Vita in condizioni estreme scoperta in Etiopia

Vita in condizioni estreme scoperta in Etiopia
vita sulla Terra
Montaggio dal sito di Dallol: (A) il sito di campionamento, (B) i piccoli camini (temperatura dell’acqua 90 ºC. (C) campione “D9” proveniente da un piccolo camino in (A). Immagini al microscopio elettronico (da D a L) e al microscopio elettronico a trasmissione (da M a O) di scansioni del campione D9 che mostrano le morfologie di microrganismi ultra-piccoli sepolti negli strati minerali. Crediti: Gomez et al./Europlanet 2020 Research Infrastructure

Un gruppo internazionale di ricerca, a cui ha partecipato l’astrobiologa Barbara Cavalazzi dell’Università di Bologna, ha individuato la presenza di nanobatteri nelle sorgenti idrotermali del vulcano etiope Dallol, una delle aree più inospitali della Terra, simile a come potevano presentarsi in tempi antichi alcune zone della superficie di Marte.

Avevamo già parlato su Media Inaf dell’interesse degli astrobiologi per le sorgenti idrotermali del vulcano Dallol, nel deserto della Dancalia, una zona dell’Eritrea tanto affascinante quanto veramente inospitale. L’attività idrotermale è alimentata da acqua che viene riscaldata e arricchita in gas da un bacino di magma poco profondo sotto il vulcano: una serie di condizioni che creano un ambiente fisico e chimico unico e complesso. Il posto ideale dove cercare forme di vita – batteri, sostanzialmente – con la capacità di prosperare in condizioni ambientali proibitive, simili a quelle che poteva offrire, per esempio, Marte molto tempo fa.

Barbara Cavalazzi, geologa e astrobiologa dell’Università di Bologna che in Dancalia è tornata diverse volte, anche per progetti didattici, ha guidato recentemente uno studio, pubblicato sulla rivista Astrobiology, in cui viene ribadita l’importanza dell’area geotermale del Dallol come analogo planetario. La ricercatrice ha inoltre partecipato alla scoperta, ora pubblicata su Scientific Reports, di microscopici batteri nei campioni raccolti durante la campagna geologica al Dallol realizzata nel gennaio 2017, della quale Cavalazzi era coordinatrice.

Analizzando campioni di roccia prelevati all’interno delle sorgenti idrotermali, in un’area caratterizzata da estrema acidità (pH ~ 0), elevatissima salinità e alte temperature (tra 90 e 109 °C), un gruppo internazionale di ricercatori ha riscontrato la presenza di alcuni nanobatteri dell’ordine Nanohaloarchaeles, fino a 20 volte più piccoli dei batteri comuni.

Dalle analisi microbiologiche realizzate, i ricercatori hanno identificato all’interno delle rocce minuscole strutture sferiche con un alto contenuto di carbonio, un dato che indica la loro origine biologica. «In diversi casi i microrganismi sono circondati da cristalli a forma di ago», – spiega Cavalazzi, «il che suggerisce che questi nanobatteri possano giocare un ruolo attivo nei depositi salini e nel ciclo geochimico di Dallol».

Secondo gli autori del nuovo studio, la presenza di forme di vita batterica in un’area con caratteristiche uniche come quella del vulcano Dallol mostra non solo che la vita sulla Terra è in grado di prosperare anche in condizioni estreme, ma offre indizi anche sulla possibile presenza di vita su altri pianeti, a partire da Marte.

«L’insolita geochimica del Dallol», aggiunge Cavalazzi, «ha stretti parallelismi con alcuni ambienti idrotermali marziani fossili, ad esempio il Cratere Gusev, dove sbarcò il rover Spirit della Nasa nel 2004». Nelle prime fasi dell’evoluzione di Marte, infatti, è possibile che sulla superficie del pianeta si trovassero condizioni simili a quelle oggi presenti nella remota regione etiope indagata dagli studiosi.

Il vulcano Dallol e l’annessa area geotermica sono uno dei luoghi più caldi della Terra, con temperature medie annue che oscillano tra 36 a 38 gradi centigradi e possono raggiungere picchi di 60 gradi. Si trova all’estremità settentrionale della depressione della Dancalia, una regione nel nord-est dell’Afar, in Etiopia, poco lontano dal confine con l’Eritrea, dove l’altimetro segna meno 125 metri rispetto al livello del mare. L’attività idrotermale è alimentata da acqua riscaldata e arricchita in gas da un bacino di magma poco profondo sotto il vulcano.

Il Dallol è circondato dall’ampia pianura salata di Assale. L’interazione tra l’attività vulcanica e i depositi evaporati saturi di vari sali, tra cui cloruro di argento, solfuro di ferro di zinco, diossido di manganese e salgemma, crea un paesaggio spettacolare con sfumature che vanno dal rosso al verde, dal giallo al blu. «Un’indagine approfondita sulle caratteristiche di questo sito», conclude Cavalazzi «migliorerà la nostra comprensione dei limiti della vita sulla Terra e informerà la nostra ricerca di vita su Marte e altrove nell’universo».

Stefano Parisini

media.inaf.it