L’assessore alla Sanità della Regione Lombardia, Luciano Bresciani, interviene sull’annuncio del vaccino gratis contro il papilloma virus per le ragazze di Milano, fatto dall’assessore comunale alla Salute, Giampaolo Landi di Chiavenna e riportato da diversi organi di stampa ieri.
“Innanzitutto – sottolinea Bresciani, come unanimemente riconosciuto dalla comunità scientifica mondiale, il vaccino non è finalizzato a combattere l’infezione da HPV, ma esclusivamente i potenziali effetti cancerogeni di alcuni ceppi del virus.
Dire che il papilloma virus è in espansione tale da farci parlare di vera e propria emergenza è quanto di più lontano dal vero ci sia rispetto alla realtà epidemiologica
Bresciani fa notare che “il virus è infatti certamente molto comune, nei suoi diversi ceppi, ma quelli a potenziale oncologico sono rari; inoltre in più del 90% dei casi l’infezione guarisce naturalmente. Una piccola percentuale può evolvere in lesioni precancerose, che a loro volta sono in grado esse stesse di regredire spontaneamente.
Dunque si può in tutta tranquillità dire che l’infezione da HPV è comune, ma di nessuna gravità”. “Gli stessi isolati casi di carcinoma della cervice uterina – osserva ancora l’assessore regionale – non costituiscono un’emergenza: il tumore del collo dell’utero è, nei paesi occidentali, raro ed in continua regressione: l’Italia è agli ultimi posti per incidenza dell’intera Europa (seconda solo alla Svezia). Per fare dei confronti se ci sono ogni anno circa 350 casi in Lombardia di tumori del collo dell’utero, si verificano almeno 4000 casi di tumore della mammella”.
“Il vaccino – aggiunge l’assessore regionale – è sicuramente una scoperta di portata scientifica notevole, ma porla come risoluzione del problema dei tumori della donna è fuorviante. Anche chi si vaccina potrà infatti ammalarsi di tumore (il vaccino non copre tutti i ceppi) e dunque dovrà fare il pap-test; non sappiamo ancora quale sia la reale efficacia a lungo termine”. Non è un caso che la scelta italiana, cosi come in tutti i Paesi europei, sia di proporla esclusivamente a bambine e non di estenderla ad altre coorti di età. In questo la Lombardia è in linea con quanto stabilito nell’accordo Stato-Regioni del dicembre 2007. “Alla campagna per le dodicenni – afferma ancora Bresciani – abbiamo aggiunto risorse per ricerche in corso al Sacco di Milano e in avvio anche a Brescia”.
“La vaccinazione offerta in modo indiscriminato, al di fuori di programmi di sanità pubblica controllati – prosegue Bresciani – senza aver acquisito ulteriori dati, è un esempio di inappropriatezza e di utilizzo di risorse che verrebbero inevitabilmente sottratte ad altri interventi, primo il pap-test, di maggior utilità.
Quasi un consumismo sanitario privo di razionalità che insegue un prodotto di mercato con costi proibitivi”. Bresciani suggerisce infine che l’assessore del Comune di Milano “si avvalga maggiormente della Direzione Generale Sanità della Regione, che ne ha la competenza, per acquisire dati epidemiologici fondati (anche per le malattie infettive quali meningiti e tubercolosi di cui circolano a volte improbabili statistiche), approfondire gli aspetti tecnico-scientifici della prevenzione fondata sull’efficacia, conoscere le motivazioni che sottendono scelte e strategie”.