Un batterio intestinale potrebbe contribuire all’infarto

infarto miocardio

Un team italiano ha trovato un’associazione tra Escherichia coli e la formazione di trombi in pazienti infartuati e cardiopatici. Lo studio apre a nuove prospettive terapeutiche di cura e prevenzione.

A cosa è dovuto l’infarto del miocardio?

Domanda semplice, risposta complessa. Tanti sono i fattori di rischio che contribuiscono alla formazione di trombi nelle arterie coronariche, che ostacolano l’afflusso di sangue al tessuto cardiaco. C’è la familiarità, l’obesità, il diabete, l’ipercolesterolemia e la pressione alta, nonché il fumo. Ma da oggi potremmo dover aggiungere un altro fattore all’elenco: Escherichia coli, un batterio che di norma vive nel nostro intestino. Ad avanzare l’ipotesi è un team italiano del Policlinico universitario Umberto I di Roma, che dopo 4 anni di ricerche ha pubblicato lo studio sulle pagine della rivista European Heart Journal.

I ricercatori italiani, guidati da Francesco Violi, sono partiti dall’idea che alcuni batteri intestinali potessero giocare un ruolo nello sviluppo dell’infarto.

Ricerche precedenti condotte negli Stati Uniti, infatti, avevano riscontrato la loro presenza nel sangue di pazienti infartuati. Così gli scienziati hanno dato avvio a uno studio durato 4 anni per analizzare il sangue di 150 persone: 50 pazienti con infarto in corso, 50 affetti da angina stabile (cioè cardiopatici, a rischio di infarto) e 50 persone sane di controllo.

Nelle analisi hanno valutato i livelli di un biomarcatore (il lipopolisaccaride, una molecola della membrana dei batteri) che indicasse la presenza di batteri nel sangue. Dai risultati è emerso che nel sangue trombotico dei pazienti infartuati il lipopolisaccaride – che opportune analisi hanno ricondotto a E.coli – era presente in quantità superiori rispetto che nel sangue coronarico e periferico dei pazienti a rischio infarto e dei controlli.

Oltretutto nei pazienti con infarto in corso anche gli indicatori dell’attivazione delle piastrine e della permeabilità intestinale risultavano più elevati, fatto che ha dato adito all’ipotesi per cui in queste persone la permeabilità dell’intestino sia alterata e che il passaggio di E.coli nel sangue contribuisca all’aggregazione del trombo. Per verificare la loro teoria i ricercatori hanno somministrato il lipopolisaccaride a dei topi, osservando in effetti un aumento dell’attivazione piastrinica e delle trombosi.

La presenza del biomarcatore batterico nel trombo, inoltre, rafforza l’idea che svolga un ruolo nel favorirne la formazione, interagendo probabilmente con molecole presenti sulla superficie di alcune cellule immunitarie. In particolare sembra che l’interazione avvenga con il Toll like receptor 4 (Tlr-4) dei leucociti, tant’è che la sua inibizione riduce l’effetto trombotico del lipopolisaccaride batterico. “Questi risultati, oltre ad aver definito un nuovo meccanismo che favorisce l‘infarto,” ha commentato Violi, “aprono nuove prospettive terapeutiche per la sua cura che prevedono o l’uso della molecola individuata nei casi acuti o lo sviluppo di un vaccino che prevenga il processo di trombosi delle coronarie”.

Mara Magistroni
wired.it