Spazio: passato, presente e futuro delle guerre

Spazio: passato, presente e futuro delle guerre

spazioBob Work, Vice Segretario alla Difesa degli Stati Uniti d’America, alla conferenza annuale dello “Space Symposium” tenutasi in Colorado ha spiegato come i satelliti siano fondamentali per le operazioni militari degli Stati Uniti e imprescindibili soprattutto in prospettiva di guerre future. Le sue affermazioni si basano sul fatto che le attività di intelligence, di comunicazione, di sorveglianza, riconoscimento della posizione e navigazione dipendano in modo cruciale dagli assetti spaziali. Emerge chiaramente dalle sue parole non solo la necessità di difendere militarmente i satelliti ma anche quella di progettare una risposta in caso di attacco ad essi. La competizione a livello strategico nello spazio è infatti riemersa dopo la Guerra Fredda e, col crescere della tecnologia, si sta facendo sempre più aggressiva e tesa.

Già dal 1957, anno del lancio del satellite Sputnik da parte dell’Unione Sovietica, lo spazio ha assunto un fondamentale ruolo strategico. Sebbene l’esplorazione extra atmosferica, nei primi anni, sia stata accompagnata da pompose frasi retoriche che inneggiavano ai futuri ricchissimi benefici derivanti da tale attività, le superpotenze hanno subito colto il potenziale militare di un tale scenario.

L’utilizzo dello spazio nasce dunque come complemento alla costosissima corsa agli armamenti e alla gara delle superpotenze per il prestigio internazionale.

Esempi di chiaro utilizzo militare di questo possono essere molti: l’osservazione attraverso i satelliti (si pensi ai “satelliti spia”), le comunicazioni, la navigazione satellitare e la meteorologia (queste ultime essenziali anche a livello civile ma incredibilmente più precise in ambito militare). La maggior parte degli oggetti spaziali in orbita hanno una funzione dual use; svolgono infatti una funzione sia civile che militare. Non è dunque difficile capire le preoccupazioni espresse da Work durante lo “Space Symposium”; gli Stati sono ormai dipendenti dai loro preziosi assetti spaziali e lo sviluppo di armi che possano essere utilizzate nello spazio contro di essi è uno scenario decisamente preoccupante, considerando il rischio di escalation. Le parole del Vice Segretario alla Difesa degli USA non si basano su minacce immaginarie ma su eventi che hanno scatenato un “dilemma di sicurezza” spaziale; nel 2007 infatti la Cina ha utilizzato un missile per distruggere un suo satellite meteorologico (non più attivo) producendo una miriade di frammenti (il così detto “debris spaziale”) che avrebbero potuto danneggiare altri satelliti e che sono caduti su territorio statunitense. Per ora le armi spaziali sviluppate e soggette a test sono quelle basate all’interno dell’atmosfera con obiettivi al di fuori di essa.

Uno scenario alla “Star Wars” è ancora molto lontano, tuttavia non è da sottovalutare la possibilità di utilizzo e sviluppo di armi cinetiche nello spazio. Queste sono dotate di proiettili inerti (senza carico bellico di alcun tipo) e il loro potenziale distruttivo è determinato unicamente dall’energia cinetica posseduta dal proiettile, la quale si riverserà sul bersaglio al momento dell’impatto. Gli oggetti spaziali possono essere accelerati facilmente considerando che si muovono normalmente a velocità eccezionale (iper-velocità). L’impatto di un proiettile lanciato dallo spazio con un obiettivo terrestre potrebbe avere effetti devastanti. Nell’ottobre del 2010 la NASA ha testato questo sistema nell’ambito di un progetto di ricerca atto a verificare la presenza di acqua sulla Luna; sebbene il fine fosse “civile” non si può escludere un possibile utilizzo militare considerando il contesto competitivo tra le grandi potenze spaziali. Queste considerazioni ci portano a una domanda: esiste un divieto di utilizzo militare dello spazio? Sebbene il diritto generale e le norme della Carta delle Nazioni Unite (quindi anche il divieto di uso della forza) si estendano allo spazio extra atmosferico, alla Luna e agli altri corpi celesti, non esiste un divieto generale.

Vi sono tuttavia diverse limitazioni specifiche: nel “Trattato sul bando parziale dei test” del 1963 vengono vietate le esplosioni nucleari derivanti da esperimenti e qualunque altro tipo di esplosione nucleare nello spazio extra atmosferico (anche nell’atmosfera e in acqua). Il “Trattato sulle norme per l’esplorazione e l’utilizzazione, da parte degli Stati, dello spazio extra-atmosferico, compresi la luna e gli altri corpi celesti” all’art. 4 vieta di collocare in orbita oggetti vettori di armi nucleari o di qualsiasi arma di distruzione di massa (armi chimiche o biologiche) e l’insediamento di queste armi su corpi celesti o nello spazio extra atmosferico. Vi era poi il “Trattato ABM” che vietava la costruzione o la sperimentazione di sistemi o componenti ABM (anti missili balistici) basati a terra, in acqua, nell’atmosfera e nello spazio extra atmosferico. Quest’ultimo era però un accordo bilaterale tra URSS e USA da cui questi ultimi decisero di recedere nel 2002 per timore che gruppi non statali potessero utilizzare armi di distruzione di massa contro il territorio statunitense. È chiaro dunque che non vi sia alcun tipo di limitazione per l’utilizzo di altri tipi di armi oltre alle ADM (armi di distruzione di massa).

In questo contesto è dunque da considerarsi necessaria una azione della comunità internazionale volta a limitare la “corsa agli armamenti” nello spazio. La soluzione più appropriata sarebbe un accordo internazionale preventivo che proibisse perlomeno l’utilizzo di armi offensive nello spazio. Ogni anno l’ONU approva una risoluzione in tal senso ma non si è mai arrivati a un vero e proprio trattato internazionale vincolante. Russia e Cina, nel 2008, avevano presentato un progetto di trattato che prevedeva il divieto di dispiegamento di qualsiasi tipo di arma nello spazio e di utilizzo della forza contro oggetti spaziali (anche civili). Questo progetto non andò in porto. Ad oggi quindi non sembrano esserci le condizioni per la creazione di un trattato di disarmo spaziale. Nell’ambito della soft law è stato redatto dal Consiglio dell’Unione Europea un codice di condotta sulle attività spaziali rivolto a tutti gli Stati impegnati in questo campo. Questa iniziativa ha suscitato l’interesse delle maggiori potenze nel campo spaziale (Stati Uniti e Russia).

L’Italia, essendo membro dell’UE, tiene in conto le norme contenute nel codice di condotta. Tuttavia l’ASI, come tutte le altre agenzie spaziali, non può che fare del dual use uno dei cardini principali della sua azione e della sua ricerca; si pensi per esempio al fondamentale apporto della nostra agenzia spaziale al progetto “Cosmo-Skymed”, un potentissimo sistema satellitare con funzioni sia civili che militari. Con queste premesse è veramente un miracolo che lo spazio non sia ancora diventato un vero e proprio teatro bellico. Un conflitto spaziale sarebbe infatti devastante considerando la crescente dipendenza dai satelliti e i rischi legati alla caduta di frammenti di oggetti spaziali sulla superficie terrestre.

Stefano Dossi

geopolitica.info

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