UFO, l’emergenza di un nuovo paradigma

UFO, l’emergenza di un nuovo paradigma
fenomeno ufo
SCHEMA DEL DEMONE DI MAXWELL

Gli UFO e la Coscienza hanno un collegamento reciproco? Secondo una nuova corrente di pensiero in voga tra alcuni scienziati, filosofi, storici e ufologi francesi, gli UFO, in numerosi casi, modificherebbero la coscienza dei testimoni che vedrebbero aumentare le loro capacità di percezione. Conseguentemente, la coscienza, anche essa modificata, sembrerebbe più adattata a entrare in contatto con forme evolute e sconosciute di intelligenza, tanto da definirle “coscienze esogene”. Cosa insegna questa reciprocità? Siamo di fronte a un nuovo paradigma, che questi ricercatori definiscono “della informazione”?

A partire da oggi, periodicamente, su ufoedintorni verranno pubblicati studi e ricerche mai apparsi in lingua italiana, non solo di questo controverso, ma affascinante, campo di indagine ufologica, ma anche di altri studi, connessi alla nostra materia di interesse, e che – per vari motivi – non hanno “visto” la luce nel nostro Paese. Ovviamente, se ci saranno clamorosi avvistamenti o scoperte astronomiche importanti, il blog continuerà ad avere la propria funzione originaria.

Il primo articolo che viene posto alla vostra attenzione, dal titolo “UFO, l’emergenza di un nuovo paradigma“, e apparso sul sito di “OVNI et Coscience”, è stato scritto da Philippe Solal, professore associato presso l’Istituto Nazionale di Scienze Applicate (Institut National des Sciences Appliquées) di Tolosa.

Buona lettura.

I. Un contesto scientifico nuovo

Quando si utilizza il termine “cambio di paradigma” nel campo della filosofia della scienza, ci si riferisce all’uso di una potente espressione. Il termine paradigma (che deriva dalla sua origine greca antica paradeïgma che significa “modello” o “esempio”) permette coscieattualmente di indicare un momento importante nel modo di rappresentare il mondo. Nel caso delle “scienze solide”, come la fisica, parlare di “nuovo paradigma” è come annunciare la nascita di nuovi sistemi di rappresentazione e, di conseguenza, l’introduzione di un nuovo modo di trattare gli oggetti che vogliamo studiare.

Così, quando Michel Foucault parlava di “cambio di paradigma” nella scienza del XVI° secolo, egli descriveva la nuova modalità in cui la scienza (di Galileo) considerava la natura, attraverso una nuova relazione tra parole e cose. La natura è ora vista come un “libro”, il vero libro di Dio (al posto della Bibbia), e abbiamo bisogno di decodificare il suo linguaggio. Questo sforzo porterà alla matematizzazione della fisica, data di nascita della scienza come viene praticata oggi, dal momento che per Galileo, il linguaggio di Dio, espressa nelle forme naturali, è di tipo matematico.

Allo stesso modo, quando Edgar Morin, nel Ventesimo secolo, annuncia la nascita di un nuovo paradigma scientifico, quello della complessità, nel tomo 4 de Il Metodo: Idee, egli scrive : “Siamo nel preliminare della costituzione di un paradigma della complessità […] Questo non è il compito individuale di un pensatore, ma il lavoro storico di una convergenza di pensieri“.

Il nuovo paradigma quindi non solo annuncia l’avvento di un cambiamento dei metodi e oggetti della scienza. Si tratta, più profondamente, di un nuovo modo di concepire la struttura intima della realtà: una realtà criptata come affermava Galileo (che viene decifrata in crittografia) o di una realtà in cui tutte le parti sono interdipendenti e interagenti come affermava Morin.

Perché abbiamo ricordato il significato di questo termine, in questo preambolo finale, molto didattico? Perché sembra ovvio che un nuovo paradigma stia emergendo nel campo delle “scienze dure”, e in particolare nella biologia e nella fisica, emergendo nel tratto comune per quanto riguarda il primato accordato alle informazioni.

“Il tema su cui lavoro, sono le informazioni“, dichiarò, in sostanza, il biologo e genetista Pierre-Henri Gouyon, in una conferenza tenutasi nei primi mesi del 2014 a Tolosa. Risulta vero che, in materia di informazioni, in particolare nel lavoro del sequenziamento del gene, i genetisti sappiano di cosa stiano parlando e cosa debbano fare. Ma il fisico invitato al dibattito sullo stato delle informazioni sembra a priori più sorprendente. Eppure è in questa zona che le trasformazioni concettuali sembrano più radicali e le più significative. Ci troviamo la “convergenza dei pensieri” evocata da Edgar Morin e che rappresenta il primo segnale che un vero e proprio cambiamento di paradigma stia avvenendo.

Può darsi che tutto cominciò con i problemi posti dalla esperimento mentale immaginato dal fisico inglese James Clerk Maxwell nel 1871 e conosciuto sotto il nome de “il demone di Maxwell”. Senza entrare in descrizioni troppo tecniche, è sufficiente dire qui che Maxwell propose un esperimento mentale che si traduce, in termini di scambi di calore (ad esempio tra gas caldo e gas freddo) nella violazione del secondo principio della termodinamica , in cui si afferma che ogni vera trasformazione avviene attraverso la creazione di entropia. Ad esempio, se lasciata aperta la porta di un frigorifero spento, la temperatura del frigorifero e della sala saranno in equilibrio, e proseguirà in modo irreversibile, senza bisogno di energia. Ma l’esperienza de “il demone di Maxwell” propone un processo per tornare alla condizione di temperatura non uniforme, senza disperdere energia, e diminuendo l’entropia, che in linea di principio è impossibile secondo la seconda legge della termodinamica. Risulterebbe come se un “piccolo demone” fosse stato in grado di selezionare le informazioni al livello di scambi di calore, vale a dire “scegliere”, all’interno di due compartimenti contenente ciascuno un gas di temperatura diversa, ogni molecola in grado di passare attraverso un’apertura (in base alla sua velocità di agitazione) e qualsiasi altra spinta, per diminuire l’entropia.

Basti qui ricordare che questa esperienza (qui presentata molto approssimativamente) si inserisce in primo piano non solo in termini di riferimento al processo di trasferimento di energia, ma anche alle informazioni. Le correnti che oggi, secondo i fisici considerati, si fanno chiamare “l’informazionalismo”, la “fisica digitale” o “la fisica dell’informazione” sono tutte, più o meno, le eredi di questa nascita che costituisce l’esperienza de “i demoni di Maxwell”.

II. Il paradigma cibernetico

Nel Ventesimo secolo, con l’emergere della teoria dell’informazione di Shannon e la cibernetica di Wiener, nuovi passi sono stati intrapresi. Il mondo fisico sarà davvero ripensato in termini informativi, superando la sola sfera della comunicazione inter-soggettiva, alla quale di riduce troppo spesso il concetto di informazione. In biologia, una sequenza di DNA diventa un “codice che contiene le informazioni genetiche”. Gli ormoni ed enzimi sono considerati come dei messaggi. Il cervello umano è un processore di informazioni. Il satellite trasmette e riceve informazioni.

L’informatica è l’elaborazione e l’analisi delle informazioni provenienti da macchine, eccetera.

Ma grazie allo sviluppo della scienza informatica, vero e proprio fornitore di modelli di rappresentazione, si andrà a fare molto di più: i ricercatori inizieranno a trattare le informazioni come un fattore organizzativo che può teorizzare come un oggetto fisico e che può essere misurata. Così, solo per prendere alcuni esempi, i fiocchi di neve, le turbolenze solari, i cristalli, tutti i sistemi frattali o di tipo meteorologico, sono trattati come dei “sistemi complessi”, dove il concetto di informazione diventa centrale. Le informazioni possono essere memorizzate, crescere o deteriorarsi. La velocità della luce è limitata, correnti fisiche che possono verificarsi in natura causando la perdita di informazioni in un sistema aperto, ma che, localmente, possono accrescere di complessità. Si potrà osservare che alcuni scarichi termodinamici creati dal processo di scambio e dall’energia dissipata, a partire da sistemi caotici vorticanti, finalmente potranno trovare posizioni di equilibrio, diventando più regolari e anche organizzati. Mentre l’equazione di Boltzmann definisce l’entropia attraverso la formula S = K.log (p), Shannon, sullo stesso modello, definisce come entropia d’informazione la misura H = -K.log (p), formula equivalente, ma di segno opposto, all’equazione di Boltzmann.

Ciò che è stato descritto costituisce un passo intermedio verso una vera e propria rivoluzione dove i nostri scopi vedranno restituire gli elementi più significativi. Il modello cibernetico (o informatico) gradualmente lascerà il posto a una ontologia, vale a dire, a quelle teorie di natura scientifica che considerano le informazioni non solo una delle dimensioni contigue alle proprietà di energia-materia, ma il fondamento stesso, l’intima essenza della realtà.

Tra i teorici che apriranno questo audace asse, è impossibile non menzionare:

a) il fisico John Archibald Wheeler della Princeton University, che sintetizzò questo approccio nel suo libro “In complexity, Entropy and the Physics of information” (nel 1990) in una formula divenuta celebre: “It from bit” (Esso dai bit): “l’essere (se concepito) a partire da un bit“. L’essere, la realtà fondamentale, vale a dire per se stesso, le particelle, lo stesso spazio-tempo, sono di natura informazionale.

b) il fisico Richard Feynman, prima di Wheeler, in un articolo del 1982, ipotizzò che l’universo era, nella sua dimensione più fondamentale, come un “gigantesco computer quantico“, idea poi ripresa dal fisico britannico David Deutsch di Oxford e da Seth Lloyd del MIT negli Stati Uniti.

c) In termini di informaticità, l’idea ha anche fatto la sua strada: così Stephen Wolfram, nel 2001, pubblicò un importante libro intitolato “A New Kind of science“, che si è apre su due proposte radicali: 1) Tutti, nell’universo, tra cui sono comprese categorie fondamentali come lo spazio e il tempo, sono il prodotto di programmi o algoritmi di tipo informatico. ; 2) Non solo l’intero universo è il prodotto di diversi programmi informatici, ma questi, per giunta, sono semplici e corti.

d) La rivista abbastanza seria de “La Recherche” pubblicò nel suo numero 489 di luglio-agosto 2014 un articolo del fisico italiano Giacomo Mauro d’Ariano, Università di Pavia, intitolato “l’universo è un computer quantistico?“, nel quale delineò le ragioni per le quali la fisica delle informazioni potrebbe risolvere i problemi nel quale erano immersi i fisici quantistici. Tra questi, vi è il problema del “circolo vizioso” della fisica delle particelle:

Se si chiede a un fisico di cosa è fatto il nostro universo, egli dirà, risponderà: Esso è costituito da un campo quantistico, e le particelle non sono che la “manifestazione” delle fluttuazioni o delle eccitazioni di questo campo. Se chiedessimo loro cosa è effettivamente il campo quantico, risponderanno che esso consiste di sistemi multipli quantistici, dove le particelle interagiscono tra loro. Quale campo o particella viene prima? E come uscire da questa crisi della rappresentanza? Giacomo Mauro d’Ariano sostiene che il “campo quantico” non forma un’unità inscindibile, un continuum unitario, ma si compone di parti discrete e discontinue denominate pixel quantistici, “immaginare che l’universo, con una realtà discontinua e discreta, significa che non è solo particelle, ma l’intero spazio che si basa su pixel quantistici: cioè, i pixel non sono “nello spazio“, ma “sono” essi stesso spazio“.

III. Rischi e paradossi dell’uso del concetto di simulazione

Esiste pertanto una grave confusione nel modo di comprendere e interpretare i modelli esplicativi che permettono di fornire il concetto numerico della realtà. Il confronto, anche se spesso realizzato con il lavoro di finzione Matrix dei fratelli Wachowski (illuminante su molti punti) trova qui i suoi limiti. In questo lavoro, la nostra realtà si presenta come una simulazione numerica, una neuro-simulazione, che duplica la “vera realtà”, che consiste anche di spazio, di tempo, di materia e di esseri umani che hanno trovato rifugio su una nave, la Nabucodonosor. A questo scenario, assai visionario come è, non corrisponde il percorso verso il quale abbiamo assunto la fisica dell’informazione, della quale abbiamo accennato in precedenza. Chi dice “simulazione” presuppone l’esistenza di un modello (una prima realtà che è il “maestro”, il “modello originale”) che va a duplicarsi su un altro piano, e che si dimostra illusoria in rapporto alla consistenza del modello originale. Così le immagini che appaiono sullo schermo del computer sono una simulazione, perché i pixel che formano le immagini su di esso, dalle righe di codice che corrono, ci danno l’illusione di essere in presenza di un oggetto reale, e questo processo è coerente con l’etimologia della parola simulazione (il verbo latino simulare che significa “in somiglianza di”). Questa proprietà di duplicazione, anche non specifica per una simulazione numerica, comprende qualsiasi forma di immagini (quella di una fotografia, quella di un film) o di comportamento (la simulazione di un gioco di ruolo, eccetera).

Risulta quindi sbagliato affermare che la fisica dell’informazione ci porta ad una concezione della realtà, in quanto quest’ultima sarebbe una “simulazione”. Mauro d’Ariano, nell’articolo citato, esprime chiaramente questo punto: il fatto che le leggi e l’evoluzione del nostro universo possono essere simulate da un computer quantistico non implica che il nostro universo sia una simulazione. Dobbiamo, in effetti, dover salire verso la riva della metafisica e dire, “la realtà è la simulazione“, che si può anche esprimere più direttamente come segue: “la realtà è un software puro” (p. 49 op.cit.). In modo ancora più profondo, per pensare alla realtà come un sistema informativo, dobbiamo di fatto dipendere dallo scoglio rappresentato dalla coppia simulato/simulazione. Il reale non è “simulato”, è dato. Esso si manifesta nella nostra percezione come “materia”, ma la sua essenza interiore è l’informazione.

IV. UFO e fisica dell’informazione

Non abbiamo ancora, in questo articolo, sollevato il problema rappresentato dal fenomeno UFO. Il lettore potrà facilmente comprendere che dovevamo prima fare questa deviazione prima di questo nuovo quadro teorico, per dare un senso all’approccio che è ora il nostro. In un precedente articolo scritto da me, dal titolo “Il filosofo e gli UFO”, dissi che qualunque sia il fine da cui si può prendere il problema UFO, invariabilmente ci porta alla stessa conclusione: la necessità di riflettere sul significato che diamo alla parola “realtà”, un compito che riguarda sia la filosofia della scienza, quest’ultima che occupa, per la sua storia, un posto di rilievo in questo dibattito. L’intima natura della realtà, “l’essenza dell’essere”, come pensatori della tradizione, è infatti il grande affare dei filosofi.

Le promesse che lascia intravedere la fisica dell’informazione ci offrono una possibilità tra le altre di interrogarci su ciò che chiamiamo realtà e quindi di interessarsi, in modi diretto, alla ricerca ufologica. Scriviamo “tra gli altri”, per quello che ha prodotto, negli ultimi decenni, la fisica, di altri approcci che permettono di aprire, in modo significativo, il campo delle congetture sulla esatta origine del fenomeno UFO. Multiverso, universi paralleli, universi gemelli, realtà alternative, sono parte di questi oggetti curiosi a cui noi muoviamo la ricerca scientifica. Ma visto che il problema UFO costituisce la più grande negazione della storia della scienza, i ricercatori che intravedono in questo fenomeno la possibilità di una luce inedita sulle nuove teorie fisiche dello spazio-tempo sono ancora costretti ad attingersi segretamente per raggiungere il livello di sfida che questo nuovo orizzonte rappresenta.

Questo lavoro è compiuto come in “contrabbando”, in quanto nessun laboratorio di ricerca oggi, come ieri, ha iscritto la questione UFO nel suo programma di ricerca, come materiale in grado di fornire interesse. Pertanto, i ricercatori stanno cercando di capire concetti nuovi generati dal lavoro “ufficiale” della scienza, attraverso un ruolo, poco invidiato, di passeggeri clandestini.

Solo la stranezza del mondo quantistico, come abbiamo descritto dai primi lavori di Max Planck, nel secolo scorso, ci sembra in grado di salire fino alla stranezza del fenomeno UFO e essere in grado di fornirci intellettuali strumenti, sufficientemente adatti, per cercare di definirne i contorni. Allo stesso tempo, il fisico Richard Feynman scrisse nel 1965 nel “The Character of Physical Law” che: “Credo di poter dire che nessuno capisce davvero la fisica quantistica“.

E allora potremmo anche dire, sullo stesso registro, “nessuno capisce veramente la natura e l’origine del fenomeno UFO“.

L’emergere di una fisica delle particelle che unisce la stranezza del mondo quantistico con il paradigma informazionale, cambia il dato. Possiamo affermare che numerose testimonianze su eventi che violano con ostentazione i principi più basilari della nostra fisica, non possono che trovare una spiegazione che ricade in questo nuovo contesto. Ma il fatto che esso richieda l’aggiungere informazioni e oggetti quantistici a norma dello stesso (pixel, cubiti, algoritmi, eccetera), a tutt’oggi alcuni ufologi considerano il tutto come la più grande dimenticanza della fisica: la coscienza.

La fisica dell’informazione ne costituisce un’apertura davvero feconda per ufologia, quando essa accetterà l’idea che prendere in considerazione il ruolo della coscienza nella descrizione del materiale non costituisce un atteggiamento pseudoscientifico. I fisici hanno già dimostrato la loro pervasività, in particolare, grazie al fenomeno chiamato “decoerenza quantistica” che collega l’affondo di una funzione d’onda di particella con l’atto di osservazione di un soggetto. Con questo affondo, si produce una selezione istantanea di uno e soltanto uno stato tra tutti i possibili stati sovrapposti che la particella potrebbe potenzialmente raggiungere. Senza la presenza di un osservatore, vale a dire un soggetto cosciente, questa selezione non può verificarsi.

A mia conoscenza, oggi, solo il fisico francese Philippe Guillemant investe pienamente su questo argomento ed esplora lo stretto rapporto tra la materia e la coscienza, come dimostra il suo libro “La Route du Temps”, uscito nel 2010. Naturalmente, non è da dimenticare il lavoro di David Bohm su questa relazione, scritto negli anni Novanta del Ventesimo secolo, come parte della sua teoria dell’olografia quantistica. Ma in ogni caso, l’emergere della coscienza nel campo di studio della fisica delle particelle ha conseguenze esplosive. Nessuno scienziato si lascia ingannare su questo punto, anche se la maggior parte è prudente. Questa introduzione consente a tutti di quasi sovvertirla. Così, per Philippe Guillemant, la linearità del tempo e la freccia di causalità sono minate dalla possibilità di una retro-causalità divenuta efficiente tra i fenomeni di sincronicità; l’unità del nostro mondo, che potrebbe essere vista “duplicata” in realtà alternative; la struttura intima del tempo, dove si può distinguere un tempo relativo e un tempo “vero”, eccetera.

Se quindi aggiungiamo quest’ultimo parametro, quello della coscienza, allora gli approcci informativi della fisica, se diamo alla coscienza stessa il posto centrale che merita, possono dare l’opportunità di aggiungere nuovi e promettenti campi di indagine, in grado di aprire a congetture circa l’origine del fenomeno UFO, che sarà di per sé una “conseguenza secondaria” di una nuova tappa nella nostra comprensione della realtà. Potremmo, all’interno di un quadro teorico che integra la coscienza, di aprire molte porte (…).

Questo quadro, alla fine, ci fa intravedere che la materia percepita, e le leggi che ne governano il comportamento, non sarà che l’illusione, per nostra coscienza, di un mondo prodotto da pure forme intelligibili. La densità, il peso delle cose, la loro resistenza apparente, hanno molto poco di reale come le immagini e i suoni che appaiono sullo schermo di un computer, generate “in realtà” da linee di codice (a seconda del modello Stephen Wolfram) o da forme matematiche (come quelle del cosmologo Max Tegmark). Solo che non sarebbe stato “simulato”, ma dato da un schermo, che sarebbe la nostra coscienza. Ciò ci farebbe richiedere, ponendo un legame indissolubile tra la coscienza e l’informazione, il cambiamento della terminologia, come suggerito dall’ingegnere e ufologo Claude Lavat, in uno scambio di opinioni che ho avuto con lui a Tolosa, e parlare non di più informazioni, ma di cognizione.

Queste congetture sono impressionanti, anche se sono solo congetture. Chi può dire che non abbiano alcun impatto diretto sulla comprensione del fenomeno UFO? Esse hanno il merito di rispettare il lavoro più innovativo della “scienza ufficiale”, e aprire l’eventualità di possibilità per quanto riguarda l’origine degli UFO, origini per lungo tempo ridotte alla sola ipotesi di viaggi interplanetari in una visione ben troppo classica (se non ingenua) della struttura globale dell’universo e la sua essenza interiore. Dobbiamo porre fine, una volta per tutte, con l’alternativa troppo semplicistica che consisteva per decenni nel scegliere tra l’ipotesi psico-riduzionista e l’ipotesi ETH (Extraterrestrial Hypothesis), l’ipotesi extra-planetaria al primo gradino, sia l’una che l’altra conducenti, senza alcuna discussione, verso vicoli ciechi.

V. La nuova ufologia

Non è lo scopo del presente articolo dettagliare tutte le conseguenze che potrebbero derivare da una fisica dell’informazione correlata a una teoria della coscienza, riguardo la comprensione che potrebbe fornirci il fenomeno UFO. Basti dire qui che il lavoro specifico su questi temi deve essere messo in corso d’opera, appellandoci ad una diffusione pubblica, senza essere vincolato dal segreto di un qualunque “collegio invisibile“. Vedremo, alla luce di queste pubblicazioni e i loro, eventuale, accoglimenti, se il titolo del quinto paragrafo, “la nuova ufologia” sia stato troppo presuntuoso o, al contrario, pertinente. Questo sarà, a nostro avviso, senza dubbio molto più teorico di quelli che, alle sue origini, si accontentavano di descrivere i casi, per valutare la serietà dei testimoni e, a volte, ricercare i segni di qualche alterazione di giudizio o di qualche atto fraudolento. La nuova ufologia che sogniamo sarà infinitamente più ricca di ipotesi, di possibilità teoriche, di concetti innovativi e quindi favorire una maggiore attenzione al lavoro della scienza piuttosto che il tormento di testimoni.

Impareremo a pensare in un unico e stesso movimento, la materia e la coscienza che la percepisce, l’approccio intellettuale che i filosofi conoscono bene e che hanno chiamato “l’idealismo”. Fatta eccezione per alcune correnti di pensiero, come ad esempio il materialismo e l’empirismo, questo approccio costituisce il principale messaggio di tutta la storia della filosofia, da Platone a Kant, da Berkeley a Hegel, eccetera. Di conseguenza, il segreto del “mistero degli UFO” si trova in questa equazione quando si tratta di rimettere, in ordine corretto, gli elementi che lo comprendono: materia, coscienza, informazione, energia. Per l’approccio che noi preferiamo, l’energia e le informazioni sono come due facce della stessa medaglia. Esse esistono solo nella, e per, la coscienza e si manifestano in esse come esperienza della materia.

Comunque non dobbiamo affermare che questo approccio privilegia una “concezione mentale” o una psicologia del fenomeno UFO. Il fenomeno è materiale, può lasciare tracce sul terreno, echi radar, e interagire con l’ambiente fisico. Ma è il nostro stesso ambiente che ha una componente mentale, è per questo che può essere soggetto a distorsioni che gli UFO, a volte, provocano, a dispetto delle leggi abituali del nostro mondo, perché hanno imparato a padroneggiare la parametrizzazione* e hanno capito l’essenza profonda.

VI. Conclusioni

Da tutto quanto sopra esposto, una convinzione si impone, che vorrei esprimere con queste parole: io credo profondamente che, come proclamò il matematico e ufologo Aimé Michel, il giorno in cui il fenomeno UFO rivelerà tutti i suoi misteri, si svelerà con effetti sulla coscienza umana paragonabili a una vera e propria “bomba atomica psichica”, con cambiamenti importanti nella nostra percezione e comprensione della realtà. Abbiamo già questo presentimento: il problema UFO è solo la punta di un iceberg, e dove nelle sue profondità si nasconde un qualcosa di enorme, di gigantesco, capace di effettuare un cambiamento di paradigma scientifico e, addirittura, cambiare completamente i metodi e l’approccio di ciò che oggi chiamiamo “scienza”.

La prospettiva di vedere avverarsi una “fisica dell’informazione”, in grado di soppiantare o fondersi a quella della energia-materia, ci permetterebbe, in effetti, di intravedere enormi sviluppi con conseguenze incalcolabili. Una tale fisica, se riuscisse a stabilire la propria legittimità, ci permetterebbe finalmente di avere a disposizione il quadro teorico per la riconciliazione, all’interno di una scienza unificata, di quei fenomeni che avranno la benedizione della ricerca ufficiale e quelli delle cosiddette “aree maledette” (…). Potremmo finalmente accedere a ciò che potremmo chiamare la “Superscienza” del futuro, dove, forse, scienza, metafisica e spiritualità potranno finalmente ricongiungersi. Ma non abbiamo ancora raggiunto l’obiettivo.

* Parametrizzazione: In matematica, rappresentazione di un luogo geometrico, di una legge, di una funzione, mediante un numero conveniente di parametri.

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