La Quarta Rivoluzione Industriale promette l’ingresso dei robot nella vita lavorativa di tutti i giorni. C’è da temere per l’occupazione? I dati sembrano smentire questo mito.
Un mondo in cui ogni cosa è automatizzata e interconnessa, in cui tutto è basato sulle tecnologie digitali, dove uomo e macchina collaborano per la produzione in ogni settore, in ogni lavoro: questa è la Quarta Rivoluzione Industriale, l’Industria 4.0 di cui tanto si parla, basata su Big Data, Open Data, Machine-to-Machine, Cloud Computing, Internet of Things, robot industriali e tanto altro.
L’argomento “Quarta Rivoluzione Industriale” è stato al centro del World Economic Forum 2016 e il termine Industria 4.0 è stato usato per la prima volta alla Fiera di Hannover già nel 2011 indicando un sistema digitale che impatterà in particolar modo estrapolando e utilizzando dati (analytics) dalle tecnologie sopra citate. Al centro di tutto l’interazione tra uomo e macchina, tra interfacce touch e realtà virtuale. Inoltre, tutto ciò che viene considerato in digitale viene poi trasportato nella realtà con la stampa 3D, la robotica e le nuove tecnologie atte all’ottimizzazione di energia e costi.
Un habitat sempre più adatto ai robot
Dalla medicina all’industria meccanica, i robot oggi sono sempre più un pilastro per diverse mansioni. Basti pensare ai robot impiegati in attività sanitarie, come MARIO il robot che si prenderà cura degli anziani o il famoso robot chirurgico Da Vinci con elevate precisioni e sicurezza; il progetto EDEN, un robot chirurgico per interventi al cervello che si ispira alla natura o, ancora, il robot STAR che si occuperà autonomamente delle suture.
Potrebbe sembrare assurdo, ma anche settori come quello della legge hanno ricevuto il loro “contributo robotizzato”: infatti, la IBM ha annunciato la realizzazione di una intelligenza artificiale che lavorerà nello studio legale Baker & Hostetler e si occuperà di diritto fallimentare, svolgendo il lavoro di 50 avvocati. Un robot, questo, in grado di comprendere le domande e rispondere citando norme giuridiche e sentenze.
Come non citare i K5, i robottini poliziotti immessi da poco sul mercato internazionale, in fase sperimentale, nati con lo scopo di monitorare e pattugliare le strade; o un robot che ha “sostituito” uno dei mestieri più antichi dell’uomo: il muratore. Ebbene sì, è stato sviluppato Hadrian in Australia, un robot in grado di alzare muri in un batter d’occhio. In questa Rivoluzione Robotica le macchine saranno in grado di imparare le une dalle altre, aggiornandosi a vicenda. E si studia cercando di “far convivere” macchine autonome, facendole muovere in uno stesso contesto e collaborando tra di loro.
Quali sono le prospettive future? Dobbiamo temere l’avanzamento della robotica nella vita quotidiana lavorativa?
Come emerge da un’infografica realizzata dall’azienda TradeMachines, un’azienda tedesca che lo scorso Marzo ha aperto al mercato italiano, un vero e proprio motore di ricerca di macchinari agricoli e industriali usati, connettendo in maniera rapida e efficace rivenditori e acquirenti, le vendite nel campo della robotica sono palesemente aumentate, con un forte incremento nel mercato asiatico in cui si verifica una richiesta di robot che aumenta a velocità 3 volte maggiori rispetto al resto del pianeta (nella Corea del Sud, ad esempio, ci sono 4 robot ogni 100 operai).
È quindi una situazione preoccupante per l’occupazione?
Una cosa è certa: come avvenuto in passato, determinati lavori di oggi, nei prossimi anni, tenderanno gradualmente a sparire. Ad esempio, un lavoro estremamente specializzato, il linotipista, venne spazzato via da Steve Jobs. L’arte di tradurre i pensieri in piombo cessò di esistere dopo 100 anni di servizio con l’arrivo del Macintosh LC, grazie al quale non serviva più comporre righe di caratteri in piombo. Così come anche i tradizionali centralinisti.
In quest’ottica si potrebbe pensare ad una scomparsa di lavori, collegata, quindi, a una minore occupazione, ma non è propriamente così che stanno le cose. Il futuro della robotica sembrerebbe andare verso una collaborazione tra uomo e macchina, e non ad una sostituzione. Casi esemplari sono i sopra citati robot per la medicina che necessitano di un’attenta interazione tra i medici e gli automi. Si sta vertendo, dunque, verso una frontiera che vede sempre più una stretta collaborazione, verso quelli che vengono per l’appunto chiamati CoBots, o robot collaborativi. Si tratta di robot che imparano dall’ambiente circostante, che apprendono dagli uomini che li circondano, sicuramente più sicuri e affidabili.
In quest’ottica, quindi, non si può pensare ad un “lavoro rubato” dalle macchine. Nel corso dei secoli, le rivoluzioni industriali hanno fatto sì che il 99% dei lavori è stato reso automatizzato. Questo non ha affatto portato ad una disoccupazione generale, piuttosto sono sorte nuove figure professionali e nuove competenze mai considerate prima. L’esempio lampante è la Germania, come risulta dall’infografica della TradeMachines: dal 2009 al 2015 i robot sono aumentati del 27%, la disoccupazione è calata del 37%.
Il settore dell’automazione, in diversi Paesi del mondo, sta portando a una crescita di produzione e di posti di lavoro in proporzione al numero crescente di robot impiegati in vari settori. Se a primo impatto l’idea di una società costituita da robot ed esseri umani può spaventare e l’idea di una popolazione di disoccupati può causare disagi, riflettendo e aprendo la mente a nuovi orizzonti tecnologici si può facilmente intuire che un mondo costituito da automi e uomini che collaborano è un mondo pieno di opportunità. Non si può prevedere quali campi saranno maggiormente rivoluzionati, né è possibile intuire totalmente quali nuove frontiere ci aspettano, ma una cosa è certa: sarà un panorama ricco di nuove possibilità, di nuovi traguardi. Una nuova era.
Raffaele Salvemini -18 Novembre 2016