Zika, gli allarmismi inutili e le prove mancanti

Zika, gli allarmismi inutili e le prove mancanti

ZikaL’Oms dichiara l’emergenza globale. Ma non dobbiamo dimenticare gli errori del passato.

La dichiarazione di un’emergenza sanitaria pubblica di rilevanza internazionale è una decisione difficile. Difficile per tutto quello che si porta dietro in termini non solo di reazioni e di psicosi, ma anche di limitazioni di libertà e restrizioni commerciali. E, infatti, non è frequentissimo – nonostante il preoccupante ritmo con cui malattie emergenti e riemergenti compaiono all’orizzonte delle paure globali – che l’Organizzazione Mondiale della Sanità dichiari un’epidemia un’emergenza sanitaria globale (indicata anche con l’acronimo Usppi).

Ieri l’ha fatto per quella provocata dall’ormai conosciutissimo virus Zika, che si sta diffondendo in America Latina alla velocità del vento.

È la quarta volta che accade dal momento in cui, nove anni fa (nel 2007), è entrato in vigore il Regolamento Sanitario Internazionale. La prima volta è stato nel 2009 per l’Influenza suina, subito ribattezzata Influenza A H1N1. La seconda nel maggio 2014, quando si è riaffacciata l’emergenza polio, minacciando il poderoso sforzo di eradicazione portato avanti fino allora. La terza, e ultima, è dell’agosto 2014 quando sembrava che la spaventosa epidemia di Ebola in Africa Occidentale fosse fuori controllo e minacciasse il mondo intero su cui incombeva, come una spada di Damocle, l’ombra del contagio. In quello stesso anno, in autunno, i massimi esperti di epidemie e pandemie che fanno parte del cosiddetto «comitato di emergenza» non ritennero invece di dichiarare una Usppi l’emergente Sindrome respiratoria mediorientale, Mers-CoV, un coronavirus veicolato dai cammelli, che sembrava minacciare alcuni Paesi particolarmente vulnerabili, specie quelli africani.

Ma quando il mondo si è trovato di fronte ad una vera emergenza sanitaria pubblica di rilevanza internazionale? E non si è rischiato, talvolta, nel suonare l’allarme, di scatenare l’effetto «al lupo al lupo»? Sembra lecito chiederselo di fronte a Zika, senza con questo sottovalutare la rapida avanzata del virus e la sua diffusione esplosiva che richiede ogni sforzo per mobilitare le risorse e fermare la diffusione dell’epidemia. È appena il caso di ricordare il mea culpa dell’Oms nel caso dell’Influenza A nel 2009: rientrato l’allarme c’era stata un’onesta ammissione delle carenze nella gestione della pandemia e degli errori nel comunicare le incertezze riguardanti il nuovo virus: insomma l’allarme sull’influenza A H1N1 era stato esagerato (non era così grave da essere messa sullo stesso piano dell’influenza aviaria).

Avere annunciato una pandemia era stato uno sbaglio e aveva generato confusione. Le critiche – talora molto aspre – dei maggiori esperti d’influenza si erano appuntate sulle strategie informative, non chiare nel trasmettere le mancate certezze sul virus. Cosa che era stata interpretata da alcuni osservatori particolarmente critici come una mancanza di trasparenza (e addirittura un favore alle case farmaceutiche produttrici di vaccini).

L’incertezza si riaffaccia ora per il virus Zika, rimasto silente per anni. Il direttore generale dell’Oms parla non di prove certe, ma di «collegamento sospetto» tra il virus e la rara condizione che colpisce il cervello del feto, così come, negli adulti, una possibile associazione tra il patogeno e la cosiddetta sindrome Guillain-Barré. Eppure, le lezioni del passato non sono così lontane perché possano essere dimenticate tanto presto, sia per l’oggi sia per un futuro che purtroppo non possiamo pensare privo di altre emergenze.

Eugenia Tognotti

lastampa.it