro, tomba del Re, o i nome di laton, ottone, corvo, saturno, venere, rame, bronzo, ecc…. Ed al quale attribuirono le più grandi e le più rare virtù. Essi lo valutarono, a buon diritto, come un vero e proprio regalo del creatore, e ci dichiarano che, senza l’ispirazione del cielo, non si saprebbe mai riconoscere, in questo magma disprezzato, dall’aspetto repellente, il Dono di Dio che trasforma il semplice alchimista in saggio e il Filosofo in Adepto sperimentato.»5.