Lavagne che parlano con la lingua della geometria

Lavagne e matematica

È sorprendente che i matematici, a differenza di molti scienziati, continuano a lavorare sulle lavagne piuttosto che sui computer, essi “vedono prima le immagini, non le parole. Vedono le immagini prima del significato ”, osserva Wynne nota fotografa e insegnante al Fashion Institute of Technology di New York.

Lavagne che parlano con la lingua della geometria
Jessica Wynne, fotografa e insegnante al Fashion Institute of Technology di New York.

Questa relazione tra immagine e pensiero è una delle principali aree di indagine per il suo lavoro, l’ultimo dei quali, Do Not Erase, contempla il significato, l’emozione e l’energia dei simboli. Le sue fotografie delle lavagne dei matematici, e le formule scritte su di esse e cancellate, illuminano gli elementi narrativi, linguistici e visionari di queste rappresentazioni, fornendo una meditazione senza tempo sull’astrazione e l’intimità dell’espressione visiva. (1)

Viene da chiedersi se ci sia una correlazione di questo amore dei matematici per le lavagne, una sorta di letto nuziale, con la matematica stessa. Quasi a supporre che relazionino attraverso formule e geometrie…

La Meridiana Grande

Molti anni fa, scorrendo il computer, mi incuriosì un articolo che riguardava una particolare lavagna, però non era come quella delle vecchie scuole, ma di uno scultore che lavora l’ardesia, quella che è mostrata di seguito, chiamata dal suo autore Meridiana Grande. La meridiana, in genere, come si sa, è uno strumento di misurazione del tempo basato sul rilevamento della posizione del Sole sfruttando l’ombra prodotta da uno stilo. È chiamata anche orologio solare o quadrante solare.

Come si vede in figura questa meridiana è enorme, tutta montata a blocchi scolpiti da Renato Ausenda, un noto artista di Bajardo (IM) al centro con una grande squadra in mano. L’opera è stata iniziata nel 1985 e finita nel 2000. Nel 2004, è stata esposta alla mostra a Genova in occasione dell’Anno Internazionale della Cultura.

Meridiana Grande
Meridiana Grande, scultura in ardesia, opera di Renato Ausenda di Bajardo (IM).

«La Meridiana Grande – dice Ausenda – rispecchia la crisi esistenziale e religiosa oggi superata come la Meridiana Analitica dimostra», un’altra sua opera in ardesia fatta in precedenza. Ma sono tutte così le sue sculture, cioè in ardesia, la pietra delle lavagne. Mentre, la sua prossima scultura, peraltro già iniziata, (mi sono riferito sin qui ad un articolo del 2006 tratto da internet(2) da cui ho riportato queste note) è intitolata “La Creazione”, «una nuova meridiana – aggiunge Ausenda – che rivelerà la parte antica e quella ontologica del creato, sulla base della fisica quantistica e la relatività ristretta e complessa esposta anche da Einstein.» Intanto prosegue anche il suo impegno alla tesi in materia psicologica che spera presto di poter discutere.

Nondimeno le sintetiche note di rilievo che aggiungo di seguito su Renato Ausenda di Bajardo, valgono in genere per capire l’opera di questo scultore eclettico e nel contempo la sua personalità che si è plasmata con l’assidua dedizione alla concezione dei mandala di Carl Gustav Jung.(3)

«Una fusione di filosofia, religione e psicologia – racconta Renato Ausenda, Renè per gli amici – oltre a ben 15 anni di studi junghiani (circa 12 mila pagine) e un tormentato percorso personale. Attraverso diverse simbologie, è un auto analisi alla scoperta dell’uomo, delle sue contraddizioni, del valore della conoscenza.» .(4)

Un funambolico scultore e giocatore di biliardo

Premetto di avere molta dimestichezza con le opere d’arte potendo far conto sulla mia predilezione per il disegno, soprattutto per quello geometrico. Vedremo fra poco questa scultura, il cui tema sviluppato da Renato Ausenda non appartiene più al nostro mondo ordinario ma ad un altro, quello oggetto di riflessione dei mandala Junghiani delle sue esperienze interiori.

Nel primo impatto con la foto sopra mostrata, nel giro di pochi minuti, osservandola intensamente mi sorse la convinzione che essa celava qualcosa di arcano, di grande rilevanza esoterica. Avevo in mente la natura intima che l’autore della Meridiana Grande intendeva racchiudere in essa con l’ispirazione Junghiana dei suoi mandala. Ecco perché.

Dico così, perché mi ritengo un disegnatore “virtuoso”, nel senso di possedere una vista penetrante per le cose geometriche. In un baleno mi son dato da fare a tracciare sulla copia della foto suddetta, un sintetico grafico col quale la meridiana è vista come un biliardo su cui si sta giocando una partita. Poi, dopo averla scansionata, l’ho trasferita sul computer tracciando a ricalco le linee fatte a matita, con i colori. Sono ricorso al grafico preliminare a matita, poiché la foto è incerta, non potendo fare altro perché non mi è stato possibile rintracciare il disegno originale della scultura in esame. Ed ecco bella e pronta la nuova immagine della Meridiana Grande:

(tutte le immagini possono essere ingrandite e visualizzate a colori cliccandoci sopra)
Lavagne che parlano con la lingua della geometria
Meridiana Grande, scultura in ardesia, opera di Renato Ausenda di Bajardo (IM). Geometria del biliardo matematico.

Risulta così che lo scultore, che si vede al centro della foto in questione, fa la parte di un fenomenale giocatore di biliardo e la sua enorme squadra di lavoro, diventa la stecca per giocare. E qui succede l’incredibile nell’osservare due magici percorsi determinati dalla punta della stecca manovrata dallo scultore-giocatore, segnati con i colori rosso e blu. Insomma si ha modo di ammirare estasiati, in due fasi indipendenti fra loro, un funambolico gioco di sponda nel doppio quadrato della meridiana, fra la parte interna e quella esterna relativa alla cornice.

Con la traccia rossa si vede rimbalzare sulle sponde più esterne della meridiana-biliardo, un immaginaria “bilia” per ben sette volte per poi ritornare al punto di partenza.

Con la traccia blu, un altro immaginaria “bilia”, partendo dallo stesso punto di prima, ma di lato, si vede rimbalzare sulle sponde interne della cornice della meridiana-biliardo, anche questa per ben sette volte, per poi indirizzarsi allo spigolo del quadrato di destra.

E se si correlano questi due sette al fatto che l’autore Renato Ausenda è un attento studioso delle concezioni junghiane sui mandala, allora essi sono la prova relativa che si rivela attraverso di me. Egli non poteva assolutamente prevedere la geometria offerta dalla fotografia che avrebbe fatto molto tempo dopo la realizzazione della meridiana in questione. Il numero Sette è simbolo per eccellenza della ricerca mistica e rappresenta ogni forma di scoperta e conoscenza. Il Sette è considerato il numero della filosofia e dell’analisi, ma anche della solitudine e della completezza. Senza contare l’elevato numero di volte in cui il numero sette ricorre in materie sia spirituali che religiose. Non è meraviglioso tutto questo?

A questo punto non si può affermare che la foto sia truccata, tanto più che nessuno se n’è mai accorto finora sul web sin dal 2006, quando è stata pubblicata, ed io sono il primo ad aver visto il potenziale intimo segreto racchiuso nella foto. Insomma, riflettendo bene è proprio la “sincronicità” junghiana(5) della foto della Meridiana Grande, di Ausenda, a caratterizzarla. Essa viene scattata nel preciso istante in cui si verifica l’evento prodigioso dell’immaginaria partita di biliardo del mirabile giocatore occulto, con la sua squadra di lavoro a mo’ di stecca, come si vede nell’immagine con il mio grafico.

Cosa ne ho tratto da questa singolare esperienza?, mi sono chiesto. Mi sono fatto l’idea che la geometria del gioco del biliardo, da chiamare ovviamente matematico, applicato a immagini fotografiche, potrebbe costituire un metodo di indagine per dar luogo a possibili “letture” di immagini fotografiche in genere: un’esoterica teoria affascinante, peraltro priva di fondamento scientifico purtroppo. La fotografia della Meridiana Grande, questo ci vorrebbe dire, ma è un messaggio criptico difficile da percepire per metterlo in pratica.

Si capisce anche che, se si procedesse a fare un simile esperimento, resterebbe da individuare la “linea guida” di partenza, in qualcosa presente nella fotografia, cioè la traccia della stecca di gioco, come la squadra dello scultore Ausenda per la sua Meridiana Grande. Senza contare di stabilire le regole di lettura che, naturalmente investono – mettiamo – il campo della psicanalisi: tutto da concepire e sperimentare. Un vero percorso utopistico, che tuttavia è concepibile se lo è anche quello che si lega alla legge della sincronicità di Carl Gustav Jung.

Comunque, curioso come sono per natura, non ho perso tempo nell’accingermi a mettere in pratica il metodo del biliardo matematico a molte fotografie, confidando sul mio intuito molto ben disposto a fare le “letture” in questione. Fantasie? insomma le numerose indagini grafiche, che sono seguite su molte fotografie, mi hanno quasi convinto che la prova del biliardo matematico è un fatto da non trascurare. Ma non ritengo opportuno ora, nella stesura di questo scritto, parlarne, considerato che ho modo di mostrare il resoconto di un’indagine, simile a quella della lavagna della Meridiana Grande di Ausenda, cioè di altre lavagne a riscontro di un articolo letto su internet da pochi giorni.

Le lavagne di Chandy Chang

«Non molto tempo fa l’artista di New Orleans Chandy Chang ha perso una persona che amava molto. Una morte che l’ha spinta a chiedersi cosa volesse fare davvero nella sua vita prima di andarsene. E così ha preso dei gessi colorati e ha usato la parete di una casa abbandonata della sua città per lanciare una frase – “Before I die I want to…” – che, dopo alcuni mesi, sarebbe diventato un progetto globale. Chandy ha scritto semplicemente “Prima di morire voglio…” e ha fatto in modo che a completare la frase fossero i passanti con i loro desideri, sogni, in molti casi anche utopie. Quella semplice griglia è stata ripresa – grazie alle istruzioni fornite sul sito ufficiale Beforidie.cc – in decine di città in tutto il mondo: da Berlino a Roma (dove, nel quartiere Trastevere, è stata utilizzata una saracinesca), da Pechino a Vicenza, da Madrid a Londra. E alla fine il progetto di Chandy è diventato un libro che raccoglie le immagini delle 375 lavagne di speranza sparse per il pianeta.»(6)


Lavagna murale del progetto di Chandy Chang con la frase “Before I die I want to…” su iniziativa del sito Beforidie. Qui la stessa frase è “Antes de morir…”

Eccezionale la lavagna mostrata nell’immagine accanto, una delle tante su suggerimento della prima lavagna di Chandy Chang, della quale parla Pier Luigi Pisa, professore di igiene presso l’Università di Pisa, sul giornale online La Repubblica il 2 novembre 2013. L’immagine, una delle tante sparse per il mondo che accompagnava l’articolo suddetto, mi è parsa l’ideale per sperimentare la geometria del biliardo matematico, la stessa applicata alla Meridiana Grande di Ausenda.

Quale il tema da sviluppare nella “lettura” della fotografia sopra mostrata, è chiaramente il “desiderio” nella sua esplicazione della mente umana. Desiderio che si converte in illusione tanto da sovvertire l’equilibrio mentale e costituire il terreno di indagine dei psicoanalisti. È il mondo dell’inconscio alla ribalta che si potrebbe rivelare come se la geometria del biliardo matematico fosse la nota macchina della verità, cioè il poligrafo, usato dalla Giustizia negli U.S.A. per interrogatori a persone sospette. È lo strumento che misura e registra diverse caratteristiche fisiologiche di un individuo (quali la pressione del sangue, il polso arterioso e la respirazione) mentre il soggetto è chiamato a rispondere a una serie di domande, misurandone i cambiamenti emotivi e psichici durante l’interrogatorio. E le lavagne con i desideri, sull’esempio di Chandy Chang, forse sono l’ideale per porle al vaglio del biliardo matematico.

Andiamo avanti, e già si presentano due strade di lettura con altrettanti criteri di valutazione dell’immagine mostrata nell’articolo suddetto di Pier Luigi Pisa. Per cominciare, è interessante esaminare la presenza del signore con l’ombrello davanti alla grande lavagna piena di scritte. Può essere che sta per piovere o è appena finito di piovere e questo giustifica l’ombrello. Però ignoriamo la cosa e valutiamo solo l’ombrello dal punto di vista della sua funzione, in rapporto al tema del desiderio, cioè in relazione alla parola che vi attiene, “Antes de morir…”, scritto a grande carattere in alto. Cioè l’ombrello può funzionare con la sua funzione per realizzare i desideri espressi dalle scritte sulla lavagna? Verrebbe da dire: “Sei un vero ombrello o fungi da ombrello?” chiese una lucciola infracidata a un fungo, felice di potersi mettere al riparo. Lui le rispose: “Fungo”. storia-e-simbolismo-dellombrello/

Come rimanere al punto di partenza perché il mistero si insinua ovunque con trabocchetti come questo gioco di parole. Ecco già una risposta. Ma veniamo alla storia sul conto dell’ombrello.

Gli antichi cinesi e gli indiani nell’ombrello aperto vedevano simbolizzata la volta celeste. In India venne anche associato alle divinità preposte alla fertilità e al raccolto ma, nell’ambito di una simbologia allargata, anche alla morte e alla rinascita: infatti i testi sanscriti affermano che Vishnu, divinità vedico-induista, protettrice del mondo e del Dharma, nella sua quinta reincarnazione avesse riportato dagli Inferi un ombrello, benefico portatore di pioggia. Comunque per restare nel concreto in relazione al suo uso quotidiano, l’ombrello rappresenta la protezione dal male e l’ombra che dà il godimento dei suoi risultati. In breve, coloro che lo hanno sono al sicuro e non devono aver paura di perdere ciò che hanno, perché per tutto ciò che vogliono, devono solo aprire l’ombrello che rappresenta il cielo per ottenerlo. Però attenzione perché è stato detto in precedenza che l’ombrello è associato alla morte e alla rinascita e che Vishnu nel recarsi nel mondo inferico portò con sé un ombrello. E solo così il cielo è a portata di mano. Infatti lo scopo delle lavagne di Chandy Chang non è diverso:

«Un Memento Mori per l’età moderna. Prima di morire è un progetto artistico globale che invita le persone a contemplare la morte e riflettere sulla propria vita. Originariamente creato da Candy Chang in una casa abbandonata a New Orleans dopo la morte di una persona cara, ora ci sono oltre 5.000 muri in tutto il mondo.».

Ecco che tutto si combina con il giusto significato dell’ombrello che viene dopo la morte, cioè mortificando il desiderio che è qualcosa che i psicanalisti stessi giudicano estranei all’uomo.

«Questo termine deriva dal latino e risulta composto dalla preposizione de, che in latino ha un’accezione privativa, e da sidus che significa, letteralmente, stella. Desiderare significa quindi avvertire la mancanza delle stelle. Il prefisso de ha anche valore di origine o provenienza, quindi un altro significato del termine è: proveniente dalle stelle. […] Dal punto di vista psicologico, si distingue il desiderio dal bisogno e, quando il bisogno è connotato da prepotenza, incoercibilità e irrefrenabilità, si parla di compulsione.
Non così il desiderio: posso rinviarne la soddisfazione, posso aspettare. E in questa attesa esso si affina, diviene più consapevole e più profondo. Il desiderio ha una radice sottile e complessa, legata alla storia, alla memoria, agli affetti dell’individuo, ma anche alla sfera assiologica, ed insieme ha a che fare con la fantasia e non è sempre concretizzabile in un oggetto immediato.
Il desiderio mira a ciò che potremmo chiamare la realtà fondamentale che garantisce orientamento e significato al vivere e all’agire. Esso si potrebbe ancora meglio definire come la capacità di canalizzare tutte le energie verso un oggetto stimato centrale per noi.»

Chiarita ogni cosa sul conto dell’ombrello, non resta ora che esaminare la sua funzione come se fosse un giocatore che lo usa come stecca per giocare al biliardo e che, nel nostro caso è matematico. Resta ancora da dire che l’ombrello non è aperto ma chiuso e rivolto a terra, per porre in evidenza il fatto che la sua preziosa funzione rilevata in precedenza, ora è messa fuori causa. E la prova del biliardo matematico non potrà che emettere la sentenza di negazione perché con certezza la sua orbita risulterà chiusa. Cioè la traiettoria di partenza, nel determinare lo schema a losanghe non giungerà mai in due angoli del quadro della fotografia. E conseguentemente questa negazione è il chiaro segno della morte, la riflessione che occorre fare per poi ottenere di essere “rinati” a nuova vita, il criterio raccomandato dall’iniziativa di Chandy Chang.


Lavagna murale del progetto di Chandy Chang con la frase “Before I die I want to…” su iniziativa del sito Beforidie. Sviluppo della geometria del biliardo matematico. Primo caso.

Infatti così risulta, con la nuova immagine appena mostrata, dopo aver fatto la geometria del biliardo matematico e scelto come “linea guida” il segmento AB passante per l’asse dell’ombrello. E come volevasi dimostrare, infatti l’orbita risultante è chiusa. Ma non sarà così la prova del biliardo matematico per il secondo caso, cioè scegliendo come “linea guida” secondo il verso orizzontale del muro con le scritte, cioè secondo l’altro criterio di valutazione accennato in precedenza. Ma vediamo questo nuovo caso poiché la frase “Antes de morir…” ci suggerisce di optare per la linea che sta sopra di essa e che è anche di privilegio perché inizia dall’angolo superiore del quadro dell’immagine, cioè il punto A.

Lavagna murale del progetto di Chandy Chang con la frase “Before I die I want to…” su iniziativa del sito Beforidie. Sviluppo della geometria del biliardo matematico. Secondo caso.

E questa è già la dimostrazione che la prova del biliardo matematico, che andremo a fare per questo secondo caso, è positiva, perché se una delle linee dell’orbita va in “buca”, cioè nel punto A, anche l’altro capo dell’orbita, che sarà ovviamente “aperta”, andrà in “buca”. Poi vedremo quale, mostrando l’immagine con la traccia della nuova geometria del biliardo matematico. È inteso che la “linea guida” è quella che inizia dal punto A.

La linea di partenza AB e la conclusione dell’orbita del biliardo matematico, privilegia in modo speciale i desideri che vi sono prossimi, a cominciare la frase “Anres de morir…”. Seguiti – mettiamo – dal desiderio espresso che vi sta sotto vistosamente evidenziato d’intorno, oppure l’altro accanto con il nome DINO a grandi caratteri. Questo per dire che si tratta di grandi desideri molto difficili da realizzare, se non impossibili ed è inevitabile che non siano mai esauditi e restano fluttuanti in un certo cielo della mente. E la sofferenza che ne deriva accompagna chi alimenta continuamente simili desideri. Ma già è stato detto tutto con il Memento mori del sito ufficiale Befordie.


Lavagna murale del progetto di Chandy Chang con la frase “Before I die I want to…” su uniziativa del sito Beforidie. Sviluppo della geometria del biliardo matematico. Terzo caso.

A questo punto se i grandi e piccoli desideri sono quasi sempre irrealizzabili, e con la riflessione suggerita dal sito ufficiale Beforidie si ha modo di fugarli quasi a fare un patto con la morte e per questo accettarne le penitenze, in qualche modo cambia la sorte. Con la mente che fino a poco prima era continuamente agitata a causa di desideri impossibili, a volte malsani, ecco che ritorna una certa serenità interiore che aiuta a sopportare il lato sacrificale della vita.

Ce lo rassicura la geometria del biliardo matematico, perché basta optare per la “linea guida” che esclude la lavagna dei desideri, se la facciamo combaciare con la sua base, oltre la cornice lambendo il pavimento. Laddove non è proprio possibile scrivere nulla ed è il terzo caso da verificare con il biliardo matematico. Infatti guardando l’immagine sopra mostrata, vediamo che le due orbite di fuga dalla linea AB sfociano in basso nei due angoli B e C, cioè in nelle rispettive “buche” nel gergo del gioco del biliardo.

Il mondo del desiderio è il mondo dell’inconscio dove la mente dell’uomo si smarrisce ed è l’esperienza degli inganni, un vero è proprio Inferno dal quale è davvero un’impresa uscirne. È questo l’inferno in cui è sceso Vishnu, divinità vedico-induista, protettrice del mondo e del Dharma, dal quale portò con sé l’ombrello della primavera per l’uomo. Cosa detta in precedenza.

Nel cristianesimo, Gesù dopo la morte per crocifissione discese all’inferno e resuscitò dopo tre giorni e portò con sé l'”ombrello” che è valso all’uomo la riparazione del peccato originale, la causa che lo aveva reso mortale.

Gaetano Barbella


1. houkgallery.com/artists/jessica-wynne
2. albertocane.blogspot.com/dove-sparita-la-meridiana-grande
3. I Mandala di Carl Gustav Jung
4. Ibidem 2
5. Jung in particolare definisce la sincronicità in questo modo:«Gli eventi sincronici si basano sulla simultaneità di due diversi stati mentali.»«Ecco quindi il concetto generale di sincronicità nel senso speciale di coincidenza temporale due o più eventi senza nesso di causalità tra di loro e con lo stesso o simile significato. Il termine si oppone al ‘sincronismo’, che denota la semplice simultaneità di due eventi. La sincronicità significa quindi anzitutto la simultaneità di un certo stato psichico con uno o più eventi collaterali significanti in relazione allo stato personale del momento, ed – eventualmente – viceversa.»
«Voglio dire per sincronicità le coincidenze, che non sono infrequenti, di stati soggettivi e fatti oggettivi che non si possono spiegare causalmente, almeno con le nostre risorse attuali.»
La parola “coincidenze” deriva dalle radici greche syn (“con”, che segna l’idea di riunione) e khronos (“ora”): riunione nel tempo, simultaneità. wikipedia.org
6. Articolo scritto da Pier Luigi Pisa sul giornale online La Repubblica il 2 novembre 2013.  [Copyright Candy Chang]