“Brilla piccola stella, mi domando che cosa tu sia”
L’uomo, da sempre, si è sentito sperduto nell’Universo e più conosce la galassia e maggiore è il suo bisogno di sapere. Ci sono popoli sul nostro pianeta che dichiarano di essere discendenti dalle stelle. Uno di questi è il popolo Dogon, tribù sperduta dell’Africa nera. Là, forse, potremmo trovare una traccia, una strada che ci porta verso le stelle.
Quando la notte oscura il cielo e si apre alla nostra vista la volta celeste, la stella Sirio, la “Stella del Cane” appare la più luminosa. Gli uomini del Sahara la utilizzano per orientarsi; per noi invece costituisce un interrogativo: che mistero ci nasconde?
Riconosciamo in cielo la stella Sirio
Addentriamoci nell’enigma, cercando insieme di riconoscere in cielo la stella Sirio.
Da sinistra, in senso orario: Sirio A, l’orbita di Sirio B, Nommo, Giove e le sue 4 lune, Saturno e i suoi anelli e la raffigurazione dell’Arca usata dai Dogon per venire sulla Terra D’inverno, quando le notti raggiungono la loro massima durata, il cielo è dominato dalla stella di Orione, che secondo la mitologia greca era un valente cacciatore che trovò la morte a causa di uno scorpione.
A suo ricordo gli Dei vollero porre nel firmamento le stelle di questa bellissima costellazione, facendo in modo che Orione e lo Scorpione non si incontrassero mai, difatti mentre Orione splende d’inverno, lo Scorpione lo troviamo in estate.
Accanto alla costellazione di Orione ci sono i suoi fedeli cani, Sirio e Procione, insieme alle deboli costellazioni della Lepre e della Colomba, simboleggianti il bottino del cacciatore.
Molto bella è la leggenda egizia, che vide in questa figura l’incarnazione di Osiride, il potente dio dell’oltretomba raffigurato mentre viaggia nel cielo a bordo della sua barca celeste, seguito da Sothis, la stella Sirio, che rappresenta l’anima della dea Iside.
Tracciando una linea immaginaria verso l’alto, dalle tre stelle che formano la cintura di Orione, incontriamo la stella Aldebaran, “l’occhio del Toro”, la stella principale, Alfa; se invece si traccia una linea verso il basso, incontreremo Sirio, l’alfa della costellazione del Cane Maggiore. Il suo nome significa “la splendente”, anticamente nota come “Stella del Cane” o “Stella del Nilo”. Per gli antichi Egizi la sua apparizione al mattino, poco prima dell’alba, segnava un’importantissima data del calendario: il solstizio estivo.
Alberto Mancinelli
(British Astronomical Association)
Coincideva in questo periodo il benefico straripamento del Nilo, così utile all’agricoltura egiziana. Ma la sua comparsa indicava anche l’inizio dell’estate e del grande caldo e per questo il nome della costellazione del Cane Maggiore e quello di Sirio, che era stella canicola, divennero sinonimi di calore estivo. Sirio è una stella bianca, 23 volte più luminosa del nostro Sole, con una massa in diametro doppia rispetto a quella solare. Il suo moto proprio, pur non raggiungendo livelli record, è abbastanza grande da poter essere rilevato senza difficoltà.
Negli ultimi duemila anni, la sua posizione è cambiata di una quantità pari ad un diametro lunare e mezzo. Questo, in parte, è dovuto alla vicinanza dell’astro al nostro sistema solare, di circa nove anni luce, difatti è una delle stelle più vicine al Sole fra quelle visibili ad occhio nudo, con la sola esclusione di Alpha Centauri.
Sirio non è una stella singola, ma è “accompagnata” da una debolissima stellina, visibile solo con grandi telescopi, denominata Sirio B, una nana bianca con massa paragonabile a quella del Sole e di dimensioni non molto diverse da quelle della Terra.
Dopo questa premessa, iniziamo il nostro viaggio che ci conduce al popolo delle stelle, attraverso luoghi e città misteriose.
Tutte le strade portano a Timbouctou
Giungendo dal Nord Africa si attraversa il deserto del Sahara, sopportando temperature attorno ai 50 gradi all’ombra. Piccole oasi rappresentano le linee di comunicazione per i nomadi: un luogo di incontro, di scambi, di notizie e di racconti. Da questo è nato il nome della città Timbouctou, come narrano le leggende. Molto tempo fa una vecchia donna si sedette vicino al suo pozzo preferito, in pieno Sahara, ed ebbe una visione.
Vide una grande quantità di acqua potabile, un’infinità di cieli blu. Da allora i Tuareg chiamarono quel posto “la fonte della donna anziana”, nella loro lingua fonte si dice Tom e vecchia donna si dice: Bouctou. Nel corso degli anni una grande quantità di persone si concentrò a Timbouctou e grazie anche al fiume Niger, la città divenne un crocevia per ogni genere di commercio, dal sale alle spezie più rare. Nel XIV° secolo Timbouctou si convertì alla religione islamica e successivamente sorsero università e moschee, come fiori in un campo. Timbouctou divenne un centro di potere, di cultura, di religione.
La filosofia del Corano e le Scienze ebbero un particolare sviluppo, specialmente nel campo dell’astronomia: Spagnoli, Egiziani ed Arabi venivano qui per studiare i segreti dei cieli. Ma, alla fine del XVI° secolo, guerrieri nomadi attaccarono la città e la distrussero. Con essa scomparve anche tutto il suo sapere. Ora la gente dice che tutte le strade portano a Timbouctou, ma questa espressione è tutto ciò che rimane di quei tempi d’oro.
La nostra ricerca comincia proprio qui, dove si esaurisce il ricordo di questa gente. E proprio questa gente che racconta della presenza degli Egiziani a Timbouctou, nel passato, venuti qui per insegnare le conoscenze astronomiche del loro antico impero. La tradizione narra che gli Egiziani fossero discendenti da una civiltà extraterrestre, provenienti dalla luminosa stella Sirio. Una possibile ipotesi vedrebbe i discendenti di questo popolo stellare, all’origine dei capostipiti e del sapere della tribù dei Dogon.
Selvaggia Esperienza
I trovatori , gli antichi commercianti che percorrevano la pista del sale, tramandavano nelle loro canzoni le vicende del popolo delle stelle. Oggi le agenzie di viaggio, organizzano visite al villaggio dei Dogon per i migliaia di turisti che si recano ogni anno, nella regione del Mali; un semplice e rilassante itinerario con tutti i comfort. Nel passato le cose erano ben diverse. Si aveva a disposizione soltanto una settimana per trovare il popolo dei Dogon, perché nella stagione delle piogge, la savana sarebbe stata completamente inondata dal fiume Niger, rendendola impraticabile per lunghi periodi.
Era un’esperienza di vita selvaggia che metteva a dura prova e che si concludeva giungendo al misterioso accesso nel territorio dei Dogon, indicato da una spaccatura nella montagna, ancora oggi ben visibile. Una volta all’interno, le pareti si aprono su uno scenario soprannaturale che si avverte anche nell’aria. Rappresentazione di uno dei sette Nommo, creatura anfibia, della cosmogonia dei DogonPer raggiungere la valle bisogna prima salire, camminando lungo la cresta della montagna fino al sentiero vicino alla cascata. Dopo ore di cammino si giunge al villaggio.
Il regno di Nommo
I Dogon vivono in case protette da tetti a terrazza, ma nonostante l’aspetto del loro semplice villaggio, essi nascondono la potenza dello spirito del mondo. Ovunque c’è un segno tangibile ed evidente di una realtà soprannaturale. Per la religione dei Dogon, Hagma è il dio dell’Universo: Ogor e Nommo i suoi due figli.
Ogor rappresenta il genere umano e propaga il caos ovunque. Nommo è un messaggero del cielo disceso su di un’arca; al suo arrivo, le pietre si frantumarono in ghiaia, e dense nubi nere di polvere si sparsero nell’aria, mentre chi vide l’atterraggio venne tramutato in albino dalla forza della luce.
L’arca venne quindi trascinata in uno stagno, il regno di Nommo, dove la divinità sconfisse il fratello Ogor, propagatore del caos e insegnò agli uomini i principi della vita, quindi ripartì verso il cielo. Quello che è appassionante sono le prove, che la tribù porta a conferma. I Dogon adorano O-Tolo, come regno di Nommo: questa stella corrisponde alla nostra Sirio B.
Il primo rilevamento astronomico di Sirio B risale al 1844, quando i Dogon adoravano questa stella da secoli. Chi, così anticamente, era in grado di conoscerla? Forse qualcuno non di questa Terra. Nommo, nella tradizione cristiana, è l’equivalente della figura del Cristo, simbolicamente raffigurato dal pesce. Come il Cristo, anch’egli, fu crocifisso, mentre la sua resurrezione viene rappresentata con la “danza del Sigi”, che si tiene ogni 60 anni. Le attuali conoscenze astronomiche, mostrano che ogni 60 anni avviene la grande congiunzione tra Giove e Saturno. Ma questo popolo “primitivo”, senza l’ausilio di strumentazioni sofisticate, come entrò in possesso di queste cognizioni ?