Iperspazio e fenomeni temporali

Iperspazio e fenomeni temporali
Simulazione di un wormhole. Crediti: Davide e Paolo Salucci, della SISSA di Trieste

Quando vengono espresse nell’ambito delle dimensioni superiori, le leggi della natura si fanno più semplici ed eleganti, perché le dimensioni superiori costituiscono la loro collocazione ideale.

Quando vengono espresse nello spazio-tempo multidimensionale, le leggi dell’elettromagnetismo e della gravità trovano una loro espressione naturale. La sola chiave per riuscire ad unificare le varie leggi della natura, consiste nell’aumentare il numero delle dimensioni dello spazio-tempo, di modo che possano esservi contenute tutte le forze possibili e immaginabili. Nelle dimensioni superiori, in effetti, c’è abbastanza “spazio” per unificare tutte le forze fisiche conosciute.

Nel 1963 Roy Kerr, un matematico neozelandese, trovò un’altra soluzione esatta alle equazioni della relatività generale di Einstein. Kerr ipotizzò che ogni stella in fase di collasso fosse dotata di un movimento rotatorio; una stella rotante finirebbe inevitabilmente per accelerare non appena iniziato il processo che porta alla morte. Kerr finì per scoprire che una grande stella rotante non conclude il suo processo di collasso riducendosi ad un punto. Al contrario, si appiattisce fino a comprimersi nella forma di un anello. Se una sonda dovesse essere lanciata dall’alto o dal basso, sperimenterebbe un’enorme curvatura, ma non una curvatura infinita, quindi la forza gravitazionale non sarebbe infinita. Questa conclusione dell’ipotesi di Kerr implica che una qualsiasi sonda spaziale lanciata attraverso un buco nero rotante in modo da attraversarlo lungo il suo asse di rotazione potrebbe, in linea di principio, sopravvivere a quell’enorme ma non infinito campo gravitazionale, e proseguire la sua corsa raggiungendo un altro universo, un’altra dimensione, senza essere distrutta dalla curvatura spazio-temporale. Il “ponte di Einstein-Rosen” è come un tunnel che collega due regioni diverse dello spazio-tempo: in pratica è un cunicolo spazio-temporale, quindi un buco nero, così come concepito da Kerr, è una porta su un altro universo.

Hawking è uno dei fondatori di una nuova disciplina scientifica, chiamata cosmologia quantistica. La novità del pensiero di Hawking consiste nel trattare tutto l’universo come se fosse una particella quantistica. Si parte con una funzione d’onda capace di descrivere l’insieme di tutti i possibili universi. Ciò significa che il punto d’inizio della teoria di Hawking deve essere una serie infinita di universi paralleli, vale a dire la funzione d’onda dell’universo. In base a questa rappresentazione, la funzione d’onda di un universo si diffonde ovunque, verso ogni altro possibile universo. Se prendiamo alla lettera l’ipotesi di Hawking, ciò implica che dobbiamo cominciare la nostra analisi con tutti i possibili universi, ovvero un numero infinito di universi coesistenti, dove con il termine universo si deve intendere “tutto ciò che potrebbe esistere”.

Nella cosmologia quantistica di Hawking si ipotizza anche che la funzione d’onda dell’universo permetta la collisione di altri universi: i cunicoli spazio-temporali potrebbero svilupparsi collegando tali universi. Secondo l’ipotesi di Hawking, ci sono cunicoli spazio-temporali che mantengono realmente una connessione continua tra il nostro universo e miliardi di altri universi paralleli. È importante sottolineare che le dimensioni di tali cunicoli sono in linea di massima infinitesimali, ovvero equivalenti alla misura di Planck (circa 100 miliardi di miliardi di volte più piccole di quelle di un protone). Inoltre, bisogna considerare che le transizioni quantiche, cioè la possibilità di un effetto tunnel mediante cunicoli spazio-temporali tra un universo e l’altro, tra questi universi sono tutt’altro che frequenti.

Le strutture d’ingresso verso le porte del tunnel sarebbero compatibili con le stelle (Vladimir Dzhunushaliev)

Secondo Hawking, quindi, potrebbero esserci infiniti universi, coesistenti con il nostro, e tutti collegati tra loro da una rete infinita di cunicoli spazio-temporali intercomunicanti. Il fisico dell’Università di Harvard Sidney Coleman afferma che i cunicoli spazio-temporali potrebbero diventare oggetto di esperimenti del tutto tangibili e ben misurabili, non in un lontano e ancora immaginabile futuro, ma a brevissimo termine. Coleman ha provato a sommare gli elementi di tale serie infinita e si è trovato di fronte ad un risultato sorprendente: la funzione d’onda dell’universo preferisce avere una costante cosmologica prossima allo zero, proprio come ci si deve attendere per confermare l’ipotesi di infiniti universi paralleli. Infatti, se la costante cosmologica fosse zero, la funzione d’onda diventerebbe enorme e ciò vorrebbe dire che sarebbe altamente probabile trovare un universo con costante cosmologica pari a zero. In altri termini, la costante cosmologica, dai calcoli eseguiti da Coleman, era pari a zero perché quello era il risultato più probabile. L’unica cosa che derivava dall’avere miliardi e miliardi di universi paralleli era il mantenimento della costante cosmologica del nostro universo a livello zero. La ricerca di Coleman potrebbe dimostrare che i cunicoli spazio-temporali che collegano il nostro universo con un numero infinito di universi, sono in realtà fondamentali, in quanto impediscono al nostro universo di “raggomitolarsi” fino a formare una piccola “palla” compatta o di esplodere scagliando la sua materia verso l’esterno a velocità vertiginosa. I cunicoli spazio-temporali sarebbero quindi un elemento “stabilizzatore” irrinunciabile e garantirebbero al nostro universo un relativo equilibrio.

Teorie delle dimensioni e tarlature nell’universo

Per introdurre gli argomenti, presentiamo due esempi pratici di eventi accaduti nella regione delle Bahamas. Il primo caso riguarda un Boeing 727 della National Airlines, durante l’ultimo tratto di volo verso Miami, nell’anno 1969. L’apparecchio sta arrivando da nordest e la sua rotta viene seguita sullo schermo del radar. Ad un tratto l’aereo non si vede più e, temendo un tremendo disastro, gli addetti alla torre di controllo entrano in grande agitazione. Dopo una decina di minuti, però, l’apparecchio ricompare sullo schermo ed infine atterra senza problemi. Accolti da un grande trambusto, i membri dell’equipaggio restano perplessi. Poi, controllando l’ora – l’ultima volta che l’avevano fatto era poco prima che l’aereo sparisse temporaneamente dal radar – salta fuori che tutti gli orologi a bordo sono rimasti indietro di 10 minuti.

Dov’è stato l’aereo nel frattempo? Di qualunque “posto” si tratti, deve essere una dimensione in cui il tempo è fermo. Il secondo esempio riguarda l’esperienza fatta dal pilota Bruce Gernon il 4 dicembre del 1970, durante un volo dall’isola di Andros a Palm Beach, in Florida. Mentre sorvola con il suo aereo i banchi delle Bahama, ad un tratto Gernon vede dinanzi a sé, nel cielo azzurro splendente, un’insolita nuvola di forma ellittica che cresce molto velocemente. Nel giro di pochi minuti, la nuvola raggiunge dimensioni gigantesche, ed il pilota comincia ad avere davvero paura; studia un modo per aggirarla, anche a costo di uscire dalla rotta. Ma non fa in tempo, perché la nuvola circonda già completamente l’aereo, lasciando aperta, proprio dinanzi a lui, solo una via a forma di galleria. Gernon vede la salvezza in quel tunnel e ci si infila, con il motore al massimo.

Nel frattempo, la galleria, che luccica di uno strano candore bianco ed ha pareti che sembrano ruotare in senso orario, diventa sempre più stretta. Nell’apparecchio c’è assenza di gravità, e le punte delle ali toccano la superficie interna del tunnel. Infine Gernon esce dalla galleria e si trova immerso in una nebbia di un colore verde pallido: ovunque giri lo sguardo non vede altro che quella nebbia. Gli strumenti di bordo sono fuori uso, la radio non riesce a stabilire nessun collegamento. Poi, però, la foschia gradualmente si dirada ed il pilota constata di trovarsi già sopra Miami Beach. In base alla rotta che stava tenendo ed alla velocità normalmente possibile, avrebbe dovuto essere soltanto nella zona di Bimini. In ogni modo, ora può raggiungere Palm Beach senza altri problemi e, dopo essere atterrato, constata di aver volato all’impossibile tempo record di 45 minuti: mezz’ora meno di quanto ci si impiega per quel tratto. Ma come possono verificarsi delle curvature spaziotemporali e quali eventuali conseguenze comportano? Per spiegarlo è necessario descrivere la teoria delle “tarlature”.

I buchi neri hanno una forza gravitazionale talmente alta da non consentire neppure la fuoriuscita dell’energia luminosa, come abbiamo detto già diverse volte in precedenza, e attirano a sé qualunque particella di materia arrivi nelle vicinanze. Attorno ad essi persino il tempo si ferma. Infatti, con l’aumento della velocità (o della gravitazione, il che è equivalente) il trascorrere del tempo rallenta. Se potessimo raggiungere la velocità della luce, il tempo si fermerebbe, e qui avremmo il passaggio verso il super-spazio, che in realtà non è affatto uno spazio, ma un mondo senza spazio né tempo.

Ma la materia che il buco nero “inghiotte” dove va a finire? Per il fisico John A. Wheeler, che per primo ha formulato nei dettagli la teoria delle tarlature, i punti di partenza collegati, tramite il super-spazio, con i buchi neri sono i cosiddetti “buchi bianchi”, un fenomeno che gli astronomi chiamano “quasar”, letteralmente “radiosorgente quasi stellare”, e cioè una sorgente di onde radio rilevabile radioastronomicamente, che ha l’aspetto simile ad una stella ma tale non è. Finora delle quasar sappiamo per certo solo che sono fonti energetiche potentissime. Tra i molti tentativi di spiegazione, il più ragionevole sembra quello che vede nella quasar un posto di transito per materia ed energia, trasportate da un buco nero attraverso il super-spazio. Secondo Fred Hoyle, una volte giunte nella quasar, materia ed energia vengono ricacciate fuori con la stessa potenza con cui erano state attirate nel buco nero. Wheeler parte dall’immagine di uno spazio che, pur essendo uniformemente piano fino alla grandezza atomica, sotto però presenta dei buchi, come fossa una spugna: a questi buchi Wheeler conferisce il nome di “tarlature”. In base a questa sua teoria, molto ragionevole, i buchi neri possono, proprio perché “fuori del tempo”, fungere da luoghi d’accesso verso altri universi o dimensioni. Secondo l’ampliamento delle teorie di Einstein attuato dal matematico e fisico Roger Penrose, tutto ciò che viene “inghiottito” dai buchi neri non cade nella singolarità che quelli costituiscono, ma “ci passa attraverso”, per essere “spinto via” nella struttura spazio-temporale.

Quindi, in base a tutte le teorie della fisica moderna, i buchi neri possono essere visti come “tarlature”. Riguardo allo “spazio” attraversato dalle tarlature, secondo Meckelburg, questo super-spazio (o “iperspazio”) comprende tutte le “strutture per ora comprensibili ed intelleggibili solo al livello matematico e non nei termini normali della fisica, che stanno al di là del nostro universo quadridimensionale”. In questo “spazio” non c’è né spazio, così come lo conosciamo noi, né tempo. Perciò l’uscita può avvenire in qualunque tempo, indipendentemente da quando ha luogo l’entrata. Ed allo stesso modo l’uscita può avvenire in uno qualunque degli infiniti universi che la concezione del “multiverso”, scaturita dalle nuove conoscenze fisiche, contempla necessariamente.

Lo studioso Ivan Sanderson, ha sviluppato una teoria che ha individuato una “rete” di dodici anomalie magnetiche e gravitazionali, che danno luogo ad anomalie magnetiche di tempo e di spazio, ad intervalli di 72° intorno alla Terra, e più esattamente situate al 36° latitudine nord e sud; cinque nell’emisfero settentrionale, cinque nell’emisfero meridionale, oltre ai Poli nord e sud. In maggioranza, queste aree attive si estendono verso l’est delle masse continentali, dove le correnti calde dell’oceano, che salgono verso nord, s’incontrano con le correnti fredde che scendono verso sud. Oltre a questa collisione di correnti, tali aree rappresentano anche i punti nodali in cui le correnti di superficie girano da una parte, mentre le correnti sottomarine si volgono verso un’altra direzione.

Le grandi correnti superficiali di marea, scorrendo tangenzialmente ed essendo influenzate da diverse temperature, creano vortici magnetici che danneggiano le comunicazioni radio, il magnetismo, forse anche la gravità, e infine, in particolari condizioni, provocano la scomparsa di mezzi marini ed aerei (triangolo delle Bermuda). Sanderson mette in evidenza un particolare interessante che riguarda le irregolarità di queste zone, descrivendo certi stupefacenti arrivi anticipati di voli con orari controllati accuratamente, come l’evento accaduto al Boeing 727 della National Airlines prima descritto. Adesso, riguardo all’ipotesi dell’uscita da una tarlatura che può avvenire in qualunque tempo, che avvalora la teoria di altre dimensioni, è interessante raccontare il seguente avvenimento. Un esploratore ed aviatore famoso, l’ammiraglio Richard Byrd, che intraprese voli sopra i campi magnetici intensificati dei Poli, fece una trasmissione incredibile nel 1929, durante un volo sopra il Polo Sud.

Raccontava di essere arrivato, attraverso una luce nebulosa, in un’area di terra verde, con laghi non ghiacciati, e diceva di vedere enormi bestie simili a bisonti, altri animali, ed esseri che sembravano uomini primitivi. Può quindi essere che nelle dodici zone prima menzionate, si formino dei “buchi dimensionali”, delle “lacerazioni magnetiche nella cortina del tempo” che permettono il passaggio attraverso “tarlature”. Se così fosse, allora la “visione” dell’ammiraglio Byrd è una sorta di visione di come era il Polo Sud in un’epoca preistorica, in cui il ghiaccio ancora non si era formato e la superficie era ricoperta ancora da una fitta vegetazione: l’aereo dell’ammiraglio avrebbe praticamente, per pochi minuti, viaggiato nel tempo, precisamente nel passato remoto del nostro pianeta.

Il matematico e fisico Hawking nel 1973, osserva che determinati buchi neri rilasciano delle particelle. Da qui deduce che questi strani “corpi” celesti si sono formati al momento dell’origine dell’universo, non solo con il collasso gravitazionale classico, ma per effetti di meccanica quantistica: teoricamente, ai potentissimi buchi neri e bianchi dell’universo corrispondono, nel mondo dell’infinitamente piccolo, in una grandezza inferiore a quella dell’atomo, i cosiddetti minibuchi neri e bianchi. Calcoli fisici permettono di giungere al risultato che un buco nero con massa iniziale pari a 10 volte quella del Sole, ruota attorno al proprio asse 1000 volte al secondo, ha un diametro totale di 60 km e, grazie alla forza centrifuga, presenta nel centro una “galleria” di circa 600 metri di diametro.

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Un ipotetico “shuttle interdimensionale” potrebbe quindi utilizzare questa galleria, andando però ad una velocità pari a circa il 60% di quella della luce, in modo da adeguarsi a quella periferica del buco. È possibile provare ad ipotizzare di poter “addensare” della materia, di poter cioè aprire una tarlatura. Lo shuttle, quindi, costruisce nelle sue immediate vicinanze il minibuco nero che gli permetterà di entrare nel super-spazio. Poi si piazza davanti al buco in uno “stato vibratorio ad altissima frequenza”, fin quando le vibrazioni lo “scuotono” facendolo entrare in uno stato interdimensionale in risonanza con il super-spazio che esiste all’interno della tarlatura. Una volta raggiunto quello stato o forma, lo shuttle può muoversi da una dimensione ad un’altra; e all’uscita dalla tarlatura, o dal minibuco bianco, procedere all’inverso recuperando, per mezzo delle vibrazioni, il suo stato o la sua forma originari. (Praticamente lo stato vibratorio ad altissima frequenza “modifica” la forma dello shuttle prima che questo entri nella tarlatura. Una modifica che ricorda il principio della relatività ristretta della contrazione delle lunghezze e della dilatazione dei tempi). Tutto questo è, da un punto di vista teorico, non solo possibile ma anche decisamente più ragionevole, secondo le teorie di Einstein.

Siccome le varie dimensioni sono tra loro collegate, per mezzo del super-spazio, ovunque ed in qualunque momento, viaggiare tra le dimensioni significa anche viaggiare attraverso la quarta, cioè il tempo. Perciò, da qui e ora diventerà possibile arrivare ovunque, anche nel nostro passato o nel nostro futuro. Purtroppo tali teorie non prevedono un meccanismo di “regolazione”; cioè una volta usciti da una tarlatura non è possibile sapere in quale dimensione si sia giunti. (Ritornando per un’attimo all’esperienza fatta dall’ammiraglio Byrd, in quel caso l’uscita di quella tarlatura fu nel passato remoto del nostro pianeta, quindi nel passato remoto del nostro universo). A questo punto, ormai giunti alla conclusione, riepiloghiamo i principi che abbiamo menzionato nel corso di questa trattazione, estrapolati sulla base di alcuni fatti reali, convincenti e scientificamente plausibili, anche se soltanto teoricamente.

  1. Esiste un super-spazio, in cui non c’è né tempo né spazio, che può collegare qualunque punto di qualunque dimensione con qualunque altro punto di qualunque altra dimensione;
  2. Esistono delle tarlature che, come punti di collegamento, permettono di entrare nel super-spazio e di riuscirne in un qualunque punto
  3. di qualunque dimensione;
  4. Siccome nel super-spazio non c’è tempo, il viaggio ha la sola durata del tempo necessario, praticamente un tempo “nullo”, per andare dalla partenza all’ingresso della tarlatura e dalla sua uscita all’atterraggio;
  5. Siccome nel super-spazio non esistono distanze, nello stesso tempo, sempre equivalente a “zero”, è possibile raggiungere qualunque punto, indipendentemente dalla distanza che c’è tra le singole dimensioni;
  6. In conclusione, senza perdere nemmeno un attimo di tempo, per mezzo delle tarlature e del super-spazio è possibile raggiungere qualunque punto di qualunque dimensione, indipendentemente dalla distanza spaziale o temporale a cui si trova: in pratica è possibile compiere viaggi nel tempo e nello spazio, fin nei posti più remoti dell’universo.
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Voglio concludere affermando che queste teorie fisiche e matematiche anche se sono ancora lontane dall’essere utilizzate per fini tecnologici (il viaggio nel tempo, almeno per adesso, non è attuabile. Solo per le particelle subatomiche è stato possibile osservare, nei grandi acceleratori, alcuni fenomeni connessi alla dilatazione del tempo, e quindi confermare alcune affermazioni della teoria della relatività generale, che fino ad oggi è e rimarrà la teoria più coerente e avvalorata da numerosissimi esperimenti), sono utilissime dal punto di vista concettuale: avvicinano infatti l’uomo di scienza ad una migliore comprensione della meravigliosa armonia del Cosmo e delle sue sublimi leggi.

Tecnologia WormCam. L’uomo, la mente e Dio

L’idea più ambiziosa della tecnologia WormCam, sempre in un lontano futuro, è quella di un piccolo generatore di wormholes a vuoto compresso che, insieme ad un apparato sensore neurale, viene inserito in profondità nella corteccia cerebrale di un individuo. Il generatore contiene prodotti chimici che agiscono sui tessuti nervosi, con il risultato che, nel corso di parecchi mesi, i neuroni della persona si “scavano” il proprio percorso nel generatore. Il sensore neurale è altamente sensibile, analizzatore degli schemi di attività e capace di localizzare le giunzioni sinaptiche individuali. (Ricordiamo che il neurone è in anatomia un’unità morfologica e funzionale del sistema nervoso, costituita dal corpo cellulare e dai suoi prolungamenti. La sinapsi è la giunzione che si stabilisce fra le terminazioni di due cellule nervose, e tra la fibra nervosa e l’organo periferico di reazione, consentendo il passaggio dell’impulso nervoso da una cellula all’altra). Con un atto di cosciente volontà, il portatore può stabilire un collegamento WormCam tra la propria mente e quella di qualunque altra persona (a sua volta munita di tale apparecchiatura). Le comunità di menti connesse con altre menti, tra loro si definiscono i “Comunicanti”. In tal modo, il Clarke immagina che una tale scienza possa portare alla “sopravvivenza della mente dopo la morte del corpo fisico”. Il proprio “io”, la propria consapevolezza, i propri ricordi, non saranno residenti nel corpo di un membro o di un altro della “comunità”, ma saranno distribuiti, ripartiti tra tutti i membri di essa.

Nel centro della Galassia è situato un enorme buco nero, grande un milione di volte la massa del Sole che cresce continuamente; nubi di polveri e di gas, stelle morte, fluiscono nel buco da tutte le direzioni. Il Clarke immagina che nel futuro remoto, punti di osservazione delle WormCam, osservatori senza corpo che vagano nello spazio e nel tempo, possano studiare da vicino il buco nero. L’idea è praticamente quella di inviare menti umane attraverso un blocco di spazio-tempo largo 200.000 anni-luce e profondo 100 millenni, attraverso 100 miliardi di sistemi stellari, risalendo fino all’origine del genere umano. Le nuove super-menti cominceranno a porsi le più grandi sfide, che esigeranno il meglio dell’intelletto umano, insieme alla soppressione dell’egoismo e delle peggiori tendenze discriminatorie. Le sempre più nuove generazioni di “Comunicanti” che sarebbero maturate, lavoreranno a “plasmare il futuro”, un futuro in cui la democrazia apparirà irrilevante ed i principi delle religioni in comunione con quelli della scienza, in quanto i “Comunicanti” pian piano riusciranno addirittura ad abolire la morte. Sarà quindi possibile guardare “indietro nel tempo” e leggere una sequenza DNA completa iniziando da qualunque momento della vita di una persona. Sarà possibile il “download” della mente di un individuo: dopo averla resa temporaneamente “comunicante” per anni o per decenni, la mente potrà essere “scaricata” e “ricongiunta” al corpo rigenerato, risanando l’individuo in questione. Ci sarà anche la possibilità di scaricare menti umane nella “schiuma quantistica”. Facendo ciò si cercherà di ripristinare ogni anima umana risalendo fino all’inizio della specie; si cercherà di “raddrizzare” il passato e debellare l’orrenda tragedia della morte in un universo che potrà durare decine di miliardi di anni.

Questa la fantascienza. Ma vediamo adesso cosa dice la scienza unita alla fede riguardo alla possibilità di una cronovisione e di una sconfitta totale della morte. Le singolarità sono rotte di uscita dall’universo osservato, vie verso universi paralleli. Una singolarità è uno “stargate”, una porta tra due mondi: l’uscita, cioè la scomparsa da uno e l’ingresso ovvero la comparsa in un altro. Consideriamo adesso i buchi neri che ruotano intorno al proprio asse, sia quelli giganti, astrofisici, che quelli microscopici, cioè le particelle elementari che compongono tutti i corpi fisici. Tutte le particelle possono considerarsi mini buchi neri, sostengono oggi le teorie del tutto, quindi anche la teoria di stringa. Le particelle perciò, malgrado ci appaiano divise tra loro nello spazio e nel tempo, nel cuore sono tutte in reciproca comunione; difatti così provano vari esperimenti che hanno messo in luce le loro proprietà non locali. (Una particella a spin 0 si divide in due particelle a spin 1/2, un elettrone ed un positrone, ad esempio. La misura dello spin di una, fissa istantaneamente lo spin dell’altra, anche se si trovano a distanza reciproca tale da richiedere un messaggio a velocità superluminale).

L’anello che mette in comunione ogni corpo con il Computer Cosmico, è la composizione di tutti gli anelli, ovvero delle singolarità anulari cioè delle particelle che compongono un corpo. L’anello è una comunione non nello spazio, ma con altri tempi, futuro e passato. S. Hawking ha dimostrato che i buchi neri sono sorgenti di ordine. Tutte le particelle sono minibuchi, neri e bianchi dello spazio-tempo. Hawking ha dimostrato l’evaporazione dei buchi neri: questi “evaporano” nel senso che emettono radiazione o informazione e quindi sono sorgenti di ordine; assorbono materia, cioè forma e trasmettono informazione, generando ordine o sintropia nello spazio circostante. I buchi bianchi viceversa, assorbono informazione ed emettono forma cioè eruttano la materia, accrescendo il disordine ovvero l’entropia. Poichè, per legge, i buchi neri sono tanti quanti i buchi bianchi, devono coesistere entrambe le due frecce del tempo: dal futuro al passato e dal passato al futuro.

La temperatura interna dei minibuchi neri e bianchi è elevatissima. Secondo i calcoli riportati da vari autori, la loro temperatura interna è circa 10 elevato alla 11 °K, cioè circa cento miliardi di gradi. Questa enorme temperatura interna avvalora la tesi che i minibuchi neri, ovvero le particelle nucleari o quark, siano “cavi” collegati con il Computer Cosmico (la Forza Elettrodebole) che si trova a temperature ancora più elevate (10 elevato alla 16°K). I buchi neri ruotanti sono comunque dei tunnel dello spazio-tempo: le singolarità al loro interno possono connettere all’istante sia punti di questo universo, distanti nello spazio, sia universi paralleli, distanti tra loro migliaia se non miliardi di anni. Il nostro corpo, formato anch’esso da quark e quindi da minibuchi neri, può essere perciò unito al futuro.

Rotazione e carica dei buchi neri, dimostrano i calcoli, cambiano in modo radicale le condizioni fisiche del viaggio nell’iperspazio, che coincide con un “viaggio nel tempo”.

Il primo a scoprirlo fu il matematico Kurt Godel, con la scoperta di alcune soluzioni delle equazioni della relatività generale di Einstein. In base a queste, un turista può partire dalla Terra, fare il giro di tutto l’universo e poi ritornare sulla Terra prima della data della sua partenza; può cioè spingersi nel passato di questo pianeta tanto quanto vuole. Quella di Godel fu la prima ipotesi scientifica di “macchina del tempo” ed anche la scoperta che l’universo stesso è una macchina del tempo. La rotazione dell’universo di Godel era molto aderente a quella reale, perchè considerava ogni punto come centro di rotazione, dotato cioè di spin, come lo è di fatto: l’universo infatti è composto da particelle, stelle, pianeti e galassie che ruotano tutti intorno al proprio asse. Da allora i viaggi nell’iperspazio sono oggetto di studio teorico della fisica.

Il viaggio nell’iperspazio, però, può benissimo non richiedere astronavi o “macchine del tempo”, ma soltanto l’evoluzione del veicolo che l’uomo già possiede: il suo corpo. Questo, infatti, è composto da particelle elementari che sono tutte singolarità anulari microscopiche. Nel loro insieme tutte le particelle che compongono un corpo possono comporre un’unica singolarità, una “porta” dell’iperspazio. La “macchina del tempo”, o meglio il “cronovisore”, già esiste e in alcuni casi funziona: è il cervello umano. Questo potrebbe funzionare miliardi di volte meglio se l’uomo sapesse utilizzare le sue infinite potenzialità. Il fatto che molti “illuminati” o “santi” abbiano visto e vedano realtà diverse o anticipino eventi, è l’evidenza che le “porte” si possono aprire. Soltanto se il corpo umano è una singolarità nuda compie un balzo verso il futuro (o il passato) più avanzato: il modo per diventarlo è la conoscenza di se stessi. Il passaggio da un universo parallelo all’altro è oggi oggetto di studio e di calcoli accurati. Uno stargate è come un anello, affermano le teorie; chi entra nell’anello sbuca all’istante o quasi in un mondo parallelo, ed all’interno dell’anello avviene un fenomeno incredibile ma rigorosamente matematico: l’inversione della gravità.

La forza di gravità cioè cambia segno; diviene repulsiva anzichè attrattiva. Il fenomeno è ormai noto come anti-gravità: dentro l’anello, infatti, il buco nero che attrae tutto irresistibilmente, diviene buco bianco il quale, invece, respinge tutto, sia la materia che la luce. L’anti-gravità è la spinta verso l’alto, anzichè verso il basso: in altre parole è ascensione. Questi sono gli elementi scientifici più idonei a spiegare il fenomeno dell’ascesa e scomparsa di un corpo umano descritto da vari testi sacri antichi. La scomparsa in questo caso, coinvolge il corpo e non è la “morte”, ma l’evidenza che l’uomo ha saputo imboccare la Via, la Vita, la Verità interiore, ricevendo e riconoscendo l’Energia della Fonte, il Messaggio unico ed unitario che può allineare gli spin nucleari del corpo umano.

E’ questo l’evento cosmico che coinvolge l’infinitamente piccolo e l’infinitamente grande: l’unità dei tre principi sovrani, saggezza, amore e volontà di evolvere è il richiamo alla Fonte della Vita, l’Energia Intelligente di altissima qualità che può allineare gli spin nucleari di ogni corpo, trasformandolo in una singolarità nuda.

E’ importante sottolineare che per Fonte della Vita o Energia Intelligente si deve intendere il “Campo di Higgs”. Nell’universo esistono due tipi di particelle: messaggere (bosoni) e materiali (fermioni). E’ possibile che entrambi i due tipi di particelle discendano da un’unica Fonte, ovvero da un unico Campo? Dal Campo di Higgs sgorgherebbero tutte le particelle esistenti, materiali e messaggere, fermioni e bosoni (quindi stringhe bosoniche e fermioniche). Tale Campo si trova ad energie ancora superiori a quelle del Campo Elettrodebole e potrebbe identificarsi con il campo che unifica la forza elettrodebole con quella forte (sarebbe quindi composto da superstringhe, cioè da stringhe sia bosoniche che fermioniche).

La Fonte della Vita è il “combustibile” necessario per il “viaggio” che richiede l’evoluzione genetica del corpo fisico. Solo la Fonte della Vita può renderlo una singolarità nuda, pronta all’ascesa verso il nuovo mondo. Il “viaggio” è verso la piena coscienza di sè. Questo proseguirà a livello individuale, fino al momento cosmico in cui ci sarà una “massa cosciente” tale da consentire l’ascesa istantanea e collettiva di tutta l’umanità al nuovo mondo, alla dimensione o universo parallelo a questo in cui regnerà in eterno la pace e l’amore ed in cui la morte ed il peccato saranno per sempre sconfitti.

Universo fisico e Universo psichico: tra Scienza e Fede 

William James ha postulato l’esistenza di un “continuum” di coscienza cosmica che è un universo a substrato sostanzialmente psichico. In termini più semplici è possibile parlare di “universo delle forze psichiche”, che potrebbe benissimo sussistere accanto all’universo della materia e dell’energia. La mente può allargarsi indefinitamente oltre le esperienze personali, fino ad includere nella propria sfera un passato che non gli appartiene ma che diviene accessibile in virtù della chiaroveggenza retrospettiva, una sorta di viaggio mentale nel passato.

E’ possibile che il passato abbia una sua esistenza reale ed imperitura. L’orientalista Pietro Silvio Rivetta afferma:” tutto ciò che è accaduto, esiste realmente, ossia “è”, soltanto le limitazioni dei sensi ci impediscono di avere coscienza attuale di tale persistente realtà”. Se il passato esiste, non può trovarsi che nella dimensione infinita del tempo, che racchiude l’intero universo materiale nel suo divenire, secondo il concetto relativistico del continuum spazio-temporale. E’ in questa dimensione che si inoltra la mente di un soggetto sensitivo, seguendo una linea cronotopica (cronotopo=riferito allo spazio-tempo quadridimensionale, nel caso della teoria della relatività generale) che si dipana nel continuum spazio-temporale. Il concetto di esistenza non è valido per la coscienza supertemporale che appartiene all’io segreto e che è stato definito “coscienza di eternità”, una dimensione eterna ed immutabile dove il passato non fugge e dove il futuro non è inaccessibile al pensiero presente. Il continuum è un grande, immobile panorama che si estende nelle due direzioni del tempo.

L’esistenza dei due fenomeni simmetrici di retrocognizione e precognizione ci dice che in una dimensione superiore a quelle spaziali, e cioè nel continuum spazio-temporale, esistono tutto il passato e tutto l’avvenire. Attribuire il requisito dell’esistenza solo alle situazioni presenti, sarebbe come considerare esistenti i fotogrammi di una pellicola nell’attimo in cui essi vengono illuminati da un proiettore cinematografico, trascurando il fatto che esistono anche i fotogrammi già passati e quelli che devono ancora arrivare. Resta da vedere entro quali limiti una simile concezione può trovare riscontro nei modelli d’universo proposti da fisici e matematici. Hinton parlava di “un meraviglioso insieme nel quale tutto ciò che è esistito, o esisterà, coesiste”.

Vi è inoltre lo schema più moderno detto di “esistenza totale” del grande matematico Luigi Fantappiè. In tale quadro la possibilità della precognizione è un piccolo spiraglio che si apre qualche volta sul panorama del futuro, vale a dire su ciò che esiste in una dimensione superiore o supertemporale. L’uomo sembra apparire un essere a più di tre dimensioni, che può spaziare mentalmente lungo la dimensione del tempo, ben oltre i limiti fissati dall’origine e durata del suo corpo. Il futuro esiste e ciò non vieta che da una dimensione superiore si possa conoscere quale sarà la futura e libera espressione della nostra volontà. In punti ancora lontani del continuum spazio-temporale, esistono già le “conseguenze” dei nostri liberi atti di volontà dei quali l’io cosciente non sa ancora nulla, perchè non è ancora arrivato a “viverli”.

Tutto ciò che noi sappiamo, presentiamo o indoviniamo, non ci appartiene direttamente; esso non è che il riflesso di qualcosa che esiste sotto forma imponderabile e assolutamente inconcepibile, nella “centrale della conoscenza”, un luogo dell’intelligenza suprema ed universale, situato oltre le quattro dimensioni del nostro universo. Emerge quindi l’autonomia e la sovranità della “psiche”, che appare capace di estendere l’io, con tutte le sue facoltà e prerogative anche fisiche, oltre ogni limite di distanza e di tempo. Esiste cioè un certo piano della realtà al quale si può accedere solo in particolari stati di coscienza; un luogo “dove il tempo e la distanza non contano”, la dimensione iperspaziale dell’universo. La via d’accesso alla “dimensione psichica” passa attraverso l’inconscio.

Scrive Jung che quando l’anima prende contatto con l’inconscio viene a trovarsi in un certo senso in rapporto con la collettività delle anime passate, presenti e future e con la dimensione ad essa associata. In questa dimensione attingono le proprie “visioni” tutti coloro che intrattengono un dialogo attivo ed aperto con il proprio inconscio e cioè i sensitivi, la cui mente va e viene da quella dimensione evocandone i contenuti.

La natura è retta da leggi più ampie di quelle dell’universo sensibile; la realtà investigata dalla scienza non è che un settore di quella globale. Tirrell è convinto che i fenomeni paranormali “non costituiscono fatti insoliti e privi di legami con altri fenomeni naturali, nè infrangono le leggi fisiche dell’universo”; essi dimostrano semplicemente “l’esistenza di una vita e di un universo al di là di quelli investigati dalla scienza”. Non meno esplicita è la posizione del matematico Fantappiè: “appare chiaro che non tutta la realtà si esaurisce nello spazio-tempo dell’universo sensibile. Per poterla spiegare in tutta la sua completezza, bisogna dunque cercare uno schema più ampio al di là di questo”.

Fantappiè ha cercato e trovato questo schema. Dopo aver elaborato un modello matematico dell’universo alquanto più complesso di quello proposto a suo tempo dal de Sitter, si è dedicato al compito di ricercare e definire per via matematica tutte le categorie degli “universi possibili”, secondo certe premesse geometriche che la “teoria dei gruppi” permette di stabilire per ogni tipo di realtà fisica, in dipendenza dei possibili “gruppi di trasformazione” che caratterizzano ciascun universo. (Ricordiamo che nell’universo di de Sitter, lo spazio è finito ed il tempo è infinito. Infatti, come osservava Eddington, partendo da “qui” – dimensione spaziale – si finirà con il tornare “qui”, mentre partendo da “ora” – dimensione temporale – non si tornerà più a “ora”. Quindi adoperando la scala delle misure assolute, l’universo risulta infinito nel tempo e finito nello spazio). Non si tratta di pure e semplici astrazioni concettuali; tali universi potrebbero esistere e “forse esistono veramente”, sarebbero anzi “inclusi l’uno dentro l’altro, presentando così una inesauribile varietà di forme e di possibilità, pur nell’unità organica da cui essi tutti derivano”.

La conclusione importante a cui giunge il Fantappiè è che “quanto sembra inesplicabile in un universo, può invece trovare la sua logica sistemazione in un altro universo associato ad un gruppo di trasformazioni più ampio e quindi ad un numero maggiore di gradi di libertà”. L’esempio che egli porta in proposito si basa su quel piccolissimo universo rappresentato dall’atomo di idrogeno. Secondo le notazioni dello studioso, esso corrisponderebbe all’universo “numero uno della categoria B”. A volte gli atomi di idrogeno si trovano ad essere urtati da fotoni (quanti di energia luminosa) e fanno, in conseguenza, un balzo da un livello di energia ad un altro.

Un fenomeno come questo risulterebbe assolutamente inesplicabile per un osservatore di quel mondo infinitesimo, dato che il fotone non appartiene al suo “universo”; ma ciò non toglie che esso sia manifestazione di una realtà più ampia. Allo stesso modo, osserva il grande matematico, “molti fenomeni inesplicabili del nostro universo, potrebbero essere interpretati in termini di un altro universo più ampio”.

E’ come dire che questo “universo più ampio o più complesso”, è l’unica cornice possibile per tutti quei fenomeni paranormali che sembrano contraddire alle leggi del mondo fisico, ma che potrebbero essere benissimo spiegati ricorrendo ad ulteriori “dimensioni” ed a leggi più vaste, di cui quelle a noi note sarebbero soltanto casi particolari.

I “gradi di libertà” sono molti se ci riferiamo al nostro “io” trascendente, che non è vincolato al condizionamento psichico. Fantappiè sostiene che “noi, grazie al nostro io spirituale, apparteniamo a tutta la catena degli universi” e, conseguentemente, siamo potenzialmente anche liberi di spaziare in essi. Tale tentativo permette di collegare la pura speculazione matematica alla fenomenologia collegata ai poteri trascendenti della psiche, e sulla naturale ambientazione di quest’ultima in un quadro cosmico caratterizzato da dimensioni che non possiamo neppure immaginare. Scrive ancora Fantappiè: “se vogliamo conoscere la realtà dei fenomeni psichici, dobbiamo muoverci nell’universo psichico e secondo tutti i gradi di libertà di quell’universo; questo vale in particolare per i fenomeni paranormali”.

Secondo lo scienziato gli eventi paranormali, come del resto tutti i fenomeni della vita, appartengono alla categoria dei fenomeni “sintropici”, i quali, almeno apparentemente, si evolvono in deroga ad una delle leggi più generali dell’universo fisico: quella cioè che comporta un progressivo e fatale “livellamento” dei potenziali di energia (legge dell’entropia).

Dio e la scienza
Dio è amore; Egli è trascendente come l’infinito, Dio trascende anche sè stesso. L’anima è “generata” non creata della stessa sostanza di Dio. Il corpo è creato, l’anima è generata, è parte di Dio, è un microcosmo di Dio. L’infinito è dentro ognuno di noi, il pensiero non si ferma mai, non ha limiti, è infinito. Noi siamo eterni nel tempo e nello spazio come esseri coscienti, come era nel principio (passato), ora (presente) e sempre (futuro). Il pensiero “anticipa” l’evento; da qui la spiegazione di come gli scienziati del calibro di Galilei, Newton ed Einstein, hanno anticipato in via puramente speculativa teorie che molti anni dopo sono state confermate o che hanno permesso ulteriori sviluppi nel campo delle tecnologie.

La coscienza di ognuno di noi è gia preesistente, sin dall’inizio del tempo (Big Bang). L’uomo è microcosmo perchè è costituito dagli stessi elementi di cui è costituito l’universo, è microstoria perchè fa parte integrante dell’intera storia del genere umano, cioè da quando è stata generata la coscienza iniziale del primo essere pensante. Ma perchè è nato l’universo? In base alle possibilità infinite esistenti in natura, il nostro universo sembra essere il migliore possibile per lo sviluppo di vita intelligente. Inoltre, se l’anima sopravvive dopo la morte in una dimensione superiore (e sappiamo che esistono dimensioni “invisibili”, cioè quelle dimensioni dell’infinitamente piccolo, le cosiddette dimensioni “arrotolate” o “compattificate” di cui si occupa la teoria delle stringhe), in quello che viene definito il superspazio, cosa se non l’amore di una grande Intelligenza Divina ha fatto in modo che noi gradualmente ci potessimo sviluppare, in varie esistenze, in incarnazioni sempre più perfette, fino allo scopo ultimo di arrivare alla Perfezione Divina e di essere un tutt’uno con Essa?

Cosa se non l’amore ha fatto in modo che l’universo si sviluppasse in maniera così armoniosa ed intelligente e che l’uomo potesse essere originale nei più svariati campi (artistico, musicale, scientifico…), fino a chiedersi la provenienza di tutta quest’armonia meravigliosa? Allora, perchè l’universo esiste? Se, per il secondo principio della termodinamica, ogni cosa procede verso il disordine, e l’universo è destinato a “spegnersi” o a “ricollassare” ed esplodere in un nuovo Big Bang (universo ciclico: Big Bang – Big Crunch…), perchè è nato? E’ nato perchè il nostro vero “io” cioè l’anima, la mente, il pensiero, sopravviva al trascorrere del tempo ed alle sue conseguenze sulla materia, in altre dimensioni in cui potremo svilupparci e perfezionarci ulteriormente fino a identificarci con il Creatore.

E questo perchè Egli ci ama. E’ quindi l’amore il perchè, il fine dell’esistenza di ogni cosa. Per la teoria della relatività speciale, la velocità della luce è una velocità limite, è cioè una quantità che si definisce “invariante”. Avvicinandoci sempre di più alla velocità della luce, andiamo incontro ad effetti relativistici del tipo “dilatazione del tempo” e “contrazione delle lunghezze”. Se si potesse superare questa barriera sarebbe possibile viaggiare a ritroso nel tempo. Ammettiamo, per ipotesi, che ciò sia possibile. Secondo la tesi della “molteplicità degli universi” della meccanica quantistica, non è detto che viaggiando nel passato si debba giungere necessariamente nel passato di “questo” universo.

E’ possibilissimo, cioè, che si giunga nel passato di uno qualsiasi degli infiniti universi possibili. Per il futuro vale lo stesso ragionamento: un viaggio nel futuro, quindi, non conduce necessariamente nel futuro del nostro universo, ma nel futuro di uno qualsiasi della molteplicità degli universi.

Ci sono però delle fenomenologie paranormali che non sembrano inquadrarsi in tale contesto. Come esempio prendiamo la tragedia del Titanic. Se il futuro è ancora incerto (non è già scritto), come è possibile che alcuni soggetti altamente sensibili hanno avuto la visione precognitiva di ciò che sarebbe successo di lì a vari giorni? L’unica spiegazione plausibile è che il Titanic era già destinato ad affondare e quindi che nell’universo il futuro è già segnato. Ciò fa nascere delle interessanti constatazioni alla tesi della molteplicità degli universi. Se il futuro non è ancora stabilito, come sono riuscite le menti di tali soggetti ad ottenere la “visione” di un evento futuro che si è poi correttamente verificato? Sembrerebbe che il futuro sia già scritto e se ciò è reale, passato, presente e futuro di “ogni universo” sono già stabiliti dall’inizio del tempo.

Secondo tale tesi, quindi, quello che mi accadrà domani era già delineato in forma embrionale, sin dall’inizio del tempo. Ma ciò non contraddice la tesi della molteplicità degli universi se si adotta la seguente spiegazione: gli universi possibili sono infiniti e quindi gli “eventi” possibili sono infiniti. Sono gli eventi di ogni universo ad essere già determinati all’inizio del tempo di ognuno. Allora, se tutto è destinato, se la linea temporale di ogni evento in ogni universo è già stabilita a priori, e ogni essere vivente che è esistito, che esiste e che esisterà è già destinato ad evolversi in un determinato modo, ciò significa che alla base di tutto esiste una “causa”, non la casualità, che interviene soltanto in un secondo momento, in un modo simile al noto “libero arbitrio” della religione. Essendo il nostro, tra gli infiniti universi possibili, un universo idoneo alla nascita della vita intelligente, la “causa prima” deve necessariamente essere un’Intelligenza cosmica Divina.

Viaggi nel tempo: illusione o realtà? 

osservatore coscienteQuando si parla di viaggi nel tempo, bisogna anzitutto distinguere tra viaggi nel futuro e viaggi nel passato. I primi sono sicuramente possibili, difatti, spiega il fisico Kip Thorne: “le leggi della relatività dicono che lo scorrere del tempo dipende da dove ci si trova e da come ci si muove nell’universo”.

Einstein, infatti, dimostrò che tempo e spazio non sono entità ben distinte e assolute, ma una sorta di proiezioni di un “tessuto” a quattro dimensioni.

Osservatori diversi vedono, in genere, proiezioni diverse della stessa realtà, anche se questi effetti si manifestano solo ad altissime velocità o in presenza di intensi campi gravitazionali. Spiega Thorne: “se viaggiassimo a velocità prossime a quella della luce o se ci avvicinassimo al bordo di un buco nero, il nostro orologio andrebbe molto più lentamente di quello dei nostri amici e parenti rimasti sulla Terra. Potremmo tornare dopo un’ora e constatare che sulla Terra sono trascorsi un milione di anni”.

Negli acceleratori di particelle tale fenomeno si verifica normalmente. Difatti, particelle come gli elettroni, sono veloci quasi quanto la luce ed il loro tempo scorre fino ad un milione di volte più lentamente del nostro. Secondo la relatività, anche i viaggi nel passato sarebbero possibili: la gravità può “distorcere” lo spazio-tempo al punto da cambiare la direzione del tempo fino ad invertirla.

Il problema che nasce non è dovuto al fatto che il tempo si “curvi”, ma dai paradossi che potrebbero nascere: se tornassimo nel passato, per esempio, potremmo involontariamente (o volontariamente) uccidere un nostro antenato e rendere quindi impossibile la nostra stessa esistenza. Secondo molti scienziati, però, tali paradossi si possono risolvere. Il fisico David Deutsch dell’Università di Cambridge, sostiene che la storia possa “ramificarsi” e creare universi “paralleli” al nostro (che è come dire “percorsi” alternativi). Cosa succede se io viaggio nel passato attraverso una sorta di “macchina del tempo” e uccido mio nonno? La meccanica quantistica risolve il “paradosso del nonno” ipotizzando l’esistenza degli universi paralleli (e quindi delle storie alternative).

Io così non uccido mio nonno nel mio universo di origine, ma in un “altro”. In tal modo non blocco la mia nascita: impedisco solo al mio “doppio” di nascere nell’altro universo. Questo tipo di paradosso è detto di incoerenza. C’è poi un altro tipo di paradosso da analizzare, ed è quello che viene definito di conoscenza. In quest’altro caso il viaggiatore nel tempo porta con sè nel passato la Divina Commedia e la regala a Dante prima che lui l’abbia scritta. Anche tale “paradosso di conoscenza” può venire evitato: idee, opere d’arte, invenzioni e scoperte possono essere “esportate” liberamente in altri universi, perchè in uno di essi hanno comunque avuto origine. Per risolvere, quindi, questi tipi di paradossi, gli scienziati sono ricorsi alla fisica quantistica, secondo la quale qualsiasi particella esiste contemporaneamente in tutti gli stati possibili fin quando non viene osservata. Si può allora pensare che ad ogni stato corrisponda realmente un diverso universo.

Esisterebbe dunque un numero sterminato (forse infinito) di universi paralleli, determinati da tutte le possibili combinazioni di stati e di particelle. Ne consegue che quando si apre un passaggio temporale, si crea un ponte fra due universi: il crononauta non va nel passato del proprio universo (dove a quell’epoca non esisteva), ma nel passato di un universo parallelo. Egli è allora libero di modificarne la storia (compiendo anche nonnicidi), perchè nessuna delle sue azioni avrà conseguenze sul suo universo di origine e quindi su di lui. Peccato che le leggi della meccanica quantistica impediscano anche di ritornarci, nel proprio universo (ritornando cioè al proprio tempo, quindi viaggiando nel futuro, il crononauta giungerà in uno degli infiniti futuri possibili).

C’è però un altro modo, ritenuto da molti più plausibile, di risolvere i paradossi: ammettere l’esistenza di “anelli temporali”, in cui il passato avviene solo perchè avviene il futuro e le vicende si susseguono ciclicamente secondo un destino immutabile. Per chiarire questo concetto, John D. Barrow docente dell’Università di Cambridge, fa un esempio: “Immaginate di viaggiare indietro nel tempo e di prepararvi a sparare a voi stessi in braccio a vostra madre. Sparate, ma una vecchia lesione alla spalla, dovuta al fatto che quando eravate bambini vostra madre vi ha lasciato cadere, vi fa sbagliare mira. Il colpo è però sufficiente a spaventare vostra madre che lascia cadere il bambino, il quale si fa male ad una spalla”. A questo punto andiamo ad approfondire la fisica dei viaggi nel tempo, sia dal punto di vista della meccanica quantistica, sia dal punto di vista classico (relatività generale).

Esistono tre dimensioni dello spazio attraverso cui ognuno può muoversi liberamente. Il tempo è semplicemente una quarta dimensione, identica alle altre in ogni sua caratteristica, tranne il fatto che la nostra coscienza è obbligata a percorrerla ad un’andatura regolare. Se fosse possibile piegare le quattro dimensioni dello spazio e del tempo, per esempio scambiando la lunghezza con la durata, allora sarebbe possibile percorrere le vie della storia con la stessa facilità con cui si viaggia in macchina. Per funzionare in modo coerente con quanto appena detto, una macchina del tempo dovrebbe ruotare in una nuova configurazione della struttura spaziotemporale.

Di conseguenza, chi assiste alla partenza della macchina, la vedrebbe ruotare vertiginosamente prima che essa scompaia nella storia, mentre il viaggiatore proverebbe un senso di vertigine indotto dalla forza centrifuga e dalla forza di Coriolis, nonchè l’impressione di essere catapultato fuori dalla macchina. Nel viaggiatore, la sensazione di ruotare verrebbe contraddetta dall’illusione di essere seduto immobile nel posto di guida intanto che il tempo scorre all’esterno della macchina, perchè si tratta di una rotazione all’esterno del tempo e dello spazio stessi.

La velocità della luce nel vuoto è estremamente elevata, di circa 300.000 km/sec, però si tartta di un numero finito, quindi di una costante. Michelson e Morley dimostrarono che si tratta di una velocità “isotropica”, che presenta cioè le stesse proprietà fisiche in tutte le direzioni. La luce nel viaggiare attraverso lo spazio, non si comporta come un oggetto materiale, come per esempio un treno.

La velocità della luce, misurata da un sistema di riferimento, sia che quest’ultimo la raggiunga, sia che la incontri, è esattamente la stessa. Si deve quindi considerare la velocità della luce come una quantità fissa, e le dimensioni come quantità variabili. L’universo si organizza in maniera tale da rendere costanti le nostre misurazioni della velocità della luce.

Tutto ciò può essere espresso geometricamente come una torsione delle dimensioni. Trovandoci in una struttura a quattro dimensioni e immaginando di poterla ruotare in modo che la lunghezza venga a trovarsi al posto dell’ampiezza, e quest’ultima al posto dell’altezza, ma, soprattutto, la durata viene a trovarsi al posto di una dimensione spaziale, otterremo il principio su cui si basa il funzionamento della macchina del tempo. Essa torce intorno a sè lo spazio ed il tempo, trasformando quest’ultimo in una dimensione spaziale, in modo tale che ci si può recare nel passato o nel futuro con la stessa facilità con cui si viaggia in automobile.

E’ possibile concepire le diverse versioni di storia come “corridoi” (universi) paralleli, ciascuno dei quali esiste indipendentemente dagli altri. Una macchina del tempo consentirebbe di percorrerli avanti e indietro. Osservando da un punto qualsiasi all’interno di un corridoio, si può vedere un “flusso storico” completo e coerente, senza essere consapevoli dell’esistenza di altri corridoi. E i corridoi non possono influenzarsi a vicenda; in alcuni di essi, però, le condizioni possono cambiare: persino le leggi fisiche possono essere diverse.

Il funzionamento della macchina, abbiamo detto, dipende da una torsione dello spazio e del tempo, che trasforma il viaggio temporale in un viaggio spaziale. Immaginiamo un universo in cui la torsione spaziotemporale sia molto accentuata, un universo in cui la rotazione fa parte della struttura stessa di esso. La rotazione sarebbe intrinseca ad ogni punto dello spazio e del tempo. Un sasso scagliato da qualunque punto seguirebbe una traiettoria a spirale: l’inerzia (la resistenza di un corpo a cambiare il suo stato di moto o di quiete) agirebbe come un compasso, ruotando intorno al punto di lancio.

Secondo alcuni scienziati, il nostro stesso universo potrebbe essere sottoposto ad una tale rotazione, ma ad una velocità estremamente lenta: 100.000 milioni di anni per compiere una singola rotazione. Il principio dell’ “universo rotante”, venne avanzato per la prima volta dal matematico Kurt Godel. In un universo rotante, è possibile muoversi nello spazio, ma viaggiando nel passato o nel futuro. Anche il nostro universo ruota, però tanto lentamente che un viaggio simile sarebbe di 100.000 milioni di anni luce, e richiederebbe quasi un milione di milioni di anni. Se ci immaginiamo invece un universo molto più denso del nostro, così denso in qualsiasi punto quanto il nucleo di un atomo di materia, un tale universo per una rotazione completa impiegherebbe poche frazioni di secondo.

L’ipotesi sarebbe che per poche frazioni di secondo la macchina del tempo si dovrebbe spostare rapidamente avanti e indietro fra il nostro universo ed un altro universo ultradenso, sfruttando ad ogni passaggio la torsione assiale della realtà per viaggiare lungo una serie di “pieghe” (curvature spaziotemporali) nel passato o nel futuro. Il crononauta si muoverebbe quindi “a spirale” attraverso il tempo. In un viaggio nel passato il crononauta proverrà da un futuro, tra un’infinità di varianti possibili. Sarebbe infatti razionalmente possibile che la macchina del tempo cambi il corso della storia, e generi nuove e diverse serie di eventi. Il principio stesso del suo funzionamento potrebbe cioè fondarsi sulla sua capacità di “estendersi” in un’altra “storia parallela” (in un corso della storia di un universo parallelo). Secondo il concetto della “molteplicità”, non è possibile garantire alcunchè a proposito del passato, non è possibile cambiare la storia (di un universo): è però possibile generare nuove versioni.

La meccanica quantistica è la teoria che ci consente di comprendere la molteplicità della storia, l’interpretazione della moltiplicità degli universi. Con l’avvento di tale disciplina è stato scoperto che non si può mai stabilire “esattamente” dove sia una particella, nè dove sia diretta. Esiste un limite invalicabile alle misurazioni, stabilito da quello che viene definito “principio di indeterminazione”. Per quanto riguarda il mondo, dobbiamo dimenticarci di qualunque natura precisa, di qualunque determinatezza: dobbiamo pensare in termini di probabilità, cioè la possibilità di trovare un oggetto fisico nel luogo tale, alla velocità tale, e così via. Analizziamo adesso un tipico “paradosso temporale”. Ho 30 anni e invento la macchina del tempo, ritorno nel passato munito di un’arma e ammazzo me stesso da giovane a 17 anni.

Questo sarebbe un classico, semplicissimo, paradosso causale. Se morissi a 17 anni, non costruirei la macchina del tempo, non diventerei trentenne, età in cui ho inventato la macchina, quindi non potrei tornare nel passato a compiere l’omicidio. Ma se l’omicidio non fosse commesso, potrei costruire la macchina e tornare nel passato a uccidere me stesso più giovane, e allora non costruirei la macchina e l’omicidio non potrebbe essere commesso… Sarebbe, da come è facile notare, un circolo vizioso interminabile; ma se il principio della molteplicità dei mondi è corretto, allora non esiste nessun paradosso. La storia si dirama in due corsi: in uno io sopravvivo, nell’altro muoio. Io, cioè, come viaggiatore temporale, sono semplicemente passato dall’uno all’altro corso di storia (da un universo all’altro).

L’esistenza reale di altri universi, implica un significato che travalica la nostra breve esistenza. Le verità matematiche hanno un’esistenza indipendente dalle menti in cui trovano ricetto: tali verità sono “schegge” del pensiero di qualche “Mente Superiore”. Le nostre vite qui sulla Terra, hanno soltanto un significato dubbio, dunque il loro vero significato deve risiedere fuori di questo mondo. Il concetto secondo cui tutto al mondo ha un significato ultimo è l’analogo esatto del principio secondo cui tutto ha una causa, un principio su cui si basa tutta la scienza. Ne consegue che da qualche parte, oltre la nostra storia, esiste il “mondo assoluto” in cui tutto il significato si risolve. Il viaggio temporale, per sua stessa natura, provoca perturbazioni nella storia e dunque la generazione o la scoperta di altri universi oltre il nostro.

Il compito di un viaggiatore temporale potrebbe quindi essere quello di cercare il “mondo assoluto” fino a trovarlo o a “crearlo”. Se si potesse disporre di una macchina del tempo, o “veicolo di dislocamento cronotico”, sarebbe forse possibile tornare all’alba della creazione e, potendo la storia essere cambiata, cambiare tutto dalle origini, che è come dire, scegliere tra le infinite varianti il migliore universo possibile, quindi l’universo con la migliore storia possibile.

Una cronomacchina (macchina del tempo) provoca “biforcazioni” più ampie, che generano nuove “storie”, alcune delle quali sarebbero impossibili senza l’intervento della macchina stessa. Consideriamo una persona fisica, ad esempio me stesso. Se in un dato momento “aggiungo” una copia di me stesso, che può essere “assente” perchè ho viaggiato nel passato o nel futuro, e poi “sottraggo” ogni copia “doppiamente presente” perchè uno di noi ha viaggiato nel passato, scopro che la somma totale rimane costante: esiste in realtà un solo individuo, a prescindere dal numero di volte in cui viaggia avanti e indietro nel tempo.

Quindi esiste una sorta di conservazione della materia, anche se, in qualunque momento di qualunque storia, può sembrare che le leggi della conservazione siano violate, a causa dell’improvvisa compresenza, o assenza, di due di noi. Il paradosso, cioè, esiste soltanto se si considera una storia singola, scompare, invece, se si pensa in termini di molteplicità. A livello macroscopico è possibile l’esistenza di storie multiple e divergenti, presupposta l’esistenza di una cronomacchina. E’ possibile immaginare situazioni in cui la molteplicità della storia è nulla, singola o plurale. E’ nulla, se la storia è impossibile, cioè non è coerente con sè stessa; è singola, nella situazione in cui un singolo corso di eventi ha origine da un singolo punto nel tempo, e si svolge coerente e immutabile.

Ora, più una cronomacchina viaggia nel passato, più le molteplicità generali tendono all’infinito, più aumenta la “divergenza” fra le nuove copie del corso della storia: da ogni evento si formano molte storie, forse un numero infinito di storie possibili (concetto della molteplicità della storia plurale). Dal punto di vista tecnico presumiamo che gli operatori quantici siano “lineari”. Tuttavia potrebbe esistere un modo per porre in comunicazione le “storie”, se, a qualche livello fondamentale, esse rimanessero “intrecciate”, se, quindi, negli operatori quantici esistesse una quantità di “non linearità” tanto piccola da essere quasi non individuabile. Le non linearità si manifestano a livello infinitesimale, come nel caso dell’interazione non lineare tra la rotazione dell’atomo ed il suo campo magnetico. Immaginiamo di eseguire la misurazione della rotazione di un atomo: l’universo si divide in due, naturalmente, a seconda dell’esito dell’esperimento, dopo il quale si permette all’atomo di attraversare il proprio campo non lineare.

Questo è l’operatore quantico anomalo. Ebbene, è possibile organizzare le condizioni in maniera tale che l’azione compiuta in una storia dipenda da una decisione presa nella seconda storia. L’universo contiene un meccanismo atomico dinamico, in cui le configurazioni delle connessioni e degli atomi mutano in permanenza, gli atomi cioè sono connessi gli uni agli altri da quella che schematicamente potrebbe essere rappresentata come una “rete di fili di luce”.

viaggio nel tempoNell’universo intero, ogni atomo, ogni piccolo aggregato gassoso, è pervaso di struttura e di significato. Nulla è casuale nell’orientamento degli atomi, nella direzione della loro rotazione, nelle loro interconnessioni.

E’ come se tutto l’universo fosse una sorta di biblioteca in cui è immagazzinata la saggezza ed in cui ogni minima particella di materia è stata esaminata, sfruttata e catalogata.

L’immane struttura della materia è pervasa di “coscienza”; la “mente” permea il tessuto stesso dell’universo, il “pensiero” e la “consapevolezza” ne fanno parte integrante.

Nell’universo la mente opera al livello dell’infinito. L’universo è infinito nel tempo e nello spazio, e la mente, anch’essa infinita nel tempo (eterna), oltre a controllare tutta la materia e tutte le forze, immagazzina un’infinità di informazioni.

La mente è quindi onnisciente, onnipotente e onnipresente. Nella molteplicità esistono tutti gli universi possibili, l’uno adiacente all’altro, in un catalogo infinito di possibilità: ogni universo possibile, con tutto il suo “carico” di mente, di amore e di speranza, esiste da qualche parte nella molteplicità. La mente può sfidare il “finito”, può raggiungere e superare il confine del tempo (eternità), può insediarsi in tutti gli universi della molteplicità (infiniti).

La meccanica quantistica potrebbe imporre la presenza di quelle che si definiscono “linee di tempo chiuse” (closed timelike curve o CTC). Benchè rare a grande scala, queste strutture potrebbero essere abbondanti a livello submicroscopico, dove predominano gli effetti quantistici. Lo spazio-tempo pur apparendo uniforme a grandi scale, avrebbe una struttura submicroscopica “spugnosa” contenente molti cunicoli e CTC che condurrebbero a circa 10^-42 secondi nel passato. E’ possibile che le particelle subatomiche compiano continuamente “viaggi nel tempo”. Più importante è il fatto che la meccanica quantistica può risolvere i paradossi del viaggio nel tempo. Nel parlare di meccanica quantistica ci si riferisce a quell’interpretazione che viene definita “a molti universi”, proposta nel 1957 da Hugh Everett III. Secondo Everett, se qualcosa può fisicamente accadere, allora accade (in qualche universo).

La realtà fisica consiste in una “collezione” di universi, alla quale talvolta si dà il nome di “multiverso”. Rimanendo in tema di particelle elementari, il decadimento di un neutrone, ad esempio, può avvenire in ogni momento, anche se certi istanti sono più probabili di altri. Secondo l’interpretazione a “molti universi”, per ogni istante in cui il neutrone potrebbe decadere, esiste un universo in cui decade in quell’istante.

Se lo spazio-tempo classico contiene CTC, allora, secondo la meccanica quantistica, gli universi del multiverso devono essere collegati in maniera peculiare. Si ha cioè un unico spazio-tempo convoluto costituito da molti universi connessi. Questo collegamento costringe me trentenne a trasferirmi in un universo che è identico a quello da me lasciato fino al momento del mio arrivo, ma diviene a questo punto differente a causa della mia presenza.

Allora io posso impedire o no la mia nascita?

Dipende da quale universo si considera. In quello che lascio, ossia quello in cui sono nato, il matrimonio fra i miei nonni è avvenuto, perchè mio nonno non ha ricevuto nessuna visita da me. Nell’altro universo, quello in cui io arrivo nel passato, mio nonno non sposa la stessa donna (o non si sposa affatto) quindi io non posso nascere. Perciò il fatto che io viaggio nel tempo non pone vincoli alle mie azioni. Secondo la meccanica quantistica, una limitazione non sarebbe possibile dal momento che, anche in presenza di linee di tempo chiuse, il principio di autonomia è sempre rispettato. Approfondiamo a questo punto il viaggio nel tempo dal punto di vista della fisica classica. Le equazioni di campo della relatività generale prevedono che corpi massicci come una stella o un buco nero distorcano lo spazio-tempo e curvino le linee universali. In questo modo ha origine la gravità: la linea universale della Terra compie una spirale intorno a quella del Sole, la quale a sua volta spiraleggia intorno a quella del centro della Galassia. Supponiamo che lo spazio-tempo diventi così distorto che alcune linee universali formino cappi chiusi, pur continuando a rimanere linee di tempo per tutta la loro lunghezza.

Localmente esse rispetterebbero tutte le familiari proprietà dello spazio e del tempo, ma sarebbero dei veri e propri “corridoi” verso il passato. Se cercassi di seguire esattamente una linea di tempo chiusa (CTC) per tutta la sua lunghezza, andrei ad urtare contro me stesso nel passato e a causa di quest’urto verrei estromesso dal mio stesso passato; seguendo invece solo una parte di una CTC tornerei nel passato e potrei partecipare agli eventi che vi si svolgono: potrei stringere la mano ad una versione più giovane di me stesso o, addirittura, se il cappio fosse abbastanza grande, far visita ai miei antenati. Il matematico Kurt Godel trovò una soluzione delle equazioni di Einstein che incorpora le CTC; in questa soluzione l’intero universo deve però ruotare su sè stesso. John A.Wheeler ha proposto una sorta di scorciatoia nello spazio-tempo, un cosiddetto “cunicolo” (wormhole), e Kip S.Thorne ed altri, hanno mostrato come si potrebbero spostare le estremità di un cunicolo per formare una CTC. Secondo alcuni calcoli eseguiti da Richard Gott, una “stringa cosmica” (un altro costrutto teorico che potrebbe o no esistere in natura) che passasse rapidamente accanto ad un’altra stringa genererebbe CTC. Non è da escludere che tali linee di tempo chiuse diventino accessibili ad una civiltà del futuro, che potrebbe allora tentare di creare ed esaminare i paradossi con il viaggio nel tempo. E’ interessante a questo punto, esaminare più da vicino i paradossi in questione per vedere quali principi il viaggio nel tempo potrebbe eventualmente violare secondo la fisica classica. In base alla fisica classica, non vi è dubbio che al mio arrivo nel passato io debba compiere le azioni che la storia documenta come compiute da me.

La fisica classica, in assenza di CTC, diviene deterministica: ciò che accade ad un dato istante è totalmente determinato da ciò che accade ad ogni istante precedente (o successivo). Pertanto tutto ciò che io faccio è una conseguenza inevitabile di ciò che è accaduto ancora prima che venissi concepito. Il nocciolo del paradosso del nonno sta nella violazione di un principio fondamentale che sta alla base sia della scienza sia della logica di tutti i giorni: quello che si chiama “principio di autonomia”. Secondo questo principio, è possibile creare nelle nostre immediate vicinanze qualsiasi configurazione di materia permessa localmente dalle leggi fisiche, senza fare riferimento a ciò che può accadere nel resto dell’universo. In presenza di CTC la fisica classica si comporta diversamente da quella quantistica, a causa di quello che Friedman ed altri chiamano “principio di autoconsistenza o di coerenza intrinseca”.

In base ad esso, possono manifestarsi localmente solo le configurazioni di materia che sono globalmente autoconsistenti. Secondo la fisica classica la storia è una sola e quindi, per quanto io possa sforzarmi di fare diversamente, il principio di autoconsistenza mi impone di recitare la mia parte nello svolgimento degli eventi. Ritorniamo per un attimo al paradosso del nonno. Immaginiamo che ho usato la macchina del tempo per far visita a mio nonno, proprio nell’anno e nel momento in cui era tutto intento a corteggiare la futura moglie (mia nonna). Io, accennando a segreti di famiglia che mio nonno non aveva ancora riferito a nessuno, l’ho convinto della mia identità, cioè di essere suo nipote e di provenire dal futuro. Naturalmente mio nonno è rimasto a dir poco sbalordito, ma il peggio deve ancora accadere.

Quando mio nonno, recandosi a cena con la sua ragazza, ha esordito: “ho appena incontrato mio nipote!”, la donna si è trovata nel dilemma fra il temere per la sanità mentale di mio nonno e il risentirsi profondamente per la temeraria impertinenza (l’aver cioè raccontato una sciocchezza così assurda). Il risultato è stato, quindi, che la serata è miseramente naufragata, i miei nonni non si sono mai sposati e non hanno quindi mai avuto il bambino che sarebbe divenuto mio padre.

Secondo la fisica classica posso far visita a mio nonno, e quando egli racconta alla mia futura nonna ciò che gli è accaduto (il fatto di aver incontrato il nipote proveniente dal futuro col tramite di una macchina che permette di viaggiare nel tempo), lei si preoccupa per il suo stato di salute. Commosso, mio nonno le propone di sposarlo e lei accetta. Non solo tutto ciò potrebbe accadere: secondo la fisica classica “deve” accadere. In tal modo, invece di alterare il passato, io ne divento parte attiva. Secondo la fisica classica, “qualcosa” deve impedirmi di modificare ciò che è già accaduto. Non che si debba necessariamente trattare di un evento mirabolante: è sufficiente un banale contrattempo.

Il principio di consistenza impone che quello di autonomia venga meno. Il radicarsi di convinzioni preconcette che siano prive di evidenze sperimentali o del supporto logico di una teoria, può inibire in modo sensibile lo sviluppo della conoscenza. Una di queste convinzioni è che i viaggi nel passato siano impossibili perchè permettono di creare situazioni causalmente inconsistenti. L’esempio più diffuso è quello già discusso di un esploratore che si porti nel suo passato fino ad incontrare uno dei propri nonni ancora nella sua infanzia o adolescenza e quindi lo uccida o comunque agisca in modo da impedire a sè stesso di divenire. Sebbene ovvia e difficilmente confutabile, la contraddizione che emerge da questo argomento è il frutto di una indebita proiezione della nostra esperienza e dell’intuizione comune in una realtà fisica diversa e ancora sconosciuta quale è quella in cui sono possibili viaggi nel passato.

Può accadere infatti che, in presenza di condizioni così estreme, l’esploratore sia nell’impossibilità di compiere azioni che creino paradossi insolubili come quelli che si ottengono troncando la sequenza causale degli eventi. Un risultato in questa direzione, che emerge non come mera congettura, ma come implicazione di un’analisi matematica rigorosa, è stato ottenuto da Igor Novikov e dai suoi collaboratori. Essi hanno dimostrato che in una dinamica classica, in cui siano state contemplate traiettorie spazio-temporali chiuse, il ben noto principio di azione estrema, che descrive il comportamento naturale di oggetti fisici, è anche il principio di autoconsistenza, nel senso che esso assicura come possibili “soltanto” quelle traiettorie che, pur violando la cronologia (cioè permettono viaggi nel passato), non violano la causalità se non in modo “marginale”, cioè senza indurre contraddizioni. Tali traiettorie sono dette “autoconsistenti”. Non è ancora chiaro come l’autoconsistenza di un sistema locale sia imposta dalla struttura globale dello spazio-tempo, cioè come quest’ultima condizioni il comportamento dell’ipotetico osservatore dell’esempio discusso in precedenza. E’ possibile tuttavia supporre che ciò avvenga in modo non dissimile da come le leggi fondamentali della natura ci impediscano di essere diversi da come siamo.

Viaggi nel tempo: possibilità, implicazioni e paradossi

Uno dei temi più fecondi della fantascienza, probabilmente il più affascinante, è quello dei viaggi nel tempo, con le relative implicazioni. Con una “cronomacchina” sarebbe possibile trasferirsi istantaneamente nel futuro più lontano, oppure recarsi nel passato, magari con l’intento di modificare e riscrivere a proprio piacimento la storia del mondo, o anche semplicemente la propria storia. Secondo una teoria fisica il tempo è “quantizzato”, ed è quindi rappresentabile più che come un “flusso”, come una serie di punti. Noi non possiamo percepire la natura discreta del tempo perchè i punti, come i fotogrammi di un film, scorrono rapidamente.

Per sfruttare tale tesi un eventuale “crononauta”, potrebbe escogitare un sistema per rallentare il flusso temporale di un tale numero di ordini di grandezza, che i singoli punti di tempo e i singoli spazi divengano “palpabili”. Riguardo ai viaggi nel tempo tramite i “wormholes” (letteralmente, “tane di verme” o “cunicoli” che pare esistano al centro dei buchi neri rotanti e che sono dei veri e propri tunnel spaziotemporali), nell’aprile 2000 la rivista britannica “News Scientist” diffuse la notizia secondo cui un fisico russo S. Ktasnokov, avrebbe individuato, a livello teorico, un nuovo tipo di cunicoli compatibili con lel leggi della fisica, stabili e senza limiti di dimensione.

E a proposito di “stabilità” che è il problema fondamentale riguardo l’utilizzo dei cunicoli (difatti, secondo la fisica relativistica, un tunnel temporale subirebbe una repentina e catastrofica dispersione di energia provocata dalla radiazione che retroagisce su sè stessa attraverso il tunnel), secondo un ricercatore di Pechino, Li-Xing Li, sarebbe possibile evitare la retroazione collocando uno “specchio” sferico nelle vicinanze del tunnel.

Analizziamo adesso un esempio di paradosso del rapporto di causa-effetto (tipo paradosso del nonno). Sul nodo della “causalità” si sono costruite migliaia di storie. Fra le più celebri c’è un brevissimo racconto di Fredric Brown, “Esperimento”, in cui si narra cosa accade quando un certo professor Johnson mostra a due sue colleghi come funziona il suo modello sperimentale di macchina del tempo. Il marchingegno è simile, nell’aspetto, ad una comune “bilancia pesa-lettere, con in più due quadranti da orologio fissati sotto il piattello”. Il professore invia, come prima dimostrazione, un piccolo cubo di metallo cinque minuti nel futuro. Lo posa sul piattello, regola uno dei due orologi sul tempo prefissato ed il cubo sparisce.

Cinque minuti esatti più tardi, il cubo riappare sul quadrante. L’imprevisto, però, si verifica quando Johnson vuole inviare il cubo cinque minuti nel passato. Ma vediamo come viene descritto l’esperimento dall’autore del racconto:” – Mancano sei minuti alle tre, spiegò Johnson, alle tre in punto, posando il cubo sul piattello, azionerò il meccanismo. Di conseguenza, alle tre meno cinque il cubo dovrà sparire dalla mia mano e comparire sul piattello: cinque minuti prima di avercelo messo! Ma, chiese uno dei colleghi, se scompare, come potrete poi mettercelo? Alle tre, risponde il professore, quando avvicinerò la mano, il cubo sparirà dal piattello e apparirà nella mia mano per essere ridepositato sul piattello”.

L’esperimento si avvia, come previsto, e alle tre in punto il cubo scompare dal piattello materializzandosi nella mano di Johnson, affinchè questi ve lo riponga. Ma qui giunti, uno dei colleghi muove l’obiezione-chiave: e se Johnson non mettesse più il cubo sul piattello? “Non si avrebbe, in questo caso, una specie di paradosso causa-effetto?” “- Idea molto interessante…, disse il professore, non ci avevo pensato! Ma proveremo subito. Dunque ecco: sono le tre, e io non… Non ci fu nessuna specie di paradosso, il cubo rimase. Ma il resto dell’intero Universo, professori e tutto, sparì”. In tale esempio il manifestarsi di una tale sorta di “paradosso causa-effetto”, avrebbe conseguenze deleterie, nientemeno che la scomparsa del nostro Universo. Andiamo ad analizzare un’altra fenomenologia possibile legata ai viaggi nel tempo: le “modifiche dal passato”.

E’ evidente che chi fosse in grado di spostarsi lungo l’asse del tempo per modificare a proprio piacere certi eventi chiave, avrebbe un potere quasi divino. A rifletterci, non è da escludere che in futuro non si costruisca realmente una cronomacchina, se è vero, a quanto sembra, che il viaggio nel tempo non è impossibile almeno da un punto di vista teorico. Addirittura è possibile ipotizzare che i crononauti esistono e magari hanno visitato e continuano a visitare il nostro tempo senza lasciare tracce. Tracce cancellate proprio con manipolazioni del nostro contesto.

Nel noto romanzo “Rumore di tuono” di Ray Bradbury, grazie ad una agenzia di cronoviaggi, cinque uomini partono verso l’epoca dei dinosauri. Essi lasciano un mondo politicamente e socialmente instabile; è stato appena eletto il presidente Keith, prevalso di stretta misura su Deutscher, un candidato di ispirazione fortemente autoritaria. I crononauti giungono nelle foreste del Giurassico; qui dovranno muoversi con estrema circospezione e camminare solo sul “sentiero”, un largo nastro metallico che si snoda sollevato a sei piedi da terra. Ma Eckels, il protagonista, spaventato dalla irruzione di un Tirannosauro, fugge per alcuni metri scendendo dal “sentiero”, calpestando erba e fango. Poco dopo, comunque, i cinque rientrano nel “presente”.

Eckels ha un soprassalto rileggendo un cartello appeso nei locali dell’agenzia. Comprende che qualcosa è cambiato, che il presente in cui è giunto non è lo stesso che si è lasciato alle spalle nel momento in cui è partito per il cronoviaggio. Difatti, rovistando pazzamente nel fango rappreso ai suoi stivali ne trae un grumo di terriccio tremando. Semisepolta nel fango, nera e scintillante di colori verde e dorato, c’era una farfalla, bellissima e morta. La farfalla è il segnale di ciò che Eckels poco prima aveva solo sospettato.

Preso da un dubbio chiede chi ha vinto le elezioni presidenziali il giorno prima. E qui lo stupore e insieme il terrore: il candidato Deutscher e non Keith era l’attuale presidente, un uomo di fegato, autoritario e con polso fermo. Con un “effetto valanga”, una variazione minima, l’uccisione involontaria di una farfalla, si è “amplificata” nel corso di sessanta milioni di anni fino a coinvolgere l’intero assetto sociopolitico del futuro.

Secondo un’altra versione di questa ipotesi, al rientro nel “presente”, nella mente dei partecipanti al viaggio temporale e di tutti coloro che comunque ne sono al corrente, svanisce in breve tempo ogni memoria di quegli eventi e di quanto ad essi collegato.

Si avrebbe cioè, una insolita azione di auto-aggiornamento della storia, per cancellare nel nostro Universo una contraddizione non sostenibile. Secondo un’altra ipotesi molto suggestiva, sarebbe possibile persino “rimontare il film della Storia”.

Lo stupendo romanzo “La fine dell’Eternità” di Isaac Asimov, presenta una infinita serie di escursioni temporali con vistose manomissioni della realtà senza provocare, sostanzialmente, alcun paradosso. Com’è possibile ciò? Occorre aprire una parentesi e soffermarsi su un concetto ricorrente nella storia della nostra cultura, secondo il quale passato, presente e futuro esisterebbero “contemporaneamente”, il che ha strette analogie con l’antica idea di “eternità”.

Il “nostro” tempo è simile più ad una pellicola cinematografica, dove tutti i singoli avvenimenti (i fotogrammi) sono logicamente ordinati e compresenti, anche se di ciò potrebbe avere cognizione completa solo chi riuscisse a portarsene all’esterno. (Questo è forse ciò che accade a quelle persone dotate di poteri di precognizione, che riescono a proiettare il loro “corpo astrale” in una dimensione “superiore”, quella dimensione in cui non esistono barriere spaziotemporali). Nel romanzo su citato Asimov immagina una organizzazione creata dagli uomini (l’Eternità nel titolo) in pratica onnipotente, situata al di fuori dell’ordinario dipanarsi del tempo, benchè gli uomini che la compongono (gli Eterni) vivessero biologicamente una normale esistenza. Il vantaggio era che, stando nella Eternità, si poteva osservare dal di fuori l’intero spaziotempo, o continuum quadridimensionale, quasi fosse un film: dagli inizi della Storia al più lontano futuro.

Asimov descrive il procedimento basilare con cui gli Eterni modificavano la Storia: essi dovevano conseguire il “Massimo Risultato Ottenibile” (MRO) intervenendo mediante un “Mutamento Minimo Necessario” (MMN). Insomma, alterare un dettaglio-chiave apparentemente insignificante dei fatti quotidiani doveva condurre negli anni, per uno studiato processo di concatenazioni, alle conseguenze auspicate. Il “Mutamento Minimo Necessario”, secondo Asimov, obbedirebbe anche a quell’universale “principio di economia” che è uno dei cardini della stessa Natura. Ma come può “la fine dell’Eternità” descrivere colossali manomissioni temporali del mondo senza provocare paradossi? La risposta è evidente: gli Eterni sono al di fuori della nostra realtà, e “tagliano e incollano” (similmente a quello che possiamo fare con il nostro computer) a loro piacimento i fotogrammi di quello sterminato film che è la Storia. A questo punto, gli eventi che accadono sulla Terra vengono a perdere ogni nesso di causa/effetto: sono tutti emanazioni del potere degli Eterni, la cui unica preoccupazione è conservare una sequenza logica dei “fotogrammi”. Sotto questo aspetto, il romanzo di Asimov, è un modo elegante e radicale per eludere i paradossi.

I problemi connessi con i cronoviaggi sono tali, che l’astrofisico inglese S. Hawking nel 1992 propose una sorta di “crono-protezione”, detta “teoria del censore cosmico”, secondo la quale l’Universo troverebbe sempre il modo di evitare “naturalmente” che si verifichino eventi “paradossali”. Riguardo ancora ai paradossi, ha scritto il fisico Paul Davies: “le leggi dell’Universo devono descrivere una realtà coerente. Il paradosso viene aggirato se gli anelli causali sono coerenti. In questo caso, le azioni del viaggiatore nel tempo sarebbero già incorporate nell’intreccio deterministico che lega passato e presente. Il viaggiatore che schiaccia un insetto e modifica l’evoluzione, lo fa in modo tale da produrre esattamente le circostanze biologiche del mondo da cui proviene. Questo sembrerebbe porre forti restrizioni al libero arbitrio, ma non sembra esservi nulla di discutibile da un punto di vista logico, riguardo alla possibilità di “anelli causali” che uniscano in maniera coerente passato e futuro”.

Il racconto di Paul Levinson, “Niente fuori posto”, esemplifica una situazione alternativa e più diplomatica al “censore” di Hawking. Jeff Harris è un uomo del 2084. Viene spedito nel 1985, pochi mesi prima della nota catastrofe del Challenger, il quale esplose circa un minuto dopo il lancio dal Kennedy Space Center, uccidendo sette astronauti. La missione di Harris è prevenire il disastro: questo salverebbe alcune vite umane ed eviterebbe la lunga battuta di arresto che subirono i progetti spaziali conseguentemente all’evento. Senonchè tutto sembra andargli storto: invece di approdare nel 1985 si materializza nel 1963, il giorno prima che uccidano John Fitzgerald Kennedy a Dallas. Bloccato in un tempo che non è il suo, Jeff decide che almeno cercherà di agire per salvare il presidente. Tuttavia qualcuno attenta alla sua vita, per cui non può recarsi a Dallas.

La narrazione prosegue con una lunga serie di eventi, tutti in contrasto con le iniziative di Jeff per modificare gli avvenimenti. Sembra che qualcosa all’interno della storia resiste ad ogni tentativo di cambiamento: in pratica, non esistono sequenze temporali “intatte”, specie nel caso di eventi che coinvolgono numerosa gente, come può accadere nei delitti di risonanza storica. I tentativi di modificarli o falliscono del tutto o cambiano gli avvenimenti solo in parte o, addirittura, possono creare le stesse cause scatenanti.

Tutte queste ipotesi che abbiamo analizzato riguardo ai viaggi nel tempo non sono altro che “diverse” soluzioni ad un’unica equazione che è appunto quella che lega il cronoviaggio alla legge di causa/effetto prima menzionata. Di sicuro è che se un giorno l’uomo riuscirà in un futuro più o meno remoto a realizzare questo sogno ambizioso, dovrà certamente prestare la massima attenzione nel momento in cui proverà a modificare il corso della storia. In questo sono più propenso a credere ad una soluzione del tipo quella descritta da Asimov nel suo racconto “La fine dell’Eternità” e che cioè siano possibili sono “mutamenti minimi” ma che, a differenza di quanto scritto dall’autore, non si conosce fino a che punto possano modificare il corso naturale della Storia. Inoltre, sia che la risposta al cronoviaggio sia deterministica (e quindi soggetta alle leggi della fisica classica), sia che sia quantistica (e quindi soggetta al principio di indeterminazione di Heisenberg ed alle altre leggi della meccanica quantistica), sembrerebbe la macchina del tempo l’oggetto dell’onnipotenza. Mi spiego meglio: ammettiamo l’ipotesi quantistica dei molti mondi.

Se la macchina del tempo non esistesse le storie dell’Universo (e l’Universo stesso) non si “diramerebbero” consentendo le diverse soluzioni ad un determinato evento. E’ la macchina del tempo stessa a creare le condizioni per cui ciò diviene possibile. Viaggiare nel tempo sembrerebbe quindi possibile, complesso ma anche altamente rischioso per via delle innumerevoli incognite che il viaggio stesso preserva. Secondo il mio punto di vista, il futuro è in un certo modo già stabilito, con questo si spiegherebbe il motivo per cui alcune persone dotate di un’accentuata sensibilità riescono a percepire, o meglio, “visualizzare” eventi che debbono ancora accadere (fenomeni di precognizione, come quelli che hanno avuto alcune persone che dichiarano di aver “visto” in anticipo, anche di giorni, affondare il transatlantico Titanic). Ma anche il passato non si può modificare e l’esempio più originale ci è dato dal film “The Time Machine” di Simon Wells. In tale storia, il crononauta, in seguito ad un tragico incidente accadutogli insieme alla fidanzata, e precisamente una rapina, in cui essa muore, si catapulta nel passato qualche minuto prima dell’evento che dovrà accadere, ma, con sua grande meraviglia e rabbia allo stesso tempo, riesce ad evitare quel tipo di evento (la rapina) ma non la morte della fidanzata che, a quanto ci è dato di capire, è qualcosa che deve accadere “necessariamente”, che praticamente è destinato nella storia di questo Universo (nel film, infatti, essa muore per una seconda volta, investita da una carrozza).

Ora, se il passato non si può modificare, tantomeno è possibile cambiare il futuro. Ecco perchè i mistici, come Padre Pio, potevano guarire solo chi era destinato ad esserlo, ma non chi non lo era. Infatti in alcuni casi i mistici hanno anticipato la morte a persone ancora in vita (lo stesso Padre Pio, ad esempio, la predisse ad un giovane carabiniere).

Quindi, passato, presente e futuro di ogni cosa, di ogni essere vivente, dalla più piccola particella, al più grande insieme di galassie, all’Universo medesimo, sono già “stabiliti” nell’attimo in cui l’Universo ha avuto origine.

Michele Nardelli